Il presente lavoro si propone di analizzare i profili giuridici e regolamentari di maggior rilievo con riguardo al fenomeno delle cripto-attività. In particolare, prendendo le mosse dalle manifestazioni iniziali di tale fenomeno, in un contesto privo di una specifica disciplina, vengono esaminati gli approcci, diversificati per intensità e contenuti, adottati dalle singole giurisdizioni, fino alla ricomposizione di tali interventi in una complessiva strategia regolamentare europea.
Pregiudiziale all’analisi di qualsivoglia soluzione regolamentare risulta essere la questione relativa alla qualificazione o meno delle cripto-attività alla stregua di categorie giuridiche tradizionali, e dunque al rapporto tra fattispecie concreta e quadro ordinamentale esistente. Pertanto, si procede ad un preventivo esercizio definitorio, volto a chiarire la correlazione tra cripto-attività, strumenti finanziari e, in ragione della rilevanza domestica, prodotti finanziari. Al riguardo, prendendo le mosse dalle rispettive nozioni formulate dal legislatore, e mettendone in rilievo le principali caratteristiche, si ripercorrono le recenti posizioni espresse da dottrina e giurisprudenza, al fine di individuare ulteriori elementi scriminanti in grado di facilitare l’esercizio classificatorio.
Chiariti tali aspetti definitori, l’elaborato si incentra sui singoli interventi regolamentari, posti in atto in un contesto ancora frammentato. In particolare, per ciò che attiene alla fattispecie dei security token, vengono ripercorse le riflessioni svolte dall’ESMA, relative alla potenziale applicabilità della legislazione finanziaria a tali nuovi attività, così da approfondire il tema della difficile compatibilità di talune disposizioni con la logica decentralizzata e disintermediata propria delle cripto-attività. Successivamente, oggetto di analisi è la proposta normativa della Consob, finalizzata all’introduzione di un regime di trasparenza informativa e riguardante quelle cripto-attività non assimilabili a strumenti finanziari, gli utility token, seppur contraddistinte da elementi di finanziarietà.
Rispetto a quanto evidenziato, l’analisi si sofferma su taluni elementi. In particolare, per un verso viene data rilevanza ad un aspetto di policy non debitamente considerato dalla prevalente dottrina e dai regulators, concernente la potenziale applicabilità a tali strumenti della legislazione di stampo consumeristico attualmente esistente. Si fa quindi riferimento alla Direttiva europea 2011/83 (c.d. consumer rights), e alle previsioni ivi contenute con riguardo ai contratti a distanza, applicabili ai rapporti “Business to Consumer” (B2C), all’interno dei quali risulterebbe possibile inquadrare le offerte iniziali di cripto-attività. Per altro verso, attraverso una disamina, in chiave comparatistica, degli interventi adottati dalle principali giurisdizioni a livello internazionale, rilevanti per la consistenza del mercato di riferimento, o per la vicinanza con il nostro ordinamento, vengono evidenziate le diversità di impostazione tra i vari ordinamenti, con il conseguente rischio di arbitraggi e competizioni regolamentari a ribasso. Da qui la necessità di un approccio coeso e armonizzato a livello europeo.
L’ultimo passaggio dell’analisi ha ad oggetto la complessiva strategia regolamentare europea, come risposta al rischio di frammentazione evidenziato dalle autorità europee, nell’ambito della quale viene sostanzialmente riconfermata l’impostazione già adottata in precedenza dalle singole giurisdizioni. Difatti, da un lato la Commissione europea introduce un bespoke regime (MICAR) per quelle cripto-attività non qualificabili come strumenti finanziari, gli utility token, improntato anch’esso ad un regime di trasparenza informativa, e riguardante tanto la fase di emissione, quanto la prestazione di servizi connessi a cripto-attività. Per ciò che attiene invece alla fattispecie dei security token, se da un lato il regolatore europeo conferma l’applicabilità della disciplina esistente nel settore finanziario, introduce al tempo stesso un regime pilota volto a consentire deroghe temporanee a talune previsioni della legislazione finanziaria. L’analisi condotta mette in evidenza l’importanza di un approccio che, ferme tutti presidi del caso, non risulti eccessivamente restrittivo, ma includa nel perimetro regolamentare le diverse sfumature del fenomeno, ivi inclusi i newcomer e la possibilità di testare le dinamiche offerte dalla c.d. decentralized finance.
A conclusione del complessivo percorso regolamentare vengono svolte talune riflessioni alla luce del principio di neutralità̀ tecnologica, generalmente declamato nell’ambito della regolamentazione di fenomeni innovativi, il quale com’è noto prevede che attività̀ e servizi simili siano assoggettati alle medesime regole e standard, a prescindere quindi dal tipo di tecnologia a cui si faccia ricorso. In particolare, l’analisi condotta porta a sostenere come il principio di neutralità̀ tecnologica dovrebbe, nel caso particolare del fenomeno delle cripto-attività̀, essere se non rivisto, quantomeno adattato, al fine di attribuire maggiore rilevanza alle peculiarità̀, sotto il profilo tecnologico, proprie di tali nuove attività̀.
L’elaborato ha quindi come obiettivo ultimo quello di illustrare gli aspetti più rilevanti del complessivo fenomeno delle cripto-attività, secondo un percorso che metta in evidenza similarità e differenze, premesse e obiettivi, nella prospettiva di un graduale passaggio da iniziative individuali e particolaristiche a un regime armonizzato a livello europeo.