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Attualità

Il giudizio di equivalenza tra IBIPs e strumenti finanziari

30 Novembre 2020

Pietro Lorenzi, Studio legale Zitiello Associati

La nuova versione del Regolamento Intermediari [1], così come modificato ad esito della consultazione che ha concluso il recepimento a livello secondario della IDD [2], dispone che, nell’ambito della valutazione di adeguatezza, i soggetti abilitati all’intermediazione assicurativa (di seguito i “soggetti abilitati”) che forniscono consulenza su prodotti di investimento assicurativi (di seguito “IBIPs”) debbano adottare politiche e procedure dimostrabili volte ad assicurare di essere in grado di valutare, tenendo conto dei costi e della complessità, se altri prodotti finanziari o altri prodotti d’investimento assicurativi equivalenti siano adeguati al cliente [3].

Questa valutazione del tutto analoga a quella prevista da MiFID 2 in relazione alla prestazione dei servizi di investimento [4], battezzata dagli operatori come giudizio di equivalenza o “best of”, sta suscitando numerosi dubbi in merito alle modalità su come procedere a comparare e confrontare gli IBIPs, ossia dei prodotti di natura assicurativa, con dei prodotti e degli strumenti finanziari. Questi dubbi, si deve precisare, riguardano solo i soggetti abilitati, ossia i soggetti iscritti alla lettera D del RUI o all’Elenco Annesso, in quanto per agenti, broker e compagnie di assicurazioni troverà applicazione la versione aggiornata del Regolamento Ivass n. 40 del 2 agosto 2018 che dispone necessariamente che il giudizio di equivalenza debba essere effettuato confrontando tra loro gli IBIPs presenti nella gamma del distributore [5]. Questa discrasia è del tutto coerente e giustificata in quanto gli agenti, i broker e le imprese di assicurazione, a differenza dei soggetti abilitati, non sono autorizzati alla prestazione di servizi di investimento e non sono abilitati alla distribuzione di strumenti finanziari. Pertanto, un confronto tra IBIPs e strumenti finanziari che gli stessi non possono offrire alla propria clientela sarebbe del tutto impossibile.

Ciò premesso, l’esito della consultazione ha fornito alcuni spunti di riflessione dai quali è necessario muovere per affrontare correttamente la tematica del giudizio di equivalenza.

Numerosi partecipanti alla consultazione, in ragione delle particolarità tipiche che caratterizzano i prodotti di investimento assicurativi, hanno rappresentato di ritenere preferibile circoscrivere il giudizio di equivalenza ai soli IBIPs, ossia a prodotti più facilmente comparabili tra loro in ragione della loro omogeneità. Tale richiesta non è tuttavia stata ritenuta accoglibile da Consob in ragione della più volta invocata succedaneità tra IBIPs e strumenti finanziari che determina, secondo l’Autorità, non solo la coerenza ma addirittura la “necessità” per i soggetti abilitati di considerare entrambe tali tipologie di prodotti nell’ambito del giudizio di equivalenza [6].

Esprimendosi sul punto la Consob ha, infatti, evidenziato che il giudizio di equivalenza “consente al cliente di valutare, a parità di prestazioni economiche e profilo di rischio-rendimento, l’ulteriore componente assicurativa del prodotto e il relativo costo al fine di assumere una decisione di investimento consapevole” [7]. Tale ultimo assunto è di estrema importanza in quanto sembra chiarire che il giudizio di equivalenza, al contrario di quanto previsto dal tenore testuale della norma che lo prevede, non si limiti all’introduzione di politiche e processi meramente interni al soggetto abilitato volti a individuare, nella gamma di cui al catalogo di consulenza, prodotti assicurativi e finanziari equivalenti a quello raccomandato al cliente che siano per lo stesso adeguati. La Consob pare, infatti, ritenere che i soggetti abilitati, oltre a ciò, debbano anche indicare alla propria clientela l’eventuale esistenza di prodotti equivalenti ed adeguati al fine di consentire alla stessa di porre in essere scelte di investimento pienamente consapevoli. Tale informativa, lungi dal costituire una nuova obbligazione per i soggetti abilitati, rappresenta, invece, una specificazione di quello che dovrebbe essere il contenuto della dichiarazione di adeguatezza che, come noto, deve indicare le ragioni per le quali l’IBIP raccomandato corrisponde alle preferenze, agli obiettivi e alle altre caratteristiche del cliente [8]. Il giudizio di equivalenza, dunque, non pare essere limitato alla sola introduzione e al mantenimento di politiche interne utili per offrire un servizio di consulenza qualitativamente adeguato, essendo anche uno strumento volto ad accrescere la consapevolezza della clientela laddove viene informata delle ragioni per le quali il soggetto abilitato ha ritenuto un determinato IBIP più adatto a soddisfare le sue esigenze, ciò anche rispetto ad uno strumento finanziario potenzialmente equivalente.

Ai sensi dell’art. 135, comma 6, del Regolamento Intermediari il giudizio di equivalenza deve essere effettuato tenendo conto dei costi e della complessità dei prodotti, ulteriore circostanza che ha determinato l’insorgere di numerosi dubbi tra gli operatori. Operando una semplificazione della realtà, si può senza dubbio sostenere che uno strumento finanziario da solo considerato è sempre meno costoso e meno complesso rispetto ad un IBIP che investe in tale strumento e le cui prestazioni sono direttamente collegate all’andamento di quest’ultimo. L’incorporazione dello strumento finanziario nella polizza, infatti, determina quasi sempre ulteriori costi rispetto all’investimento diretto nello stesso e, del pari, aggiunge complessità al semplice strumento finanziario in ragione dell’introduzione di un “involucro assicurativo”. Seguendo i soli criteri della complessità e dei costi, dunque, l’investimento diretto nel sottostante della polizza è pressoché sempre un’alternativa preferibile rispetto alla sottoscrizione della polizza.

Tuttavia la Consob, richiamando gli Orientamenti ESMA “su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della MiFID II” a cui le ultime modifiche al Regolamento Intermediari dichiaratamente si ispirano, pur confermando che il giudizio di equivalenza debba essere effettuato tenendo conto dei costi e della complessità dei prodotti, non esclude che il soggetto abilitato possa raccomandare al cliente il prodotto più costoso o più complesso rispetto ad un prodotto equivalente sulla base di altri criteri quali, ad esempio, la diversificazione del portafoglio, la liquidità o il livello di rischio [9]. Tale esemplificazione, come noto, riguarda i prodotti e strumenti finanziari la cui intermediazione è disciplinata da MiFID 2, il che, con riferimento agli IBIPs, lascia pensare che sussista la possibilità di considerare ulteriori elementi tipici di tali prodotti per raccomandare la sottoscrizione di una polizza a contenuto finanziario anziché l’acquisto del suo più semplice ed economico sottostante. Tali ragioni, come ben noto al mercato, possono essere determinate da specifiche esigenze del cliente, quali, per esempio, la conservazione integrale del capitale, la necessità di tutela del premio dall’aggressione dei creditori, i bisogni di natura successoria del contraente, l’ottimizzazione fiscale ovvero vere e proprie esigenze assicurative. Sempre considerando il richiamo effettuato da Consob negli esiti della consultazione agli Orientamenti ESMA si ritiene opportuno, inoltre, che i soggetti abilitati tengano registrazioni comprovanti le ragioni sottese alla raccomandazione di un prodotto più costoso e complesso rispetto ad un altro equivalente [10].

Alla luce di quanto sopra esposto i soggetti abilitati, anche sulla scorta di quanto previsto dalla Consob e dall’ESMA nei sopra richiamati orientamenti, dopo aver effettuato a monte un giudizio di equivalenza tra i prodotti, assicurativi e non, compresi nel loro catalogo di consulenza, dovrebbero valutare di svolgere tre attività laddove intendano raccomandare un prodotto assicurativo più costoso e/o complesso rispetto all’equivalente individuato, ossia:

  • informare il cliente, verosimilmente nell’ambito del report di consulenza, della sussistenza di prodotti equivalenti allo stesso ed adeguati;
  • individuare le ragioni per le quali il soggetto abilitato ha, nel caso specifico, preferito raccomandare al cliente la sottoscrizione di un IBIP più complesso e/o più costoso rispetto ai prodotti equivalenti ritenuti altrettanto adeguati al cliente;
  • tenere traccia delle valutazioni effettuate nel caso di specie.

Fermo restando che il soggetto abilitato dovrà sempre rendere la dichiarazione di adeguatezza illustrando per quali ragioni l’IBIP raccomandato corrisponde alle preferenze, agli obiettivi e alle altre caratteristiche del cliente, si osserva che in tale sede il soggetto abilitato potrebbe anche valutare di omettere di effettuare l’informativa sulla sussistenza di prodotti equivalenti ed adeguati laddove, ad esito della valutazione delle esigenze del cliente, emergesse che solo l’IBIP raccomandato è idoneo a soddisfare i desiderata del cliente. In tal caso, infatti, i prodotti equivalenti individuati non sarebbero idonei a soddisfare le esigenze rappresentante dal cliente, il che potrebbe indurre i soggetti abilitati a ritenere che l’indicazione di altri prodotti equivalenti ma non idonei a soddisfare i desiderata del cliente si traduca in un esercizio inutile se non addirittura fuorviante.

Ovviamente l’effettuazione delle sopra citate attività connesse al giudizio di equivalenza presuppone l’implementazione di sistemi informatici che siano in grado, da un lato, di valutare l’equivalenza tra gli IBIPs e gli strumenti finanziari presenti nel catalogo di consulenza che, per definizione, sono prodotti eterogenei tra loro e, dall’altro, di comparare, in sede di erogazione della consulenza, le equivalenze riscontrate alle caratteristiche del singolo cliente e del suo portafoglio.

Sul punto è interessante notare come le necessità del cliente che rendano preferibile la raccomandazione di un IBIP rispetto al suo sottostante possano emergere già al momento in cui il cliente fornisce al soggetto abilitato le informazioni sulle sue richieste ed esigenze assicurative. In tale sede, infatti, il cliente fornisce informazioni in merito ai propri bisogni assicurativi e alle sue aspettative in relazione all’attività di distribuzione assicurativa, informazioni che, in astratto, potrebbero far emergere che, nel caso concreto, l’acquisto di un IBIP sia più idoneo rispetto all’acquisto di un prodotto squisitamente finanziario adeguato allo stesso equivalente. Quanto emerge dai demand & needs può, inoltre, costituire la cartina tornasole della correttezza della raccomandazione di sottoscrizione di un IBIP più costoso e complesso rispetto ai prodotti equivalenti adeguati disponibili, ciò ovviamente solo laddove risulti che solo l’IBIP raccomandato sia idoneo a soddisfare sia le esigenze assicurative che di investimento rappresentante dal contraente.

Un ulteriore aspetto sul quale il mercato si interroga in materia di giudizio di equivalenza è su come confrontare le polizze di ramo I con degli strumenti finanziari attesa l’evidente eterogeneità di tali tipologie di prodotti. Per esempio la garanzia di conservazione del capitale prevista in una polizza è, infatti, difficilmente equiparabile all’obbligo di restituzione del capitale assunto da un emittente di strumenti finanziari ciò in quanto, come noto, le imprese di assicurazioni sono dotate di norme di stabilità proprie e forniscono impegni che sterilizzano il rischio emittente degli attivi presenti nella gestione separata. Ne consegue che difficilmente degli strumenti finanziari potrebbero essere ritenuti equivalenti ad una polizza di ramo I che, dunque, potrà verosimilmente essere equiparata unicamente ad altre polizze della stessa specie. Si deve inoltre ricordare che la sottoscrizione di una polizza di ramo I sottende bisogni del contraente spesso del tutto inidonei ad essere soddisfatti da prodotti o strumenti finanziari.

Come noto il giudizio di equivalenza diverrà applicabile a far data dal 31 marzo 2021. Alla luce dei numerosi dubbi irrisolti che permeano questo istituto sarà senz’altro interessante vedere che direzione prenderà il mercato sia in punto di modalità di effettuazione della valutazione di equivalenza, sia in tema di valutazione di se e come fare disclosure alla clientela dell’esito del giudizio di equivalenza.

 


[1] Regolamento adottato con delibera Consob n. 20307 del 15 febbraio 2018.

[2] Direttiva (UE) 2016/97 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 gennaio 2016 sulla distribuzione assicurativa.

[3] Cfr. Art. 135, comma 6, lett. b), del Regolamento Intermediari.

[4] Cfr. Art. 54, par. 9, del Regolamento Delegato n. 565/2017.

[5] Cfr. Art. 68-novies Regolamento Ivass n. 40 del 2 agosto 2018 nella versione che entrerà in vigore il 31 marzo 2021.

[6] Cfr. Relazione Illustrativa degli esiti della consultazione in esame, pag. 8 e 43.

[7] Cfr. Relazione Illustrativa degli esiti della consultazione in esame, pag. 43.

[8] Cfr. Art. 119-ter del D. Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 e art. 135-bis, comma 2, della nuova versione del Regolamento Intermediari.

[9] Cfr. Relazione Illustrativa degli esiti della consultazione in esame, pag. 43 e 44.

[10] Cfr. Orientamenti ESMA su alcuni aspetti dei requisiti di adeguatezza della MiFID 2 del 6 novembre 2018. In tale documento si legge al n. 87 che “le imprese dovrebbero essere in grado di giustificare le situazioni in cui un prodotto più costoso o complesso viene scelto o raccomandato al posto di un prodotto equivalente, tenendo conto del fatto che per la procedura di selezione dei prodotti nell’ambito della consulenza in materia di investimenti o della gestione del portafoglio possono essere presi in considerazione anche altri criteri (ad esempio la diversificazione del portafoglio, la liquidità o il livello di rischio). Le imprese dovrebbero documentare e tenere registri di tali decisioni; queste ultime, infatti, dovrebbero essere oggetto di specifica attenzione da parte delle funzioni di controllo all’interno dell’impresa”.


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