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Attualità

Il Governo approva il ddl Concorrenza: necessari cambiamenti e nuove prospettive

10 Novembre 2021

Edoardo Gambaro, Partner, Greenberg Traurig Santa Maria

Pietro Missanelli, Senior Associate, Greenberg Traurig Santa Maria

Di cosa si parla in questo articolo

Lo scorso 4 novembre, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge riguardante la Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza del 2021. Se quest’ultima verrà finalmente alla luce, si tratterà della seconda volta in cui viene utilizzato uno strumento – previsto dall’art. 47, l. 99/2009 al fine di assicurare un intervento legislativo periodico in materia di concorrenza – al quale ormai impropriamente ci si riferisce con l’aggettivo “annuale”. In effetti, l’unica volta in cui il Legislatore ha fatto ricorso alla legge annuale per il mercato e la concorrenza è stato quattro anni fa, con la l. n. 124/2017.

Era quindi inevitabile che, riprendendo molte delle proposte legislative avanzate dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato nel marzo di quest’anno, il disegno di legge apportasse, innanzitutto, quei necessari adeguamenti che gli operatori del settore attendevano da tempo. Uno degli obiettivi dichiarati della nuova normativa è, in effetti, uniformare l’azione del Garante antitrust a quella della Commissione europea nei settori più classici del public enforcement antitrust, ossia le intese anticoncorrenziali e il controllo delle concentrazioni d’impresa.

Quanto alle prime, il Governo ha accettato di introdurre nei procedimenti antitrust l’istituto della procedura di transazione (c.d. settlement), strumento già da tempo utilizzato dalla Commissione, che consente a quest’ultima di addivenire ad un accordo transattivo con le imprese disposte ad ammettere il loro coinvolgimento in un illecito anticoncorrenziale, in cambio di una riduzione della sanzione amministrativa altrimenti imposta. Si tratta di uno strumento ormai collaudato a livello UE, che ha contribuito alla velocizzazione dei procedimenti istruttori e alla emersione di numerosi cartelli. La sua introduzione nell’ordinamento nazionale può essere dunque salutata con moderato favore, anche se sarebbe forse illusorio attendersi una adesione massiccia dei cartelists al nuovo strumento. In effetti, le più recenti statistiche della Commissione indicano che l’utilizzo a livello UE del settlement è in diminuzione negli ultimi anni, probabilmente a causa del rischio di aumento delle cause di risarcimento del danno da parte di soggetti danneggiati dal cartello (c.d. private enforcement), cui rimangono in ogni caso sottoposti anche gli operatori che aderiscono ad una transazione con l’Autorità antitrust.

Riguardo al secondo ambito, preme sottolineare che il Governo ha intenzione di adeguare il test di valutazione delle operazioni di concentrazione (c.d. test di dominanza) a quello utilizzato dalla Commissione europea, meno incentrato sulla creazione o sul rafforzamento di una posizione dominante e maggiormente focalizzato sull’impatto della concentrazione sulla concorrenza effettiva (c.d. test SIEC). Ben lungi dal costituire una riforma di facciata, l’introduzione del SIEC permetterà, nelle parole dell’Autorità, di: “cogliere meglio gli effetti delle operazioni che vengono a realizzarsi in mercati oligopolistici con beni differenziati o in presenza di relazioni verticali particolarmente complesse. In tali contesti, infatti, la concentrazione potrebbe essere in grado di produrre un peggioramento delle condizioni concorrenziali anche in assenza di una posizione dominante.” Il necessario adeguamento, tuttavia, non stravolgerà la prassi applicativa dell’Autorità stessa. Il nuovo test continua a implicare una necessaria valutazione della sussistenza di una posizione dominante (la stessa, peraltro, che si tiene in considerazione nella valutazione degli abusi ai sensi degli artt. 102 TFUE e 3 l. n. 287/90), considerandone la creazione o il rafforzamento come la principale (anche se non l’unica) tra le dinamiche che possono incidere in modo significativo sulla concorrenza. La prassi consolidata dell’Autorità e la giurisprudenza amministrativa, dunque, conservano intatte la loro valenza di precedenti.

Ancora, sempre con riferimento alle concentrazioni, è stato adeguato alla disciplina UE anche il sistema di calcolo del fatturato degli enti creditizi e finanziari. Il vecchio criterio di cui all’art. 16, comma 2, l. 287/1990, in base al quale il fatturato dei predetti enti dovrebbe essere inteso come decimo dell’attivo dello stato patrimoniale, dovrà dunque essere sostituito dal metodo di calcolo del fatturato applicato dalla Commissione, ai sensi dell’art. 5, paragrafo 3, lett. a) del Regolamento (CE) 139/2004, il quale fa riferimento alla somma delle seguenti voci di proventi: (i) interessi e proventi assimilati; (ii) proventi su titoli (azioni, quote ed altri titoli a reddito variabile, partecipazioni, anche in imprese collegate); (iii) proventi per commissioni; (iv) profitti da operazioni finanziarie; (v) altri proventi di gestione. Anche in questo caso, la riforma rappresenta un “tardivo” adeguamento a un cambiamento di prassi già operato in sede UE, volto a facilitare gli operatori economici nel processo di individuazione dell’autorità competente a esaminare la concentrazione.

Allo stesso modo e per gli stessi motivi, il Governo ha accolto la proposta dell’AGCM di superare la rilevanza della distinzione tra joint-ventures concentrative e cooperative. Come enfatizzato dalla stessa Autorità antitrust, una discrasia tra il test operato in sede di valutazione dell’operazione da parte dell’AGCM e quello effettuato dalla Commissione può infatti generare situazioni di disparità di trattamento tra imprese comuni di dimensione nazionale o UE ed esporre l’Autorità al rischio di giungere a valutazioni difformi rispetto alla Commissione, nonché ostacolare i meccanismi di rinvio previsti dal Regolamento (CE) 139/2004, i quali, in deroga alla regola del fatturato, permettono “di riallocare la competenza sulla valutazione di un’operazione di concentrazione individuando l’organo più idoneo a trattare il caso”.

Questi i principali strumenti proposti dal Garante antitrust ed accolti dal Governo per modernizzarne la prassi operativa. Ma il Governo non si è limitato ad accogliere le proposte dell’AGCM che chiedevano una modernizzazione della disciplina antitrust nazionale Sono state seguite anche diverse tra le indicazioni in base alle quali il Garante chiedeva di rafforzare i propri poteri.

Ciò è avvenuto specialmente con riferimento al sistema di controllo delle concentrazioni, mediante l’attribuzione all’AGCM del potere di richiedere la notifica di determinate operazioni che non eccedono le soglie (cumulative) di notifica previste dalla l. n. 287/90. Come noto, queste ultime sono state aggiornate il 22 marzo 2021 e ammontano a 511 milioni di euro per il fatturato realizzato nel territorio italiano dall’insieme delle imprese interessate e a 31 milioni di euro per il fatturato totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate dalla concentrazione. Se approvata, la Legge sulla Concorrenza 2021 attribuirà all’AGCM la facoltà di investigare anche quelle operazioni: (i) in cui viene superata una soltanto delle due soglie di fatturato previste dalla l. n. 287/90 o in cui le imprese interessate realizzano congiuntamente un fatturato mondiale superiore a cinque miliardi di euro; (ii) realizzate fino a sei mesi prima della richiesta; e (iii) per le quali l’Autorità rinviene un pericolo di concreti rischi concorrenziali.

Anche in questo caso la proposta dell’AGCM è in sintonia con la policy della Commissione. L’11 settembre 2020 la Commissaria UE alla Concorrenza, Margrethe Vestager, aveva annunciato che, pur in assenza di modifica delle soglie per la notifica delle concentrazioni a livello UE, sarebbe stata ampliata la possibilità per le Autorità nazionali della concorrenza di rinviare alla Commissione l’esame di una concentrazione priva di dimensione comunitaria. In seguito, con una comunicazione del 31 marzo 2021, la Commissione ha incluso espressamente le operazioni sotto-soglia tra le ipotesi in cui uno Stato membro dell’UE può chiedere alla Commissione di esaminare una concentrazione avente un impatto significativo sulla concorrenza all’interno del suo territorio – specialmente se essa interessa il settore farmaceutico o le nuove tecnologie – laddove non siano trascorsi più di sei mesi dal perfezionamento dell’operazione.

Come facilmente intuibile, la circostanza che una concentrazione possa essere esaminata da un’autorità antitrust dopo il suo perfezionamento costituisce un cambio sostanziale rispetto al paradigma tradizionale secondo cui il controllo sulle concentrazioni viene effettuato ex ante e, in quanto tale, è stato da più parti criticato per la comprensibile incertezza in cui andranno a versare gli operatori intenti a pianificare operazioni straordinarie. Non è un caso che i primi provvedimenti della Commissione UE siano già oggetto di contestazione dinanzi ai Giudici di Lussemburgo. Tuttavia, gli eventuali ricorsi proposti contro gli eventuali, omologhi, provvedimenti del Garante avranno meno chances di essere accolti in sede giurisdizionale, trovando il loro fondamento in una norma dello Stato e non già in un atto interpretativo come la comunicazione della Commissione del 31 marzo 2021.

Ancora, un’altra importante innovazione è rappresentata dalla proposta di integrare l’art. 9, l. 192/1998, inserendo una presunzione di dipendenza economica degli operatori che intrattengano relazioni commerciali con i fornitori di servizi di intermediazione mediante piattaforme digitali e che “abbiano un ruolo determinante per raggiungere utenti finali e/o fornitori, anche in termini di effetti di rete e/o disponibilità dei dati”. Il disegno di legge indica poi una serie di condotte che possono integrare un abuso di dipendenza economica. Un simile intervento normativo costituisce uno strumento inedito, finalizzato a contrastare condotte discriminatorie o altrimenti abusive delle grandi piattaforme digitali, rispetto alle quali non solo il Garante, ma anche la stessa Commissione, ritengono inadeguati gli attuali strumenti di enforcement (tanto che a livello UE quest’ultima ha proposto di introdurre apposita regolamentazione con il Digital Market Act del dicembre 2020).

Sotto il diverso profilo degli interventi sulle normative settoriali, il disegno di legge si contraddistingue per un’attenzione ai principi di semplificazione e trasparenza. Si vedano, ad esempio, gli interventi in materia di concessioni di beni pubblici – con la creazione di un database che ne consenta la mappatura a livello nazionale – e l’alleggerimento dell’apparato normativo, con particolare riguardo alle reti di telecomunicazione e alla banda larga, alle attività portuali e alla rete elettrica.

Vanno lette in questo senso le misure volte ad agevolare l’accesso all’accreditamento delle strutture sanitarie private e l’introduzione di criteri per la verifica periodica della sussistenza dei relativi requisiti, come pure le misure volte a migliorare le dinamiche competitive in diversi settori. Ad esempio, con riferimento alle concessioni di servizi portuali, si cerca di assicurare una concorrenza effettiva tramite l’assegnazione a mezzo di procedure a evidenza pubblica, mentre per quanto riguarda le concessioni idroelettriche viene previsto che le relative procedure di assegnazione si svolgano in linea con parametri competitivi, equi e trasparenti. Le relative procedure dovranno essere avviate dalle amministrazioni regionali entro il 31 dicembre 2022: decorso tale termine, il Ministero delle Infrastrutture promuoverà l’esercizio dei poteri sostituivi. Ancora, nell’ambito dei servizi pubblici locali, viene razionalizzato il ricorso da parte degli enti locali alle società c.d. in house e, anche in questo caso, favorito l’affidamento dei servizi TPL mediante procedure di evidenza pubblica.

Nel settore delle comunicazioni, il disegno di legge prevede l’introduzione di un obbligo di coordinamento tra gestori di infrastrutture fisiche e gli operatori di rete per la realizzazione di reti di comunicazione ad alta velocità. Viene poi previsto, per i gestori di servizi di telefonia e comunicazioni elettroniche, l’obbligo di acquisire il consenso esplicito per tutti i servizi in abbonamento offerti da terzi. In ambito assicurativo, invece, viene esteso l’obbligo di adesione alla procedura di risarcimento diretto per i sinistri che coinvolgano due veicoli anche alle imprese con sede legale in altri Stati membri che operano sul territorio italiano.

Infine, il disegno di legge recepisce le indicazioni del Garante e soprattutto l’impostazione secondo cui l’introduzione di maggiore concorrenza nel mercato è il presupposto indispensabile per un ritorno della crescita economica. Le semplificazioni normative e la modernizzazione dell’azione del Garante diventano, in quest’ottica, due lati della stessa medaglia.

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