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Il gruppo IVA e i rapporti tra le partecipanti: spunti di riflessione per la redazione degli accordi di gruppo

23 Aprile 2020

Marina Ampolilla e Andrea Basi, Facchini Rossi Michelutti Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Con il presente contributo si analizzano alcune possibili modalità per gestire le complessità operative connesse all’adesione al regime di Gruppo IVA di cui agli artt. 70-bis e seguenti del D.P.R. n. 633/1972 introdotto dall’articolo 1, comma 24, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (“Legge di Bilancio 2017”). In particolare, l’obiettivo dell’elaborato è quello di evidenziare la necessita che le società aderenti ad un gruppo IVA stipulino un accordo volto a disciplinare le principali esternalità che derivano dall’adesione a tale istituto. Tale accordo dovrebbe includere, tra le altre, la previsione di flussi compensativi finalizzati ad indennizzare le società svantaggiate dall’adesione a un gruppo IVA.

Più in particolare, dopo aver brevemente ripercorso gli aspetti normativi della disciplina del gruppo IVA che dovrebbero essere tenuti in considerazione per la redazione di un accordo di gruppo, si provvederà a descrivere i principali fenomeni che possono dare luogo a vantaggi e svantaggi a seguito dell’accesso al gruppo IVA, e gli impatti sulle imposte dirette dei relativi meccanismi compensativi.

2. Principali caratteristiche della disciplina del gruppo IVA

Come noto, la Legge di Bilancio 2017 ha recepito l’art. 11 direttiva 2006/112 CE del 28 novembre 2006 (“Direttiva IVA”) introducendo nel nostro ordinamento l’istituto del gruppo IVA attraverso la formulazione degli artt. da 70-bis a 70-decies del D.P.R. n. 633/1972. La principale novità di tale istituto consiste nella perdita della soggettività passiva ai fini IVA dei soggetti che aderiscono al gruppo IVA[1] che viene sostituita dalla soggettività passiva unitaria del gruppo stesso. Come conseguenza della soggettività passiva del gruppo, l’art. 70-quinquies dispone che tutte le operazioni effettuate dalle società partecipanti nei confronti di soggetti non partecipanti al gruppo sono da imputare al gruppo stesso come se fossero poste in essere da un unico soggetto[2]. Dal punto di vista procedimentale, la costituzione del gruppo IVA, ai sensi dell’art. 70-bis, è concessa alle società residenti in Italia legate da vincoli di tipo finanziario, organizzativo ed economico[3], previo esercizio dell’opzione di cui all’art. 70-quater da parte di tutte le società legate dai predetti vincoli. Occorre, in altre parole, rispettare il principio del c.d. all in all out, secondo il quale, se si intende costituire un gruppo IVA, tutte le società stabilite in Italia legate dai vincoli menzionati devono obbligatoriamente esercitare l’opzione di cui sopra, pena il recupero degli eventuali vantaggi indebitamente conseguiti dall’esclusione di talune società e, in caso di perseveranza nella violazione, lo scioglimento del gruppo IVA[4].

3. Gli effetti principali dell’adesione a un gruppo IVA

Tra le principali conseguenze dell’unitarietà soggettiva ai fini IVA delle società che partecipano al gruppo si rilevano: la solidarietà paritetica tra i partecipanti per le violazioni commesse dal gruppo, la determinazione di un pro-rata unico di gruppo e la sterilizzazione ai fini IVA delle operazioni intercompany ed il trasferimento, entro certi limiti, delle eccedenza IVA.

Per quanto concerne la solidarietà paritetica, l’art. 70-octies, comma 1, dispone che, “[i]l rappresentante di gruppo è responsabile per l’adempimento degli obblighi connessi all’esercizio dell’opzione”, mentre il successivo comma 2 afferma che “[g]li altri soggetti partecipanti al gruppo IVA sono responsabili in solido con il rappresentante di gruppo per le somme che risultano dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni a seguito delle attività di liquidazione e controllo”. La Relazione illustrativa, a commento dei profili di responsabilità connessi all’esercizio dell’opzione, chiarisce che l’articolo 70-octies “prevede una responsabilità solidale paritetica a carico di tutti i soggetti partecipanti al gruppo IVA, tenendo conto della unitarietà del soggetto passivo costituito dal gruppo stesso”. Secondo quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 19/E del 31 ottobre 2018 (la “Circolare”), la solidarietà di tipo paritetico comporta che “per le somme che risultano dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni a seguito delle attività di liquidazione e controllo, l’Amministrazione finanziaria potrà recuperare gli importi non versati dal rappresentante del soggetto unico, rivolgendosi a ciascun partecipante del Gruppo per il recupero di quanto dovuto”[5].

Per le società partecipanti al gruppo IVA, si tratta di una responsabilità molto più ampia di quella prevista dall’art. 127 del T.U.I.R. con riferimento alla tassazione consolidata. Ai fini delle imposte dirette, infatti, la consolidata può essere chiamata a rispondere, a seconda dei casi in via principale o solidale, solo con riferimento alla maggiore imposta, interessi e sanzioni conseguenti ad una rettifica operata sul proprio reddito imponibile[6]. Nel caso del gruppo IVA, invece, ciascuna partecipante è responsabile per l’imposta, interessi e sanzioni dovute a seguito di controllo anche se riferibili ad operazioni effettuate da altre società appartenenti al gruppo IVA ed indipendentemente dal fatto che la partecipata abbia commesso la violazione da cui deriva la maggiore imposta o la relativa sanzione.

Un altro effetto implicito dell’unitarietà soggettiva del gruppo IVA consiste nell’individuazione di un pro-rata di detrazione unico per tutto il gruppo.

Per effetto della partecipazione al gruppo IVA ed, in particolare, in conseguenza della determinazione in un pro-rata unico valido per tutte le società partecipanti, ciascuna società generalmente registra un miglioramento o un peggioramento del proprio pro-rata di detrazione, cosicché, la differenza tra l’IVA che la società avrebbe detratto su base individuale (i.e., in assenza del gruppo sulla base del pro-rata calcolato stand alone[7]) e l’IVA effettivamente detratta in base al pro-rata di gruppo rappresenta il vantaggio/svantaggio derivante dall’ingresso nel gruppo IVA.

Sempre con riferimento alle modifiche del pro-rata, l’art. 2, comma 3, del D.M. 6 aprile 2018, contenente disposizioni di attuazione delle norme sul gruppo IVA afferma che “[i]l Gruppo IVA per effetto della sua costituzione, applica le disposizioni relative alla rettifica della detrazione di cui all’art. 19-bis2”. Ciò comporta che in conseguenza della costituzione del gruppo IVA si possano verificare i presupposti per l’applicazione della rettifica di detrazione di cui all’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972 rispetto all’IVA originariamente detratta sugli acquisti di beni effettuati da ciascuna delle società partecipanti prima dell’ingresso nel gruppo IVA in base al proprio pro-rata. In particolare, l’art. 19-bis2 prevede diverse fattispecie al verificarsi delle quali è richiesta la rettifica della detrazione IVA. Soffermando l’attenzione sulla rettifica della detrazione concernente i beni ammortizzabili, di cui al comma 4 del predetto articolo[8], si ricorda che l’IVA detratta sugli acquisiti di questi beni deve essere rettificata se nei successivi 4 (10)[9] anni si verifica una variazione del pro-rata di detraibilità superiore a 10 punti rispetto a quello applicato in sede di acquisto del bene. La rettifica avviene detraendo o versando, in ciascun anno, 1/5 (1/10)[10] della differenza tra l’imposta detratta inizialmente e l’imposta dovuta a seguito della rettifica. Pertanto, qualora, per effetto dell’adesione al gruppo IVA, una società registri una variazione del pro-rata di detraibilità superiore a 10 punti rispetto a quello applicato in sede di acquisto di beni ammortizzabili avvenuto entro il quarto (nono) anno precedente, è necessario operare una rettifica della detrazione originariamente effettuata dalla società aderente al gruppo. L’importo di tale rettifica rappresenta il vantaggio/svantaggio derivante dall’ingresso nel gruppo IVA[11].

Come anticipato, altro effetto tipico dell’ingresso nel gruppo IVA è rappresentato dall’irrilevanza delle operazioni intercompany. A differenza delle modifiche del pro-rata che può avere effetti positivi o negativi a beneficio/carico ciascuna partecipante a seconda che il pro-rata di detraibilità gruppo sia superiore o inferiore al pro-rata stand alone di ciascuna società, l’eliminazione delle operazioni intercompany determina sempre un effetto positivo in quanto comporta il venir meno di una porzione di IVA indetraibile connessa alle operazioni di acquisto intercompany effettuate da quei soggetti che soffrono di una limitazione (parziale o totale) alla detraibilità dell’IVA per effetto del pro-rata (o, a maggior ragione, in caso di opzione per l’esonero dagli adempimenti ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 633/1972)[12].

Tra gli ulteriori effetti che possono interessare le società che aderiscono ad un gruppo IVA si annovera anche quello relativo al trasferimento a favore del gruppo IVA della parte delle eccedenze detraibili pregresse che trova capienza nei versamenti IVA effettuati nell’anno precedente al primo anno di partecipazione al gruppo. Più in dettaglio, l’art. 70-sexies, comma 1, primo periodo, prevede come regola generale che “l’eccedenza di imposta detraibile risultante dalla dichiarazione annuale relativa all’anno precedente al primo anno di partecipazione al Gruppo IVA non si trasferisce al Gruppo medesimo, ma può essere chiesta a rimborsoanche in mancanza delle condizioni di cui all’art. 30 del presente decreto, ovvero compensata a norma dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241”. Come chiarito nella Circolare, tale disposizione è stata “introdotta per motivi di cautela fiscale, allo scopo di evitare che le partecipazioni di controllo in soggetti con una rilevante posizione creditoria siano acquisite al fine di utilizzare in compensazione le eccedenze IVA pregresse. [… ] Tale eccedenza resta, dunque, nella disponibilità esclusiva del soggetto partecipante al Gruppo IVA, il quale può scegliere se richiedere il rimborso dell’IVA a credito in sede di dichiarazione annuale ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633, anche qualora non ricorrano le condizioni di ammissibilità ivi previste, ovvero se utilizzare detto credito in compensazione con altre imposte e contributi ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (i.e. compensazione orizzontale)”.

Tale principio è derogato, però, dal secondo periodo dell’art. 70-sexies, comma 1, il quale dispone il trasferimento a favore del Gruppo IVA della parte delle eccedenze detraibili pregresse che trova capienza nei versamenti IVA effettuati nell’anno precedente al primo anno di partecipazione al Gruppo[13]. Da ciò consegue che il gruppo IVA potrebbe beneficiare (almeno in parte) delle eccedenze di IVA trasferite dalle sue partecipanti.

4. Gli elementi da considerare nella redazione di un accordo di gruppo IVA

In linea di principio, la costituzione di un gruppo IVA dovrebbe determinare un risparmio complessivo ottenuto, da un lato, in conseguenza dell’irrilevanza ai fini IVA delle operazioni intercompany e, dall’altro, dall’incremento dell’IVA detraibile conseguente al miglioramento del pro-rata di detrazione. Come già evidenziato, mentre l’eliminazione delle operazioni intercompany produce solo effetti positivi in termini di minore IVA indetraibile, la determinazione di un pro-rata di gruppo, pur comportando a livello complessivo per il gruppo un effetto positivo, potrebbe determinare uno svantaggio per taluni dei partecipanti che registrano un peggioramento del pro-rata di detrazione rispetto al teorico pro-rata stand alone, (più che) controbilanciato dal vantaggio conseguito da altri soggetti partecipanti al gruppo IVA che invece registrano un miglioramento del pro-rata e/o dal vantaggio connesso all’eliminazione delle operazioni intercompany.

Orbene, siccome le società che partecipano ad un gruppo IVA rimangono pur sempre soggetti giuridicamente distinti ed autonomi, è opportuno – tanto più in presenza di soci di minoranza – che, nell’esercizio della propria libertà contrattuale[14], le partecipanti disciplinino gli effetti conseguenti all’adesione al gruppo IVA attraverso la formalizzazione di un accordo di gruppo finalizzato, fra l’altro, a neutralizzare gli svantaggi subiti dalle società partecipanti al gruppo[15]. La previsione di accordi di gruppo volti a disciplinare le fattispecie appena descritte non è peraltro dissimile da quanto comunemente previsto nel comparto delle imposte dirette fra le società che aderiscono al consolidato fiscale di cui agli artt. 117 e ss. del T.U.I.R.. Gli accordi di consolidamento, infatti, generalmente prevedono una remunerazione per le società che apportano un beneficio al gruppo. Tale beneficio consiste nella riduzione dell’imposta dovuta sul reddito complessivo globale per effetto dell’utilizzo di perdite, interessi passivi, ACE.

Nell’ambito del gruppo IVA, si tratterà in primo luogo di prevedere il versamento di somme compensative a favore di quei soggetti che subiscono uno svantaggio per effetto dell’ingresso nel gruppo IVA in conseguenza di un peggioramento del pro-rata[16]. Come evidenziato in precedenza, lo svantaggio può derivare dalla maggiore IVA indetraibile sugli acquisti effettuati nell’anno in conseguenza di un peggioramento del pro-rata di detraibilità rispetto al pro-rata stand alone, ovvero dalla necessità di rettificare (in diminuzione) l’IVA detratta sui beni ammortizzabili acquistati prima dell’ingresso nel gruppo. Sembra ragionevole ipotizzare che le società danneggiate dall’ingresso nel gruppo IVA debbano essere indennizzate dalle società che hanno viceversa conseguito un beneficio, in misura proporzionale al beneficio conseguito da ciascuna di esse e nei limiti del suddetto beneficio[17].

Il regolamento del gruppo IVA dovrebbe, inoltre, prevedere dei flussi compensativi volti a remunerare quei partecipanti che trasferiscono al gruppo eccedenze di IVA. Tali somme dovrebbero essere corrisposte alle relative partecipanti solo nel momento in cui l’eccedenza IVA venga utilizzata e nei limiti dell’imposta effettivamente compensata.

Oltre alla remunerazione degli svantaggi conseguenti all’ingresso nel gruppo IVA e al trasferimento delle eccedenze IVA, il regolamento dovrà disciplinare anche altri aspetti quali:

le modalità di trasferimento dei saldi d’imposta a favore del rappresentante, responsabile del versamento dell’IVA del gruppo, nonché le modalità di trasmissione dei dati necessari per la dichiarazione IVA di gruppo.

Si pensi, ancora, alle implicazioni derivanti dalla responsabilità paritetica istituita dall’art. 70-octies che, come visto, in caso di violazioni ascrivibili al gruppo, dovrebbe consentire all’Amministrazione finanziaria di rivolgersi, per il pagamento delle imposte degli interessi e delle sanzioni dovute, a una qualsiasi delle società partecipanti, ancorché non si tratti di quella che ha effettuato l’operazione a cui si riferisce l’imposta accertata né di quella che ha effettivamente commesso la violazione. A tal fine, sarebbe opportuno prevedere nell’accordo di gruppo che la società la quale ha effettuato il pagamento delle somme dovute a seguito dell’attività di accertamento operata nei confronti del gruppo, in qualità di obbligata solidale ai sensi ai sensi dell’art. 70-octies del D.P.R. n. 633/1972, abbia diritto di regresso nei confronti della partecipante che ha effettuato l’operazione (o ha commesso la violazione) da cui deriva la maggiore imposta accertata.

Sempre nell’ambito dei procedimenti che promanano dall’attività di controllo, verifica e accertamento dell’Amministrazione finanziaria, si pensi anche alla necessità di prevedere delle regole a cui le società partecipanti debbano attenersi per trasmettere alla società rappresentante verbali, avvisi di accertamento ecc. ad esse notificati.

Si sottolinea che le fattispecie descritte sopra rappresentano solo alcune delle numerose e complesse tematiche che possono emergere in modo diversificato nell’ambito dei diversi gruppi societari in ragione delle peculiarità di ciascuna delle società partecipanti. Perciò, gli accordi di gruppo – la cui predisposizione è rimessa, lo si ricorda, alla volontà delle parti – possono regolare le più svariate fattispecie, anche adottando procedure di semplificazione volte a gestire la notevole complessità della materia.

5. Il regime fiscale delle somme compensative

Di seguito si analizza il regime fiscale, in capo alle società interessate, delle somme corrisposte a titolo di indennizzo in base al regolamento del gruppo IVA[18].

Sotto il profilo dell’imposizione indiretta, la Circolare chiarisce che le “somme eventualmente scambiate tra i partecipanti al Gruppo sulla base di pattuizioni interne in contropartita di vantaggi/svantaggi fiscali conseguenti all’adesione al regime, non assumono rilevanza ai fini IVA. Ciò in quanto costituiscono pagamenti di denaro non ricollegabili a una sottostante operazione che ha valenza ai fini IVA, essendo corrisposti a titolo di compensazione di uno svantaggio finanziario”.

Viceversa, in mancanza di chiarimenti ufficiali sul punto, si ritiene che le somme corrisposte a titolo di indennizzo o remunerazione nell’ambito di accordi assunti in sede di adesione al gruppo IVA debbano assumere rilevanza ai fini delle imposte dirette[19]; ciò per due ordini di motivi:

  • in primo luogo, si evidenzia che il legislatore non ha disposto l’irrilevanza ai fini delle imposte sui redditi di tali somme, a differenza di quanto previsto, attraverso l’art. 118, comma 4, del T.U.I.R., per i flussi compensativi corrisposti nell’ambito della disciplina di consolidato fiscale;
  • sotto altro profilo si rileva che, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 178/E del 9 luglio 2009, l’IVA indetraibile per effetto dell’applicazione del pro-rata generale di detraibilità cui all’art. 19, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972 costituisce un onere deducibile ai fini delle imposte sui redditi[20]. Pertanto, è ragionevole ritenere che le somme ricevute a titolo di indennizzo, avendo la funzione di compensare un costo deducibile ai fini delle imposte sui redditi (i.e., il costo connesso alla maggiore IVA indetraibile per effetto del pro-rata), debbano concorrere alla formazione del reddito. Specularmente tali somme dovrebbero essere deducibili in capo al soggetto che le corrisponde.
    Il medesimo ragionamento dovrebbe valere anche per quanto concerne gli indennizzi corrisposti a favore dei soggetti chiamati a rettificare l’IVA detratta sui beni ammortizzabili per effetto della variazione del pro-rata di detraibilità superiore a 10 punti così come previsto dall’art. 19-bis2, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972. Si ricorda, infatti, che, sempre secondo quanto chiarito nella Risoluzione n. 178/2009, qualora l’IVA indetraibile sia stata inizialmente iscritta tra gli oneri di gestione (i.e., non sia stata capitalizzata sul costo del bene ammortizzabile), la successiva rettifica sarà ugualmente imputata fra gli oneri di gestione, risultando rilevante ai fini delle imposte sui redditi. Di conseguenza, la somma percepita da un partecipante a titolo di indennizzo per la maggiore IVA versata a seguito della rettifica operata sui beni ammortizzabili acquisiti prima dell’ingresso nel gruppo IVA dovrebbe costituire un componente di reddito tassabile, in quanto correlato ad un costo deducibile. Specularmente le medesime somme dovrebbero essere deducibili in capo al soggetto erogante.

Trattandosi di tematiche complesse che riguardano la generalità dei contribuenti che hanno optato per l’attivazione del gruppo IVA, sarebbe auspicabile che l’Amministrazione finanziaria intervenisse a colmare le lacune interpretative, anche al fine di garantire una uniformità di comportamento tra gli operatori[21].

 


[1] Sul punto, la Relazione Illustrativa al disegno di Legge di Bilancio 2017 precisa che “[p]er effetto dell’esercizio di tale opzione, gli aderenti al gruppo – fintantoché perdura l’opzione – perdono l’autonoma soggettività ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e nasce un nuovo soggetto d’imposta (il gruppo IVA) che agisce come un qualsiasi soggetto passivo, trovando applicazione per lo stesso tutte le disposizioni in materia di IVA, con specifiche disposizioni attuative”.

[2] L’art. 70-septiesdel D.P.R. n. 633/1972 dispone che tutti gli adempimenti relativi all’IVA devono essere posti in essere dal rappresentante del gruppo.

[3] In base all’art. 70-ter, comma 4, al sussistere del vincolo finanziario si presumono realizzati anche i vincoli di tipo economico ed organizzativo.

[4] Cfr. art. 70-quarter, comma 1, lett. a) e b).

[5] Per una più approfondita disamina delle conseguenze e delle criticità che scaturiscono da tale solidarietà paritetica si rinvia, tra gli altri, a C. Attardi, “Gruppo IVA: il regime delle responsabilità”, in il fisco, n. 26 del 2018, pag. 1-2536; L. Calabrese, “Il Gruppo IVA: la responsabilità dei membri per le somme che risultano dovute a titolo di imposta, interessi e sanzioni”, in Strumenti Finanziari e Fiscalità, n. 38 del 2018, p. 49 e Consorzio Studi e Ricerche Fiscali di Intesa Sanpaolo, Circolare n. 5/2018.

[6] Ai sensi dell’art. 127 del T.U.I.R., la controllante è responsabile in via principale “per la maggiore imposta accertata e per gli interessi relativi, riferita al reddito complessivo globale risultante dalla dichiarazione di cui all’articolo 122” e in via solidale per le relative sanzioni. Specularmente, ciascuna controllata è responsabile “solidalmente con l’ente o società controllante per la maggiore imposta accertata e per gli interessi relativi, riferita al reddito complessivo globale risultante dalla dichiarazione di cui all’articolo 122, in conseguenza della rettifica operata sul proprio reddito imponibile” ed in via principale per le relative sanzioni.

[7] Ai fini della quantificazione del pro-rata stand alone si deve tenere conto delle operazioni attive intercompany in quanto queste avrebbero influenzato il pro-rata in assenza del gruppo IVA.

[8] Come ricordato nella Circolare, le ulteriori ipotesi di rettifica di pro-rata sono racchiuse nei commi 1, 2 e 3 dell’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972 e riguardano eventuali (i) “discordanz[e] tra la previsione d’impiego dei beni e dei servizi fatta dal contribuente al momento del loro acquisto e la loro effettiva utilizzazione, comportante un diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata (art. 19-bis2, commi 1 e 2)” ed eventuali “mutamenti nel regime delle operazioni attive, nel regime delle detrazioni o nella stessa attività esercitata comportanti la detrazione dell’imposta in misura diversa da quella già operata (articolo 19-bis2, comma 3); tale ipotesi di rettifica, pur avendo il medesimo scopo di quella disciplinata dai commi 1 e 2 dell’articolo 19-bis2 […], se ne differenzia in quanto le modifiche previste dal comma 3 […] debbono essere effettuate in unica soluzione per tutti i beni esistenti presso l’impresa nel momento in cui si verificano gli eventi straordinari che le giustificano, senza attendere l’effettivo impiego dei beni stessi”.

[9] Ai sensi dell’art. 19-bis2, comma 8, del D.P.R. n. 633/1972 per i fabbricati, o porzioni di essi, la durata del periodo di osservazione previsto per la rettifica della detrazione in caso di variazione di pro-rata di detraibilità è di 10 anni.

[10] Ad evidenza, per i fabbricati, essendo stabilito in 10 anni il periodo di osservazione, l’eventuale rettifica di detraibilità da variazione di pro-rata deve essere calcolata in decimi e non in quinti, come invece avviene per gli altri beni ammortizzabili.

[11] A rigore, per quantificare il vantaggio/svantaggio conseguente all’ingresso nel gruppo IVA bisognerebbe verificare se – in assenza del gruppo IVA – si sarebbero comunque verificati i presupposti che impongono di operare le rettifiche di cui all’art. 19-bis2, comma 4 del D.P.R. n. 633/1972 e scomputare l’importo di tali eventuali rettifiche dalla differenza che scaturisce dall’ingresso nel gruppo IVA.

[12] La possibilità che dalla costituzione di un gruppo IVA scaturisca un vantaggio economico per i membri del gruppo è evidenziato anche dalla Commissione Europea nella Comunicazione COM (2009) 325 laddove si evidenzia che “Una delle conseguenze più importanti della costituzione di un gruppo IVA è la “scomparsa”, sotto il profilo dell’IVA, delle operazioni effettuate tra i membri del gruppo. In un gruppo IVA consistente soltanto di soggetti passivi con diritto a detrazione totale, l’effetto sul gettito fiscale è neutro per lo Stato membro nel cui territorio opera il gruppo IVA. Tuttavia, in un gruppo IVA composto anche di soggetti passivi senza diritto o con diritto parziale a detrazione, l’effetto sul gettito d’imposta potrebbe non essere più neutro. L’IVA non detraibile che dev’essere versata per operazioni imponibili effettuate da un membro del gruppo a vantaggio di un altro membro non avente diritto o avente soltanto diritto a detrazione parziale è infatti persa per l’Erario, poiché le operazioni interne al gruppo sono inesistenti ai fini dell’IVA. Sotto questo aspetto il gruppo IVA neutralizza i costi ai fini dell’IVA sostenuti per le operazioni interne al gruppo. Ne consegue che un regime di IVA di gruppo può essere finanziariamente vantaggioso per i gruppi IVA che comprendono membri senza diritto, o con diritto a detrazione parziale”.

[13] Sul punto la Circolare fornisce l’esempio di “un soggetto che, in sede di dichiarazione IVA annuale relativa al 2018, vanta[va] un credito IVA pari a centoventimila euro e che, nel corso del 2018, [ha] effettuato versamenti di IVA per un importo pari a cinquantamila euro. In caso di partecipazione al Gruppo IVA, al 1° gennaio 2019 dovrà essere trasferita al Gruppo l’eccedenza di credito IVA pari ad un l’importo di cinquantamila euro. Il credito residuo, pari a settantamila euro, potrà essere chiesto a rimborso dal partecipanteovvero dal medesimo utilizzato, nei termini anzidetti, in compensazione con altre imposte e contributi”.

[14] Nell’ambito della redazione degli accordi relativi al consolidato fiscale, l’Agenzia delle Entrate ha già avuto modo di valorizzare l’autonomia contrattuale delle parti nella Risoluzione n. 121/E del 27 dicembre 2016 ove ha affermato che “[l]’Amministrazione finanziaria non può entrare nel merito dei predetti accordi – né, ad invarianza di risultati fiscali riferiti alla fiscal unit nel suo complesso, ha interesse a farlo – in quanto trattasi di contratti che hanno natura esclusivamente privatistica e disciplinano i rapporti intersoggettivi derivanti dall’applicazione del regime del consolidato fiscale”.

[15] Sul punto, il Consorzio Studi e Ricerche Fiscali di Intesa Sanpaolo nella Circolare n. 5/2018 afferma che dagli effetti dell’applicazione del gruppo IVA “consegue l’opportunità, per i partecipanti, di regolamentare tra loro non solo la cooperazione per il corretto e puntuale adempimento [degli obblighi e diritti che derivano dall’esercizio dell’opzione] compreso l’assetto finanziario per i versamenti […] del tributo, ma anche di governare il potenziale conflitto di interessi tra i membri del Gruppo definendo i vantaggi compensativi”.

[16] La compensazione degli svantaggi subiti per effetto dell’ingresso nel gruppo IVA potrebbe essere necessaria anche per non incorrere nella responsabilità civilistica da direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 del c.c. il quale prevede che “[l]e società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società”.

[17] È dubbio se ai fini della quantificazione degli svantaggi/vantaggi subiti/conseguiti dalle società aderenti al gruppo IVA si debba tenere conto del vantaggio derivante dall’eliminazione delle operazioni intercompany. La questione potrebbe non prestarsi ad una soluzione univoca. Infatti, laddove la modifica del pro-rata comporti a livello complessivo un peggioramento per il gruppo (in quanto la maggiore IVA indetraibile in capo ai soggetti che registrano un peggioramento del pro-rata di detraibilità eccede la minore IVA indetraibile in capo a quei soggetti che registrano al contrario un miglioramento del pro-rata), al fine di determinare l’importo degli indennizzi da corrispondersi a favore delle società svantaggiate dovrà necessariamente prendersi in considerazione anche il vantaggio conseguente all’eliminazione delle operazioni intercompany. Viceversa, laddove la modifica del pro-rata comporti un effetto complessivamente positivo per le società aderenti al gruppo, in via di semplificazione potrebbe prescindersi dagli effetti conseguenti dall’eliminazione delle operazioni intercompany, posto che tale effetto non arreca danni a nessuna delle società aderenti al gruppo IVA.

[18] L’analisi svolta nel testo è limitata ad analizzare il trattamento fiscale delle somme destinate a compensare gli svantaggi da pro-rata derivanti dall’accesso ad un gruppo IVA. Resta inteso che i principi esposti nel testo non possono essere esteri sic et simpliciter a qualsiasi flusso compensativo erogato nell’ambito del gruppo IVA, dovendosi viceversa procedere ad un’analisi caso per caso delle diverse fattispecie.

[19] Nello stesso senso, si veda D. Rettura, “Brevi considerazioni sui possibili effetti ai fini delle imposte dirette dell’adesione al gruppo IVA”, inDiritto Bancario, 30 maggio 2018.

[20] Si veda anche Risoluzione n. 9/1565 del 23 gennaio 1984 e 9/869 del 19 gennaio 1980.

[21] Trattandosi di operazioni che riguardano specularmente due soggetti (il soggetto che riceve l’indennizzo e quello o quelli che lo corrispondono), in presenza di interpretazioni difformi potrebbero verificarsi fenomeni di doppia tassazione o doppia detassazione. Si pensi al caso in cui il soggetto che riceve l’indennizzo lo ritenesse escluso da imposizione mentre il soggetto erogante lo ritenesse rilevante ai fini delle imposte sul reddito in quanto imputato tra gli oneri di gestione.

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