Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 11088 del 2 dicembre 2019, è tornato ad affrontare uno dei temi attualmente più caldi e irrisolti nell’ambito del contenzioso finanziario, ovvero la questione della rilevanza giuridica del mark to market.
I fatti di causa risalgono al 2008, allorquando una società emiliana ha negoziato un’operazione di tipo interest rate swap a copertura di un contratto di mutuo ancorato al tasso variabile dell’Euribor (che, all’epoca, viaggiava sui livelli molto alti).
Il foro ambrosiano, dopo aver accertato l’idoneità dello strumento finanziario derivato ad assolvere la funzione di copertura, ha confermato (tra l’altro) che il mark to market non è un elemento essenziale del contratto, che rileva solo in caso di estinzione anticipata. Ne deriva che la mancata esplicitazione del suo valore o delle relative formule di calcolo non costituisce un vizio genetico del negozio.