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Attualità
NPL

Il mercato degli NPE non bancari

3 Maggio 2023

Giuseppe La Scala, Senior Partner, La Scala Società tra Avvocati

Nadia Rolandi, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo
NPL

Il presente contributo intende analizzare il mercato degli NPE non bancari, le sue peculiarità, criticità e possibili prospettive future.


Da molti anni i crediti non-performing bancari e parabancari (leasing, credito al consumo, finanziamenti contro cessione del quinto, ecc.) sono destinati, quasi inevitabilmente, ad essere trasferiti (in mandato gestorio e/o in cessione definitiva) – e con un ageing sempre minore – a soggetti specializzati nel loro deconsolidamento dal sistema creditizio e nella loro gestione e recupero.

Ciò avviene con modalità diverse e in virtù dell’intervento di operatori che – acquisendo i crediti direttamente o attraverso veicoli di cartolarizzazione – compensano i cedenti a sconto sul GBV e confidano di essere remunerati attraverso incassi maggiori del corrispettivo di acquisto e/o fee di gestione superiori ai costi

Il mercato in Italia è ormai ampio, diversificato e “raffinato”, anche se alcuni aspetti peculiari non lo rendono così efficiente come potrebbe essere.

Questo mercato è invece sostanzialmente assente – o, tutt’al più, sporadico ed estemporaneo – con riguardo agli NPE di origine non creditizia (NPE non bancari) e relativi a corrispettivi per la cessione di beni e servizi da parte di imprese industriali e commerciali.

Questa categoria di crediti NPE non bancari non è, a ben vedere, molto diversa da quella degli NPE “Bancari”.

È vero che tra i primi non vi sono quelli vantati verso i privati, ovvero quelli dotati di garanzie accessorie (reali o obbligatorie), ma la qualità imprenditoriale del debitore (spesso persona illimitatamente responsabile) non rende comunque meno appetibili dal mercato i crediti “bancari” verso di essi.

Si tratta, eventualmente, di valutare tale profilo – se rilevante – ai fini della determinazione del prezzo; ma ogni anno miliardi di euro di questi ultimi trovano acquirenti con regolarità.

Non avviene lo stesso per quelli “commerciali”.

Le ragioni di ciò sembrano molteplici.

Innanzitutto appare un fattore critico la dimensione spesso modesta dei portafogli in questione, che potrebbero rendere i processi di valutazione e acquisizione più costosi di quelli che riguardano i grandi pacchetti immessi sul mercato dalle banche e dalle imprese parabancarie; i servicer tradizionali hanno oggi bisogno di masse sempre più importanti per rendere i loro risultati più prevedibili e, con ciò, ovviare alle non poche inefficienze delle loro prassi gestorie.

In secondo luogo si deve tener conto del fatto che i servicer utilizzano procedure di management e recupero differenziate per provenienza: 100 milioni di crediti acquistati da una banca sembrano sotto questo profilo più facili da “lavorare” di 200 pacchetti da 500.000 euro acquistati da 200 “originator” commerciali o industriali diversi.

Un’altra motivazione consiste nella difficoltà a proporre un simile prodotto ad una pletora enorme di cedenti che – per quanto potenzialmente numerosissimi (anche tenendo conto di minimi dimensionali) – devono essere raggiunti attraverso strumenti di marketing massivo indirizzato al largo pubblico: dalle reti di intermediari a vere e proprie campagne pubblicitarie sui media a larga diffusione.

Infine, bisogna tener conto della riottosità delle imprese creditrici in bonis a cedere quelli che sono pur sempre considerati “clienti” e il cui inadempimento molto spesso viene gestito (di solito per troppo tempo) dalla rete commerciale. Ciò, di norma, con tecniche dilettantistiche e nessuna capacità scientifica di valutare correttamente le prospettive di ripresa dei debitori in sofferenza.

Problematiche, però, tutte ovviabili, a ben vedere.

Innanzitutto l’utilizzo di processi automatizzati di elaborazione dati e di analisi predittiva dovrebbe consentire il lavoro di valutazione “granulare” più rapido e semplice, superando così le difficoltà dimensionali e quelle derivanti dal numero elevato di cedenti.

Quanto, invece, alla modalità di lavorazione di piccoli pacchetti, una volta acquisiti in gestione i crediti provenienti da molti cedenti diversi, essi potrebbero comunque essere trattati “in massa” e suddivisi – sotto l’aspetto operativo – in non molte più “categorie” – distinte per procedure di recupero – di quelli di origine bancaria e parabancaria.

Per ciò che concerne invece i temi di marketing, le relative valutazioni – con particolare riguardo alla incidenza dei costi – sono connesse alla possibilità di redigere un business plan che li renderebbe plausibili e accettabili.

Infine, quanto ad incentivare i cedenti a cedere, bisognerebbe offrire loro un servizio e/o un corrispettivo che rappresenti un’effettiva opportunità (sotto diversi profili) e che oggi invece manca sostanzialmente. Il grado di efficienza – anche delle grandi imprese – nella gestione dei propri NPE è infatti, di norma, modesto.

Le difficoltà sopra analizzate dovrebbero essere affrontate e superate sulla scorta dei molti “pro” che, invece, potrebbero caratterizzare la fattorizzazione dei crediti non-performing di origine non bancaria.

Come sopra detto, solitamente gli NPE commerciali non bancari sono gestiti in-house con modalità spesso amatoriali e in difetto di procedure accurate ed efficaci.

Vi è dunque la possibilità di migliorare moltissimo le performance di recupero attraverso una practice collaudata, regolare e con modalità di recupero più stringenti.

Inoltre, il corredo documentale che comprova l’esistenza del credito “commerciale” non è di certo più complesso di quello bancario.

Fattura e documento di trasporto sottoscritto dal vettore bastano per la cessione di beni. Gli estratti autentici delle scritture contabili sono sufficienti nei casi (marginali) di cessione di servizi. Una qualificata ed efficiente attività di collection stragiudiziale riesce poi ad ottenere in un numero non modesto di casi i riconoscimenti di debito che permettono, ove necessario, la richiesta di decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi.

Infine, proprio la situazione di scenario relativa ai crediti “bancari”, precedentemente illustrata rende il recupero dei crediti commerciali molto più fruttuoso di un tempo.

Prima del deconsolidamento in massa degli NPE “creditizi”, le banche e gli operatori parabancari aggredivano i loro debitori (che sono, di norma, gli stessi debitori delle imprese industriali e commerciali) con molta maggiore rapidità, potendo contare su: i) acquisizione più veloce dei sintomi di crisi; ii) funzioni in-house specializzate; iii) reti di legali dedicati praticamente in esclusiva al recupero del credito.

Oggi, invece, il credito “bancario” affidato ai servicer inizia ad essere processato in tempi molto più lunghi e a ritmi molto più lenti, rendendo così meno “concorrenziale” questa attività ai danni dello stesso debitore che sia esposto – come avviene di norma – sia verso le banche che verso i fornitori.

Si tratta, dunque, di un mercato al momento inesplorato, ma che potrebbe diventare una nuova opportunità per imprenditori e investitori.

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