Il CNDC (Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili), congiuntamente alla FNC (Fondazione Nazionale Commercialisti), ha pubblicato un documento di ricerca sul monitoraggio fiscale delle attività estere, nel Quadro RW della dichiarazione dei redditi, tra cui trust esteri e polizze assicurative estere.
Il documento analizza preliminarmente l’art. 4 del D.L. 167/1990, che impone l’obbligo di dichiarare investimenti patrimoniali e attività finanziarie detenute all’estero, indipendentemente dalla produzione di reddito: tra le attività da monitorare vi sono gli investimenti patrimoniali, le attività finanziarie estere, e le cripto-attività.
Il documento include anche una sezione dedicata ai trust esteri con beneficiari residenti in Italia, chiarendo la distinzione tra trust trasparenti e opachi, e illustrando i relativi obblighi dichiarativi per i beneficiari, in base alla struttura e alla residenza fiscale del trust.
In particolare, un trust viene classificato come “trasparente” se i beneficiari sono individuati e hanno diritto immediato a richiedere i redditi realizzati dal trust, senza che il trustee abbia discrezionalità in merito alla distribuzione: in tali casi, i beneficiari devono dichiarare i redditi anche se non distribuiti, in quanto considerati redditi di capitale ai sensi dell’art. 44 del TUIR.
Al contrario, un trust “opaco” prevede una maggiore discrezionalità da parte del trustee, che può decidere se, quando e quanto erogare ai beneficiari: per i trust opachi, i beneficiari non sono soggetti a tassazione immediata sui redditi, a meno che il trust risieda in un regime a fiscalità privilegiata, in cui le somme ricevute assumono rilevanza fiscale.
Il documento descrive i criteri per determinare se un trust sia interposto fittiziamente (ossia utilizzato per celare il vero titolare delle attività) e sottolinea che, in tali casi, gli obblighi di dichiarazione e tassazione ricadono direttamente sul beneficiario italiano, considerato titolare effettivo del patrimonio del trust.
Vengono inoltre illustrati i criteri di residenza fiscale dei trust, basati sulla localizzazione della sede amministrativa o degli asset principali: la residenza influisce sugli obblighi di monitoraggio, per cui i trust non residenti, che detengono patrimoni all’estero, devono essere dichiarati dai beneficiari italiani, se questi sono titolari effettivi.
Un ulteriore approfondimento riguarda le differenze tra trust discrezionali e non discrezionali: nei trust non discrezionali, i beneficiari già individuati devono monitorare e dichiarare l’intero valore del patrimonio e delle attività detenute all’estero, indipendentemente dalla distribuzione effettiva delle somme; nei trust discrezionali, invece, i beneficiari sono tenuti a monitorare e dichiarare solo i crediti effettivamente esigibili, basandosi sulle comunicazioni annuali del trustee.
Ulteriori approfondimenti riguardano le polizze assicurative estere, ove vengono indicate le condizioni per l’esonero dal monitoraggio, qualora siano gestite da intermediari italiani.
L’analisi si estende infine all’applicazione di IVIE e IVAFE (imposte sugli immobili e sulle attività finanziarie estere), specificando i casi in cui tali imposte sono applicabili o deducibili: in particolare, il documento specifica che i beneficiari di trust opachi (non interposti fittiziamente) non sono tenuti al pagamento di tali imposte, poiché la proprietà effettiva dell’immobile o delle attività finanziarie estere non è direttamente a loro imputabile; per i trust trasparenti, l’imposizione è applicabile ai beneficiari in base al valore delle attività e dei redditi patrimoniali detenuti all’estero.