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Il mutuo con ammortamento “alla francese” tra norme attuali e prospettive future

23 Febbraio 2024

Tommaso Di Marcello, Professore associato di Diritto commerciale, Università degli Studi Roma Tre

Di cosa si parla in questo articolo

SOMMARIO: Il saggio esamina i principali problemi giuridici sollevati in relazione al mutuo con ammortamento alla francese e si concentra sulla questione della compatibilità di tale contratto con le norme sull’anatocismo e con le norme sulla trasparenza bancaria. L’elaborato sviluppa la tesi secondo cui l’ammortamento alla francese rispetta le regole sul contratto e sul rapporto di mutuo e, allo stato della normativa, non comporta esigenze di trasparenza ulteriori e diverse da quelle relative agli altri contratti di mutuo.

ABSTRACT: The essay examines the main legal issues raised in relation to the loan amortized by the so-called French method. It focuses on the issues regarding the compliance of this contract with the rules on compound interest and banking transparency. The central thesis is that loan amortization by the French method complies with the rules on loan contract and relationship and does not entail additional or different transparency requirements than those related to other loan contracts.


1. Tipologie di piano di ammortamento dei mutui e conformazione del piano di ammortamento “alla francese”

È nota la rilevanza che nello svolgimento del rapporto di mutuo bancario è assunta dal piano di ammortamento, ossia dal piano dettagliato di restituzione del prestito, al tasso di interesse definito nel contratto, con indicazione della quota in linea capitale e della quota in linea interessi che compongono ciascuna singola rata da pagare.

Altrettanto noto, per i lettori di una rivista specialistica, è che il piano di ammortamento può essere predisposto secondo diverse metodologie o modelli, tra i quali si annoverano il metodo “italiano”, quello “tedesco” e quello “francese”, salva la possibilità di adottare metodi ancora diversi, come quello americano o anglosassone, oppure piani di ammortamento personalizzati o, ancora, schemi di rimborso con rata flessibile (in cui si alternano rate di soli interessi e rate di rimborso dell’importo in linea capitale oppure la rata è costante ma il tasso di interessi e la durata sono variabili, rendendo variabile anche la composizione della rata tra quota capitale e quota di interessi) o schemi di finanziamento bullet (finanziamenti con rimborso mediante rate costituite da soli interessi e pagamento della quota capitale in unica soluzione alla fine della durata del prestito)[1].

Nel piano di ammortamento “all’italiana”, ogni rata di rimborso è composta da una quota di capitale costante per tutto il periodo di ammortamento e da una quota interessi che diminuisce nel tempo, con corrispondente diminuzione dell’ammontare della rata nel corso del rapporto.

Il piano di ammortamento “alla tedesca” prevede invece rate con pagamento degli interessi in anticipo, ossia all’inizio del periodo in cui matureranno: la prima rata è costituita solo da interessi ed è pagata al momento dell’erogazione del prestito; la rate successive possono essere uguali una all’altra e contenere una quota di interessi decrescente e una quota di capitale crescente, salva l’eventuale diversità della prima e/o dell’ultima rata rispetto alle altre; l’ultima rata è costituita solo da capitale.

Nel piano di ammortamento “alla francese” l’ammontare delle singole rate è costante e, al loro interno, la quota di capitale è crescente nel corso del rapporto e la quota di interessi è decrescente: all’inizio si pagano soprattutto interessi[2] (cosa che – a seconda di tasso di interesse, importo e durata del mutuo e periodicità delle rate – potrebbe in alcuni casi capitare, seppure in proporzione inferiore, anche nell’ammortamento “all’italiana”); a mano a mano che le rate vengono pagate e il capitale residuo si riduce, l’ammontare della quota di capitale inserita nella rata aumenta e quello della quota di interessi diminuisce[3].

È stato affermato che la rata costante è aspetto solo eventuale e non già identificativo dell’ammortamento alla francese e che tale ammortamento viene praticato anche per i finanziamenti a tasso variabile con possibile aumento del numero di rate o «con la possibile variazione (con o senza prefissazione di un cap) dell’entità della singola rata»[4].

Il presente scritto si concentrerà sul caso – ricorrente nella pratica e spesso considerato in dottrina e giurisprudenza – dell’ammortamento alla francese, con rata costante, di mutui a tasso fisso.

Per un inquadramento del fenomeno sono essenziali i contributi della matematica finanziaria. Resta tuttavia inteso che le ricostruzioni di matematica finanziaria, così come quelle giuridiche, possono risolvere le questioni inerenti all’ammortamento alla francese sulla base di impostazioni molto diverse e con soluzioni tra loro opposte[5]. Inoltre, e soprattutto, come avvertito dalla Corte di Appello di Roma, «quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuato un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione. In difetto tale riferimento si risolve nell’impropria invocazione dell’autorità, su una questione eminentemente giuridica, di conclusioni che si assumono scientificamente fondate in un altro ambito del sapere»[6].

La tesi opposta, secondo la quale non sarebbe corretto «traslare sul piano prettamente giuridico l’interpretazione di […] termini prettamente finanziari»[7], si scontra con il rilievo per cui, quando si tratta di stabilire se si applichi o meno una determinata sanzione giuridica o comunque una determinata regola giuridica, l’interpretazione non può che avvenire sulla base di canoni e criteri giuridici, che si lasciano permeare da concetti, significati e regole tecniche provenienti da altre discipline solo se e nei limiti in cui ciò sia conforme all’ordinamento giuridico e alle scelte di politica del diritto ad esso sottese[8]. L’esplicito o implicito rinvio o richiamo giuridico ad altre discipline o ad altri ambiti dell’esperienza o della tecnica non è un “rinvio in bianco”[9].

2. Le argomentazioni contrarie rispetto all’ammortamento alla francese e il rinvio pregiudiziale del 2023 alla Corte di Cassazione.

In una prospettiva tanto diffusa quanto fuorviante, riguardo all’ammortamento alla francese si è soliti mettere in primo piano il fatto che la sua conformazione e la relativa composizione delle rate di rimborso comportano la conseguenza per cui – a parità di capitale mutuato, durata del prestito, tasso di interesse annuo nominale (TAN.) e periodicità delle rate – l’importo totale degli interessi dovuti è superiore a quello degli interessi dovuti nel mutuo con ammortamento all’italiana.

A tale osservazione si aggiunge che, nei piani di ammortamento alla francese impiegati correntemente, l’importo delle rate è individuato nella pratica sulla base di una formula matematica tipica del regime finanziario c.d. dell’interesse composto, nella quale – si afferma – «il tempo è esponente e non fattore» e gli interessi aumentano «in misura esponenziale», mentre nelle formule matematiche riconducibili al regime finanziario c.d. dell’interesse semplice gli interessi aumentano in misura lineare e proporzionale alla durata del prestito e, nel caso di rateizzazione del rimborso, l’importo nominale degli interessi liquidati nelle rate periodiche dovrebbe essere ridotto attraverso un’operazione matematica di attualizzazione, con corrispondente riduzione del montante (ossia il debito totale, costituito dal capitale da restituire e dagli interessi da corrispondere complessivamente)[10].

In seguito a queste osservazioni, i contratti di mutuo con piano di ammortamento alla francese sono stati oggetto di rilievi critici sia in alcuni contributi dottrinali, sia da parte di alcuni tribunali. Secondo questi rilievi critici, le clausole di tali contratti relative all’ammortamento del prestito:

  • in ragione dell’adozione del regime c.d. dell’interesse composto, determinano un risultato anatocistico vietato dall’art. 1283 c.c. e dall’art. 120, comma 2, t.u.b., anche in combinazione con l’art. 1344 c.c. (che stabilisce l’illiceità della causa delle pattuizioni elusive di norme imperative)[11], e sono pertanto nulle;
  • comportando l’inserimento, all’interno della rata, anche di interessi anticipati rispetto alla scadenza per il rimborso della quota residua di capitale su cui questi ultimi sono calcolati, determinano un’attribuzione nulla per difetto di causa, in quanto – si afferma – non è consentito al creditore di pretendere il pagamento di interessi per un capitale di cui il debitore non abbia ancora goduto e dunque per una prestazione creditizia non ancora compiutamente effettuata. In via connessa, le suddette clausole, nel caso in cui il cliente intenda estinguere anticipatamente il rapporto con la banca mutuante o beneficiare della c.d. portabilità del mutuo, comportano che il mutuatario si troverà ad avere già corrisposto interessi calcolati su una quota residua di capitale che ancora non è divenuta esigibile, i quali costituiscono un costo occulto che in via indiretta rende ingiustificatamente onerosa e/o disincentiva l’estinzione anticipata o l’eventuale surrogazione o portabilità del mutuo, in violazione degli artt. 120-ter e 120-quater, commi 4 e 6, t.u.b. e, per i consumatori, degli artt. 120-1 (sul credito immobiliare) e 125-sexies t.u.b.[12];
  • determinano una violazione del diritto del debitore, previsto dall’art. 1193 c.c., di scegliere, all’atto del pagamento delle rate, quale debito intende soddisfare per primo tra il debito per capitale e quello per interessi o, comunque, sono impugnabili, ai sensi dell’art. 1195 c.c., per «dolo o sorpresa» ad opera della banca ai danni del cliente nell’imputare al debito per interessi una porzione eccessiva del pagamento delle rate della prima parte del piano di ammortamento, laddove una maggiore imputazione alla quota in linea capitale produrrebbe invece una riduzione più rapida del capitale residuo e quindi una riduzione degli interessi complessivamente dovuti[13];
  • in caso di mancata specificazione contrattuale delle modalità di determinazione delle rate del piano di ammortamento con le relative quote in linea capitale e in linea interessi e/o dell’utilizzazione dell’ammortamento alla francese e/o dell’individuazione dell’importo delle rate secondo il regime finanziario c.d. dell’interesse composto, sono nulle per indeterminabilità dell’oggetto della pattuizione, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c.[14], o invalide o inefficaci per violazione della norma dell’art. 1284, comma 3, c.c. che impone la determinazione e quindi la determinatezza o determinabilità del tasso di interesse, in difetto della quale si applica il tasso di interesse legale[15];
  • in assenza della specificazione contrattuale delle modalità di composizione delle rate tra capitale e interessi e/o dell’adozione dell’ammortamento alla francese e/o dell’utilizzazione del regime dell’interesse composto, sono nulle per violazione della trasparenza o informazione personalizzata inderogabilmente richiesta dall’art. 117, commi 4, 6 e 7, t.u.b.[16] per il tasso di interesse e ogni altro prezzo o condizione praticati[17];
  • in mancanza della suddetta specificazione[18] nella documentazione precontrattuale, comportano una responsabilità precontrattuale della banca mutuante per violazione delle regole di trasparenza e correttezza imposte dagli articoli 116[19] e 127 t.u.b. e, nei confronti del cliente consumatore, per violazione dell’obbligo di fornire al consumatore stesso le informazioni personalizzate necessarie per consentirgli di confrontare le diverse offerte di credito sul mercato, valutarne le implicazioni e assumere una decisione informata in merito alla stipulazione del contratto di credito e/o per violazione dell’obbligo di fornire al consumatore spiegazioni e chiarimenti adeguati sui contratti di credito e sui servizi accessori proposti, in modo da consentirgli di valutare se il contratto di credito e i servizi accessori siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria, ai sensi dell’art. 120-novies, commi 2 e 5, t.u.b., sul credito immobiliare ai consumatori, e dell’art. 124, commi 1 e 5, t.u.b., sul credito al consumo[20].

Nel 2023 un tribunale ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione a norma dell’art. 363-bis c.p.c., chiedendo alla Suprema Corte di chiarire «se la mancata indicazione della modalità di ammortamento c.d. “alla francese” e/o del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi passivi all’interno di un contratto di mutuo bancario stipulato nella vigenza del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, anche per il caso in cui la modalità di ammortamento c.d. “alla francese” ed il regime di capitalizzazione “composto” siano desumibili dal cliente facendo ricorso al complesso delle condizioni economiche e contrattuali pattuite (comprese quelle contenute nel piano di ammortamento allegato al contratto), integri oppure no un’ipotesi di nullità parziale del contratto di mutuo bancario ai sensi dell’art. 117, comma 4, del D.Lgs. n. 385/1993, con le conseguenze di cui al comma 7 della succitata disposizione»[21], ossia l’applicazione (a) del tasso di interesse nominale minimo dei buoni ordinari del Tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, emessi nei dodici mesi precedenti alla conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti allo svolgimento dell’operazione e (b) degli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l’operazione è effettuata o il servizio viene reso, restando inteso che in mancanza di pubblicità nulla è dovuto[22].

La questione è stata assegnata alle Sezioni Unite e sembra destinata a fare ancora discutere[23]. Secondo il provvedimento di assegnazione alle Sezioni Unite, «La questione è quali conseguenze derivino dalla omessa indicazione, all’interno di un contratto di mutuo bancario, del regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, pure a fronte della previsione per iscritto del tasso annuo nominale (TAN), nonché della modalità di ammortamento “alla francese”: in particolare, se tale carenza di espressa previsione negoziale possa comportare l’indeterminatezza o l’indeterminabilità del relativo oggetto, con conseguente nullità strutturale in forza del combinato disposto degli artt. 1346 e 1418, secondo comma , cod. civ. nonché – stante la specialità della materia bancaria, soggetta alla disciplina del d.lgs. n. 385 del 1993 (TUB) – la violazione delle norme in materia di trasparenza e, segnatamente, di quella di cui all’art. 117, comma 4, TUB, che impone, sotto pena di nullità, che i contratti indichino il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora»[24]. Il provvedimento aggiunge: «Si tratta, in particolare, di stabilire, con riguardo al piano di ammortamento alla francese, se il finanziamento sia viziato per la indeterminatezza delle condizioni pattuite, sotto diversi aspetti: l’omessa pattuizione del regime di capitalizzazione composta in luogo del regime di capitalizzazione semplice, che si afferma essere prescritto dall’art. 821 cod. civ., e l’applicazione al finanziamento di un tasso effettivo differente e maggiore rispetto al TAN pattuito»[25].

Nel caso concreto alla base del rinvio alla Corte, il contratto di mutuo recava l’indicazione del numero di rate da restituire, del loro ammontare, del TAN (tasso annuo nominale, ossia il c.d. tasso di interesse annuo), di un TAE (tasso annuo effettivo) maggiore del TAN in ragione della previsione di rate infrannuali (di solito: mensili), nonché del piano di ammortamento con la specificazione dell’ammontare e della composizione delle singole rate con precisazione di quanto dovuto in linea capitale e di quanto dovuto in linea interessi (inoltre – sebbene ciò non assuma rilievo rispetto all’impostazione e alle conclusioni del presente contributo – il contratto e il rapporto tra banca e cliente, dato che il contratto era stato stipulato il 20 dicembre 2007, erano sottoposti ad una normativa primaria e ad una normativa secondaria parzialmente diverse da quelle attuali).

Il mutuo con ammortamento alla francese era già stato sottoposto all’attenzione della stessa Corte di Cassazione[26] e su di esso si sono pronunciati la giurisprudenza di merito[27] e l’ABF, anche con il suo Collegio di Coordinamento[28], ma si è trattato di casi e problemi giuridici non sempre o non del tutto coincidenti con quelli sottoposti in via pregiudiziale alle Sezioni Unite.

3. Legittimità e trasparenza dei contratti di mutuo con piano di ammortamento alla francese.

Le argomentazioni svolte contro i contratti di mutuo con piano di ammortamento alla francese non possono essere condivise. L’impiego di tale piano di ammortamento risulta perfettamente legittimo, anche sotto il profilo della trasparenza[29].

Gli argomenti contrari alla legittimità delle clausole dei contratti di mutuo con ammortamento alla francese diffusi nella prassi o delle relative condotte precontrattuali della banca saranno esaminati nello stesso ordine in cui sono stati sopra elencati[30], a partire da quelli incentrati sull’anatocismo e sulla conformazione del rapporto contrattuale e del relativo piano di ammortamento[31] fino ad arrivare agli ultimi due, che riguardano l’applicazione delle norme in materia di trasparenza bancaria[32] e sollevano le questioni ritenute più delicate.

Conviene tuttavia anticipare che la soluzione delle diverse questioni si inserisce in un quadro sistematico unitario, in quanto la corretta applicazione delle norme, incluse quelle in materia di trasparenza di cui si tratterà nell’ultima parte del lavoro, dipende da una preventiva corretta individuazione del modo in cui sono conformati il rapporto contrattuale ed il relativo piano di ammortamento.

Per formarsi un’idea con sufficiente cognizione di causa occorrerebbe avere presente visivamente un piano di ammortamento alla francese e, per un paragone tra differenti modalità di sviluppo del rapporto e degli importi, un piano di ammortamento all’italiana (ovviamente con lo stesso capitale mutuato e tasso di interesse annuo nominale e con la stessa durata del prestito e periodicità delle rate): tali piani possono essere ottenuti in modo agevole attraverso uno dei calcolatori disponibili in rete (e quindi attraverso qualsiasi dispositivo elettronico connesso alla stessa), con relativa indicazione delle rate periodiche e delle quote in linea capitale e in linea interessi che compongono ciascuna rata, nonché del totale degli interessi da corrispondere in ciascun anno e poi complessivamente per l’intera durata del prestito.

In ogni caso, nell’esposizione che segue si procederà come se i calcolatori di piani di ammortamento non fossero disponibili.

4. Corrispettività degli interessi esigibili rispetto alla prestazione creditizia ed assenza di anatocismo in senso giuridico.

Innanzitutto, non risponde al funzionamento del piano di ammortamento alla francese la tesi per cui, in ragione dell’applicazione del regime c.d. dell’interesse composto, tale piano determinerebbe un risultato anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c. (per il quale, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi), e dall’art. 120, comma 2, t.u.b. (per il quale gli interessi debitori maturati non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale).

Inoltre, sebbene sia vero che, in caso di scioglimento anticipato del rapporto con la banca mutuante, il mutuatario si troverebbe ad avere già pagato interessi calcolati su una quota residua di capitale che non era ancora divenuta esigibile (circostanza che peraltro può verificarsi, seppure per un ammontare inferiore, anche per l’ammortamento all’italiana), non risponde alla realtà l’assunto secondo cui nelle rate dei piani di ammortamento alla francese sarebbero inseriti interessi non ancora maturati o comunque privi di causa in quanto non corrispondenti al godimento del capitale già avvenuto e ad una prestazione creditizia già effettuata, i quali per di più configurerebbero un costo occulto, in contrasto con le norme sull’estinzione anticipata e sulla surrogazione nel mutuo (artt. 120-ter e 120-quater, commi 4 e 6, t.u.b. e, per i consumatori, degli artt. 120-quaterdecies.1 e 125-sexies t.u.b.).

Con riferimento a questi profili è necessario richiamare, sul piano generale, l’insegnamento fondamentale per cui, nei contratti di credito, il nesso di corrispettività non corre tra il denaro inizialmente consegnato e quello da restituire, ma corre tra – da un lato – la situazione intermedia, con carattere di durata, definibile come «prestazione creditizia» e consistente nella rinuncia al potere o mancanza di potere del creditore di ottenere la restituzione del capitale nel corso ordinario del rapporto e nel connesso riconoscimento al mutuatario di un’immunità dalla soggezione a tale potere e – dall’altro lato – il pagamento dei correlativi interessi[33]. Non importa se dal punto di vista materiale il mutuatario utilizza e trasferisce a terzi le somme ricevute e quindi non ne può più disporre; né importa che la moneta sia un bene particolare, perché se ne può godere solo facendone uso mediante disposizione[34]; e neppure interessa, ancora, che il prestito di denaro determini, piuttosto che la concessione di un semplice diritto di godimento di un bene, l’acquisto della titolarità delle somme da parte del mutuatario: dal punto di vista tecnico e giuridico è invece centrale, nel mutuo, la concessione del godimento del capitale – verrebbe da dire: la concessione del godimento del prestito – intesa come attribuzione di un determinato capitale con facoltà concessa per un determinato periodo di tempo al mutuatario, di cui quest’ultimo può beneficiare secondo i termini della legge e del contratto e sulla base del piano di rimborso pattuito, di non effettuare la restituzione[35].

Tali chiarimenti mettono in luce la rilevanza giuridica delle specifiche caratteristiche della situazione che il contratto determina tra la data iniziale del prestito e la scadenza del medesimo (per esempio, la rilevanza della previsione o meno di rate periodiche; la rilevanza della loro periodicità e del loro ammontare; quella della liquidazione di interessi all’interno delle stesse, e così via). Essi inoltre, nello spostare l’accento dal confronto tra flussi in entrata e flussi in uscita al confronto tra gli interessi in concreto maturati e l’effettiva durata e misura del godimento del capitale nelle fasi intermedie del rapporto, forniscono criteri idonei a funzionare da filtro o adattatore nel recepimento delle dinamiche matematico-finanziarie sul piano giuridico[36].

Sullo specifico piano del mutuo con ammortamento alla francese, occorre in proposito prendere atto di tre ordini di rilievi, spesso sottovalutati:

  • anche nell’ammortamento alla francese, gli interessi contenuti in ciascuna rata corrispondono esattamente alla remunerazione di una prestazione creditizia e di un correlativo godimento del capitale già avvenuti;
  • anche nell’ammortamento alla francese, gli interessi complessivamente generati dal prestito remunerano in modo proporzionato una prestazione creditizia effettiva, che trova un riflesso e una dimostrazione nel fatto che, per circa un terzo o oltre del rapporto, la rata costante è di importo inferiore a quello delle rate dei piani di ammortamento all’italiana di prestiti di pari ammontare, durata, tasso annuo nominale (TAN) e periodicità delle rate;
  • nei piani di ammortamento alla francese correntemente in uso, il fatto che l’importo della rata costante sia calcolato secondo il regime finanziario dell’interesse composto è giuridicamente irrilevante, perché il relativo calcolo è vincolato a condizioni in seguito alle quali – dati l’ammontare e la durata del prestito, il tasso annuo nominale e la periodicità delle rate – l’importo della rata può essere soltanto uno, indipendentemente dal regime finanziario a cui sia riconducibile la formula utilizzata per il calcolo[37].

Ciascuno di questi rilievi, tra loro in vario modo connessi, richiede qualche approfondimento[38].

4.1. La corrispettività degli interessi computati nella rata costante.

Il primo ordine di rilievi attiene all’equilibrio tra la quota di interessi computata in ciascuna rata periodica, l’ammontare del capitale mutuato e la durata del godimento di tale capitale da parte del mutuatario tra una rata e l’altra.

In sintesi: nell’ammortamento alla francese – così come nell’ammortamento all’italiana e in altri piani di ammortamento correntemente in uso (diversi da quelli “alla tedesca”) – gli interessi che compongono la rata sono «anticipati» solo nel senso che essi divengono esigibili prima della data di esigibilità del capitale su cui si calcolano, non già nel senso che essi corrispondono ad un godimento del capitale ancora non avvenuto[39].

In particolare, il mutuo con piano di ammortamento alla francese – oltre a prevedere rate di ammontare costante dall’inizio alla fine del rapporto creditizio composte da una quota in linea interessi decrescente e da una quota in linea capitale crescente nel tempo – si connota, come altri prestiti correntemente in uso, per il fatto che l’ammontare della quota di interessi inserita in ciascuna rata corrisponde agli interessi dovuti sul debito per il capitale residuo (con scadenza attuale o futura) per il godimento nel periodo che parte dalla data di scadenza della rata precedente e arriva alla data di scadenza della nuova rata che diviene esigibile[40].

Tale quota di interessi, pur divenendo contrattualmente esigibile prima dell’esigibilità contrattuale dell’intero capitale residuo su cui essa è calcolata, corrisponde unicamente al «godimento» del capitale residuo da parte del mutuatario fino alla data di scadenza della rata in cui la suddetta quota di interessi è inserita e, dunque, alla parte di prestazione creditizia effettuata dalla banca fino a quella data.

La possibilità di prevedere contrattualmente date di esigibilità differenziate tra interessi e capitale sul quale essi sono calcolati è indirettamente confermata dall’autonomia riconosciuta all’obbligazione di rimborso degli interessi da parte dell’art. 1820 c.c., il quale prevede la facoltà del mutuante di chiedere la risoluzione del contratto qualora il mutuatario non adempia l’obbligo di pagamento degli interessi, senza che si debba attendere di verificare se sarà adempiuto o meno l’obbligo di rimborso dell’importo in linea capitale[41].

Inoltre, indipendentemente da questa disposizione, sarebbe arbitrario ed incoerente fare discendere dalla rinuncia volontaria del mutuante all’esigibilità relativa ad un certo capitale o ad una quota dello stesso per un determinato periodo di tempo – ossia da una temporanea inesigibilità che è del tutto volontaria – l’automaticità o addirittura la necessità di una parallela rinuncia temporanea all’esigibilità degli interessi corrispettivi[42]: nel mutuo tali interessi devono invero essere corrisposti sulla somma mutuata ogni volta che non sia pattuito diversamente (art. 1815 c.c.) e, ai sensi dell’art. 821, comma 3, c.c. maturano giorno per giorno sull’importo di tale capitale[43], in ragione della stessa prestazione creditizia e del corrispondente godimento[44].

Sulla base di tali norme, i patti secondo cui gli interessi divengono esigibili prima della data di esigibilità della relativa quota di capitale sono legittimi almeno ogni qual volta si tratti di interessi inerenti al periodo, alla «durata» o ai giorni che saranno già trascorsi[45]. Tali interessi remunerano non una prestazione futura, bensì una prestazione creditizia già effettuata, sebbene destinata a continuare in futuro e pertanto a produrre ancora interessi (sempre sul capitale residuo).

I patti in esame connotano peraltro anche il mutuo con ammortamento all’italiana e, più in generale, larga parte dei mutui correntemente in uso. L’ammortamento alla francese si conforma invero a principi che per il mutuo sono del tutto ordinari.

4.2. La corrispettività degli interessi complessivamente generati dal prestito.

Il secondo ordine di rilievi da considerare è inerente all’equilibrio tra l’ammontare complessivo degli interessi sull’intera operazione di prestito, l’importo di ciascuna singola rata periodica e la durata del godimento del capitale mutuato tenuto conto del differimento nel tempo del rimborso della quota di capitale computata in ciascuna delle rate periodiche.

In sintesi: anche nell’ammortamento alla francese, gli interessi complessivamente generati dal prestito non remunerano in modo esponenziale una prestazione creditizia in parte puramente nominale, consistente nella mera sostituzione di quote di capitale con quote di interessi all’interno delle rate iniziali, ma remunerano in modo proporzionato una prestazione creditizia effettiva, consistente in una concessione più duratura del godimento di determinate quote di capitale mutuato.

La ragione per cui l’importo totale degli interessi dovuti nell’ammortamento alla francese è superiore a quello degli interessi dovuti nell’ammortamento all’italiana non risiede tanto – come si potrebbe erroneamente essere portati a ritenere – nell’imputazione del pagamento delle rate ad una quota di interessi decrescente (e dunque, all’inizio, relativamente più elevata) e ad una quota in linea capitale crescente (e quindi, all’inizio, relativamente più ridotta), ma consiste in una circostanza molto più semplice: a parità di importo e durata del prestito, tasso di interesse annuo nominale (TAN) e periodicità delle rate, l’ammortamento alla francese, nel quale l’importo delle rate è costante, determina una rata di rimborso che, per un periodo di circa o oltre un terzo della durata del rapporto creditizio, è più bassa di quella che sarebbe richiesta dal piano di ammortamento all’italiana, il quale presenta una rata di rimborso decrescente che diviene più bassa di quella dell’ammortamento alla francese solo nella fase successiva a tale periodo. In altri termini, nella prima parte del rapporto le rate costanti dell’ammortamento alla francese sono più ridotte delle rate decrescenti dell’ammortamento all’italiana[46].

Il maggiore importo che alla fine del rapporto creditizio con ammortamento alla francese sarà stato pagato a titolo di interessi dipende pertanto dal fatto che tale tecnica di ammortamento consente al debitore mutuatario di godere di una certa quota di capitale residuo per un periodo più lungo di quanto avverrebbe nell’ammortamento all’italiana. Ovverosia: il maggiore importo di interessi complessivo remunera questa maggiore durata della disponibilità finanziaria di cui il debitore beneficia e la corrispondente maggiore durata della rinuncia al capitale residuo da parte della banca mutuante[47].

Da ciò discende una constatazione che è essenziale per individuare correttamente il modo in cui devono essere applicate le norme previste dall’ordinamento: il confronto con l’ammortamento all’italiana può essere utile sul piano conoscitivo, per la puntuale individuazione dei rispettivi connotati, ma, se impostato in termini di maggiore onerosità di un metodo di ammortamento (quello «francese») rispetto all’altro («italiano»), si rivela fuorviante e in definitiva foriero di errori applicativi, in quanto mette a confronto la remunerazione, sotto forma di interessi, relativa a due prestazioni e/o situazioni diverse[48] e svaluta in misura significativa la rilevanza del tempo, tenendo conto soltanto del termine finale di restituzione e non dell’entità e delle tempistiche delle rate nei periodi intermedi.

È ovvio infatti che, a parità di altre condizioni, il mutuatario che nella prima parte del rapporto restituisce di meno e trattiene di più il capitale in godimento debba remunerare la prestazione creditizia con un importo a titolo di interessi maggiore di quello dovuto dal mutuatario che nello stesso periodo abbia restituito di più e trattenuto di meno. Il valore economico dell’attribuzione del godimento di un capitale cambia in modo significativo a seconda dell’ammontare e della periodicità delle rate e, quindi, del tempo della dilazione per il rimborso dei relativi importi.

Per tale ragione, se si mettono a confronto un prestito con ammortamento alla francese, un prestito con ammortamento all’italiana ed un prestito bullet[49] con pari ammontare e durata del prestito, stesso tasso di interesse annuo nominale (TAN) e identica periodicità delle rate, risulterà che il tasso di interesse annuo effettivo (TAE), ossia il parametro che misura il grado o livello di onerosità del finanziamento sotto il profilo degli interessi, è il medesimo in tutti e tre i prestiti, ma l’ammontare degli interessi complessivamente generati è superiore nel prestito che prevede rate più basse e concede quindi una maggiore dilazione nel rimborso del capitale, ossia il prestito bullet. Riguardo agli interessi complessivamente generati, il mutuo con ammortamento alla francese si colloca invece in una posizione intermedia, in quanto le rate sono di importo più elevato rispetto alle rate del prestito bullet e di importo inizialmente più ridotto rispetto alle rate dell’ammortamento all’italiana e, dunque, la restituzione del capitale è meno dilazionata rispetto a quella del prestito bullet e più dilazionata rispetto a quella dell’ammortamento all’italiana (in via coerente, il prestito con ammortamento all’italiana è quello che comparativamente genera meno interessi, perché prevede una dilazione minore degli altri nel rimborso del capitale, con rate più elevate di quelle del prestito bullet e inizialmente più elevate di quelle dell’ammortamento alla francese)[50].

In proposito è altresì opportuno rilevare che con riferimento agli interessi, sebbene le possibili modalità di calcolo dell’importo della rata e delle quote di capitale e interessi che la compongono siano diverse, non vi sono diversità rilevanti da conoscere che non siano collegate all’ammontare e alla durata del prestito, alle tempistiche delle rate e al tasso periodale che risulta dalla divisione del tasso annuo nominale (TAN) per il numero delle rate previste in un anno[51]. Di conseguenza – oltre che su altri eventuali prezzi e condizioni praticati – la facoltà di scelta del cliente e l’esigenza di consentire a quest’ultimo di formulare in modo consapevole le proprie valutazioni si appuntano sull’informazione riguardo a tali elementi.

Questo aspetto dovrà essere richiamato anche quando si tratterà dell’applicazione delle norme sulla trasparenza bancaria[52].

Per il momento è invece importante precisare che quanto si è rilevato conferma l’orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui, nell’ammortamento alla francese, diversamente da quanto avviene nel fenomeno dell’anatocismo, la formula matematica del regime dell’interesse composto che per praticità individua l’importo delle rate non comporta che dal punto di vista giuridico gli interessi decorrano sugli interessi o su somme derivanti dalla capitalizzazione dei medesimi. In particolare, tale regime finanziario, essendo applicato ad un capitale residuo nel cui ammontare, dal punto di vista giuridico, non confluiscono interessi, non determina per l’ordinamento alcuna forma di anatocismo[53]. Il discorso può essere approfondito come segue.

4.3. Equivalenze matematico-finanziarie e analogie giuridicamente rilevanti: l’ammortamento alla francese tra regime c.d. dell’interesse composto e regime c.d. dell’interesse semplice.

Il terzo ordine di rilievi da tenere in considerazione attiene alla relazione tra il calcolo dell’importo della rata, l’individuazione degli interessi e il regime finanziario applicato per il calcolo degli importi dovuti.

Nell’ammortamento alla francese adottato nei contratti di mutuo correntemente in uso l’importo costante della rata periodica (di solito: mensile) è calcolato per praticità secondo una formula appartenente al regime dell’interesse composto[54] e nella prima parte del rapporto è determinato in buona parte da interessi, con quanto ne consegue sul piano del ritmo della riduzione del debito per il capitale residuo su cui saranno calcolati gli interessi inclusi nelle rate successive.

Tale operazione dà luogo ad un esito complessivo che, secondo una certa «relazione di equivalenza» matematica[55], può dirsi «equivalente» alla crescita «esponenziale» degli interessi che sarebbero individuati secondo il regime finanziario dell’interesse composto in un ipotetico “prestito da rimborsare senza liquidazione periodica di tutti gli interessi via via maturati” e, quindi, produce un risultato «anatocistico»: tuttavia, ciò è vero, innanzitutto, solo dal peculiare punto di vista della matematica finanziaria – secondo le cui formule di attualizzazione la somma degli interessi di un prestito liquidati nelle diverse rate periodiche, trattandosi di interessi da corrispondere in date anteriori a quella prevista per la scadenza del finanziamento, «equivale», tenuto conto della variabile «tempo», agli interessi (di maggiore importo nominale) che sarebbero stati complessivamente dovuti sulla base del regime dell’interesse composto alla fine della durata del prestito[56] – e, in secondo luogo, solo in via teorica e relativa, ossia solo assumendo come base la specifica ipotesi teorica che il debitore abbia la capacità di conseguire dall’uso del denaro nel tempo un rendimento economico-finanziario pari al costo che paga per ottenerlo in prestito[57].

Al di fuori di queste assunzioni matematico-finanziarie e astratte, che permetterebbero di affermare che «pagare» periodicamente gli interessi in forma non attualizzata «vuol dire capitalizzare»[58], nei piani di ammortamento alla francese correntemente in uso l’importo degli interessi via via liquidati e il montante non consentono di osservare alcuna crescita o progressione esponenziale[59].

La tesi dell’equivalenza matematica non tiene conto, per esempio, che sul piano economico, a differenza di quanto avviene nel caso di maturazione di interessi su interessi capitalizzati, «se è vero che la riscossione anticipata degli interessi consente al creditore di metterli subito a frutto, e così di lucrare interessi da interessi, è vero anche che questi non sono a carico del debitore, perché provengono da altri investimenti estranei all’operazione di prestito ed il cui rischio è a carico del creditore»[60]. Inoltre, «il debitore pagando gli interessi periodicamente si libera del debito, mentre se li pagasse al termine dell’operazione sarebbe costretto o ad accantonarne l’importo […] o a reinvestirlo, assumendosene il rischio»[61].

In ogni caso, dal punto di vista giuridico sono decisivi i tre seguenti ordini di circostanze.

Sotto un primo profilo, dal momento che ciascuna rata del piano di ammortamento alla francese contiene tutti gli interessi maturati fino alla sua data di scadenza, il pagamento della rata azzera gli interessi dovuti fino a quella data e gli interessi ricominciano a decorrere dal giorno dopo sul capitale residuo, senza alcun incremento diretto della base di calcolo per la generazione di ulteriori interessi[62].

Sotto un secondo profilo, è stato rilevato che, nella formula dell’ammortamento alla francese adottata nei mutui correntemente in uso, il calcolo dell’importo della rata è in sostanza vincolato ad una duplice condizione: in primo luogo, l’importo della rata deve avere carattere costante e, in secondo luogo, ogni rata deve contenere tutti gli interessi maturati fino a quel momento sul capitale residuo. Poste queste due condizioni, l’importo della rata che si ottiene mediante una formula del regime finanziario dell’interesse composto può essere ottenuto anche senza l’utilizzazione di tale formula e di tale regime finanziario[63]. In altri termini, sul piano della matematica finanziaria la combinazione delle due condizioni menzionate è sufficiente ad individuare l’importo della rata costante[64]; una volta calcolata la rata, l’interrogativo su quale regime finanziario sia stato applicato perde carattere determinante[65].

In ragione di tale situazione, le contestazioni rivolte contro l’utilizzazione del regime finanziario dell’interesse composto risultano prive di fondamento e le ipotesi di riformulazione non consensuale del piano di ammortamento alla francese si rivelano giuridicamente inammissibili. Esse comporterebbero infatti a danno della banca un’arbitraria variazione del TAE[66] oppure un’arbitraria violazione di una delle due condizioni di partenza sopra individuate (rata costante e liquidazione periodica di tutti gli interessi via via maturati)[67].

Sotto un terzo profilo, gli interessi computati in ciascuna rata del piano di ammortamento alla francese corrispondono al risultato dell’applicazione del tasso periodale al capitale residuo (e, quindi, se la rata è mensile, al prodotto della moltiplicazione di un dodicesimo del tasso annuo nominale per il capitale residuo, ossia per il capitale che dopo il pagamento della rata precedente risulta ancora da rimborsare), con un calcolo molto semplice.

Tale calcolo è il medesimo calcolo che viene applicato per la liquidazione degli interessi nel caso di mutuo con ammortamento all’italiana e nel caso degli altri prestiti che prevedono la liquidazione in rate periodiche di tutti gli interessi via via generati fino alla scadenza di ciascuna di esse[68]. Ne deriva che, se l’equivalenza matematico-finanziaria tra i flussi finanziari prodotti dalla liquidazione periodica degli interessi e il flusso finanziario che sarebbe prodotto dalla liquidazione degli interessi in regime di interesse composto al termine della durata del prestito fosse sufficiente a determinare un’assimilazione giuridica all’anatocismo, dovrebbero essere ritenuti anatocistici non solo gli interessi generati nell’ammortamento alla francese, che si serve del regime dell’interesse composto, ma anche quelli prodotti dagli altri prestiti con liquidazione periodica degli interessi, ossia quasi tutti i prestiti correntemente in uso[69].

4.4. [Segue] – Liquidazione degli interessi nelle rate periodiche e tasso effettivamente applicato.

In effetti, è agevole constatare che le contestazioni rivolte contro i mutui con ammortamento alla francese e contro l’individuazione della relativa rata costante mediante l’utilizzo di una formula tipica del regime dell’interesse composto sono dirette in realtà contro la ben più ampia serie di contratti di prestito che prevedono il meccanismo della liquidazione periodica degli interessi via via maturati sul capitale residuo (ciò significa, tra l’altro, che alla giurisprudenza chiamata a decidere sul mutuo con ammortamento alla francese è in sostanza affidato il compito di decidere una questione che coinvolge in via generale una larga parte dei contratti di credito).

Stando ad un certo orientamento, considerato che l’art. 821 c.c. prevede che gli interessi si acquistino giorno per giorno ma non regola l’esigibilità degli stessi, gli interessi divengono esigibili solo quando diviene esigibile la quota di capitale su cui essi sono calcolati, a meno che le parti concordino diversamente e il relativo patto sia conforme all’ordinamento[70]. Sulla medesima linea, si è ritenuto che, nell’ambito della disciplina del mutuo, se le parti hanno previsto la restituzione del capitale in rate periodiche, gli interessi da liquidare in ciascuna rata debbano essere calcolati solo sulla quota di capitale contenuta nella rata stessa, mentre la previsione negoziale della liquidazione di ulteriori somme a titolo di interessi sul capitale residuo non sarebbe meritevole di tutela sulla base dell’ordinamento giuridico[71].

In questa direzione alcune opinioni arrivano a ritenere vietata o in linea di principio illegittima per difetto di trasparenza o per violazione di un ragionevole affidamento del cliente ogni variazione rispetto all’applicazione del tasso annuo nominale (TAN) secondo il regime finanziario dell’interesse semplice con rimborso in unica soluzione alla scadenza del prestito.

In particolare, secondo un certo indirizzo, la prassi bancaria di conteggiare in ogni rata gli interessi intanto maturati sul debito residuo – pur essendo ampiamente utilizzata per l’ammortamento alla francese o all’italiana e per gli altri piani di rimborso graduale – non avrebbe alcun riconoscimento giuridico[72] e gli articoli 821, 1283, 1284 c.c. e 117 e 120 t.u.b. richiederebbero in linea di principio l’utilizzo del regime finanziario dell’interesse semplice[73], con liquidazione degli interessi periodici solo alla data di esigibilità della quota di capitale residuo su cui essi sono calcolati[74].

Inoltre, sulla base di un altro indirizzo, dato che la liquidazione degli interessi nelle rate periodiche comporta per il debitore un esborso anteriore e dunque più gravoso rispetto all’esborso della medesima somma alla scadenza del prestito, l’ammontare delle rate dovrebbe essere individuato mediante una formula riconducibile al regime dell’interesse semplice (riferita all’ipotesi di rimborso in unica soluzione alla scadenza del prestito) e mediante una formula di attualizzazione che riduca l’ammontare degli interessi in ragione della data delle rate periodiche in cui essi sono via via liquidati[75].

Tuttavia, non risulta in alcun modo che gli articoli 821 c.c. (sull’acquisto degli interessi e di altri frutti), 1283 c.c. (sui limiti all’anatocismo inteso come produzione di interessi su interessi), 1284 (sul saggio degli interessi), 117 t.u.b. (sulla trasparenza delle condizioni nei contratti bancari), 120 t.u.b. (sulla decorrenza delle valute e sul calcolo degli interessi) e 1815 ss. c.c. (sul mutuo) o altre norme vietino di individuare l’importo della rata periodica mediante una formula tipica del regime dell’interesse composto o impediscano che questa modalità di calcolo e la liquidazione periodica degli interessi generati dalla concessione del godimento del capitale residuo siano concordate in modo diretto oppure in modo indiretto attraverso l’espressa indicazione contrattuale – oltre che dell’ammontare e della durata del prestito e del TAN – dell’importo e della periodicità della rata costante[76].

In altri termini, se le parti concordano un piano di rimborso che include nelle rate gli interessi maturati sul capitale residuo, la data di esigibilità di tali interessi risulta contrattualmente stabilita. Trattandosi di un ammontare di interessi individuato applicando il tasso periodale al capitale residuo (con una semplice moltiplicazione del capitale residuo per il tasso periodale), l’imputazione delle somme a titolo di interessi è conforme al criterio di acquisto degli interessi di cui all’art. 821, comma 3, c.c. e alle altre norme dell’ordinamento. Nessun dubbio può pertanto sussistere sulla meritevolezza di tutela delle relative clausole contrattuali.

Sul versante dei rapporti tra regole giuridiche e regimi finanziari utilizzabili, le norme europee e le norme italiane sul calcolo del tasso annuo effettivo globale (TAEG), che ricomprende il TAE e gli altri costi per il prestito, stabiliscono che il TAEG debba essere individuato mediante una formula del regime finanziario dell’interesse composto[77]. Se si intende contestare la previsione normativa[78], si esce dall’area «de iure condito» e si entra in quella «de iure condendo» e, in ogni caso, si esorbita dalle norme attualmente stabilite per il contesto contrattuale e precontrattuale. In proposito è stato fatto presente che il costo totale del credito (TAEG) o indicatore sintetico di costo (ISC) è «la misura accettata internazionalmente del costo per il mutuatario e quindi della redditività dell’intermediario di qualunque operazione finanziaria e pertanto qualunque banca europea, per rimanere sul mercato del credito a condizioni competitive, dovrà proporre operazioni allineate col tasso stesso di mercato»[79].

Sul versante delle modalità di pagamento degli interessi, la liquidazione periodica degli interessi via via generati dalla concessione del godimento del capitale residuo costituisce una modalità standard di liquidazione degli interessi derivanti dai rapporti di mutuo correntemente in uso[80]. È vero che la parola «standard» non è, di per sé, sinonimo di «legittimo», ma il fatto che la clausola negoziale in esame sia oggettivamente comune ad un’ampia pluralità o quasi alla totalità dei tipi di piano di rimborso dimostra che il mercato bancario si è attestato su una determinata modalità di applicazione concreta del tasso di interesse indicato nel contratto e nei documenti precontrattuali e che su tale mercato la confrontabilità tra le diverse offerte creditizie si basa sulla conformità a tale modalità di applicazione.

In particolare, nello stabilire il modo in cui il tasso annuo nominale (TAN) deve essere inteso per essere applicato nei prestiti da rimborsare in rate periodiche, ossia il modo in cui, dati ammontare e durata del prestito, tasso annuo nominale, periodicità delle rate e altre eventuali condizioni scelte dalle parti, si arriva ad individuare l’importo delle rate, il mercato bancario, per i mutui con rimborso rateale, ha adottato, tra le diverse possibili convenzioni sul significato[81] da attribuire al TAN per l’individuazione del tasso in concreto applicato, una convenzione sul significato per cui, quando si indica in via precontrattuale o nel contratto un determinato tasso annuo nominale, (i) il tasso da applicare per individuare gli interessi da liquidare nella rata (c.d. tasso periodale) si ottiene dividendo il tasso annuo nominale per il numero delle rate periodiche ricomprese in ciascun anno; (ii) per determinare la quota di interessi liquidabile in ciascuna rata, il tasso periodale così ottenuto è applicato al capitale residuo (ossia il tasso periodale è moltiplicato per l’importo del capitale residuo che risulta dopo il pagamento della rata precedente); e (iii) rispetto all’applicazione del tasso periodale per la determinazione degli interessi da liquidare nelle rate periodiche non è previsto alcuno «sconto» mediante formule matematiche di attualizzazione.

In altri termini, il tasso di interesse annuo nominale (TAN) è un tasso meramente virtuale, una base strumentale di calcolo, che non trova alcuna diretta applicazione nel mondo reale se non nel caso in cui la periodicità delle rate sia annuale, mentre il tasso in effetti applicato è il tasso periodale (o, in termini annui, il tasso di interesse annuo effettivo calcolato con una formula del regime finanziario dell’interesse composto, ossia il TAE – e, per includere i costi ulteriori rispetto al tasso, il tasso annuo effettivo globale o TAEG – il quale rende conto in sostanza anche dell’eventualità in cui le rate previste in concreto dal contratto abbiano una determinata periodicità infrannuale, in genere mensile)[82].

La sopra indicata convenzione sul significato del TAN nel caso di prestiti con rimborso in rate periodiche è stata individuata dalla «tecnica bancaria» ed è stata accolta anche sul piano giuridico.

La convenzione in esame, pur potendo essere oggetto di negoziazione nei singoli rapporti, si colloca su un piano basilare e diverso da quello delle clausole, delle condizioni, delle intese o degli usi negoziali, in quanto è stata selezionata, sul piano della «tecnica bancaria», come base di partenza comune per inquadrare ciascuna operazione creditizia nell’attività dell’impresa bancaria e nel mercato bancario, i quali necessitano di uniformità delle unità di misura e delle formule tecniche, per soddisfare il proprio bisogno di misurazione dei rischi e dei valori economici dei diversi «assets» secondo il canone della sana e prudente gestione e, a partire dagli ultimi decenni, per consentire la comparazione tra i diversi prodotti e competere sul terreno concorrenziale.

Dinanzi ad una convenzione sul significato, sarebbe irrilevante, fuori bersaglio ed arbitrario andare alla ricerca di una «verità matematica» (che tra l’altro, non essendovi accordo sulla selezione delle definizioni e degli assiomi di partenza rilevanti, non è detto che gli stessi matematici riescano concordemente ad individuare).

Il tasso di interesse che la banca può e intende offrire è individuato sulla base del rendimento a cui essa mira per i propri impieghi: di conseguenza, il tasso annuo nominale da indicare nel contratto è stabilito non in astratto, bensì sulla base della convenzione lessicale e tecnica che, a seconda dell’ammontare e della durata del prestito e della periodicità delle rate, traduce il tasso annuo nominale in tasso periodale da applicare effettivamente[83]. Il prodotto bancario offerto è unitario, nel senso che l’offerta ha ad oggetto un prestito avente non solo un determinato TAN – tasso annuo puramente nominale – ma anche un determinato tasso periodale e, in termini annui, un determinato TAE, tasso annuo effettivo che include nel computo il fatto che gli interessi verranno pagati fin dalla data della rata periodica in cui saranno liquidati: il tasso effettivo stabilito secondo la convenzione sul significato del “TAN nell’ipotesi di rate periodiche” non è scorporabile dal prodotto se non trasformando quest’ultimo in un prodotto dello stesso tipo ma significativamente diverso.

Per il caso in cui si ritenesse erroneamente di potere assimilare la convenzione sul significato del “TAN nell’ipotesi di rate periodiche” ad un mero uso negoziale, occorre precisare che la convenzione lessicale e tecnica di cui si tratta è stata accolta dall’ordinamento giuridico, che la riconosce come regola applicabile in mancanza di diversa previsione.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha invero chiarito che, nel caso in cui sia indicato il tasso di interesse annuale nominale e per il rimborso siano pattuite rate infrannuali, la previsione della scadenza infrannuale «attiene alla cosìdetta “debenza” degli interessi, non alla “spettanza”; gli interessi vanno corrisposti, cioè, in scadenze» infrannuali, «ma vanno pur sempre computati in percentuale annua. Il versamento» della rata periodica «non costituisce anticipazione, cui debba corrispondere uno “sconto” […]. Al contrario, gli interessi, che in linea di principio sono dovuti, come si è detto, giorno per giorno, vengono ad essere corrisposti a scadenza posticipata, al termine della maturazione» periodica. «La disposizione che prevede l’eguaglianza dell’ammontare delle rate» periodiche «non induce a derogare all’applicazione della regola, giacché la parificazione ben può essere compiuta proporzionando opportunamente l’ammontare del capitale all’ammontare degli interessi in scadenza, senza che ciò richieda una diminuzione del debito»[84].

La giurisprudenza ha altresì precisato che la previsione che fissa la misura degli interessi adoperando «l’usuale riferimento al periodo di un anno» e la previsione che fissa «il tempo del loro pagamento» stanno l’una «accanto all’altra, senza che sia dato stabilire interferenze fra loro; l’affermazione che in tal modo si dà una discrepanza fra l’interesse effettivamente corrisposto e quello stabilito è giuridicamente scorretta, giacché le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione»[85].

Nella prospettiva giuridica, «una cosa è il tasso di interesse, altra la periodicità del pagamento degli interessi, che le parti possono determinare liberamente»: dall’art. 821, comma 3, c.c. (per il quale gli interessi si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto), «si desume pianamente la regola dell’indifferenza del tempo del pagamento sulla quantificazione […]»[86].

Da questi chiarimenti deriva che l’asserita equivalenza matematico-finanziaria tra gli interessi generati dai prestiti con rimborso rateale e gli interessi che potrebbero essere generati secondo il regime dell’interesse composto da teorici prestiti da rimborsare in unica soluzione non comporta la possibilità di un’equiparazione giuridica dei due diversi tipi di operazione; tra i casi di utilizzo di una formula del regime finanziario dell’interesse composto e quelli di anatocismo in senso giuridico sussiste, tutt’al più, un rapporto di «genere a specie», non già una totale sovrapposizione; l’utilizzo di una formula del regime dell’interesse composto per calcolare gli importi dovuti non determina necessariamente anatocismo in senso giuridico, perché un conto è che la formula del regime dell’interesse composto sia utilizzata per determinare la maturazione di interessi su interessi o interessi capitalizzati, tutt’altro e diverso conto è invece che la formula del regime dell’interesse composto sia utilizzata per determinare l’importo della rata che include la liquidazione periodica degli interessi via via maturati. Dato che tale distinzione è accolta dall’ordinamento, si dimostra destituita di fondamento anche l’ipotesi che la semplice equivalenza matematica, teorica e relativa, tra le diverse operazioni possa comportare, a norma dell’art. 1344 c.c., la nullità delle clausole sugli interessi per illiceità della causa per elusione delle norme imperative sull’anatocismo, di cui all’art. 1283 c.c., e sul conteggio degli interessi, di cui all’art. 120, comma 2, t.u.b.

Per il mutuo con ammortamento alla francese, tali conclusioni si compendiano nella riflessione per cui «il regime composto che caratterizza l’ammortamento alla francese dipende esclusivamente dalla regola del pagamento degli interessi al termine del singolo periodo di maturazione, che è quella comunemente in uso in tutti i prestiti»; «la regola del pagamento degli interessi al termine di ogni singolo periodo di maturazione è assolutamente conforme al diritto»; «la c.d. riformulazione in “capitalizzazione semplice” del piano di ammortamento» – a parte il dettaglio tecnico di parametrare gli interessi liquidati periodicamente alla quota di capitale contenuta nella rata invece che al capitale residuo – consiste in sostanza «nell’applicazione agli interessi corrisposti al termine di ogni singolo periodo di uno “sconto” diretto a compensare il debitore dell’onere derivante dalla “anticipazione” del loro pagamento rispetto al termine finale dell’operazione»; l’imposizione di tale “sconto” a carico del finanziatore, oltre a non essere giustificata dalla logica economica, «non si giustifica per il diritto»[87].

In effetti, l’opinione secondo cui alla banca potrebbe essere imposto, come regola inderogabile o comunque come modello di riferimento applicabile in assenza di specifiche pattuizioni contrarie, un piano di ammortamento con rata costante in cui l’individuazione dell’ammontare complessivo degli interessi sia effettuata mediante una “formula matematica del regime finanziario dell’interesse semplice con rimborso in unica soluzione finale” e la quantificazione degli interessi nelle rate periodiche avvenga con uno «sconto» per l’attualizzazione degli importi non trova alcuna giustificazione nell’ordinamento giuridico.

Innanzitutto, quell’ipotesi di riformulazione forzata del piano di ammortamento riduce il tasso annuo effettivo (TAE) al di sotto del tasso annuo effettivo che discende dall’applicazione del tasso periodale derivante dalla divisione del tasso annuo nominale (TAN) per il numero delle rate periodiche previste in un anno: tale risultato contrasta con l’interpretazione delle clausole su TAN e rate periodiche accolta dall’ordinamento, così come confermata dalla giurisprudenza[88].

In secondo luogo, nei prestiti ultrannuali la suddetta ipotesi di riformulazione forzata rende il tasso annuo effettivo (TAE) addirittura inferiore al tasso annuo nominale (TAN)[89]: tale risultato – oltre a contrastare con l’orientamento della giurisprudenza[90] – vìola l’art. 1366 c.c., per il quale il contratto deve essere interpretato secondo buona fede. Infatti, in mancanza di un’espressa pattuizione contraria, interpretare la clausola sul tasso annuo nominale (TAN) nel senso che essa autorizzi una modalità di calcolo che renda il tasso annuo effettivo (TAE) inferiore al TAN indicato in contratto significa travisare in maniera plateale il senso delle clausole negoziali sul tasso di interesse e la così detta volontà delle parti oggettivata in tali clausole.

In terzo luogo, la riformulazione forzata in esame si basa su un’inammissibile suddivisione del prestito in una serie di virtuali «sottoprestiti», tanti quante sono le rate, ognuno con durata dall’inizio del prestito fino alla data di scadenza di una delle diverse rate del prestito stesso (il primo «sottoprestito» ha durata dalla data di erogazione fino alla data di scadenza della prima rata del prestito; il secondo «sottoprestito» ha durata dalla medesima data di erogazione fino alla data di scadenza della seconda rata del prestito, e così via)[91]. Tale operazione contrasta con la conformazione economica e giuridica del mutuo come contratto che genera un rapporto unitario, nel quale le diverse rate in cui il dovere di rimborso «è ripartito non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, bensì l’adempimento frazionato di un’unica obbligazione»[92].

Accolta una determinata «convenzione sul significato» del “TAN nel caso di prestiti con rimborso in rate periodiche”, considerare illegittima la sua utilizzazione significherebbe essenzialmente imporre l’adozione di una nuova «convenzione sul significato»: per il passato e il presente, ciò non è ammissibile, perché, come si è rilevato, la «convenzione» attualmente seguita è stata accolta dall’ordinamento giuridico; per quanto riguarda il futuro, la rimodulazione – oltre a comportare costi per le imprese finanziatrici che poi sarebbero recuperati attraverso le condizioni praticate nella commercializzazione dei prodotti – sarebbe sostanzialmente inutile, in quanto gli operatori potrebbero agevolmente raggiungere la stessa redditività del finanziamento a cui miravano elevando il tasso annuo nominale (TAN). Per non dire dei pregiudizi che il mutamento della «convenzione», se non esteso all’ambito europeo e internazionale, potrebbe provocare sul piano concorrenziale.

In definitiva, dato che la liquidazione in ciascuna rata periodica di tutti gli interessi maturati fino alla data della rata stessa si conforma perfettamente alla funzione e alla struttura giuridica della prestazione creditizia[93], le pattuizioni che la prevedono svolgono la funzione, legittima e meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, di mantenere un equilibrio finanziario tra prestazione e controprestazione in ogni fase del rapporto[94].

L’ammontare degli interessi complessivi che nell’ammortamento alla francese discende dalla combinazione fra tale pattuizione e la previsione di rate di importo costante è giustificato, anche in termini di proporzionalità, dalla misura e dalla periodicità delle rispettive rate e, dunque, dai tempi della dilazione per la corresponsione dei relativi importi[95].

In assenza di contrarie previsioni legali o contrattuali, la banca è libera, dal punto di vista imprenditoriale e negoziale, di subordinare l’offerta e l’applicazione di un certo TAN, invece che di un altro più elevato, all’adozione del piano di ammortamento alla francese con liquidazione in ciascuna rata costante di tutti gli interessi generati dal capitale residuo alla data di scadenza della rata medesima senza sconti o formule di attualizzazione.

4.5. Ammortamento alla francese ed estinzione anticipata del rapporto con la banca mutuante.

Quanto osservato permette anche di sciogliere con risposta negativa il dubbio che, nel caso di estinzione anticipata del rapporto con la banca mutuante o surrogazione nel contratto di finanziamento, il mutuatario di un prestito con ammortamento alla francese si possa trovare ad avere corrisposto interessi senza una valida causa e dunque in modo non giustificato, i quali finirebbero in sostanza per costituire – in violazione degli artt. 120-ter e 120-quater, commi 4 e 6, t.u.b. e, per i consumatori, degli artt. 120-quaterdecies.1 (sul credito immobiliare) e 125-sexies t.u.b. – una sorta di penale indiretta o altro costo occulto e, ex ante, un ostacolo o disincentivo rispetto alla decisione di estinguere il rapporto o chiedere la surrogazione.

Considerato che nell’ammortamento alla francese la liquidazione degli interessi nell’ambito delle rate periodiche è proporzionata alla durata dell’avvenuto godimento del capitale mutuato e all’entità di tale capitale (e che il ritmo del rimborso del capitale è giustificato dall’entità relativamente ridotta che per circa o oltre un terzo del rapporto connota la rata costante rispetto alle rate decrescenti di altri tipi di piano di ammortamento)[96], gli interessi liquidati nelle rate periodiche non sono privi di causa e non costituiscono né una sorta di penale indiretta né altro costo occulto. Il mutuatario che abbia pagato le rate, ognuna contenente una determinata quota di interessi, avrà pagato quanto dovuto per la parte di prestazione creditizia di cui ha già beneficiato: niente di più[97].

Il fatto che il cliente, all’atto dell’estinzione anticipata o della surrogazione di una nuova banca nel contratto, si ritroverà a dovere ancora restituire una parte del capitale più significativa di quella che avrebbe avuto da restituire con un piano di ammortamento all’italiana, è il logico riflesso dell’avere goduto più a lungo di una determinata somma[98] (per le medesime ragioni, l’importo ancora da restituire nel caso di ammortamento alla francese sarebbe invece più ridotto che in un prestito bullet)[99].

A questo punto, la decisione sull’estinzione mediante anticipazione del rimborso integrale del capitale residuo dipenderà in via esclusiva da quanto l’estinzione anticipata sia in concreto conveniente per il mutuatario rispetto alla prosecuzione del rapporto. In via analoga, la decisione sulla surrogazione nel mutuo dipenderà unicamente da quanto le condizioni offerte dalla banca a cui ci si rivolgerebbe per la surrogazione siano in concreto convenienti per il mutuatario rispetto alla continuazione del rapporto originario[100].

5. L’imputazione dei pagamenti tra debito per gli interessi e debito per il capitale.

Diversamente da quanto è stato talora sostenuto contro la legittimità dei contratti di mutuo con ammortamento alla francese diffusi nella pratica, occorre rilevare che la mancata specificazione contrattuale delle modalità di composizione delle rate per capitale e interessi e/o dell’adozione dell’ammortamento alla francese e/o delle modalità di individuazione dell’importo della rata secondo il regime finanziario dell’interesse composto non determina né una violazione del diritto del debitore, ai sensi dell’art. 1193 c.c., di scegliere, all’atto del pagamento, quale debito intende soddisfare per primo tra il debito per il capitale e quello per interessi, né una violazione del divieto per la banca, ai sensi dell’art. 1195 c.c., di imputare una parte eccessiva delle rate della prima fase del rapporto al debito per interessi con «dolo o sorpresa» ai danni del cliente.

Sotto il profilo dell’imputazione dei pagamenti a rate costituite da una quota di interessi inizialmente più elevata e successivamente decrescente e da una quota capitale di inizialmente più ridotta e successivamente crescente, la disposizione che viene in considerazione è l’art. 1194 c.c., dedicato all’imputazione del pagamento agli interessi, il quale dispone che il debitore non possa imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi e alle spese senza il consenso del creditore e che il pagamento fatto in conto di capitale e interessi sia imputato prima agli interessi.

In base ad un certo orientamento, l’art. 1194 c.c. presuppone che il debito per gli interessi e quello per il capitale siano entrambi scaduti ed esigibili[101]: la disposizione perciò non dimostra che sia legittimo liquidare interessi in date anteriori a quelle di esigibilità del capitale (residuo) dalla cui concessione in godimento essi sono generati, come avviene nell’ammortamento alla francese e negli altri piani di rimborso correntemente in uso[102].

Tuttavia, una volta appurato che, anche a norma degli articoli 821, comma 3, c.c. (sull’acquisto degli interessi giorno per giorno) e 1820 (sulla risoluzione per inadempimento del debito da interessi), le parti possono prevedere che il debito per interessi diventi esigibile prima della scadenza per il rimborso del capitale[103], l’art. 1194 c.c. contribuisce in un certo senso a confermare la legittimità in linea di principio delle clausole e dei meccanismi contrattuali che comportano direttamente o indirettamente la preventiva imputazione dei pagamenti al debito per interessi: se l’imputazione del pagamento al debito per interessi è legittima quando anche il debito per il capitale è già esigibile, a maggiore ragione essa è legittima quando, pur essendo entrambi i debiti certi e liquidi, il debito per capitale è ancora inesigibile[104].

Per l’ammortamento alla francese ciò rileva se non altro nel senso che, stipulato il contratto di mutuo sulla base di un certo piano di ammortamento o di un certo piano di rimborso, il debitore non ha diritto di imporre proprie preferenze sull’imputazione dei pagamenti al capitale invece che agli interessi esigibili. Sia l’art. 1193 c.c., relativo al pagamento da parte di debitore con più debiti della medesima specie, sia l’art. 1195 c.c., che in caso di dolo o sorpresa da parte del creditore consente indirettamente al debitore di più debiti che abbia accettato una quietanza in cui il creditore abbia dichiarato di imputare il pagamento ad uno di essi di pretendere un’imputazione diversa, si riferiscono a situazioni diverse e sono dunque inapplicabili al caso in esame.

6. Determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto e determinatezza del tasso di interessi.

Anche sotto il diverso profilo del requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto e dell’oggetto della clausola sugli interessi, ai sensi dell’art. 1346 e 1418 c.c., nonché sotto l’ulteriore profilo della determinazione e quindi determinatezza o determinabilità del tasso di interesse, a norma dell’art. 1284, comma 3, c.c., la validità dei contratti di mutuo con ammortamento alla francese correntemente in uso non può, in linea di principio, essere messa in dubbio: pure in assenza di un specificazione contrattuale delle modalità di strutturazione delle rate e/o dell’impiego dell’ammortamento alla francese e/o delle modalità di quantificazione delle rate secondo il regime dell’interesse composto, l’oggetto del contratto che indichi il capitale mutuato e il TAN e faccia riferimento alla durata del prestito e all’ammontare e alla periodicità delle rate deve ritenersi determinato o determinabile[105]. Inoltre, anche in considerazione della convenzione sul significato del “TAN nel caso di ammortamento con rate periodiche” accolta dalla giurisprudenza[106], l’indicazione del TAN rende contrattualmente determinato il tasso di interesse, in conformità all’art. 1284, comma 3, c.c.

7. Ammortamento alla francese e norme sulla trasparenza bancaria.

Resta da affrontare la questione ritenuta più problematica e delicata, ossia quella dei rapporti tra il mutuo con ammortamento alla francese e la normativa sulla trasparenza dei contratti bancari nei confronti dei clienti, soprattutto quando questi ultimi siano nella posizione di consumatori.

7.1. Questioni di trasparenza contrattuale e questioni di trasparenza precontrattuale.

Sotto un primo profilo, ci si chiede se la mancata specificazione contrattuale delle modalità di formazione delle rate del piano di ammortamento per capitale e interessi e/o dell’impiego dell’ammortamento «alla francese» e/o delle modalità di calcolo delle rate secondo il regime finanziario dell’interesse composto determini la nullità delle clausole sugli interessi per violazione della trasparenza personalizzata inderogabilmente richiesta dall’art. 117, commi 4, 6 e 7, t.u.b., i quali stabiliscono che il contratto deve indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo o condizione praticati e che, nel caso di inosservanza di tale disposizione, si applicano, rispettivamente: a) il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione; e b) gli altri prezzi e condizioni pubblicizzati per le corrispondenti categorie di operazioni e servizi al momento della conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, al momento in cui l’operazione è effettuata o il servizio viene reso; in mancanza di pubblicità nulla è dovuto[107].

Sotto altro profilo, ci si domanda se la mancata specificazione, nella documentazione precontrattuale, delle modalità di composizione delle rate per capitale e interessi e/o dell’impiego dell’ammortamento «alla francese» e/o delle modalità di individuazione della rata secondo il regime finanziario dell’interesse composto comporti una responsabilità precontrattuale della banca mutuante per violazione delle regole di trasparenza e correttezza di cui agli articoli 116 e 127 t.u.b. e, nei confronti del cliente consumatore, per violazione dell’obbligo di fornire al consumatore le informazioni personalizzate necessarie per consentirgli di confrontare le diverse offerte di credito sul mercato, valutarne le implicazioni e assumere una decisione informata in merito alla conclusione di un contratto di credito e/o per violazione dell’obbligo di fornire al consumatore chiarimenti adeguati sui contratti di credito e sui servizi accessori proposti, in modo da consentirgli di valutare se il contratto di credito e i servizi accessori siano adatti alle esigenze e alla situazione finanziaria del consumatore medesimo, ai sensi dell’art. 120-novies, commi 2 e 5, t.u.b., sul credito immobiliare ai consumatori, e dell’art. 124, commi 1 e 5, t.u.b., sul credito al consumo.

Con riferimento ad entrambi gli interrogativi si può anticipare fin da subito che, se il contratto di mutuo e la relativa documentazione precontrattuale indicano, insieme all’ammontare e alla durata del prestito e agli altri elementi specificamente richiesti dalla normativa applicabile, il TAN e il piano di rimborso o comunque l’importo e la periodicità delle rate – o, a maggior ragione, se indicano il TAE e il piano di ammortamento – e, per i consumatori, se è indicato il TAEG (tasso annuo effettivo globale) e il contratto non comporta a carico del consumatore costi che sono stati esclusi dal TAEG pubblicizzato nella documentazione precontrattuale o inclusi in esso in modo non corretto (art. 125-bis t.u.b.), deve ritenersi che le clausole del contratto stesso siano valide e non sorga responsabilità precontrattuale della banca.

7.2. Le indicazioni idonee per la trasparenza sul mutuo con ammortamento alla francese.             

Nell’affrontare questioni inerenti alle norme sulla trasparenza e correttezza della banca nei rapporti con la clientela, si può partire dalla constatazione, per certi versi banale, che tali norme non hanno valore etico o assoluto, né impongono alla banca offerente di agire nell’interesse di imprese concorrenti, che offrano prodotti diversi. Esse sono previste per una specifica funzione, o ratio, che, oltre a – e anche per – tutelare la concorrenza tra imprese promuovendo la comparabilità tra i prodotti offerti sul mercato[108], consiste nel fare in modo che il cliente abbia a disposizione le informazioni necessarie per confrontare le diverse offerte di credito sul mercato, valutarne le implicazioni e assumere una decisione informata in merito alla conclusione di un contratto di credito[109] (per i clienti consumatori è stabilito che tali informazioni siano personalizzate e che ad esse si aggiungano spiegazioni e chiarimenti adeguati per potere valutare se il contratto di credito e i servizi accessori proposti siano adatti alle esigenze e alla situazione finanziaria del consumatore stesso: art. 120-novies, commi 2 e 5, t.u.b., sul credito immobiliare ai consumatori, e art. 124, commi 1 e 5, t.u.b., sul credito al consumo)[110].

Il modo in cui questa evoluta funzione della normativa sulla trasparenza deve essere intesa risulta dalla giurisprudenza che – nel condividere che tale funzione «non è più quella meramente bancaristica orientata ad introdurre il principio di concorrenza all’interno del settore bancario, né quella di mero contenimento di scelte irrazionali ma […] poggia sul convincimento che il contratto trasparente sia quello che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata», ossia «il contratto corredato di clausole la cui giustificazione economica risulti comprensibile, di tal ché senza tale trasparenza a risultare opaco è il costo totale del credito […]» – ha chiarito che il tasso di interesse può essere stabilito anche «per relationem», in quanto «la prescrizione che fa obbligo di indicare nel contratto “il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati” intende porre il cliente nelle condizioni di conoscere e apprezzare con chiarezza i termini economici dei costi, dei servizi e delle remunerazioni che il contratto programma: ed è evidente, allora, che tale finalità possa essere perseguita, con riguardo alla determinazione dell’interesse, non solo attraverso l’indicazione numerica del tasso, ma anche col rinvio a elementi esterni obiettivamente individuabili, la cui materiale identificazione sia cioè suscettibile di attuarsi in modo inequivoco»[111].

La funzione delle norme sulla trasparenza, per il mutuo con ammortamento alla francese, è assolta per intero dall’indicazione – insieme al TAN (tasso annuo nominale) e agli altri dati specificamente stabiliti dalle disposizioni applicabili – dell’importo e della durata del finanziamento, dell’importo, del numero e della periodicità delle rate e dei singoli costi a carico del cliente, ossia di ogni altro prezzo o condizione praticati, nonché, per i contratti con consumatori, del TAEG (tasso annuo effettivo globale).

Al riguardo si è già rilevato che la composizione delle rate e la produzione degli interessi nei prestiti con ammortamento alla francese correntemente in uso non determinano alcun costo occulto, in quanto, da un lato, gli interessi posti a carico del cliente nel corso del rapporto, lungi dal decorrere su altri interessi, sono, semplicemente, gli interessi generati dalla concessione del godimento del capitale residuo fino alla data di scadenza della rata in cui divengono esigibili e, da un altro lato, il maggiore importo degli interessi complessivamente conteggiati nell’ammortamento alla francese a paragone con l’ammortamento all’italiana è dovuto al fatto che per circa un terzo o più del piano di ammortamento – a parità di capitale mutuato, durata del prestito, tasso di interesse annuo nominale e periodicità delle rate – la rata nell’ammortamento alla francese è di importo più basso rispetto a quella prevista nell’ammortamento all’italiana, la quale si riduce al di sotto della rata dell’ammortamento alla francese solo nel periodo successivo: è ovvio che, in un confronto con l’ammortamento all’italiana, la maggiore durata del godimento di determinate quote di capitale di cui l’ammortamento alla francese consente al debitore di beneficiare – e dunque la maggiore durata della prestazione creditizia con riferimento a tali quote di capitale – debba essere remunerata con un ammontare di interessi complessivamente più elevato, analogamente a quanto avverrebbe qualora la durata complessiva del prestito fosse più lunga[112].

Invero, a parità di ammontare e durata complessiva del prestito, tasso di interesse annuo nominale (TAN) e periodicità delle rate, il tasso di interesse annuo effettivo (TAE), ossia il parametro che misura il grado o livello di onerosità del finanziamento sotto il profilo degli interessi, risulta il medesimo sia nel caso dell’ammortamento alla francese sia in quello dell’ammortamento all’italiana, ma con l’ammortamento alla francese il mutuatario beneficia nei periodi intermedi di un prestito di capitale più duraturo (si è altresì rilevato che, esattamente per il medesimo ordine di ragioni, i mutui con ammortamento alla francese, a parità delle suddette condizioni, generano meno interessi dei prestiti bullet).

Questa diversità di prestazione creditizia a seconda che l’ammortamento segua il metodo francese o invece un altro metodo di rimborso trova trasparenza adeguata dal punto di vista dell’ordinamento nell’indicazione – insieme all’ammontare e alla durata del prestito, al tasso di interesse annuo nominale e alla periodicità delle rate – dell’importo delle rate.

Con l’ammortamento alla francese, il finanziatore, lungi dall’applicare costi ulteriori o occulti, applica gli oneri che la modalità di rimborso pattuita inevitabilmente comporta.

7.3. Le false prospettive dovute al confronto con altre ipotesi di piano di ammortamento.

La tesi secondo cui le modalità di formazione delle rate e l’uso di una formula del regime finanziario dell’interesse composto per l’individuazione dell’importo della rata dovrebbero in via necessaria trovare esplicitazione nel contratto o nei documenti precontrattuali sembra in sostanza basarsi sulla convinzione che ogni mutuo produttivo di un ammontare di interessi più elevato di quello generato dall’ammortamento all’italiana determini un effetto anatocistico o comunque un costo occulto oppure sulla diversa e più radicale convinzione che ogni variazione rispetto all’applicazione del tasso annuo nominale (TAN) secondo il regime finanziario dell’interesse semplice con rimborso in unica soluzione alla scadenza del prestito costituisca una circostanza svantaggiosa rispetto alla «normalità» sulla quale il cliente sarebbe legittimato a riporre un ragionevole affidamento.

Tuttavia, tali convinzioni contrastano con quanto si è rilevato in precedenza sia riguardo alla conformazione giuridica della prestazione creditizia; sia con riferimento al fatto che per le operazioni del mercato creditizio è assodato che il TAN sia un tasso meramente virtuale, che serve da base di calcolo per il tasso effettivamente applicato (il tasso periodale), che in termini annui trova espressione nel TAE; sia, ancora, in relazione all’assenza di un divieto per la banca di richiedere in via contrattuale rate periodiche il cui importo sia individuato sulla base del tasso periodale senza applicazione forzata di «sconti» tramite formule di attualizzazione; sia, infine, riguardo al fatto che, nei contratti di mutuo con ammortamento alla francese correntemente in uso, il risultato che secondo una certa relazione di equivalenza matematica astratta e relativa sarebbe equivalente all’anatocismo dipende – piuttosto che dall’uso di una formula del regime finanziario dell’interesse composto – dalla combinazione di due condizioni di partenza legittime e risultanti dal piano di rimborso e dal tasso annuo effettivo: la condizione per cui la rata deve essere di importo costante e la condizione per cui nelle rate periodiche devono essere liquidati tutti gli interessi già generati dalla concessione in godimento del capitale residuo.

Il raffronto con l’ammortamento all’italiana è tecnicamente improprio, in quanto mette in comparazione la remunerazione, sotto forma di interessi, relativa a due prestazioni non paragonabili[113] e svaluta in via ingiustificata la rilevanza del tempo, considerando soltanto il termine finale per il rimborso e non l’entità e le tempistiche delle rate nei periodi intermedi. La banca non è tenuta a mettere esplicitamente o implicitamente a confronto, nel contratto e nei documenti o nelle spiegazioni precontrattuali, prestazioni creditizie che in realtà sono diverse.

Messo a conoscenza in via contrattuale e precontrattuale di tali dati, il cliente ha tutti gli elementi per una decisione informata e per una comparazione con altri prodotti. Tra mutuo con ammortamento alla francese e mutuo con altra modalità di rimborso non vi sono diverse alternative fra cui scegliere che non siano conseguenza di quei dati.

Una volta concordati l’importo e la durata del prestito, il TAN e la periodicità delle rate, l’unico modo che il cliente potrebbe in teoria avere a disposizione per pagare meno interessi non è né segreto, né occulto. Al contrario, è del tutto ovvio: occorre che nella prima parte del rapporto creditizio il cliente paghi rate di importo più elevato rispetto alla rata costante prevista dal piano di ammortamento alla francese[114].

In sostanza, il modo in cui sono formate le rate del piano di ammortamento alla francese e la loro individuazione mediante una formula tipica del regime finanziario dell’interesse composto non richiedono più illustrazioni di quelle che sono dovute per spiegare che maggiore è l’importo delle rate della prima parte del piano, minori saranno gli interessi da corrispondere sul prestito: si tratta di spiegazioni non necessarie se non richieste dal cliente, in quanto la loro rilevanza è ritenuta dall’ordinamento assorbita dal risultato finale a cui regimi finanziari e relative formule matematiche conducono – ossia un certo numero di rate di un determinato importo – il quale assume rilevanza esterna e consente la comparabilità tra diversi prodotti, per di più con una comparazione più agevole di quella consentita da regimi finanziari e relative formule matematiche.

In ogni caso, riguardo alle ipotesi di piani di ammortamento alternativi tra cui scegliere, un fatto deve essere chiaro: in linea con quanto si è rilevato nella prima parte del presente contributo, la banca non è tenuta a consentire un piano di ammortamento con rata periodica contenente una quota di capitale decrescente nel tempo o, secondo l’ammortamento all’italiana, una quota di capitale costante o, ancora, quote di interessi derivanti dall’uso di formule riconducibili al regime finanziario dell’interesse semplice con attualizzazione degli importi alla data delle rate periodiche.

Inoltre, la banca non è obbligata neppure a rinunciare alla previsione contrattuale per cui in ciascuna rata periodica devono essere liquidati tutti gli interessi generati dal capitale residuo entro la data di scadenza della stessa, che peraltro, come si è ricordato, connota anche i mutui con ammortamento all’italiana e gli altri contratti di prestito correntemente in uso[115].

Dato che tale modalità di liquidazione degli interessi rappresenta un’attuazione del rapporto di corrispettività che lega la produzione degli interessi alla durata della concessione del godimento del capitale (art. 821, comma 3, c.c.), il cliente non ha alcun diritto di pretendere che gli interessi liquidati nella rata periodica siano circoscritti a quelli maturati sulla quota di capitale inserita nella rata in scadenza o siano in altro modo resi più limitati di quelli già generati dalla prestazione creditizia (per tale ragione, abbiamo escluso che alla banca possa essere imposto di determinare l’importo della rata calcolando il montante del prestito mediante il regime finanziario di interesse semplice e dividendolo per il numero di rate concordato e/o attualizzando l’importo degli interessi alla data di scadenza delle rate all’interno delle quali essi vengono liquidati)[116].

Da ciò discende che o si riesce a dimostrare che la banca sta precludendo o ha precluso al cliente l’accesso a piani di ammortamento alternativi che ha invece consentito per altri clienti che presentano le stesse caratteristiche e si trovano nella medesima situazione – e allora sorge un problema di violazione di principi di correttezza, parità di trattamento e non discriminazione, che esorbita dalla normativa sulla trasparenza delle condizioni contrattuali – oppure l’eventuale imposizione per via interpretativa di un dovere della banca di indicare l’impiego del regime dell’interesse composto e spiegare il modo in cui sono formate le rate del piano alla francese equivale a prescrivere arbitrariamente alla banca di fornire una comparazione del proprio prodotto con altri eventualmente presenti sul mercato e offerti da altri intermediari[117].

7.4.  Trasparenza contrattuale e trasparenza precontrattuale nella normativa nazionale.

Secondo l’art. 117 t.u.b. e le Disposizioni della Banca d’Italia in materia Trasparenza, i contratti devono indicare il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali oneri di mora; le commissioni spettanti all’intermediario e le voci di spesa a carico del cliente, ivi comprese le spese relative alle comunicazioni alla clientela; e, inoltre, tutte le condizioni applicate, incluse le condizioni generali di contratto[118].

Per l’art. 125-bis t.u.b. e le connesse Disposizioni della Banca d’Italia, i contratti di credito con un consumatore devono indicare in modo chiaro e conciso una serie di informazioni e dati, specificamente individuati, tra i quali – per riportarne solo alcuni – l’importo totale del credito e le condizioni di utilizzo; il tasso di interesse, le condizioni che ne disciplinano l’applicazione e, se disponibile, ogni indice o tasso di riferimento applicabile al tasso iniziale, nonché le condizioni temporali e le modalità per l’eventuale modifica del tasso di interesse, ove consentita ai sensi dell’art. 118 t.u.b.; il TAEG e l’importo totale dovuto dal consumatore, calcolati al momento della conclusione del contratto, con l’indicazione delle ipotesi sulle quali si basa il calcolo del TAEG; l’importo, il numero e la periodicità delle rate e, ove previsto dal contratto, l’ordine con cui vengono imputati i pagamenti finalizzati al rimborso di saldi negativi ai quali sono applicati diversi tassi debitori; per i pagamenti di spese e interessi senza ammortamento del capitale, un estratto dei periodi e delle condizioni di pagamento degli interessi e delle spese correlate, ricorrenti e non ricorrenti; tutte le spese derivanti dal contratto di credito; e, nel caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata determinata, l’indicazione del diritto del consumatore di ricevere in qualsiasi momento del rapporto, su sua richiesta e senza spese, una tabella di ammortamento, che riporti gli importi dovuti, le relative scadenze e le condizioni di pagamento; il piano di ammortamento del capitale, che rappresenta la ripartizione di ciascun rimborso periodico; gli interessi e gli eventuali costi aggiuntivi[119].

Il t.u.b. e le Disposizioni della Banca d’Italia in materia di Trasparenza richiedono altresì che la banca fornisca in via precontrattuale al cliente o al cliente-consumatore un’altra lunga serie di informazioni e dati specificamente elencati[120].

Nei dettagliati elenchi normativi di informazioni da fornire in via contrattuale e precontrattuale non risulta la richiesta che la banca indichi le modalità di composizione delle rate del piano di ammortamento alla francese per capitale e interessi e/o dell’impiego dell’ammortamento alla francese e/o le modalità di calcolo delle rate secondo il regime finanziario dell’interesse composto.

Nello stesso senso, il Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario e Finanziario ha concluso che «dalla normativa primaria e secondaria non emerge alcun riferimento espresso alla necessità che il contratto e/o la tabella di ammortamento esplicitino il regime finanziario o la base di calcolo degli interessi (capitale da restituire o [invece] capitale in scadenza per ciascuna rata), cosicché non è possibile, sotto questo profilo, ravvisare alcun profilo di antigiuridicità del comportamento dell’intermediario in relazione alle informazioni fornite nel contratto»[121]. Inoltre, per quanto riguarda la diversa questione relativa all’intermediario che nella fase precontrattuale non abbia «esplicitato la maggiore onerosità del piano di ammortamento in concreto offerto rispetto ad altre modalità di ammortamento possibili» (maggiore onerosità che peraltro abbiamo rilevato essere inesistente), lo stesso Collegio di Coordinamento ha osservato che nelle norme «non è in alcun modo previsto che l’intermediario debba offrire una comparazione del proprio prodotto con altri eventualmente presenti sul mercato (siano essi più o meno convenienti per il soggetto da finanziare)»[122].

7.5. Norme sulla trasparenza applicabili ai mutui con piano di ammortamento alla francese e compatibilità con la normativa europea. La trasparenza contrattuale.

Dal sistema attuale non risultano, neanche in via interpretativa, principi o altre norme che impongano di fornire informazioni sulla denominazione del tipo di piano di ammortamento, sul regime finanziario, sulla modalità di strutturazione delle rate o sul fatto che, in perfetta coerenza con la conformazione giuridica della prestazione creditizia, gli interessi inseriti nelle rate corrispondano – così come nell’ammortamento all’italiana e negli altri contratti di prestito correntemente in uso – all’applicazione del tasso periodale sul capitale residuo.

Inoltre, non è scontato ed è tutto da verificare che l’eventuale introduzione di tali obblighi o prescrizioni nella normativa italiana sia compatibile con le regole europee.

Sul piano della disciplina dei contenuti contrattuali, le disposizioni nazionali sul credito ai consumatori che impongono in via imperativa di indicare determinati dati e informazioni nel contratto (art. 125-bis t.u.b. e relative Disposizioni della Banca d’Italia in materia di Trasparenza[123]) costituiscono attuazione dell’art. 10 della direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori, recentemente abrogata e sostituita dalla direttiva 2023/2225/UE del 18 ottobre 2023, il cui articolo rilevante in questa sede è l’art. 21.

La direttiva europea ha ad oggetto il credito in favore di clienti consumatori, ma, considerato che la tutela giuridica dei clienti diversi dai consumatori non è superiore a quella prevista per i consumatori, le norme stabilite dalla direttiva stessa possono – laddove si tratti di individuare aree nelle quali, salvo dimostrazione contraria, la tutela del cliente da parte dell’ordinamento attuale non si spinge – risultare idonee ad orientare l’interpretazione delle disposizioni nazionali anche in materia di finanziamenti estranei al credito al consumo e, dunque, di finanziamenti a clienti diversi dai consumatori (art. 117 t.u.b. e relative Disposizioni della Banca d’Italia sulla Trasparenza[124]).

Con riferimento al credito al consumo viene in considerazione l’art. 22, par. 1, direttiva 2008/48/CE, secondo il quale «Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite». La spiegazione di questa regola è fornita dal “Considerando” n. 9 della direttiva, ove si afferma che «È necessaria una piena armonizzazione che garantisca a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello […] equivalente di tutela dei loro interessi e che crei un vero mercato interno […]», il quale funzioni in maniera efficiente.

Nell’interpretare l’art. 22, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in una sentenza di notevole rilevanza per la materia in esame, ha concluso che la disposizione – salvo per le specifiche regole rispetto alle quali sia espressamente concessa agli Stati membri una facoltà di scelta – impedisce alle discipline nazionali sul credito al consumo non solo di prevedere norme che rispetto a quelle della direttiva siano più sfavorevoli ai consumatori, ma anche di prevedere norme che rispetto a quelle della direttiva siano più favorevoli agli stessi[125]. Abrogata e sostituita la direttiva 2008/48/CE dalla direttiva 2023/2225/UE, la sentenza della Corte di Giustizia UE rimane rilevante anche nel nuovo contesto normativo, nel quale l’art. 42 e il “Considerando” n. 13 della direttiva 2023/2225/UE presentano un contenuto analogo all’art. 22 e al “Considerando” n. 9 della direttiva precedente.

Al di là di quanto spiegato nei “Considerando”, la ragione della norma può essere individuata nel fatto che la tutela dei consumatori è approntata dalla disciplina europea sul credito al consumo mediante un sistema di regole, requisiti contenutistici contrattuali o documentali e obblighi informativi particolarmente articolato e dettagliato, rispetto al quale la funzione interpretativa e di protezione affidata ai principi di trasparenza e correttezza deve intendersi rivolta essenzialmente ad evitare comportamenti di aggiramento, elusione o creazione di disinformazione od opacità in violazione degli standard di autodeterminazione libera ed informata che il medesimo sistema di regole e requisiti mira ad assicurare. Riguardo alle specifiche regole per le quali la direttiva europea non consente ai legislatori nazionali di apportare variazioni, la possibilità di optare per una trasparenza supplementare è sottratta alla concorrenza tra gli ordinamenti nazionali, a beneficio di un’armonizzazione forte tra le rispettive normative (c.d. «armonizzazione massima»), ed è invece lasciata alla libertà di concorrenza tra le imprese finanziatrici, come eventuale opportunità per ciascuna di esse di acquisire sul mercato una reputazione di maggiore affidabilità o trasparenza a paragone di altre.

In ogni caso, le numerose e dettagliate informazioni che l’art. 10, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/48/CE (abrogata) e, ora, l’art. 21, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2023/2225/UE richiedono di inserire nel contratto di credito al consumo si compendiano, in sintesi, nell’indicazione dell’ammontare e della durata del finanziamento, del tasso di interesse annuale e del tasso di interesse annuo effettivo, nonché del piano di rimborso che indichi l’ammontare e la periodicità delle rate e l’importo totale da rimborsare alla banca.

In merito al piano di ammortamento – contenente l’indicazione delle quote di capitale ed interessi che compongono ciascuna rata – si prevede invece che, in caso di ammortamento del capitale di un contratto di credito a durata fissa, il contratto debba contenere un riferimento al diritto del consumatore di ricevere, su richiesta e senza spese, in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto di credito, un estratto sotto forma di tabella di ammortamento, che indichi gli importi dovuti, i periodi e le condizioni di pagamento di tali importi, la ripartizione di ciascun rimborso periodico tra ammortamento del capitale e interessi calcolati sulla base del tasso debitore, gli eventuali costi aggiuntivi, oltre che, se del caso, l’ordine della distribuzione dei pagamenti ai vari saldi dovuti ai diversi tassi debitori ai fini del rimborso [art. 10, par. 2, lett. i), e par. 3, direttiva 2008/48/CE e, abrogata e sostituita tale direttiva, art. 21, par. 1, lett. i), e par. 2, direttiva 2023/2225/UE].

Nell’interpretare tali disposizioni e, in particolare, l’art. 10, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/48/CE sul credito al consumo, che è stato successivamente sostituito ma in sostanza confermato nei contenuti dall’art. 21, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2023/2225/UE, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza sopra richiamata, ha chiarito in modo inequivocabile che:

«53. Emerge dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera i), e paragrafo 3, della suddetta direttiva che soltanto su richiesta del consumatore, presentata in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto, il creditore ha l’obbligo di trasmettergli senza spese un estratto conto sotto forma di tabella di ammortamento.

54. Tenuto conto della formulazione chiara di tali disposizioni, occorre constatare che la direttiva 2008/48 non prevede l’obbligo di includere nel contratto di credito un siffatto estratto sotto forma di tabella di ammortamento»[126].

Nella medesima sentenza la Corte di Giustizia UE ha altresì precisato che:

«55. Per quanto riguarda la facoltà, per gli Stati membri, di prevedere siffatto obbligo nella loro normativa nazionale, va sottolineato che, per quanto attiene ai contratti rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48», ossia i contratti di credito al consumo, «gli Stati membri non possono introdurre obblighi per le parti del contratto non previsti dalla direttiva di cui trattasi qualora quest’ultima contenga disposizioni armonizzate nella materia oggetto di siffatti obblighi (v., per analogia, sentenza del 12 luglio 2012, SC Volksbank România, C-602/10, EU:C:2012:443, punti 63 e 64).

56. Orbene, occorre constatare che l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 opera una siffatta armonizzazione per quanto riguarda gli elementi che devono essere obbligatoriamente inclusi nel contratto di credito.

57. Certamente, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera u), della direttiva in parola, il contratto di credito deve menzionare, in modo chiaro e conciso, se del caso, le altre clausole e condizioni contrattuali. Tuttavia, l’obiettivo di tale disposizione è di prevedere l’obbligo di includere nel contratto, redatto su supporto cartaceo o su altro supporto durevole, ogni clausola e ogni condizione pattuita dalle parti nell’ambito del loro rapporto contrattuale riguardante il credito.

58. Detta disposizione, tuttavia, non può essere interpretata nel senso che autorizz[i] gli Stati membri a prevedere nelle loro normative nazionali l’obbligo di includere in un contratto di credito elementi diversi da quelli elencati all’articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva»[127].

La Corte di Giustizia ha di conseguenza statuito che «L’articolo 10, paragrafo 2, lettere h) e i), della direttiva 2008/48 dev’essere interpretato nel senso che il contratto di credito a tempo determinato, che prevede l’ammortamento del capitale mediante versamenti consecutivi di rate, non deve precisare, sotto forma di tabella di ammortamento, quale parte di ogni rata sarà destinata al rimborso di tale capitale. Siffatte disposizioni, in combinato disposto con l’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva in parola, ostano a che uno Stato membro preveda un obbligo del genere nella sua normativa nazionale»[128].

La disciplina europea sul credito al consumo, così come interpretata dalla Corte di Giustizia, esclude pertanto che la normativa nazionale possa imporre come requisito essenziale dei contratti di credito l’indicazione del piano di ammortamento e, quindi, la specificazione della quota di capitale e della quota di interessi che compongono ciascuna rata periodica. Dal momento che il piano di ammortamento non rientra tra i contenuti necessari del contratto, dovrebbe ritenersi confermato che la specificazione contrattuale delle modalità di composizione delle rate del piano di ammortamento per capitale e interessi, quella della denominazione del tipo di piano di ammortamento e quella sull’individuazione dell’importo delle rate mediante il regime dell’interesse composto non risultano necessarie.

Le stesse conclusioni valgono anche per i finanziamenti a clienti diversi dai consumatori. Anche in questo ambito manca una disposizione che imponga di esplicitare nel contratto la modalità di composizione delle rate e/o dell’utilizzazione dell’ammortamento alla francese e/o l’adozione del regime dell’interesse composto. Dal momento che per il credito ai consumatori l’indicazione di tali elementi all’interno del contratto non è necessaria, non sussistono presupposti per ritenere che questa specificazione sia invece richiesta per i contratti di credito a clienti diversi. Se l’ordinamento ritiene che i consumatori siano sufficientemente informati senza bisogno della specificazione contrattuale in esame, analoga valutazione si deve considerare effettuata per i clienti a cui non è riservata la tutela prevista per il consumatore.

7.6. La trasparenza precontrattuale.

Risolta la questione inerente ai contenuti essenziali del contratto, occorre verificare se l’esplicitazione delle modalità di strutturazione delle rate, della denominazione del tipo di piano di ammortamento adottato e dell’utilizzazione del regime finanziario dell’interesse composto, non necessaria nel contratto, sia invece dovuta dalla banca nella documentazione precontrattuale.

Per la fase precontrattuale, le disposizioni nazionali che stabiliscono l’obbligo della banca di fornire al consumatore sia le informazioni personalizzate necessarie per consentirgli di confrontare le diverse offerte di credito sul mercato, valutarne le implicazioni e assumere una decisione informata in merito alla conclusione di un contratto di credito, sia spiegazioni e chiarimenti adeguati sui contratti di credito e sui servizi accessori proposti, in modo da consentire al consumatore di valutare se il contratto di credito e i servizi accessori siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria (art. 124, commi 1 e 5, e art. 120-novies, commi 2 e 5, t.u.b. e relative Disposizioni della Banca d’Italia sulla Trasparenza[129]) costituiscono attuazione dell’art. 5 della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori (abrogata) e, ora, degli articoli 10 e 12 della direttiva 2023/2225/UE[130], nonché degli articoli 14 e 16 della direttiva 2014/17/UE del 4 febbraio 2014, sui contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali. La formulazione adoperata dalle disposizioni italiane ripete in sostanza quella impiegata da tali disposizioni europee.

Dato che non avrebbe senso riconoscere in via interpretativa al cliente non consumatore una tutela superiore a quella del cliente consumatore, tali norme rilevano anche per individuare aree nelle quali gli obblighi di trasparenza della banca (artt. 116 e 127 t.u.b.) non si inoltrano, indipendentemente dal fatto che il cliente sia consumatore o meno.

Al riguardo occorre rilevare che, in tutte le disposizioni europee sopra richiamate, l’obbligo precontrattuale di fornire informazioni personalizzate per consentire il confronto delle diverse offerte di credito sul mercato e l’assunzione di una decisione informata sull’eventuale conclusione del contratto e l’obbligo di fornire spiegazioni e chiarimenti adeguati sono seguiti da un lungo elenco di specifiche informazioni che, in attuazione dei medesimi obblighi precontrattuali, devono essere fornite dalla banca [art. 5 ss. della direttiva 2008/48/CE, ora sostituito dagli articoli 10-12 della direttiva 2023/2225/UE[131]; e articoli 14 e 16 della direttiva 2014/17/UE[132]], il quale è stato sostanzialmente riportato nel t.u.b. e nelle Disposizioni della Banca d’Italia, richiamate in precedenza[133].

L’elenco, pur non escludendo che il dovere precontrattuale di trasparenza e di fornire spiegazioni e chiarimenti adeguati imponga in determinati casi di fornire informazioni ulteriori a quelle specificamente indicate come necessarie, è esemplificativo del tipo di informazioni richieste e dei dati intorno ai quali ruota l’adempimento di tale dovere, che si concentra, in estrema sintesi, su importo totale del credito; durata del contratto di credito; tasso debitore, condizioni che ne disciplinano l’applicazione e l’eventuale modificazione e, se disponibili, ogni indice o tasso di riferimento applicabile rispetto al tasso debitore iniziale; tasso annuo effettivo globale (TAEG) e importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, illustrati mediante un esempio rappresentativo che deve riportare tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso; importo, numero e periodicità dei pagamenti che il consumatore deve effettuare e, se del caso, l’ordine della distribuzione dei pagamenti ai vari saldi restanti dovuti a diversi tassi debitori ai fini del rimborso (per il credito immobiliare ai consumatori è necessario l’inserimento di una tabella di ammortamento esemplificativa all’interno del Prospetto informativo europeo standardizzato, o PIES).

Con questi dati, il cliente dispone di tutte le informazioni necessarie per potere confrontare le diverse offerte, valutarne le implicazioni, assumere una decisione informata e valutare se il contratto di credito e i servizi accessori siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria, anche considerato che, come è stato sottolineato dalla giurisprudenza, «il totale dovuto dal mutuatario costituisce banalmente il prodotto fra l’importo della rata, che [nell’ammortamento alla francese] è fisso, ed il numero delle rate, ed in modo ugualmente banale, per differenza rispetto al capitale erogato, si può calcolare l’importo totale degli interessi dovuti»[134].

Inoltre, premesso che la banca non può essere costretta a rinunciare senza il proprio consenso alla liquidazione nelle rate periodiche di tutti gli interessi già generati dalla concessione in godimento del capitale mutuato residuo – modalità che è linea con la conformazione giuridica della prestazione creditizia ed è peraltro adottata anche negli altri contratti correntemente in uso[135] – la trasparenza dell’operazione è assicurata anche dalla circostanza che, «una volta raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo»[136].

Riguardo all’informazione precontrattuale sulle rate periodiche, la normativa europea impone alla banca di indicare importo, numero e periodicità delle stesse [art. 5, par. 1, lett. h), direttiva 2008/48/CE abrogata e, ora, art. 10, par. 3, lett. h), direttiva 2023/2225/UE] e un piano di rimborso [art. 10, par. 5, lett. u), direttiva 2023/2225], mentre non vi sono previsioni che richiedano espressamente di indicare il piano di ammortamento.

In questa direzione, la sopra richiamata previsione secondo cui il contratto deve contenere un riferimento al diritto del consumatore di ricevere, su richiesta e senza spese, in qualsiasi momento dell’intera durata del contratto di credito, un estratto sotto forma di tabella di ammortamento, con la connessa ripartizione di ciascuna rata tra quota capitale e quota interessi e, se del caso, l’indicazione degli eventuali costi aggiuntivi [art. 10, par. 2, lett. i), e par. 3, direttiva 2008/48/CE abrogata e, ora, art. 21, par. 1, lett. i), e par. 2, direttiva 2023/2225/UE], conferma invero che, in assenza di una richiesta del consumatore nella fase precontrattuale, la banca non è tenuta ad indicare nella relativa documentazione il piano di ammortamento.

Occorre infine tenere conto di quanto rilevato dalla Corte di Giustizia in ordine all’impossibilità per il legislatore nazionale, laddove non autorizzato dalla direttiva europea sul credito al consumo, di discostarsi dalle norme della stessa direttiva[137].

Dinanzi a tale panorama normativo, mancano i presupposti per ritenere che nella fase precontrattuale la banca, laddove il consumatore non ne faccia richiesta, sia tenuta a specificare le modalità di composizione delle rate tra quota capitale e quota interessi e/o l’uso dell’ammortamento «alla francese» e/o del regime finanziario dell’interesse composto[138].

Dato che per il credito ai consumatori l’indicazione di tali elementi nella fase precontrattuale non è necessaria se non è richiesta dal consumatore e non può essere imposta dalla disciplina nazionale, il relativo obbligo della banca deve considerarsi insussistente anche al di fuori del credito al consumo.

Sul punto è necessaria una precisazione. Non si intende sostenere la tesi inaccettabile per cui la trasparenza necessaria per i mutui si riduca alla somma delle indicazioni specificamente prescritte dalle disposizioni europee o nazionali. Si vuole invece rilevare che, ai fini della soddisfazione delle esigenze poste dalla funzione delle norme sulla trasparenza nello specifico caso del mutuo con piano di ammortamento alla francese, esplicitazioni, spiegazioni e chiarimenti sul modo in cui sono formate le rate tra capitale e intessi e sul fatto che l’importo della rata sia per praticità individuato mediante una formula del regime dell’interesse composto non aggiungerebbero alcunché rispetto all’individuazione dell’importo e della durata del prestito, del tasso annuo nominale, dell’ammontare e della periodicità delle rate e delle altre informazioni specificamente prescritte. Con questi ultimi dati, il cliente ha tutte le informazioni necessarie ed utili per confrontare l’offerta di credito con le altre offerte di credito che potrà trovare sul mercato, valutare le implicazioni dell’offerta e assumere una decisione informata, valutando anche se il contratto di credito e i servizi accessori siano adatti alle sue esigenze e alla sua situazione finanziaria.

L’introduzione del dovere di informare i clienti, tramite il contratto e/o la documentazione precontrattuale, sulle modalità di composizione delle rate, sulla denominazione del tipo di piano di ammortamento e sull’utilizzazione del regime finanziario dell’interesse composto potrebbe anche ritenersi auspicabile. In ogni caso, tale dovere non è previsto dall’ordinamento attuale. La sua introduzione richiederebbe, per giunta, una modifica delle norme della direttiva europea o, quantomeno, una modifica dell’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, di cui si è trattato[139].

 

[1] Per alcune indicazioni e qualche utile esempio cfr., tra gli altri, F. Cacciafesta, Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento alla francese, con alcune osservazioni sul TAEG e sul TAN, in Riv. dir. comm., 2019, II, 374 ss., Autore al quale va anche un particolare ringraziamento personale per i chiarimenti sugli aspetti di matematica finanziaria e la cortesia.

[2] Considerando quanto risulta dai calcolatori di piani di ammortamento a disposizione, questa specifica caratteristica sembra riguardare il caso in cui il mutuo sia ultradecennale. Diversamente, per i mutui con durata pari o inferiore a dieci anni con tasso di interesse annuo pari o inferiore al 6,95% la quota in linea capitale che compone la rata è superiore alla quota in linea interessi fin dalla prima rata del piano di ammortamento (nel caso di tasso di interesse fisso superiore a quello indicato, tale situazione si verifica dopo alcune rate o dopo i primi anni del piano: in sostanza, più elevato è il tasso di interesse, più elevato è il numero di rate in cui la quota di capitale è inferiore alla quota di interessi).

[3] Cfr. l’Allegato 3 («Informazioni generali sul credito immobiliare offerto ai consumatori») del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti».

[4] Cfr., nell’ambito di una ricostruzione molto diversa da quella seguita nel presente contributo, A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza, in Banca, borsa, tit. cred., 2022, I, 646 (anche nt. 8) e 648.

[5] Per un esempio concreto, si rinvia all’acceso e non ancora terminato dibattito tra – da un lato – F. Cacciafesta, Prestiti reali e loro modellizzazioni: a proposito di due articoli di C. Mari e G. Aretusi, in Il Risparmio, 2023, fasc. 1, 9 ss.; Id., Brevi note sulle “brevi note” di G. Aretusi in materia di prestiti, in Il Caso.it, 3 maggio 2023, 1 ss.; Id., A proposito dell’articolo sulla «Indifferenza al momento dell’equilibrio finanziario»: una risposta, e qualche osservazione, in Rivista di Diritto del Risparmio, 2023, fasc. 3, 3 ss. (il quale ritiene che la liquidazione nelle rate periodiche degli interessi prodotti dall’applicazione del tasso periodale sul capitale residuo sia fenomeno diverso dall’anatocismo inteso come produzione di interessi su interessi capitalizzati), e – da un altro lato – An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, Pagare vuol dire capitalizzare, in attuariale.eu, ottobre 2020, 1-4; e – talora con qualche parola di troppo – C. Mari, G. Aretusi, Sulla modellizzazione dei prestiti: errori, nonsense e mistificazioni nello scritto di F. Cacciafesta, in Il Risparmio, 2023, fasc. 1, 27 ss. (i quali sostengono in sostanza che, se l’importo degli interessi non è adeguatamente attualizzato, la liquidazione di questi ultimi nelle rate periodiche produce un risultato anatocistico).

[6] Cfr. App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, in Banca, borsa, tit. cred., 2021, II, 232 (par. 4 della sentenza). Sui rapporti tra diritto e matematica finanziaria rispetto al mutuo con ammortamento alla francese si vedano inoltre le considerazioni di R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, in Banca, borsa, tit. cred., 2023, I, 201 ss.; V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese verso l’esame delle Sezioni Unite, fra la matematica ed il diritto, in questa Rivista, gennaio 2024, 6, 39-40 e 53-54; A. Quintarelli, Ancora sul mutuo con ammortamento francese a rata costante e sull’anatocismo: le regole del diritto e della matematica finanziaria, in Il Caso.it, 17 settembre 2021, 2-3; Id., Leibniz e il mutuo feneratizio con ammortamento “alla francese” a rata fissa, ivi, 30 aprile 2020, 25.

[7] Cfr. An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, Pagare vuol dire capitalizzare, cit., 1, secondo la cui opinione, innanzitutto, «termini quali “interessi scaduti”, “capitalizzazione composta” e “capitalizzazione semplice” riguardano concetti quantificabili solo a seguito di meri calcoli matematici, basati sui principi fondamentali della matematica finanziaria» e, in secondo luogo, la tesi che nega il carattere anatocistico dei piani di ammortamento che usano il regime dell’interesse composto (o comunque prevedono la liquidazione degli interessi nelle rate periodiche senza un’adeguata attualizzazione dell’importo degli stessi) avrebbe il difetto di «traslare su un piano prettamente giuridico l’interpretazione di alcuni termini prettamente finanziari».

[8] Cfr., con altre parole, Cass., 25 ottobre 1972, n. 3224, per la quale la tesi secondo cui, quando il tasso di interessi (nominale) è stabilito in termini annui, la previsione della liquidazione degli interessi in rate infrannuali dovrebbe portare ad uno sconto per l’attualizzazione dell’importo, «pur ispirata a criteri economici degni di considerazione, non è suscettiva d’essere ricondotta, sotto qualunque profilo si cerchi di giustificarla, ad un principio giuridico generale, e il problema deve perciò essere ricondotto alle dimensioni di problema interpretativo, concernente le norme o i patti che regolino in particolare la misura degli interessi o le modalità del loro pagamento».

[9] Per esempio, sulla differenza tra la nozione giuridica e la nozione economica di «interessi» cfr., in luogo di molti, M. Libertini, voce Interessi, in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, 95 nt. 1.

[10] Per un confronto tra il piano di ammortamento alla francese predisposto secondo il regime dell’interesse composto e l’ipotesi di un piano di ammortamento predisposto secondo il regime dell’interesse semplice si vedano le considerazioni di Trib. Massa, 7 novembre 2018, n. 797; An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, Pagare vuol dire capitalizzare, cit., 1-4; e R. Marcelli, Finanziamento con ammortamento alla francese. La sentenza del Tribunale di Torino (E. Astuni, 18 febbraio 2022) ritiene priva di vizi la formulazione contrattuale: esame critico, in Rivista di Diritto del Risparmio – Approfondimenti, 2022, 16-27.

[11] Cfr. D. Provenzano, Il rapporto scientifico dell’AMASES 2022/01 – Le ragioni del contrasto con il diritto. Quando la matematica finanziaria finisce per rinnegare se stessa, in Le Controversie Bancarie, febbraio 2023, e in An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, D. Provenzano, Contro-rapporto al Rapporto scientifico dell’AMASES 2022/01 su anatocismo nei mutui. Raccolta di articoli relativi a considerazioni critiche di tipo matematico e giuridico, 7 agosto 2023, 52 ss. (da cui si cita), 66.

[12] Cfr., con argomentazioni sempre da tenere presenti, N. de Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro. Di sicuro c’è qualcosa che non va, in Banca, borsa, tit. cred., 2021, II, 245-248. Si veda altresì V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico, in Contratti, 2019, 450.

[13] Per il richiamo all’art. 1195 c.c., R. Marcelli, Finanziamento con ammortamento alla francese. La sentenza del Tribunale di Torino, cit., 6; e, anche sotto il profilo della valutazione sulla meritevolezza o non meritevolezza di tutela delle clausole dei contratti di mutuo dalle quali deriva l’ammortamento alla francese, A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 659 ss., il quale richiama altresì l’art. 1185, comma 2, c.c., nella parte in cui prevede che il debitore che, ignorando l’esistenza di una data di esigibilità del credito, abbia compiuto il pagamento in via anticipata rispetto a tale data può ripetere, nei limiti della perdita subita, ciò di cui il creditore si sia arricchito per effetto del pagamento anticipato [a quest’ultimo riguardo si noterà tuttavia infra (paragrafi 4.2, 4.3, 4.4, 5 e 7.2) che l’ammortamento alla francese non prevede alcun pagamento anticipato rispetto ai termini di esigibilità].

[14] Sul tema, A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 648.

[15] Cfr. Trib. Cremona, 28 marzo 2019, n. 227.

[16] Può essere utile rilevare che, per i contratti di credito ai consumatori, l’art. 125-bis t.u.b. rinvia ai commi 2, 3 e 6 dell’art. 117 t.u.b. e stabilisce per il resto una disciplina che, rispetto a quella dell’art. 117 t.u.b., richiede ulteriori informazioni e presenta alcune diversità.

[17] Cfr. A.A. Dolmetta, Ammortamento alla francese e prescrizione di «forma-contenuto» ex art. 117, comma 4°, t.u.b., in Banca, borsa, tit. cred., 2023, II, 651-652; V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese, cit., 451; A. Aretusi, A. Tanza, TAEG, interesse semplice, interesse composto e anatocismo: i documenti inediti della Commissione Europea, in Rivista di Diritto del Risparmio, 2024, fasc. 1, 27 ss.; e, nell’ambito di una ricostruzione complessivamente diversa, M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese: molti equivoci e un fondo di verità, in Dir. banc., 17 ottobre 2023, 13-14.

[18] Il riferimento è alla specificazione di cui sopra (nel testo), sub lettera (e).

[19] Cfr. M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese, cit., 15.

[20] Cfr. R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 211 ss.; Id., I mutui con ammortamento alla francese, aspettando le Sezioni unite, in questa Rivista, Novembre 2023, 5-6.

[21] Trib. Salerno, 19 luglio 2023 (ordinanza).

[22] Così il comma 7 dell’art. 117 t.u.b. Per i contratti di credito ai consumatori, si veda invece l’art. 125-bis t.u.b.

[23] Cfr. Prima Presidente Corte di Cassazione, 7 settembre 2023 (ordinanza), pubblicata in Banca, borsa, tit. cred., 2023, II, 645 ss., con nota di A.A. Dolmetta, Ammortamento alla francese e prescrizione di «forma-contenuto» ex art. 117, comma 4°, t.u.b., cit., 648 ss.

[24] Cfr. Prima Presidente Corte di Cassazione, 7 settembre 2023 (ordinanza), 1-2 (in Banca, borsa, tit. cred., cit., 645-646).

[25] Cfr. Prima Presidente Corte di Cassazione, 7 settembre 2023 (ordinanza), 2 (in Banca, borsa, tit. cred., cit., 646).

[26] Cfr. Cass., 24 maggio 2021, n. 14166 (ordinanza interlocutoria), commentata da N. de Luca, G. Ripa di Meana, Non è detto gli interessi esigibili siano anche maturati, in Diritto Bancario – Approfondimenti, luglio 2021, 1 ss.; e, in relazione alle agevolazioni creditizie (rateizzazioni fiscali) che possono essere concesse dall’ente per la riscossione in materia tributaria, Cass., sez. trib., 2 ottobre 2023, n. 27823.

[27] Per riferimenti alla giurisprudenza di merito, cfr. infra, par. 4.2 (in nota).

[28] Cfr. Collegio di Coordinamento ABF, 8 novembre 2022, n. 14376.

[29] Come si rileverà infra (paragrafi dal 7.1 al 7.6), il contratto di mutuo deve comunque indicare una lunga serie di elementi che lo rendono giuridicamente trasparente, tra i quali l’importo e la durata del prestito, il TAN (e, per il credito ai consumatori, il tasso annuo effettivo globale, o TAEG), il piano di rimborso con l’importo e la periodicità delle rate, nonché gli altri eventuali prezzi o condizioni praticati. Per i contratti di credito al consumo tutti i prezzi e le condizioni praticati devono essere inclusi in quell’indicatore sintetico di costo (ISC) consistente nel tasso annuo effettivo globale da pubblicizzare ai sensi dell’art. 125-bis t.u.b., ossia il TAEG, il quale, nel credito al consumo, deve essere anche indicato nel contratto. Nei finanziamenti a clienti diversi dai consumatori il TAEG deve essere inserito nel foglio informativo e nel documento di sintesi [cfr. Sez. II, par. 8.2, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti»]. Per tali rapporti (finanziamenti per clienti diversi dai consumatori) la giurisprudenza ha invece ritenuto non necessaria l’indicazione del TAEG nel contratto: Cass., 13 dicembre 2023, n. 34889 (ordinanza); Cass., 22 maggio 2023, n. 14000; Cass., 14 febbraio 2023, n. 4597; Cass., 9 dicembre 2021, n. 39169.

[30] Cfr. sopra, par. 2.

[31] Cfr. infra, paragrafi 4 e 5.

[32] Cfr. infra, paragrafi da 7.1 a 7.6.

[33] Cfr. G. Terranova, Appunti per uno studio sullo sconto bancario, Palermo, 1984 (estratto da Economia e credito, nn. 3-4, 1984), 52-58; e Id., La struttura delle situazioni soggettive: contributo ad una semantica dell’obbligo, in Europa e dir. priv., 2002, 523-532 e 549 ss., il cui inquadramento del concetto giuridico di «prestazione creditizia» risulta particolarmente utile anche per impostare in modo corretto le questioni inerenti al mutuo con ammortamento alla francese. Tra gli altri importanti studi sul tema, E. Simonetto, I contratti di credito, Padova, 1953, 52-53, per il quale «A dar un significato economico a questi due trasferimenti» di somme «in senso inverso interviene la concessione del tempo. È essenziale al concetto stesso del negozio di credito che il diritto del creditore alla restituzione e la corrispondente obbligazione del debitore restino inattivi per un certo periodo, onde per la durata di questo periodo il debitore possa comportarsi come se nel suo patrimonio vi fosse un certo valore positivo in più […]. La consegna delle cose merita un trasferimento corrispondente; alla concessione del tempo si addiviene invece in seguito alla promessa espressa o tacita di un corrispettivo, cioè degli interessi» (p. 52); «L’interesse si rivela adunque come il prezzo del tempo (Zeitlohn), […] del tempo per il quale una certa situazione si protrae: corrispettivo di un sacrificio economico durevole» (p. 52). Si vedano, inoltre, nell’ambito di ricostruzioni diverse, M. Fragali, Mutuo, II ed., Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, art. 1813-1822, Bologna-Roma, 1966, 54 ss. e 61 ss.; e A. Fiorentino, Del conto corrente. Dei contratti bancari, II ed., Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, art. 1823-1860, Bologna-Roma, 1969, 35-36.

[34] Su tale particolarità, P. Ferro-Luzzi, Lezioni di diritto bancario, I, Parte generale, II ed., Torino, 2004, 255.

[35] Cfr. in sostanza, con rielaborazione critica rispetto alla terminologia dell’art. 820, comma 3, c.c. (per il quale gli interessi costituiscono il corrispettivo del godimento che altri abbia del capitale) e incentrando il discorso sull’aspetto della «durata», di cui all’art. 821, comma 3, c.c., G. Terranova, Appunti, cit., 52-58; e Id., La struttura, cit., 523 ss. e 549 ss.

[36] Cfr. infra, par. 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4.

[37] Su quest’ultimo punto, F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, in Il Caso.it, 10 marzo 2022, 3-4; Id., Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento alla francese, cit., 381-382; e F. Pressacco, F. Beccacece, F. Cacciafesta, G. Favero, P. Fersini, M. Li Calzi, F. Nardini, L. Peccati, L. Ziani, Rapporto scientifico A.M.A.S.E.S. – 2022/01, Anatocismo nei piani di ammortamento standardizzati tradizionali, Udine, 2022, 30. Tra i contributi in senso contrario, D. Provenzano, Il rapporto scientifico dell’AMASES 2022/01 – Le ragioni del contrasto con il diritto. Quando la matematica finanziaria finisce per rinnegare se stessa, cit., 79 ss.

[38] Cfr. infra, par. 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4.

[39] Cfr., tra gli altri, F. Cacciafesta, Il “regime dei prestiti”. Osservazioni critiche su un articolo di D. Nardone e F. Cappelluti, in Il Caso.it, 4 marzo 2023, 3; V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 12-13 e 25; e, in sostanza, G. Mucciarone, Ammortamento alla francese: meritevolezza e trasparenza, in Banca, borsa, tit. cred., 2023, I, 601.

[40] Cfr. App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 230 (par. 4 della sentenza); e, in sostanza, App. Torino, 17 settembre 2020, n. 905. In dottrina, M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese, cit., 9, anche nt. 13; e R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 206.

[41] Per un richiamo a tale disposizione, App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 232 (par. 4 della sentenza); e, tra gli altri, R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 205-206. Con riferimento alla possibile anteriorità della data di esigibilità degli interessi rispetto a quella di esigibilità della quota di capitale su cui essi sono calcolati vengono talora richiamati anche l’art. 120 t.u.b. (G. Mucciarone, Ammortamento alla francese, cit., 601) e l’art. 1499 c.c., per il quale, salvo diversa pattuizione, qualora la cosa venduta e consegnata al compratore produca frutti o altri proventi, decorrono gli interessi sul prezzo, anche se questo non è ancora esigibile (G.B. Barillà, F. Nardini, Legittimità dell’ammortamento alla francese e lo “spettro” dell’anatocismo. Un po’ di chiarezza tra matematica e diritto, in Banca, borsa, tit. cred., 2021, I, 684. In generale, sulla distinzione tra debito per interessi e debito per capitale, Cass., 22 maggio 2014, n. 11400. Alcune decisioni dell’ABF fanno riferimento anche all’art. 1282 c.c., ritenendo che lo stesso indirettamente consenta di prevedere in via contrattuale che gli interessi decorrano anche su crediti non ancora esigibili (cfr. Collegio ABF Torino, n. 5149/2022 del 28 marzo 2022; e Collegio ABF Milano, n. 6906/2022 del 3 maggio 2022, n. 6244/2022 del 19 aprile 2022, n. 8487/2022 del 31 maggio 2022, e n. 6650/2022 del 28 aprile 2022). Tuttavia, è vero che tale disposizione non esclude che la legge o il contratto possano legittimamente prevedere la produzione di interessi in relazione a crediti inesigibili, ma è altrettanto vero che essa si limita a prevedere che i crediti pecuniari liquidi ed esigibili producano interessi di pieno diritto, ossia anche quando questi ultimi non siano stati concordati, e che la legge o il contratto possano stabilire il contrario. Sul tema, tra gli altri, A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 651-652. Sulla distinzione tra debito per interessi e debito per il capitale si è soliti richiamare anche l’art. 2948, unico comma, n. 4), c.c., per il quale l’obbligazione per gli interessi si prescrive in cinque anni. Tuttavia, secondo Cass., 10 febbraio 2023, n. 4232, «il criterio informatore di tale ultima disposizione normativa è quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute, quando esse siano periodiche, ossia debbano essere soddisfatte periodicamente ad anno, od in termini più brevi, e, pertanto, dalla previsione di tale norma esula l’ipotesi di debito unico, rateizzato in più versamenti periodici. Di conseguenza, quando nei versamenti rateizzati sono inclusi gli interessi sulla somma dovuta, anche il debito di interessi si sottrae all’applicazione della prescrizione quinquennale, giacché identica è la causa debendi sia della prestazione principale che di quella degli interessi (Cass., sez. 1, 15/07/1965, n. 1546)». Nello stesso senso, Cass., 3 febbraio 1994, n. 1110. In ogni caso, il carattere unitario del rapporto di mutuo ai fini delle norme sulla prescrizione non deve intendersi automaticamente esteso anche alle questioni inerenti all’applicazione di tutte le altre norme. Al riguardo occorrerà una valutazione analitica, con possibilità di soluzioni diverse a seconda del tipo di problema.

[42] Cfr., con affermazioni condivisibili, App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 232 (par. 4 della sentenza); e Trib. Roma, 19 settembre 2019, n. 17766. Riguardo agli interessi menzionati, una parte della dottrina preferisce peraltro parlare di interessi «compensativi» e segnalare l’incertezza sulla terminologia da adoperare in materia: A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 652, anche nt. 14. Stessa scelta terminologica in A. Quintarelli, Ancora sul mutuo con ammortamento francese a rata costante e sull’anatocismo: le regole del diritto e della matematica finanziaria, cit., 6 ss. (e v. nt. 13); Id., Leibniz e il mutuo feneratizio con ammortamento “alla francese” a rata fissa, cit., 8 (e v. nt. 26); V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 10 e 44. La scelta terminologica trova riscontro nel punto n. 570 della Relazione del Ministro Guardasigilli Grandi al Codice Civile del 1942, in cui si afferma che «Gli interessi compensativi, i quali prescindono dalla mora del debitore (interessi moratori) ed anche dalla semplice scadenza del debito (interessi corrispettivi) appaiono in taluni casi specificamente previsti (articoli 1499, 1815, 1825)». Diversamente, fanno riferimento ad interessi «corrispettivi», secondo la terminologia seguita in via convenzionale nel presente contributo, M. Libertini, voce Interessi, cit., 108 ss.; e, tra gli altri, M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese, cit., 4-8 (anche nt. 4 e 5), la quale su altro versante definisce gli interessi prodotti da crediti liquidi ed esigibili (art. 1282 c.c.) come interessi «compensativi» (aggettivo che la legge impiega per indicare gli interessi che, quando il venditore di cosa fruttifera abbia effettuato la consegna, decorrono sul credito per il prezzo anche qualora esso non sia ancora esigibile: art. 1499 c.c.).

[43] Sulla differenza tra maturazione ed esigibilità degli interessi e sulla possibile diversità delle date in cui esse si verificano cfr., tra gli altri, R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 207, il quale, nel ricordare il dibattito sul modo in cui debba intendersi regolata la tempistica dell’esigibilità, rileva che in ogni caso la questione può essere risolta dall’autonomia dei privati.

[44] Cfr., in luogo di molti, G. Terranova, Appunti, cit., 52 ss.; e Id., La struttura, cit., 523 ss. e 549 ss.

[45] Per un’ipotesi sul punto, M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese, cit., 9.

[46] Cfr. Trib. Bergamo, 6 dicembre 2016, n. 3575; Trib. Treviso, 27 ottobre 2016, n. 2646.

[47] Cfr. Trib. Lecce, 22 marzo 2021, n. 799; Trib. Bergamo, 6 dicembre 2016, n. 3575; e, in sostanza, R. Natoli, I mutui con ammortamento alla francese, aspettando le Sezioni unite, cit., 3-4. In senso contrario, R. Marcelli, Mutuo con ammortamento alla francese. Si susseguono tesi dottrinali con rilevanti divergenze, in questa Rivista, febbraio 2024, 18, il quale ritiene che nell’ammortamento alla francese la maggiore dilazione che determina l’incremento degli interessi sia provocata dall’utilizzazione del regime dell’interesse composto e dalla sua combinazione con la rata costante e la liquidazione periodica degli interessi calcolati sul capitale residuo.

[48] Per queste considerazioni, F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, cit., 2; R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 202; Id., I mutui con ammortamento alla francese, aspettando le Sezioni unite, cit., 3-4; V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 25-26. In senso opposto, A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 645-646; Id., Ammortamento alla francese e prescrizione di «forma-contenuto» ex art. 117, comma 4°, t.u.b., cit., 649 nt. 8.

[49] Come si è ricordato sopra (par. 1), i prestiti con rimborso bullet prevedono la liquidazione degli interessi in rate periodiche e il rimborso del capitale tutto insieme alla fine della durata del finanziamento.

[50] Cfr. R. Natoli, Relazione tenuta nel seminario “Mutuo bancario con ammortamento alla francese” (Corte di Cassazione – 31 gennaio 2024), organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, in pubblicazione su Dialoghi di Diritto dell’Economia, 2024, par. 1 (del dattiloscritto).

[51] Cfr. App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 230-232 (par. 4 sentenza).

[52] Cfr. infra, paragrafi da 7.1 a 7.6.

[53] Cfr. – oltre ad App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 230-232 (par. 4 della sentenza) – App. Torino, 25 agosto 2022, n. 937; App. Torino, 17 settembre 2020, n. 905; App. Torino, 21 maggio 2020, n. 544; App. Torino, 8 maggio 2020, n. 487; App. Roma, 10 ottobre 2023, n. 6488; App. Firenze, 11 ottobre 2023, n. 2040; App. Campobasso, 17 aprile 2023, n. 124; App. Taranto, 17 aprile 2023, n. 157; App. Brescia, 17 marzo 2023, n. 460; App. Brescia, 6 novembre 2019, n. 1597; App. Milano, 21 luglio 2020, n. 1918; App. Venezia, 25 novembre 2021, n. 2955; App. Bari, 7 maggio 2021, n. 866; App. Perugia, 15 gennaio 2023, n. 33; App. Napoli, 19 febbraio 2020, n. 772; Trib. Asti, 11 ottobre 2023, n. 738; Trib. Imperia, 6 ottobre 2023, n. 634; Trib. Pavia, 30 agosto 2023, n. 1060; Trib. Alessandria, 10 maggio 2023, n. 405; Trib. Busto Arsizio, 4 maggio 2023, n. 664; Trib. Roma, 22 febbraio 2023, n. 3228; Trib. Napoli, 7 febbraio 2023, n. 1376; Trib. Pordenone, 6 febbraio 2023, n. 118; Trib. Pistoia, 1° febbraio 2023, n. 78; Trib. Vercelli, 30 gennaio 2023, n. 53; Trib. Sassari, 16 gennaio 2023, n. 47; Trib. Tivoli, 10 gennaio 2023, n. 4; Trib. Roma, 7 dicembre 2022, n. 18133; Trib. Bari, 31 aprile 2022, n. 1507; Trib. Trapani, 24 gennaio 2022, n. 82; Trib. Livorno, 13 ottobre 2021, n. 794; Trib. Vasto, 1° ottobre 2021, n. 282; Trib. Palermo, 10 agosto 2021, n. 3310; Trib. L’Aquila, 12 maggio 2021, n. 334; Trib. Lecce, 22 marzo 2021, n. 799; Trib. Roma, 8 febbraio 2021, n. 2188; Trib. Roma, 18 gennaio 2021, n. 868; Trib. Roma, 6 novembre 2020, n. 15551; Trib. Roma, 9 agosto 2018, n. 16441; Trib. Milano, 14 marzo 2019, n. 2490; Trib. Bergamo, 6 dicembre 2016, n. 3575; Trib. Treviso, 27 ottobre 2016, n. 2646; Trib. Padova, 5 ottobre 2016. Tra le molte decisioni dell’ABF, Collegio ABF Roma, n. 3228/2016 dell’8 aprile 2016; Collegio ABF Roma, n. 8500/2016 del 29 settembre 2016; Collegio ABF Milano, n. 9732/2017 del 3 agosto 2017; ABF, Collegio ABF Napoli, n. 22391/2019 del 3 ottobre 2019; Collegio ABF Bari, n. 142/2019 dell’8 gennaio 2019. In dottrina, tra gli altri, C. Camardi, Mutuo bancario con piano di ammortamento “alla francese”, nullità delle clausole sugli interessi e integrazione giudiziale, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, II, 60-61; M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese, cit., 13; R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 202; Id., I mutui con ammortamento alla francese, aspettando le Sezioni unite, cit., 3; G.B. Barillà, F. Nardini, Legittimità dell’ammortamento alla francese, cit., 697-698; G. Mucciarone, Ammortamento alla francese, cit., 600; e, nell’ambito di, una ricostruzione complessivamente diversa, N. de Luca, Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro. Di sicuro c’è qualcosa che non va, cit., 244-245. Per la tesi opposta, secondo la quale l’ammortamento alla francese violerebbe la norma sull’anatocismo, si vedano invece, tra le altre, Trib. Napoli, 16 giugno 2020, n. 4102; Trib. Napoli, 13 febbraio 2018, n. 1558; Trib. Massa, 5 agosto 2020, n. 384; Trib. Massa, 7 novembre 2018, n. 797; Trib. Bari (Sez. dist. Rutigliano), 29 ottobre 2008, n. 113. Per l’illegittimità delle clausole contrattuali relative all’ammortamento alla francese per indeterminabilità del tasso di interesse e/o per mancanza di trasparenza riguardo allo stesso, App. Campobasso, 5 dicembre 2019, n. 412; e Trib. Cremona, 28 marzo 2019, n. 227.

[54] Cfr. F. Cacciafesta, Qualche commento all’articolo A margine dell’ammortamento «alla francese»: gravosità del meccanismo e sua difficile intelligenza di A. Dolmetta, in Banca, borsa, tit. cred., 2023, I, 751 nt. 1; V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 30 e 51, per il quale «La formula, una volta escluso che possa determinare l’applicazione di interessi anatocistici o di fantomatici interessi in capitalizzazione composta, si deve considerare solo come una modalità tecnica per determinare l’importo che soddisfa simultaneamente tutte le condizioni previste dal contratto».

[55] Cfr. F. Cacciafesta, Prestiti e interesse composto: osservazioni di un matematico, in pubblicazione su questa Rivista, 2024, paragrafi 4.1-4.3 (del dattiloscritto), ove si mostrano i limiti di tale «relazione di equivalenza», rilevando, per esempio, che «questa equivalenza si ferma al livello dei risultati finanziari: è illegittimo estenderne il significato ai metodi che li hanno generati. Il fatto che 10.000 euro guadagnati onestamente si sarebbero anche potuti rubare, non implica che lo siano davvero stati. Dovrebbe essere altresì evidente che l’equivalenza è totalmente soggettiva, e legata alle capacità del valutatore. Chi detiene i risparmi sotto forma di conto corrente “valuta” con un metro molto diverso rispetto a chi sa investirli in modo lucroso. Il tempo è denaro, certo, ed ha un suo prezzo: che però non è per tutti lo stesso […]».

[56] Cfr., in luogo di molti, F. Cacciafesta, Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento alla francese, cit., 378 ss.

[57] Cfr. F. Cacciafesta, Il “regime dei prestiti”. Osservazioni critiche, cit., 2 ss. e 5 ss.; Id., A proposito dell’articolo sulla «Indifferenza al momento dell’equilibrio finanziario», cit., 4 ss.; Id., Prestiti reali e loro modellizzazioni, cit., 19 ss. In senso contrario, C. Mari, G. Aretusi, Sulla modellizzazione dei prestiti, cit., 27 ss.

[58] An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, Pagare vuol dire capitalizzare, cit., 4.

[59] Cfr. F. Cacciafesta, Il “regime dei prestiti”. Osservazioni critiche, cit., 5 ss.; Id., Prestiti e interesse composto: osservazioni di un matematico, cit., par. 4.3; e V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 37-40, per il quale «Il divieto si riferisce alle modalità di calcolo degli interessi, non alla loro entità, ben potendo le parti ottenere il medesimo rendimento effettivo dell’operazione in interesse semplice agendo sul tasso nominale; esso impedisce al debitore di assumere nel momento della conclusione del contratto, quando la sua accettazione potrebbe essergli richiesta come condizione necessaria per l’erogazione del credito, una obbligazione destinata potenzialmente ad una crescita indefinita, del cui effettivo onere potrebbe non rendersi conto, ed in questo senso è riconducibile ad una esigenza di trasparenza ante litteram. Questa esigenza è palesemente del tutto insussistente di fronte al pagamento periodico degli interessi maturati, che è chiaramente espressivo della reale entità dell’impegno richiesto al debitore» (p. 38).

[60] V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 39.

[61] V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 38.

[62] Cfr. sopra, paragrafi da 4.2 a 4.4. La circostanza indicata nel testo esclude che al mutuo con ammortamento alla francese sia applicabile il principio, individuato dalla giurisprudenza in materia di capitalizzazione degli interessi nel rapporto di conto corrente bancario (Cass., 3 luglio 2023, n. 18664; Cass., 19 febbraio 2022, n. 4321), secondo cui «la previsione, nel contratto di conto corrente stipulato nella vigenza della delibera CICR 9 febbraio 2000, di un tasso di interesse creditore annuo nominale coincidente con quello effettivo non dà ragione della capitalizzazione infrannuale dell’interesse creditore, che è richiesta dall’art. 3 della delibera, e non soddisfa, inoltre, la condizione posta dall’art. 6 della delibera stessa, secondo cui, nei casi in cui è prevista una tale capitalizzazione infrannuale, deve essere indicato il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione». Per l’esclusione dell’applicabilità di tale regola al mutuo con ammortamento alla francese, Collegio ABF Napoli, n. 22391/2019 del 3 ottobre 2019; Collegio ABF Bari, n. 142/2019 dell’8 gennaio 2019.

[63] Cfr. F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, cit., 3-4; Id., Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento alla francese, cit., 381-382.

[64] L’importo della rata costante dell’ammortamento alla francese di un mutuo per il quale siano stati prestabiliti l’ammontare e la durata del prestito, il tasso annuo nominale (TAN) e la periodicità delle rate è e può essere in linea di principio soltanto uno: cfr. F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, cit., 3-4; Id., Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento alla francese, cit., 381-382; e V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 47.

[65] Cfr. F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, cit., 3-4; Id., Una proposta per superare il dialogo tra sordi in corso sull’ammortamento alla francese, cit., 381-382; Id.., Qualche commento, cit., 751 nt. 1; V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 30, 47 e 51; e F. Pressacco, F. Beccacece, F. Cacciafesta, G. Favero, P. Fersini, M. Li Calzi, F. Nardini, L. Peccati, L. Ziani, Rapporto scientifico A.M.A.S.E.S. – 2022/01, cit., 30 (per altre considerazioni sul tema si veda anche infra, par. 4.4). In senso contrario si è già richiamato D. Provenzano, Il rapporto scientifico dell’AMASES 2022/01 – Le ragioni del contrasto con il diritto. Quando la matematica finanziaria finisce per rinnegare se stessa, cit., 79 ss.

[66] Cfr., tra i vari scritti dell’Autore, F. Cacciafesta, Qualche commento, cit., 754; nonché V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 15.

[67] Per altre e diverse considerazioni nella medesima direzione seguita nel presente contributo, R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 213, per il quale «immaginare piani di rimborso che prevedano costruzioni delle singole rate con diversa imputazione di capitale e interessi rispetto a quella che discende dallo sviluppo del metodo francese, seppure non comporta in linea astratta alcuna modifica del TAE quando il mutuo giunge a naturale scadenza, implica però una riduzione del TAE a vantaggio del mutuatario se il mutuo è estinto anticipatamente, con la conseguenza che il TAE, anziché restare fisso per tutta la durata del finanziamento, varierebbe in ragione di una scelta puramente discrezionale del mutuatario, rendendone per l’intermediario finanziario imprevedibile la misura». Sull’ipotesi di riformulazione del piano di ammortamento alla francese mediante una formula del regime dell’interesse semplice e una formula di attualizzazione delle quote di interessi liquidate nelle rate periodiche cfr. infra, nel testo (in questo paragrafo).

[68] Cfr. F. Cacciafesta, Il “regime dei prestiti”. Osservazioni critiche, cit., 3; nonché sopra, par. 4.1 ss.

[69] Cfr. V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 33.

[70] A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 653 ss.

[71] N. de Luca, Non si può raccogliere frutta da un albero in fiore (a proposito del tempo per esigere gli interessi nel mutuo), in pubblicazione in Foro it., 2024, paragrafi 3 e 4 (del dattiloscritto).

[72] Cfr. R. Marcelli, Finanziamento con ammortamento alla francese. La sentenza del Tribunale di Torino, cit., 9 e 12, secondo il quale «Gli intermediari, di regola, adottano il criterio di imputare nella rata in scadenza tutti gli interessi maturati, relativi al capitale in essere. Ma questa non è l’unica alternativa che la scienza finanziaria offre per i piani a rata costante: è solo un uso o consuetudine negoziale, legittimamente praticata nel mercato finanziario, trasposta ed ‘imposta’ nei contratti impiegati dagli intermediari bancari nel mercato del credito; tale consuetudine ha quasi fatto perdere le tracce dei piani di ammortamento sviluppati in capitalizzazione semplice: nei più recenti manuali di tecnica finanziaria al più vengono accennati, senza essere trattati».

[73] Per considerazioni che sembrano per certi versi collocarsi in tale prospettiva, R. Marcelli, Finanziamento con ammortamento alla francese. La sentenza del Tribunale di Torino, cit., 10-27; Id., Mutuo con ammortamento alla francese. Si susseguono tesi dottrinali con rilevanti divergenze, cit., 3 ss. e 18 (anche nt. 32); e Id., Finanziamento con ammortamento alla francese. Le tematiche oggetto del rinvio pregiudiziale (ex art. 363-bis c.p.c.) alla Cassazione S.U. Prime considerazioni: la pattuizione distinta dall’adempimento, in Rivista di Diritto del Risparmio – Approfondimenti, 1/2024, 6 ss., 20 (nt. 24) e 59 (anche nt. 87), con la precisazione che tuttavia, secondo l’Autore, l’ammortamento alla francese si differenzia dall’ammortamento all’italiana perché, mentre «nell’ammortamento all’italiana si realizza, nell’adempimento, un’anticipazione del pagamento dell’importo degli interessi pattuito al tasso espressivo della velocità di produzione/maturazione corrispondente all’interesse semplice», nell’ammortamento alla francese l’utilizzazione del regime composto nella determinazione della rata costante provocherebbe una maggiorazione del debito per interessi che condiziona il piano di ammortamento, rallentando il rimborso del debito per il capitale e inglobando l’effetto di crescita esponenziale degli interessi medesimi.

[74] Cfr. la sentenza Trib. Cremona, 12 gennaio 2022, n. 8 (pag. 88), e lo scritto in essa espressamente citato [G. Aretusi, C.M. Germinara, L. Germinara., C. Mari, D. Nerbi, D. Provenzano, M. Sirgiovanni, B. Spagna Musso (a cura di), Anatocismo ed usura nei mutui – Profili civilistici: alla ricerca di un linguaggio comune tra matematica e diritto, in Il Caso.it, 30 giugno 2020, 9, e in Openstat.it, 15 giugno 2020, 10], per i quali Cass., S.U., 23 novembre 1974, n. 3797; Cass., 25 ottobre 1972, n. 3224; e Cass., sez. trib., 7 ottobre 2011, n. 20600 – nella parte in cui richiamano l’art. 821, comma 3, c.c. e affermano che «si applica il principio generale, già precisato da questa Corte (Cass. 27 gennaio 1964, n. 191), secondo cui il periodo normale preso a base per il calcolo è il giorno, di guisa che, ove occorra determinare l’importo degli interessi per un periodo inferiore all’anno, bisogna dividere l’importo degli interessi annuali per il numero dei giorni che compongono l’anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare» (Cass., S.U., n. 3797/1974; Cass., n. 3224/1972; Cass., sez. trib., n. 20600/2011) – confermerebbero l’opinione per cui «il fatto che l’ammontare degli interessi per un periodo infrannuale sia direttamente proporzionale al numero di giorni da considerare rispetto ai giorni dell’anno, dà la certezza che il regime a cui si riferiscono le sentenze è quello semplice e non può essere quello composto. Infatti, solo nel regime semplice questo criterio di diretta proporzionalità è garantito, mentre nel regime composto ciò non avviene».

In senso contrario occorre tuttavia rilevare che tra l’art. 821, comma 3, c.c. o le tre sentenze della Corte di Cassazione in esame e il regime finanziario dell’interesse semplice non sussiste alcun nesso di necessarietà o implicazione. Innanzitutto, l’art. 821, comma 3, c.c. (per il quale gli interessi si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto) è compatibile con l’esigibilità periodica degli interessi e con la capitalizzazione degli interessi giorno per giorno, che tuttavia è sottoposta alle limitazioni stabilite da un’altra e diversa norma (l’art. 1283 c.c., dedicato all’anatocismo). In secondo luogo, come si vedrà infra (in questo paragrafo), le tre sentenze della Corte di Cassazione sopra richiamate escludono (le prime due espressamente e la terza implicitamente) che la previsione di rate infrannuali imponga uno «sconto» (attualizzazione) rispetto all’applicazione del tasso periodale ricavabile dalla divisione del tasso annuale nominale per il numero delle rate ricomprese in ciascun anno (si veda anche Cass., 10 agosto 1979, n. 4647): ciò costituisce un riconoscimento giurisprudenziale dell’applicabilità in via ordinaria (ossia senza necessità di una specifica norma autorizzativa) di un regime diverso da quello dell’interesse semplice con pagamento in unica soluzione alla fine della durata del prestito o con attualizzazione dell’importo degli interessi liquidati nelle rate periodiche. In generale, sull’art. 1283 c.c. come norma che limita la produzione di interessi che altrimenti si produrrebbero (o in via contrattuale potrebbero prodursi) in conformità ad altre disposizioni cfr., con riferimento al rapporto tra art. 1282 e art. 1283 c.c., M. Libertini, voce Interessi, cit., 136.

[75] Per considerazioni in questa direzione, An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, Pagare vuol dire capitalizzare, cit., 1-4, ai quali si rinvia anche per un più preciso inquadramento della relativa tesi sul piano della matematica finanziaria. Per una differenza tra questo indirizzo e quello indicato in precedenza, si rinvia al contributo dei medesimi quattro Autori intitolato Ammortamento in capitalizzazione semplice di mutui “alla francese”: analisi e confronto dei modelli proposti o in uso, in attuariale.eu, luglio 2020, 2-3, ove si afferma che «Nell’evidenziare, nel caso di adozione del regime finanziario della capitalizzazione semplice, la coerenza della scelta della condizione di equivalenza finale (CS.f), operata dagli Autori del presente articolo, è d’obbligo evidenziare che taluni altri Autori (Aretusi-Mari, Fersini-Olivieri [G.], Marcelli), pur nell’adozione di tale regime finanziario (CS), hanno proposto la scelta della condizione di equivalenza iniziale (CS.i), incoerente con i principi della Matematica Finanziaria, che, secondo la trattazione classica (rif. Varoli, Caliri), risulta essere invece coerente con il regime finanziario della capitalizzazione ad interessi anticipati (CIA.i). In altri termini, se si desidera utilizzare il regime CS, è necessario inquadrarlo nella logica della equivalenza finale (CS.f), mentre se si desidera operare nella logica della equivalenza iniziale bisogna utilizzare il regime CIA (CIA.i). L’abbinamento CS.i (come d’altro canto lo sarebbe simmetricamente l’abbinamento CIA.f), anche se ammissibile dal punto di vista puramente algebrico, non risulta accettabile dal punto di vista finanziario, economico e contabile, in quanto richiederebbe concettualmente la disponibilità anticipata degli interessi, all’inizio del periodo di impiego e non già alla fine del periodo stesso».

[76] Cfr., con riferimento all’art. 821, comma 3, c.c., V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 34-36. In una prospettiva complessivamente contraria, il contributo di A. Aretusi, A. Tanza, TAEG, interesse semplice, interesse composto e anatocismo: i documenti inediti della Commissione Europea, cit., 30-31, segnala che, nella decisione della Corte di Giustizia UE, 3 settembre 2015 (causa C89-14 – A2A contro Agenzia delle Entrate), è stato affermato che, in materia di determinazione del calcolo degli interessi relativi al recupero degli aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune, «l’applicazione di interessi composti è stata introdotta dalla normativa nazionale», ossia dal d.l. n. 10/2007 e dal d.l. n. 185/2008, mentre «Prima dell’entrata in vigore di tale normativa, il diritto italiano applicava, conformemente all’articolo 1282 del codice civile, interessi semplici». Da questa premessa gli Autori traggono la conclusione che, in mancanza di una norma contraria, «il diritto italiano applica normalmente l’interesse semplice, salvo quello composto, nei limiti imposti dall’art. 1283 c.c. o dalle leggi speciali o da espresse previsioni contrattuali». Tuttavia, la sentenza richiamata, oltre a riguardare la specifica questione del recupero degli aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune, non esclude che anche il regime dell’interesse composto sia – così come in effetti è – compatibile con l’art. 1282 c.c., né esclude che l’uso di una formula matematica del regime finanziario dell’interesse composto per il calcolo della rata costante dell’ammortamento alla francese possa essere pattuito mediante accordo sul piano di rimborso.

[77] Nella normativa europea cfr., in materia di contratti di credito ai consumatori, l’Allegato III e l’art. 30 della direttiva 2023/2225/UE del 18 ottobre 2023 (la quale abroga e sostituisce la direttiva 2008/48/CE del 23 aprile 2008, di cui v. l’Allegato I e l’art. 19); e, in materia di credito immobiliare ai consumatori, l’Allegato I [dedicato al «Calcolo del Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG)»] e l’art. 17 della direttiva 2014/17/UE del 4 febbraio 2014. Nella normativa nazionale, si veda, oltre agli artt. 120-quinquies e 121 t.u.b., il Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti» e, in particolare, per quanto riguarda la disciplina in materia di credito per i consumatori, l’Allegato 5B e la Sezione VII, par. 4.2.4; e, per quanto riguarda la disciplina in materia di credito immobiliare ai consumatori, l’Allegato 5C e la Sezione VI-bis, par. 5.2.4.

[78] Cfr., in relazione alla previsione sul calcolo del TAEG da parte della direttiva 2008/48/CE, G. Colangelo, Trasparenza (e non) della nuova direttiva sul credito al consumo alla vigilia del recepimento, in Danno e responsabilità, 2010, 437-440; e, anche in relazione alla direttiva 2023/2225/UE, A. Aretusi, A. Tanza, TAEG, interesse semplice, interesse composto e anatocismo: i documenti inediti della Commissione Europea, cit., 31-32.

[79] G.B. Barillà, F. Nardini, Legittimità dell’ammortamento alla francese, cit., 695.

[80] Cfr., tra gli altri, F. Cacciafesta, Il “regime dei prestiti”. Osservazioni critiche, cit., 3 ss. e 8 ss., il quale parla di modalità standard «per il servizio degli interessi»; e, con altre parole, V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 25.

[81] Non sembra un caso che nel contesto di un discorso analogo V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 33-34 e 43, abbia ritenuto di dovere parlare di «linguaggi» e di «convenzione corrente».

[82] Cfr. F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, cit., 11. Si vedano inoltre, seppure nell’ambito di una tesi contraria a quella seguita nel presente contributo, le considerazioni sul confronto tra TAN e TAEG svolte da G. Morini, L’ammortamento alla francese, in Diritto.it, 9 luglio 2019, 24.

[83] Cfr. F. Cacciafesta, L’ammortamento alla francese. Leggende dure a morire, cit., 10-12.

[84] Cfr. Cass., S.U., 23 novembre 1974, n. 3797; e, nello stesso senso, Cass., 25 ottobre 1972, n. 3224; e Cass., 10 agosto 1979, n. 4647 (le tre sentenze si riferiscono all’interpretazione dell’art. 6 della legge 6 dicembre 1962, n. 1643 – che prevedeva un tasso di interesse annuale e rate semestrali – ma individuano un criterio interpretativo applicabile anche nell’interpretazione delle clausole contrattuali). Si veda inoltre Cass., sez. trib., 7 ottobre 2011, n. 20600, per la quale «nel caso di interessi dovuti su obbligazioni pecuniarie (qual è il debito tributario), non vi è ragione di disapplicare – in difetto di norme speciali derogatorie – la regola generale secondo cui gli interessi su somme di denaro “si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto” (art. 821 c.c., comma 3) […]. Il saggio di interesse costituisce, infatti, la misura della fecondità del denaro (predeterminata ex lege o stabilita dalla autonomia negoziale) ed è normalmente determinato con espressione numerica percentuale in funzione della durata della disponibilità e dell’ammontare della somma dovuta o del capitale (cfr. art. 1284 c.c., comma 1), ed opera, pertanto, su un piano distinto dalla disciplina giuridica della modalità di acquisto del diritto, fornendo il criterio di liquidazione monetaria dello stesso indipendentemente dal periodo – corrispondente od inferiore all’anno – da assumere a base del conteggio».

[85] Cfr. Cass., 25 ottobre 1972, n. 3224; e, nello stesso senso, Cass., S.U., 23 novembre 1974, n. 3797; e Cass., 10 agosto 1979, n. 4647 (come si è già precisato, tali sentenze si riferiscono all’interpretazione dell’art. 6 della legge n. 1643 del 1962, ma il criterio interpretativo da esse individuato è applicabile anche nell’interpretazione dei contratti). Si veda altresì Cass., sez. trib., 7 ottobre 2011, n. 20600.

[86] Cfr. V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 43 e 36, il quale richiama proprio Cass., S.U., 23 novembre 1974, n. 3797; Cass., 25 ottobre 1972, n. 3224; e Cass., 10 agosto 1979, n. 4647.

[87] Cfr., nella sostanza e per le parole riportate testualmente, V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 18 ss., in partic. 56.

[88] Cfr. le sopra richiamate sentenze di Cass., S.U., 23 novembre 1974, n. 3797; Cass., 25 ottobre 1972, n. 3224; e Cass., 10 agosto 1979, n. 4647.

[89] Per tale osservazione si veda, sulla scia dei contributi di F. Cacciafesta, anche V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 15; e, in sostanza, G.B. Barillà, F. Nardini, Legittimità dell’ammortamento alla francese, cit., 695-696 (testo e note).

[90] Cfr. le sentenze richiamate sopra (Cass., S.U., n. 3797/1974; Cass., n. 3224/1972; Cass., n. 4647/1979).

[91] Per una descrizione di tale meccanismo cfr., in senso critico, F. Cacciafesta, Brevi note sulle “brevi note” di G. Aretusi in materia di prestiti, cit., 4 ss., in partic. 6-7; Id., Prestiti e interesse composto: osservazioni di un matematico, cit., par. 4.1 e 4.2; e V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 15-16.

[92] Sulla conformazione giuridica del mutuo, Cass., 6 febbraio 2004, n. 2301; Cass., 10 febbraio 2023, n. 4232; Cass., 10 settembre 2010, n. 19291; Cass., 30 agosto 2011, n. 17798; Cass., 8 agosto 2013, n. 18951; Cass., 16 ottobre 2017, n. 24296; e, in sostanza, Cass., 3 febbraio 1994, n. 1110 (ove ulteriori riferimenti giurisprudenziali). Per il rilievo condiviso nel testo, cfr. F. Cacciafesta, Brevi note sulle “brevi note” di G. Aretusi in materia di prestiti, cit., 4-7; Id., Prestiti e interesse composto: osservazioni di un matematico, cit., par. 4.2. Nel senso dell’inammissibilità di un «artificioso frazionamento contabile del mutuo – contratto unitario (di durata) anche qualora l’esecuzione dell’obbligo di rimborso e di remunerazione del prestito sia strutturata con il susseguirsi di rate comprensive di quote capitale e quote interessi da pagarsi a scadenze periodiche (e ciò in quanto “le diverse rate… non costituiscono autonome e distinte obbligazioni, bensì l’adempimento frazionato di un’unica obbligazione”) – in una pluralità di finanziamenti sub specie di prestiti elementari (e quindi, in sostanza, di distinti e successivi rapporti contrattuali) […]», si veda altresì, nell’ambito di una ricostruzione complessiva opposta a quella degli Autori sopra richiamati, D. Provenzano, Il rapporto scientifico dell’AMASES 2022/01 – Le ragioni del contrasto con il diritto. Quando la matematica finanziaria finisce per rinnegare se stessa, cit., 65.

[93] Cfr. sopra, paragrafi 4, 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4.

[94] Per altre considerazioni sostanzialmente nel medesimo senso, F. Pressacco, F. Beccacece, F. Cacciafesta, G. Favero, P. Fersini, M. Li Calzi, F. Nardini, L. Peccati, L. Ziani, Rapporto scientifico A.M.A.S.E.S. – 2022/01, cit., 31 ss. Rispetto a tale Rapporto scientifico è in ogni caso da segnalare che esso non rappresenta la posizione di tutti i componenti dell’Associazione per la Matematica Applicata alle Scienze Economiche e Sociali (A.M.A.S.E.S.) e che opinioni in senso opposto sono state espresse, per esempio, nei contributi raccolti in An. Annibali, Al. Annibali, C. Barracchini, F. Olivieri, D. Provenzano, Contro-rapporto al Rapporto scientifico dell’AMASES 2022/01 su anatocismo nei mutui. Raccolta di articoli relativi a considerazioni critiche di tipo matematico e giuridico, cit., 10 ss.

[95] Infatti, come si è rilevato sopra (par. 4.2), è vero che, a parità di importo e durata del prestito, tasso annuo nominale e periodicità delle rate, i prestiti con ammortamento alla francese generano più interessi di quelli con ammortamento all’italiana e meno interessi dei prestiti bullet, mettendo in evidenza la differente onerosità dei vari contratti creditizi; tuttavia, tale differenza è connessa e proporzionata alla misura e alla periodicità delle rispettive rate e, in particolare, ai tempi della dilazione per la corresponsione dei relativi importi.

[96] Cfr. sopra, paragrafi 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4.

[97] Cfr. V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 28.

[98] Cfr. R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 213-214; e V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 28.

[99] Cfr. V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 31.

[100] Per un’analoga conclusione, già R. Natoli, L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 213-214.

[101] Il principio sembra considerato «pacifico» in giurisprudenza: Cass., 27 ottobre 2005, n. 20904; Cass., 23 luglio 2003, n. 11450; Cass., 16 aprile 2003, n. 6022; Cass., 1° luglio 1994, n. 6228; Cass., 26 giugno 1997, n. 5707; e Cass., 14 marzo 1996, n. 2115. In ogni caso, è necessario segnalare che tali provvedimenti riguardano il risarcimento del danno derivante da fatto illecito e, pur affermando che l’art. 1194 c.c. richiede l’esigibilità del credito per il capitale e di quello per gli interessi, sono sostanzialmente incentrate – come talora emerge in via esplicita – sulla necessità che, per l’applicazione dell’art. 1194 c.c., i crediti in esame siano crediti di valuta (esistenti fin dall’inizio come crediti pecuniari) e siano certi e liquidi (cfr. anche Cass., 10 marzo 1990, n. 1982). Cfr. anche il rilievo di G. Mucciarone, Ammortamento alla francese, cit., 602, per il quale «Non convince l’idea che nella fattispecie dell’articolo 1194 del codice civile anche il debito per capitale, oltre che quello per interessi, dev’essere sempre scaduto interamente, oltre che liquido e produttivo di interessi».

[102] Cfr., nel contesto di ricostruzioni molto diverse tra loro, A.A. Dolmetta, A margine dell’ammortamento «alla francese», cit., 656-657; V. Farina, Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese, cit., 450; e V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 13. Si veda inoltre G. Mucciarone, Ammortamento alla francese, cit., 602, per il quale «L’essenza dell’ammortamento alla francese, come di ogni ammortamento, non è una disciplina dell’imputazione dei pagamenti, ma delle scadenze: l’imputazione segue: è una forzatura spostare il punto di vista».

[103] Su tali disposizioni, cfr. sopra, par. 4.1.

[104] Per l’affermazione secondo cui l’ammortamento alla francese è conforme all’art. 1194 c.c., G. Mucciarone, Ammortamento alla francese, cit., 602. Con riferimento all’ammortamento alla francese e all’art. 1194 c.c. cfr., tra le altre, App. Roma, 10 ottobre 2023, n. 6488; Trib. Roma, 22 febbraio 2023, n. 3228; Trib. Roma, 18 gennaio 2021, n. 868; Trib. Roma, 6 novembre 2020, n. 15551; Trib. Roma, 9 agosto 2018, n. 16441; e Trib. L’Aquila, 12 maggio 2021, n. 334.

[105] Cfr., tra gli altri, A.A. Dolmetta, Ammortamento alla francese e prescrizione di «forma-contenuto» ex art. 117, comma 4°, t.u.b., cit., 650-651; e M. Semeraro, Alle Sezioni Unite l’ammortamento alla francese, cit., 10. Sul tema si vedano inoltre le considerazioni di R. Natoli, I mutui con ammortamento alla francese, aspettando le Sezioni Unite, cit., 4; Id., L’ammortamento “alla francese”: una questione di trasparenza, cit., 211-212, ove, riguardo alla determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, si richiama Cass., 25 giugno 2019, n. 16907, relativa ad una clausola di c.d. indicizzazione del canone di un contratto di leasing, per la quale «ciò che importa, onde ritenere sussistente il requisito della determinabilità dell’oggetto del contratto di cui all’art. 1346 c.c.[,] è che il tasso d’interesse sia desumibile dal contratto, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità in capo all’istituto mutuante, anche quando individuato per relationem: in quest’ultimo caso, mediante rinvio a dati che siano conoscibili a priori e siano dettati per eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto. I dati ed il criterio di calcolo devono perciò essere facilmente individuabili in base a quanto previsto dalla clausola contrattuale, mentre non rilevano la difficoltà del calcolo che va fatto per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione (cfr. Cass. 8028/2018; Cass. 25205/2014; Cass. n. 2765/1992 e n. 7547/92; Cass. 22898/2005, Cass. n. 2317/2007, Cass. n. 17679/2009)» [tra queste ultime sentenze, si veda, per esempio, Cass., 27 novembre 2014, n. 25205, il cui contenuto è in parte richiamato dall’ordinanza Trib. Salerno, 19 luglio 2023, p. 9]. Sulla possibilità di determinare il tasso di interesse per relationem si possono altresì menzionare Cass. 19 maggio 2010, n. 12276; e Cass., 13 maggio 2021, n. 12889.

[106] Cfr. sopra, par. 4.4.

[107] Per i contratti di credito ai consumatori cfr. invece l’art. 125-bis t.u.b.

[108] Cfr. V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 52.

[109] Sulla funzione della trasparenza, Cass., 13 maggio 2021, n. 12889.

[110] Cfr. anche G. Mucciarone, Ammortamento alla francese, cit., 603-604.

[111] Cfr. Cass., 13 maggio 2021, n. 12889; e, sulla possibilità di determinare il tasso di interesse per relationem, anche Cass. 19 maggio 2010, n. 12276; e Cass., 25 giugno 2019, n. 16907, ove ulteriori riferimenti giurisprudenziali.

[112] Cfr. sopra, paragrafi 4.1 e 4.2, nonché infra, par. 7.3. Per un’opinione diversa, anche riguardo all’individuazione delle indicazioni necessarie per la trasparenza, G. Morini, Ammortamento alla francese, capitalizzazione degli interessi e l’anatocismo: una sfida tra diritto e matematica, in Diritto.it, 12 ottobre 2018, 15.

[113] Cfr. sopra, par. 4.2, nonché paragrafi 4.1, 4.3, 4.4 e 7.2.

[114] Cfr. V. Carlomagno, L’ammortamento alla francese, cit., 27.

[115] Cfr. sopra, paragrafi 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4.

[116] Cfr. sopra, paragrafi 4.3 e 4.4.

[117] In senso contrario alla sussistenza di tale dovere si veda la decisione del Collegio di Coordinamento ABF, 8 novembre 2022, n. 14376, pp. 9-10 (relativa al credito a consumatori), che sarà richiamata infra (par. 7.5).

[118] Cfr. Sez. III, par. 3, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti».

[119] Cfr. Sez. VII, par. 5.2.1 del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti».

[120] Cfr., per la clientela in generale, l’art. 116 t.u.b. e la Sez. II del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti»; per il credito immobiliare ai consumatori, gli artt. 120-octies e 120-novies t.u.b. e la Sez. VI-bis, par. 5, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni); e per il credito ai consumatori, gli artt. 123 e 124 t.u.b. e la Sez. VII, par. 4, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni).

[121] Cfr., in materia di credito a consumatori, Collegio di Coordinamento ABF, 8 novembre 2022, n. 14376, p. 9.

[122] Cfr., per il credito a consumatori, Collegio di Coordinamento ABF, 8 novembre 2022, n. 14376, pp. 9-10.

[123] Cfr. Sez. VII, par. 5.2.1 del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti».

[124] Cfr. Sez. III, par. 3, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti».

[125] Cfr. Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2016 (causa C42/15 – Home Credit Slovakia a.s. contro Klára Bíróová), paragrafi 1, 8, 27 (n. 6), 51-59, e, nel “dispositivo” finale, principio di diritto n. 3.

[126] Cfr. Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2016 (causa C42/15 – Home Credit Slovakia a.s. contro Klára Bíróová), paragrafi 53-54.

[127] Cfr. Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2016 (causa C42/15), cit., paragrafi 55-58.

[128] Cfr. Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2016 (causa C42/15), cit., par. 59 e, nel “dispositivo” finale, principio di diritto n. 3.

[129] Cfr., per il credito ai consumatori, la Sez. VII, par. 4.2.1 ss., del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni); e, per il credito immobiliare ai consumatori, la Sez. VI-bis, par. 5.2.1 ss., del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni).

[130] Per una particolare valorizzazione dell’art. 12 e del “Considerando” n. 14 della direttiva 2023/2225/UE, R. Natoli, Relazione tenuta nel seminario “Mutuo bancario con ammortamento alla francese”, cit., par. 6 (del dattiloscritto).

[131] Tali disposizioni europee, a cui si conformano le disposizioni nazionali, prevedono che le informazioni siano incluse in un documento denominato «Standard European Consumer Credit Information form» (il c.d. SECCI) o «Informazioni europee di base relative al credito ai consumatori» (IEBCC).

[132] Tale disposizione europea, a cui si conformano le disposizioni nazionali, prevede che le informazioni siano incluse in un documento denominato «European Standardised Information Sheet» (ESIS) o «Prospetto informativo europeo standardizzato» (PIES).

[133] Cfr. il paragrafo precedente, nel quale (in nota), si richiamano, per la clientela in generale, l’art. 116 t.u.b. e la Sez. II del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni) su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti»; per il credito immobiliare ai consumatori, gli artt. 120-octies e 120-novies t.u.b. e la Sez. VI-bis, par. 5, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni); e per il credito ai consumatori, gli artt. 123 e 124 t.u.b. e la Sez. VII, par. 4, del Provvedimento Banca d’Italia del 29 luglio 2009 (e successive modificazioni).

[134] Cfr. App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 231 (par. 4 della sentenza).

[135] Cfr. sopra, paragrafi 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4.

[136] Cfr. App. Roma, 30 gennaio 2020, n. 731, cit., 231 (par. 4 della sentenza); App. Roma, 10 ottobre 2023, n. 6488.

[137] Cfr. Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2016 (causa C42/15 – Home Credit Slovakia a.s. contro Klára Bíróová), paragrafi 1, 8, 27 (n. 6), 51-59, e, nel “dispositivo” finale, principio di diritto n. 3; nonché sopra, par. 7.5.

[138] Per una prospettiva diversa, R. Natoli, Relazione tenuta nel seminario “Mutuo bancario con ammortamento alla francese”, cit., par. 6 (del dattiloscritto), il quale – ferma la necessità che il cliente provi anche il danno ed il nesso causale – ritiene configurabile una violazione degli obblighi della banca di fornire spiegazioni e chiarimenti adeguati, con conseguente responsabilità precontrattuale.

[139] Cfr. Corte di Giustizia UE, 9 novembre 2016 (causa C42/15), cit., paragrafi 51-59 e, nel “dispositivo” finale, principio di diritto n. 3.

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