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Note

Il «mutuo solutorio» tra effettività della consegna e così detto effetto novativo (note sulla funzione della consegna nelle norme sul mutuo)

5 Settembre 2024

Tommaso Di Marcello, Professore associato di diritto commerciale, Università Roma Tre

Di cosa si parla in questo articolo

[*]SOMMARIO: Il c.d. mutuo solutorio è un contratto di prestito utilizzato per l’estinzione di una precedente esposizione debitoria verso il mutuante che il mutuatario non ha potuto o voluto estinguere con altre risorse o modalità alla scadenza pattuita. La giurisprudenza è chiamata a verificare se tale mutuo sia da considerare effettivamente perfezionato e dunque valido come fonte dell’obbligo di rimborso anche nel caso in cui la consegna delle somme da parte del mutuante sia avvenuta mediante un’operazione di giro automatica per l’estinzione del debito preesistente, senza che il mutuatario abbia potuto disporre delle somme mediante bonifico o altre modalità di utilizzazione. L’autore del contributo, prendendo in considerazione la funzione della consegna nella disciplina del contratto di mutuo ed esaminando le principali argomentazioni giurisprudenziali e dottrinali in materia, ritiene che il contratto debba considerarsi validamente stipulato.

ABSTRACT: A loan to allow a payment (the so-called “mutuo solutorio”) is a loan agreement used to pay-off a previous debt vìs-a-vìs the lender that the borrower was unable or unwilling to settle by other resources or methods on the agreed maturity date. The Corte di Cassazione is called upon to judge whether such a loan is to be considered perfected and thus valid as a source of repayment obligations even in cases where the delivery of the agreed amount by the lender took place by means of an accounting entry to pay-off the pre-existing debt, while the borrower could not dispose of the money by bank transfer or other ways. The author of the paper, taking into consideration the role of the delivery in the loan contract regulation and examining the main arguments used in case law and by doctrinal writings on the subject, holds that the contract should be considered validly concluded.


1. L’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione in materia di «mutuo solutorio»

Una recente ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti relativi a una controversia sul c.d. mutuo solutorio alla Prima Presidente della Corte, per l’eventuale assegnazione della decisione alle Sezioni Unite (ordinanza Cass., 10 luglio 2024, n. 18903).

Con la locuzione «mutuo solutorio» si indica il contratto di prestito utilizzato per l’estinzione di una precedente esposizione debitoria che il mutuatario non ha potuto o voluto – o non può o non vuole – estinguere con altre risorse o modalità alla scadenza o alle scadenze pattuite.

Trattandosi di mutuo, l’idoneità del contratto a produrre l’obbligazione di rimborso del prestito dipende, a norma dell’art. 1813 C.c., dal fatto che il mutuante abbia effettuato in favore del mutuatario la consegna delle somme o delle cose fungibili concordate.

Al di là di altri profili, la questione centrale che le Sezioni Unite potrebbero essere chiamate a risolvere consiste nel verificare se il mutuo sia da considerare effettivamente perfezionato e dunque valido come fonte dell’obbligo di rimborso anche nel caso in cui, pur in mancanza di espresse clausole di autorizzazione della banca mutuante (per esempio: un mandato) e in assenza di specificazione negoziale dello scopo del finanziamento, la consegna sia avvenuta mediante un’operazione di giro automatica per l’estinzione del debito preesistente, senza che il mutuatario abbia potuto disporre delle somme tramite bonifico o altro mezzo di pagamento oppure, direttamente, senza un vero e proprio accreditamento sul conto corrente del mutuatario.

Sul punto le affermazioni contenute nei precedenti della Corte di Cassazione sembrano potere in astratto condurre a due diversi orientamenti.

2. I precedenti giurisprudenziali

In base all’orientamento della Corte di Cassazione considerato prevalente, il mutuo solutorio, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, è valido, perché non contrasta con la legge e l’ordine pubblico e realizza interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento. Sotto il profilo giuridico, tale atto non costituisce una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure un pactum de non petendo. Esso costituisce titolo per un distinto rapporto creditizio, con regole negoziali che sono espressione di una nuova “volontà” delle parti e possono essere uguali o diverse rispetto a quelle inerenti al rapporto precedente, mentre l’accreditamento contabile delle somme a beneficio del mutuatario e l’impiego delle stesse per l’estinzione del debito pregresso eliminano la preesistente posta passiva dal patrimonio del mutuatario (per affermazioni in questa direzione l’ordinanza interlocutoria in rassegna richiama, a titolo di esempio, Cass., 15 luglio 2022, n. 23149; Cass., 9 maggio 1991, n. 5193; e Cass., 8 marzo 1999, n. 1945).

Secondo un altro indirizzo della stessa Corte, considerato minoritario, la concessione di un prestito con utilizzo delle somme per ripianare la pregressa esposizione del correntista, con contestuale costituzione di una garanzia reale in favore della banca, rappresenta un’operazione meramente contabile in “dare” e “avere” sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario. Tale operazione determina di regola gli effetti del pactum de non petendo ad tempus e produce soltanto una proroga del termine per l’adempimento e se del caso la modifica di altre condizioni del prestito, senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista (per varie affermazioni in questa direzione l’ordinanza interlocutoria in commento cita Cass., 25 gennaio 2021, n. 1517, e ordinanza Cass., 5 agosto 2019, n. 20896, entrambe in materia di disciplina dell’azione revocatoria nel caso di mutuo ipotecario per l’estinzione di un precedente debito chirografario; nonché Cass., 8 aprile 2020, n. 7740, sulla disciplina della revocatoria ordinaria nel caso di mutuo ipotecario per l’estinzione di un precedente debito ipotecario).

In questa prospettiva, i ricorrenti del procedimento dell’ordinanza interlocutoria ritengono di potere fare perno su passaggi giurisprudenziali da cui emerge che, al fine del perfezionamento del mutuo, la consegna da parte del mutuante, effettuabile in via dematerializzata tramite accreditamento su conto corrente bancario, deve in ogni caso comportare l’acquisizione della disponibilità giuridica delle somme da parte del mutuatario. In particolare, occorrerebbe che il mutuante creasse un titolo autonomo di disponibilità in favore del mutuatario, perché – si sostiene – solo in tale modo le somme uscirebbero dal patrimonio del mutuante ed entrerebbero in quello del mutuatario, permettendo a quest’ultimo di disporne senza l’intermediazione del mutuante o anche «invito mutuante». Una consegna in forma diversa, simbolica e diretta ad evitare un duplice e inutile trasferimento, sarebbe ammissibile solo laddove le parti abbiano stipulato specifiche pattuizioni consistenti nell’incarico del mutuatario al mutuante di impiegare in un determinato modo la somma mutuata, sempre che la clausola realizzi un interesse meritevole di tutela per l’ordinamento giuridico (come nel caso in cui si sia convenuto di attuare la consegna mediante l’estinzione di un precedente debito del mutuatario verso il mutuante).

A sostegno di questa opinione, una parte della dottrina richiama l’art. 1231 cod. civ. Tale disposizione stabilisce che l’apposizione o l’eliminazione di un termine e ogni altra modificazione accessoria dell’obbligazione – incluse, per una parte della giurisprudenza, la previsione di diverse condizioni economiche, la modificazione di clausole relative al tasso di interesse e l’aggiunta di garanzie – non producono novazione. Nel caso di mutuo solutorio, il rapporto obbligatorio preesistente, pur modificato, conserverebbe la propria precedente identità, senza alcun effetto novativo, in quanto il nuovo accordo si limita a prorogare la scadenza dei debiti pregressi e tutt’al più ad apportare anche altre modificazioni accessorie. Per potere considerare l’effetto del mutuo solutorio in termini di novazione mancherebbe inoltre l’«animus novandi», inteso come espressa e inequivoca volontà di estinguere l’obbligazione precedente.

3. Una proposta di soluzione

3.1. L’irrilevanza dell’istituto della novazione

Per una soluzione della questione controversa conviene prima di tutto liberare il campo dall’argomentazione relativa all’istituto della novazione e all’art. 1231 c.c.

Impostare il tema del mutuo solutorio intorno all’alternativa tra sussistenza o insussistenza di un effetto novativo significa identificare l’interrogativo rilevante sulla base di un equivoco, richiamando un modo di estinzione delle obbligazioni che non ha nulla a che vedere con il fenomeno del mutuo solutorio. Invece di chiedersi se la consegna possa ritenersi avvenuta, al fine di verificare se il mutuo solutorio si sia o non si sia perfezionato e quindi se l’obbligazione preesistente sia stata o non sia stata estinta mediante la relativa «solutio», si parte implicitamente dall’idea che l’estinzione di tale obbligazione non sia avvenuta mediante la somma mutuata e ci si chiede se sussistano i presupposti per l’estinzione tramite novazione.

Il mutuo solutorio non produce effetto novativo, per la semplice ragione che, se la consegna è da considerare giuridicamente avvenuta, l’estinzione dell’obbligazione pregressa avviene – a seconda della tesi a cui si aderisca riguardo al modo di estinzione delle obbligazioni nel conto corrente bancario – per adempimento o così detta compensazione contabile, e non per novazione.

3.2. La funzione della consegna e la «disponibilità giuridica» rilevante per le norme sul mutuo

A questo punto occorre concentrarsi sulla consegna. È insegnamento tradizionale che l’art. 1813 c.c., inserendo la consegna nella definizione del contratto di mutuo, includa quest’ultimo nella categoria dei «contratti reali», ossia i contratti il cui perfezionamento – a differenza di quanto è previsto per i «contratti consensuali» – richiede, oltre al consenso delle parti, la consegna della cosa.

Al riguardo è stato chiarito che, volendo essere precisi, il contratto è valido sulla base del consenso ma, fino a quando non sia avvenuta la consegna, si qualifica come promessa di mutuo, ai sensi dell’art. 1822 c.c., ed è disciplinato da tale disposizione. La consegna è necessaria affinché il contratto si qualifichi come mutuo e renda applicabili le norme per esso previste dagli articoli 1813–1821 c.c., producendo le relative obbligazioni di restituzione o rimborso. Le norme codicistiche sul mutuo sono incentrate essenzialmente sulla disciplina di tali obbligazioni, che dipendono dalla prestazione creditizia, la quale, nel mutuo, prende inizio a partire dalla consegna.

La consegna è pertanto richiesta dalla legge in funzione della sorgere delle obbligazioni tipiche del mutuo. Essa è concepita dall’ordinamento come mezzo per attivare la prestazione creditizia, alla quale corrisponde il debito sul versante del mutuatario.

Data questa situazione, le modalità con cui la consegna viene attuata sono in linea di principio indifferenti, purché siano conformi alla configurazione contrattuale dell’operazione programmata dalle parti e concretizzino un meccanismo idoneo ad attivare le norme sul mutuo e produrre le conseguenti obbligazioni di rimborso.

Se nell’ambito di un accordo per il mutuo la consegna è compiuta mediante una scritturazione contabile che serve per estinguere una precedente obbligazione del mutuatario, l’attribuzione della disponibilità della somma in favore del mutuatario stesso deve intendersi giuridicamente attuata. Il contratto costituisce un autonomo titolo di disponibilità.

In proposito occorre tenere conto che il concetto «disponibilità giuridica» è, come tutti i concetti, relativo e, come tutti i concetti giuridici, dipendente dalle norme alla cui applicazione è funzionale.

La disponibilità giuridica rilevante per l’applicazione della disciplina sul mutuo non è semplicemente il potere di disporre il trasferimento delle somme o delle cose mutuate o di utilizzarle in via attuale. In coerenza con quanto si è osservato altrove, essa consiste piuttosto nell’attribuzione, in favore del mutuatario, del godimento del capitale – in sostanza: del godimento del prestito – intesa come assegnazione di un determinato capitale con facoltà concessa per un determinato periodo di tempo di non effettuare il rimborso, della quale il mutuatario può beneficiare secondo i termini della legge e del contratto e sulla base del piano di rimborso pattuito. In particolare, come è stato rilevato dalla dottrina più accorta, il mutuo si connota per una situazione intermedia, con carattere di durata, definibile come «prestazione creditizia» e consistente nella rinuncia al potere o nella mancanza di potere del creditore di ottenere la restituzione del capitale nel corso ordinario del rapporto e nel connesso riconoscimento al mutuatario di un’immunità dalla soggezione a quel potere.

In questa prospettiva, al fine di rendere applicabili le norme sul mutuo, il ruolo della consegna può essere svolto da qualsiasi meccanismo che in concreto sia in grado di realizzare tale situazione giuridica intermedia.

Il passaggio della «proprietà» delle «cose» o somme «date a mutuo» in capo al mutuatario, previsto come effetto del negozio dall’art. 1814 c.c., è stabilito esattamente in funzione di quella peculiare situazione di «disponibilità giuridica» con carattere di durata. Esso si risolve nell’esigenza di consentire che le cose o somme mutuate siano utilizzate secondo gli interessi del mutuatario perseguiti dal contratto e che per la durata pattuita il mutuatario resti immune dal potere del mutuante di pretendere il rimborso. Realizzata tale esigenza, le vicende della «proprietà» seguono come conseguenza, nel senso che costituiscono una variabile dipendente dall’operazione e un effetto di quest’ultima (sotto un diverso profilo, rimane peraltro fermo che, quando il mutuo ha ad oggetto somme di denaro depositate su un conto corrente bancario, e quindi in deposito irregolare, la proprietà delle somme in senso stretto continua a spettare alla banca, senza che ciò comporti una violazione di norme o un pregiudizio per gli scopi dell’operazione di prestito).

3.3. Particolari modalità della consegna e meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti nel mutuo solutorio

In linea di principio, le particolari modalità della consegna conformi all’operazione programmata dalle parti nell’accordo sul mutuo non costituiscono una deroga rispetto alla norma che per l’instaurazione del rapporto di mutuo richiede l’avvenuta consegna (art. 1813 c.c.). Al contrario, ne costituiscono attuazione.

Il sindacato del giudice dovrà pertanto avere ad oggetto non la meritevolezza di tutela di un’ipotetica clausola sulle modalità della consegna o sulle formalità sostitutive della stessa, bensì la meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti mediante il contratto creditizio stipulato dalle parti e la conformità o non incompatibilità delle modalità della consegna rispetto all’operazione programmata con tale contratto.

Per le medesime ragioni – e diversamente da quanto si potrebbe evincere dai passaggi di qualche provvedimento giudiziale considerati in maniera decontestualizzata – un’espressa clausola contrattuale sulle modalità con le quali dovrà essere effettuata o sostituita la consegna non è necessaria.

Il tentativo di subordinare in via interpretativa la validità o l’esistenza del contratto di mutuo alla legittimità o meritevolezza dei meccanismi di consegna costituisce un elegante escamotage difensivo, che si basa su un’inammissibile inversione logica. In realtà, non è la valutazione ordinamentale di uno specifico mutuo a dipendere dalla valutazione ordinamentale delle relative modalità di consegna, bensì il contrario.

Nel mutuo solutorio, il regolamento negoziale è concepito per una specifica funzione concreta, ossia estinguere la precedente esposizione debitoria del mutuatario con denaro prestato dalla banca per una nuova durata e nuove scadenze a patto che lo stesso mutuatario si impegni a effettuare il rimborso a tali scadenze, se del caso a condizioni contrattuali diverse da quelle precedenti (fino a prova contraria, se non fosse per tale funzione concreta, la banca, considerata la situazione di indebitamento del mutuatario, non stipulerebbe un nuovo contratto con il medesimo mutuatario o non lo stipulerebbe a quelle condizioni).

Come è stato rilevato dalla giurisprudenza, la funzione e dunque gli interessi perseguiti con l’operazione sono meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.

Il regolamento contrattuale reca al suo interno l’impronta di tale funzione concreta, anche considerato l’importo per il quale viene stipulato – pari al debito da estinguere – e il contesto in cui viene sottoscritto. Il modo in cui sarà utilizzata la disponibilità è implicito nell’accordo per il mutuo. Le modalità della consegna sono legittime se sono conformi alla funzione sopra indicata. La scritturazione contabile estintiva del debito pregresso costituisce una di tali possibili modalità.

4. Il contesto applicativo delle affermazioni giurisprudenziali sul mutuo solutorio ipotecario

4.1. Il mutuo solutorio ipotecario nella disciplina delle azioni revocatorie concorsuali.

Altro e totalmente diverso discorso è che, secondo la giurisprudenza, per i fini della disciplina delle azioni revocatorie concorsuali il mutuo solutorio ipotecario stipulato per estinguere un precedente debito chirografario del mutuatario si considera come mera operazione contabile. In particolare, l’ipoteca costituita per il nuovo mutuo, invece di essere considerata come garanzia contestuale al sorgere del debito derivante da tale nuovo accordo creditizio e sottoposta quindi al regime revocatorio previsto per le garanzie contestuali dall’art. 67, comma 2, legge fall. (ora art. 166, comma 2, codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), il quale è relativamente più favorevole per la banca convenuta, si considera concessa in via successiva al sorgere del debito derivante dal mutuo precedente ed è dunque sottoposta al più rigoroso regime revocatorio di cui al comma 1, n. 4 (previsto per le garanzie costituite successivamente alla scadenza del debito garantito), o, se è stata costituita prima della scadenza del debito garantito, a quello ancora più rigoroso di cui al comma 1, n. 3.

Questo consolidato principio giurisprudenziale è stato formulato per lo specifico e circoscritto fine di individuare il regime revocatorio applicabile all’atto costitutivo della garanzia e dovrebbe avere un valore circoscritto a tale ambito di disciplina.

Ricavarne argomenti per l’interpretazione della disciplina del mutuo comporterebbe un salto logico e un’equiparazione tra situazioni e assetti di interessi completamente diversi. Un conto è la disciplina dell’ipoteca, tutt’altro conto è quella del mutuo. Una cosa è l’applicazione di norme inerenti ad azioni di inefficacia relativa nel caso di apertura di una procedura di insolvenza, tutt’altra cosa è l’applicazione di norme sul perfezionamento del contratto o sulla costituzione del rapporto creditizio (sul tema si vedano alcune delle considerazioni svolte nella motivazione di Cass., 29 febbraio 2016, n. 3955, la quale peraltro, per il mutuo solutorio ipotecario utilizzato per l’estinzione di un precedente debito chirografario, esclude la rilevanza degli istituti della simulazione e della novazione e fa invece riferimento alla figura del negozio o procedimento negoziale «indiretto»).

4.2. Il mutuo solutorio ipotecario nella disciplina delle azioni revocatorie ordinarie: il problema della gratuità o dell’onerosità dell’atto di costituzione di ipoteca per debito preesistente

Analoghe considerazioni possono essere svolte anche per l’applicazione delle norme sulle azioni revocatorie ordinarie (art. 2901 c.c. e art. 66 legge fall., ora art. 165 c.c.i.i.). Per i fini di tale disciplina, una parte della giurisprudenza ritiene che l’ipoteca concessa a garanzia di un mutuo programmato per estinguere un debito pregresso debba considerarsi costituita a titolo gratuito, con la conseguenza che l’atto costitutivo dell’ipoteca potrebbe essere colpito dalla revocatoria anche nel caso in cui, alla relativa data, la banca non fosse stata a conoscenza che, per le condizioni del debitore, la concessione della garanzia era pregiudizievole per gli altri creditori (Cass., 8 aprile 2020, n. 7740).

La tesi non è condivisibile, in quanto trascura che l’ipoteca è costituita in cambio di una corrispondente concessione creditizia, nel senso sopra specificato. Il fatto che, in mancanza di una nuova concessione creditizia, il debitore potrebbe comunque restare inadempiente rispetto al debito pregresso e ottenere così in via unilaterale e arbitraria una dilazione simile alla concessione creditizia non giustifica l’assunto secondo cui una nuova ipoteca sarebbe da ritenere priva di una corrispondente prestazione della banca creditrice. Considerare inesistente una concessione creditizia per il solo fatto che la stessa può essere ottenuta o sostituita mediante una condotta arbitraria e di inadempimento del debitore è argomentazione che si pone fuori dal diritto (la constatazione per cui una delle parti del contratto può procurarsi con violazioni di norme e comportamenti arbitrari una prestazione simile a quella fornita dalla controparte non elimina la rilevanza giuridica di quest’ultima prestazione contrattuale).

Il carattere gratuito della costituzione della garanzia sembra inoltre escluso dalla normativa sulle revocatorie concorsuali, che, lungi dall’assimilare il trattamento delle garanzie successive al sorgere del debito garantito al trattamento previsto per gli atti a titolo gratuito di cui all’art. 64 legge fall., ora art. 163 c.c.i.i., o per gli atti altrettanto pregiudizievoli per il patrimonio concorsuale (ossia i pagamenti anticipati di debiti con scadenza anteriore o coeva alla dichiarazione di insolvenza: art. 65 legge fall., ora art. 164 c.c.i.i.), sottopone tali garanzie ad una disciplina analoga a quella stabilita per gli atti a titolo oneroso, di cui all’art. 67 legge fall., ora art. 166 c.c.i.i. (cfr. comma 1, n. 3 e n. 4).

La concessione di ipoteca potrebbe sembrare avvenuta a titolo gratuito quando il datore di garanzia è un terzo, ossia un soggetto che ha prestato garanzia per l’obbligazione del debitore principale e non ha pertanto ricevuto la prestazione creditizia o altra prestazione da parte del creditore garantito (Cass., 19 aprile 2016, n. 7745). Tuttavia, come è stato rilevato in dottrina, le norme concorsuali, laddove prevedono che le garanzie reali contestuali alla nascita del debito garantito siano sottoposte al medesimo regime revocatorio sia quando concesse dal debitore principale sia quando concesse da un terzo (art. 67, comma 2, legge fall., ora art. 166, comma 2, c.c.i.i.), mostrano che, per la disciplina delle azioni revocatorie, il carattere oneroso o gratuito dell’atto dovrebbe essere valutato non già dal punto di vista del datore della garanzia, bensì dall’angolo visuale del creditore garantito. Il soggetto che riceve una garanzia per un credito non riceve una prestazione a titolo gratuito.

Sull’interpretazione delle disposizioni relative alle azioni revocatorie il dialogo con la giurisprudenza è destinato a proseguire.

In ogni caso, per quanto riguarda il mutuo solutorio resta rilevante sottolineare che le pronunce giurisprudenziali in materia di azioni revocatorie (inefficacia relativa) – e, in particolare, di revocatoria delle garanzie – non dovrebbero influenzare in alcun modo la soluzione della questione della validità del contratto individuata dall’ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione.

5. Mutuo solutorio e questioni collaterali

Il caso considerato nell’ordinanza interlocutoria della Suprema Corte fornisce anche altri spunti di riflessione.

5.1. Sulla meritevolezza di tutela della contestazione relativa al perfezionamento del mutuo

In primo luogo, viene da chiedersi quale meritevolezza si possa riconoscere a una contestazione di mancato perfezionamento di un mutuo che abbia trovato svolgimento per molti anni, attraverso le consuete scritturazioni in conto corrente (nel caso concreto la contestazione è avvenuta, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dopo circa tredici anni dalla data del contratto). Di fronte all’accordo e al successivo comportamento delle parti, la contestazione dovrebbe fare i conti con il divieto di venire contra factum proprium o con l’exceptio doli generalis.

5.2. Sulla rilevanza della figura del c.d. mutuo condizionato

In secondo luogo, il caso del c.d. mutuo condizionato, considerato dalla sentenza Cass., 3 maggio 2024, n. 12007, non dovrebbe avere alcun impatto sulla valutazione e sulla disciplina del mutuo solutorio. Nella situazione della sentenza n. 12007/2024, la banca aveva erogato la somma convenendo che il mutuatario si impegnasse a riconsegnarla immediatamente, con l’intesa che essa sarebbe stata svincolata in favore del mutuatario stesso solo al verificarsi di determinate condizioni, tra le quali il consolidamento di una garanzia ipotecaria. Tale operazione è stata richiamata dai ricorrenti dell’ordinanza interlocutoria della Corte per sostenere che il mutuo si perfeziona solo qualora l’utilizzo delle somme da parte del mutuatario sia in concreto subordinato ad un atto di disposizione del medesimo mutuatario successivo alla consegna. In altri termini, il mutuo solutorio potrebbe ritenersi perfezionato solo quando segua il modello del c.d. mutuo condizionato, lasciando al mutuatario la scelta di utilizzare le somme in conformità alle intese con la banca mutuante o invece in violazione delle stesse.

L’impostazione si basa tuttavia su un passaggio logico indimostrato e ingiustificato, ossia sull’assunto che lo schema operativo adottato in un determinato caso concreto costituisca testimonianza di una necessità imposta dall’ordinamento. Lo schema del mutuo condizionato è frutto di una scelta delle parti per realizzare i propri interessi in una data situazione, avente certe caratteristiche. Esso non ha alcuna rilevanza per la valutazione sul mutuo solutorio.

In particolare, il modello operativo del mutuo condizionato è stato scelto per tutelare – oltre che l’interesse del mutuatario a ottenere un prestito – l’interesse della banca mutuante al consolidamento di un’ipoteca. Il mutuo non è stato concesso per ripianare un preesistente debito del mutuatario. La possibilità di effettuare la consegna mediante operazione di giro ad estinzione di un simile debito pertanto non sussisteva. Le parti hanno dunque dovuto congegnare un altro meccanismo, adeguato alla realizzazione degli interessi in gioco. Se fosse stato possibile effettuare la consegna mediante operazione di giro ad estinzione di un debito, le parti non avrebbero avuto alcuna necessità di concordare la sequenza “consegna al mutuatario, obbligo di riconsegna al mutuante e successivo obbligo condizionato di svincolare le somme in favore del mutuatario”.

La differenza tra mutuo condizionato e mutuo solutorio è tale da escludere che le soluzioni interpretative applicabili al primo possano essere estese in via automatica al secondo.

Ciò vale anche per la questione relativa al valore di titolo esecutivo dell’atto notarile di mutuo. Mentre secondo la giurisprudenza l’atto di mutuo condizionato non accompagnato dalla formale attestazione del verificarsi delle condizioni negoziali e del conseguente svincolo definitivo delle somme in favore del mutuatario non ha efficacia di titolo esecutivo, perché prima dello svincolo l’obbligazione di rimborso tipica del mutuo non sussiste (Cass., n. 12007/2024), la stessa conclusione non dovrebbe valere per il mutuo solutorio. Come riconosciuto da tale giurisprudenza, infatti, oltre ai requisiti formali previsti dalla legge, «ciò che ha rilievo ai fini dell’efficacia di titolo esecutivo dell’atto fatto valere come tale, ai sensi dell’art. 474 c.p.c.», è «se dal complesso di tutte le pattuizioni negoziali consacrate nell’atto […] in questione risult[i] o meno una obbligazione attuale di pagamento di una somma di danaro a carico della debitrice intimata». Nel contratto di c.d. mutuo condizionato, tale obbligazione non risulta. Nel mutuo solutorio essa potrebbe invece risultare.

5.3. Sulle contestazioni relative alla violazione di norme in tema di interessi

In terzo luogo, l’ordinanza interlocutoria della Corte riporta che, nel corso del procedimento, i ricorrenti avevano contestato la violazione di norme in materia di interessi (norme sull’anatocismo, norme sul tasso soglia per l’usura, norme sul TAEG).

Si tratta di un profilo del caso concreto che non forma oggetto della valutazione per l’eventuale rimessione della decisione alle Sezioni Unite.

Tuttavia, esso fornisce l’occasione per precisare che la via per contestare eventuali violazioni delle norme in materia di interessi non può essere quella di disconoscere l’esistenza giuridica di un contratto avente i requisiti di validità del quale risultino l’avvenuto perfezionamento e/o l’esecuzione.

 

* Il presente contributo sconta evidenti debiti nei confronti delle riflessioni di Giuseppe Terranova, che anche al mutuo, agli altri contratti di credito, al conto corrente bancario e alle azioni revocatorie ha dedicato pagine divenute punto di riferimento della letteratura giuscommercialistica.

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