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Attualità

Il nesso tra Fintech e criteri ESG

21 Giugno 2024

Antonio Ferraguto, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Michele Massironi, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo
ESG

Il presente contributo analizza l’interconnessione tra i temi ESG e le applicazioni digitali innovative in finanza (Fintech) alla luce del framework normativo applicabile e delle opportunità che possono sorgere.


La sostenibilità si configura come una delle sfide primarie per le autorità politiche, di regolamentazione e vigilanza, nonché per gli operatori del sistema finanziario. In tale contesto, quest’ultimo può assumere un ruolo chiave nel promuovere la transizione verso un’economia più sostenibile, mediante l’allocazione efficiente delle risorse e lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.

Negli ultimi anni, si è sviluppato un acceso dibattito a livello internazionale ed europeo sulle opportunità, le modalità e le tempistiche con cui intervenire sull’assetto normativo vigente in materia prudenziale per incorporare i criteri ESG.

Le istituzioni internazionali convergono nel raggruppare sotto l’etichetta di Green FinTech (o Climate Fintech) le applicazioni digitali innovative in finanza volte a sostenere il processo di decarbonizzazione e di transizione sostenibile. Le applicazioni includono innovazioni operative, prodotti e piattaforme.

A livello internazionale si sta imponendo come standard la classificazione proposta nel 2022 dalla Green Digital Finance Alliance, compatibile con le tassonomie FinTech formulate a livello internazionale.

Le imprese finanziarie e non finanziarie di maggiori dimensioni sono già soggette a obblighi di rendicontazione di sostenibilità più stringenti, miranti ad aumentare la quantità e la qualità delle informazioni divulgate, in linea con le richieste degli operatori di mercato. L’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive è stata preceduta dalla Taxonomy Regulation, mentre di recente sono stati pubblicati i primi standard di sostenibilità da parte dell’EFRAG.

Tuttavia, nonostante i progressi, il quadro normativo per la rendicontazione di sostenibilità non è ancora completo. Si rendono necessari ulteriori sviluppi, soprattutto per quanto riguarda la tassonomia europea sul clima, affinché si includano tutte le categorie di attività economiche e si evitino disincentivi agli investimenti in settori non ancora coperti.

Parallelamente alla divulgazione di informazioni, c’è un crescente interesse per le implicazioni contabili degli aspetti ESG. A partire dal 1° gennaio 2024, infatti, sono entrati in vigore i principi IFRS S1 e S2, i quali, rispettivamente, stabiliscono i requisiti fondamentali per l’informativa finanziaria relativa alla sostenibilità e richiedono la divulgazione di informazioni integrative concernenti l’esposizione ai rischi e le opportunità specifiche per il clima.

In particolare, l’IFRS S1 stabilisce i requisiti per l’informativa sui rischi e le opportunità legati alla sostenibilità di un’impresa richiedendo di fornire informazioni relative a:

  1. i processi di governance, i controlli e le procedure che l’impresa utilizza per monitorare, gestire e supervisionare i rischi e le opportunità legati alla sostenibilità;
  2. la strategia dell’impresa per la gestione dei rischi e delle opportunità legati alla sostenibilità;
  3. i processi che l’impresa utilizza per identificare, valutare, dare priorità e monitorare i rischi e le opportunità legati alla sostenibilità;
  4. i risultati ottenuti dall’impresa in relazione ai rischi e alle opportunità legati alla sostenibilità, compresi i progressi compiuti nel raggiungimento degli obiettivi che l’impresa ha fissato o che è tenuta a raggiungere per legge o per regolamento.

L’IFRS S2, invece, legandosi in maniera simbiotica con l’IFRS S1, stabilisce i requisiti in base ai quali le informazioni di cui al precedente principio debbano essere divulgate a terzi.

Secondo una recente analisi della Banca d’Italia sui bilanci e le disclosure ESG delle principali banche italiane, si evidenziano progressi significativi nel presidiare i rischi climatici, ma sottolinea la necessità di ulteriori sforzi per garantire la robustezza dei dati e delle metodologie utilizzate per stimare tali impatti.

A tal fine si annoverano gli interventi a livello Europeo. Tra questi spicca la proposta della Commissione Europea della cd. Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), attualmente in fase di trilogo, con la quale si mira a introdurre obblighi di governance, sanzioni e responsabilità civile specifici per le imprese di maggiori dimensioni al fine di tutelare i diritti umani e l’ambiente. Questa direttiva potrebbe avere un impatto significativo sugli intermediari finanziari, con nuovi compiti e responsabilità per gli organi aziendali e nuovi processi per identificare e mitigare gli impatti negativi sui diritti umani e sulla tutela ambientale.

Va sottolineato, in proposito, che da un recente studio della Banca d’Italia, emerge come l’Europa mostri una maggiore diffusione delle soluzioni Climate FinTech rispetto ad altri Grandi Paesi protagonisti del mondo economico e finanziario: 55%di quelle disponibili a livello globale.

A livello nazionale, Banca d’Italia ha intrapreso numerose iniziative volte a sensibilizzare il sistema bancario e finanziario sulla crescente rilevanza delle tematiche ESG, promuovendone un’adeguata considerazione nell’operatività aziendale e nella gestione dei rischi. Tra le principali azioni si annoverano:

  • L’emanazione di “Linee guida per l’integrazione dei rischi climatici e ambientali nei processi di vigilanza prudenziale” (2020)
  • La partecipazione all’iniziativa “Network for Greening the Financial System” (NGFS)
  • L’adesione alle “Task Force on Climate-related Financial Disclosures” (TCFD)
  • La pubblicazione di un “Quaderno di finanza” dedicato ai “Cambiamenti climatici e rischi finanziari” (2021).

Anche a livello europeo, tramite l’attività propulsiva dell’European Banking Authority (EBA), ci troviamo dinanzi ad una nuova fase. A partire, infatti, dall’inizio del 2024, l’EBA ha posto in consultazione le nuoveLinee guida sulla gestione dei rischi ambientali, sociali e di governance”.

Come è noto, tali linee guida stabiliscono i requisiti per gli istituti per l’identificazione, la misurazione, la gestione e il monitoraggio dei rischi ESG, anche attraverso piani volti ad affrontare i rischi derivanti dalla transizione verso un’economia climaticamente neutrale nell’UE.

È chiaro allora che anche nell’ottica dell’autorità di controllo del sistema bancario europeo i cambiamenti climatici, il degrado ambientale, le questioni sociali e gli altri fattori ambientali, sociali e di governance evidentemente pongono all’economia sfide considerevoli che hanno un impatto rilevante sul settore finanziario.

Per garantire la sicurezza e la solidità degli istituti nel breve, medio e lungo termine, le linee guida stabiliscono i requisiti che gli istituti dovrebbero rispettare nella definizione dei processi interni e delle modalità di gestione dei rischi ESG.

In sostanza, le nuove linee guida (le cui consultazioni si sono chiuse alla fine dell’aprile appena trascorso) derivano dal monitoraggio degli istituti di credito e dall’esperienza di vigilanza delle autorità competenti, i quali hanno mostrato che la gestione dei rischi ESG è ancora in una fase, per così dire, primordiale e rappresenta un cantiere aperto nella maggior parte delle istituzioni europee.

L’EBA, infatti, ha messo in evidenza che, nonostante le azioni intraprese negli ultimi anni, si riscontrano ancora diverse carenze nell’inclusione dei rischi ESG nelle strategie aziendali e nei quadri di gestione del rischio e ciò potrebbe mettere a rischio la sicurezza e la solidità degli istituti nel momento in cui l’Unione Europea passerà a un’economia ancora più improntata alla sostenibilità e i rischi ESG diventeranno sempre più concreti.

L’evoluzione del sistema finanziario verso una maggiore sostenibilità è un processo complesso, caratterizzato da sfide significative che richiedono un impegno congiunto da parte di tutti gli attori coinvolti. Una delle principali questioni che si pongono riguarda la mancanza di dati e metriche standardizzate per valutare l’impatto ambientale e sociale delle attività finanziarie. La raccolta e la rendicontazione di informazioni ESG (ambientali, sociali e di governance) sono attualmente frammentate e non uniformi, ostacolando una valutazione accurata e comparabile delle performance sostenibili.

Inoltre, la diffusione del greenwashing, ovvero la pratica di presentare prodotti finanziari come sostenibili senza una reale aderenza ai principi ESG, genera confusione tra gli investitori e compromette la fiducia nel mercato. È quindi essenziale rafforzare i controlli e le sanzioni per contrastare tale fenomeno e garantire una maggiore trasparenza e integrità nel settore finanziario.

A tal riguardo, è senz’altro da tenere in considerazione la recente direttiva cd. greenwashing (Direttiva UE 2024/825 del Parlamento Europeo e del Consiglio) del 28 febbraio 2024, la quale è stata adottata al fine specifico di contribuire al corretto funzionamento del mercato interno, sulla base di un livello elevato di protezione dei consumatori e dell’ambiente, e di compiere progressi effettivi ed efficaci nella transizione verde.

In questo senso, la direttiva individua un aspetto essenziale nel consentire ai consumatori di prendere decisioni di acquisto informate contribuendo in tal modo a modelli di consumo più sostenibili.

Ciò implica, dunque, che gli operatori economici saranno incaricati della responsabilità di fornire informazioni chiare, pertinenti e affidabili in relazione all’ampio ecosistema delle tematiche green.

L’Unione Europea, con tale direttiva, intende dunque approntare un presidio ulteriore in materia di tutela dei consumatori con l’adozione di norme specifiche volte a contrastare le pratiche commerciali sleali che ingannano i consumatori stessi e impediscono loro di compiere scelte di consumo sostenibili, quali le pratiche associate all’obsolescenza precoce dei beni, le asserzioni ambientali ingannevoli (ossia, il greenwashing in senso stretto), le informazioni ingannevoli sulle caratteristiche sociali dei prodotti (anche finanziari) o delle imprese degli operatori economici o i marchi di sostenibilità non trasparenti e non credibili.

Ad ogni buon conto, è evidente che così facendo non si intende soltanto fornire ai consumatori una protezione ulteriore ma lo spettro di azione della nuova normativa produrrà effetti anche nei confronti degli operatori economici in generale.

Infatti, la garanzia che le asserzioni ambientali siano eque, comprensibili e affidabili consentirà a tutti gli operatori del mercato di operare su un piano di parità e, di conseguenza, permetterà ai consumatori di scegliere prodotti che siano effettivamente migliori per l’ambiente rispetto ai prodotti concorrenti. Sarà così incoraggiata la concorrenza conducendo a prodotti più ecosostenibili, con conseguente riduzione dell’impatto negativo sull’ambiente.

La transizione verso un’economia sostenibile richiede ingenti investimenti, sia pubblici che privati. Tuttavia, il sistema finanziario tradizionale potrebbe non essere in grado di soddisfare da solo questo fabbisogno finanziario. È quindi necessario sviluppare nuovi strumenti finanziari e canali di investimento dedicati, al fine di mobilitare capitali in modo efficace verso progetti e iniziative sostenibili.

Oltre alla necessità di reperire risorse finanziarie, le istituzioni finanziarie devono affrontare anche la sfida di gestire e mitigare i rischi climatici e ambientali. È fondamentale integrare l’analisi di tali rischi nei processi decisionali e di governance, al fine di garantire una gestione responsabile e sostenibile del capitale.

L’evoluzione del quadro normativo in materia ESG rappresenta un altro elemento di incertezza per il settore finanziario. È cruciale che le normative siano chiare, coerenti e armonizzate a livello internazionale, al fine di fornire stabilità e fiducia agli operatori di mercato.

Un’altra sfida importante riguarda l’inclusione finanziaria. È essenziale garantire che la transizione verso un’economia sostenibile non escluda determinate fasce della popolazione, ma promuova al contrario l’accesso a prodotti e servizi finanziari sostenibili anche per le comunità più vulnerabili.

Infine, l’educazione finanziaria riveste un ruolo chiave nel promuovere investimenti consapevoli e responsabili, pertanto è importante diffondere una cultura finanziaria che tenga conto dei principi ESG, al fine di sensibilizzare investitori e cittadini sull’importanza della sostenibilità.

È cruciale evidenziare l’interconnessione tra la sostenibilità e la digitalizzazione, poiché l’innovazione tecnologica può svolgere un ruolo determinante nel facilitare la transizione verso un’economia più sostenibile nel settore finanziario. Attraverso l’evoluzione FinTech, è possibile perseguire gli obiettivi ESG in diversi modi.

Innanzitutto, l’utilizzo di big data e intelligenza artificiale può consentire agli investitori di identificare e valutare le opportunità di investimento sostenibile, nonché monitorare l’impatto ambientale e sociale delle loro attività finanziarie con maggiore precisione e tempestività.

In secondo luogo, la tecnologia può agevolare lo sviluppo di nuovi prodotti finanziari sostenibili, come ad esempio green bond, social impact bond e crowdfunding per progetti ecosostenibili, offrendo strumenti finanziari innovativi per canalizzare i capitali verso iniziative che promuovono la sostenibilità.

In questo senso, non è da sottovalutare la crescente rilevanza dei progetti cd. carbon credits, ossia certificati negoziabili, ovvero titoli equivalenti ad una tonnellata di CO2 non emessa o assorbita grazie ad un progetto di tutela ambientale realizzato con lo scopo di ridurre o riassorbire le emissioni globali di CO2 e altri gas ad effetto serra.

È anche sotto questo aspetto che la nuova direttiva greenwashing potrà dispiegare i propri effetti.

Sul presupposto che sarà vietata la formulazione di asserzioni, basate sulla compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che sostengono che un prodotto, sia esso un bene o un servizio, ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra, sarà richiesta particolare attenzione anche alla pubblicizzazione, da parte delle imprese, dei loro investimenti in iniziative ambientali, compresi i progetti sui crediti di carbonio, poiché saranno consentite esclusivamente nella misura in cui forniscano informazioni in modo non ingannevole e conforme ai requisiti stabiliti dal diritto dell’Unione.

Inoltre, l’analisi dei dati ESG può supportare le istituzioni finanziarie nell’identificare e gestire i rischi climatici e ambientali, migliorando così la loro capacità di valutazione del rischio e di gestione complessiva.

A titolo esemplificativo, si possono citare alcune applicazioni concrete della FinTech per promuovere la sostenibilità che sono già in atto, come le piattaforme di crowdfunding per la finanza verde, che permettono ai privati e agli investitori di finanziare progetti eco-sostenibili, e le applicazioni per la gestione del risparmio sostenibile, che assistono gli utenti nell’investire in modo responsabile e in linea con i propri valori. Inoltre, le soluzioni basate su blockchain possono garantire la tracciabilità e l’origine dei prodotti, contribuendo a promuovere consumi più consapevoli e trasparenti.

In conclusione, è essenziale che gli intermediari finanziari investano nella comprensione delle interazioni tra fattori climatici e ambientali e i rischi tradizionali, riconoscendo l’importanza di tale approccio per la sostenibilità del proprio modello di business. Sfruttare appieno l’interconnessione tra i temi ESG e la digitalizzazione può offrire opportunità significative per promuovere la sostenibilità nel settore finanziario e contribuire alla costruzione di un’economia più resiliente e responsabile.

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