[*] Introduzione
I fattori environmental, social and governance (ESG), il corporate purpose e l’allargamento dell’orizzonte dell’interesse sociale oltre i soli azionisti sono progressivamente divenuti temi centrali nel dibattito sulle prospettive del capitalismo[1].
In questo senso, rappresenta una sorta di spartiacque lo Statement on the purpose of corporation pubblicato dalla Business Roundtable (BRT) nell’agosto 2019, che ha abbracciato la stakeholder governance, identificando un ampio panel di stakeholder (clienti, dipendenti, fornitori, comunità e soci) nei confronti di tutti i quali viene declinato l’impegno a generare valore in un orizzonte di lungo periodo[2].
Il contenuto di fondo dello statement della BRT è stato adottato poi, tra gli altri, dal World Economic Forum[3]e dalla British Academy[4], che ha inoltre declinato una definizione di corporate purpose “the purpose of business is to solve the problems of people and planet profitably, and not profit from causing problems” che viene, dunque “before profit” e si identifica con “how the company assists people, organisations, societies and nations to address the challenges they face, while at the same time avoiding or minimising problems companies might cause and making them more resilient in the process”[5].
Questa prospettiva ha raccolto consensi anche nell’industria finanziaria: Larry Fink, il CEO di BlackRock, il più grande asset manager al mondo, ha invitato esplicitamente le società di portafoglio ad articolare il proprio corporate purpose – i.e., la propria raison d’être al di là della mera finalità lucrativa – e operare in una prospettiva stakeholder-centrica (i.e., a beneficio di tutti i propri stakeholder) finalizzata alla creazione di valore nel lungo periodo; nelle parole di Fink: “[t]o prosper over time every company must not only deliver financial performance, but also show how it makes a positive contribution to society. Companies must benefit all of their stakeholders […]. Without a sense of purpose, no company […] can achieve its full potential”[6].
Il verdetto su questa svolta “sostenibile” non è ancora stato pronunciato in termini conclusivi e alla domanda circa l’effettiva genuinità e l’intrinseca ragionevolezza di questo nuovo paradigma[7] vengono fornite risposte disomogenee e, alle volte, profondamente polarizzate[8].
E tuttavia, un dato può trarsi con certezza dall’osservazione empirica: i temi di sostenibilità sono in cima all’agenda delle priorità degli investitori e delle imprese su scala globale e promettono di essere un elemento determinante nei processi di capital allocation negli anni a venire.
Le pagine che seguono descrivono sinteticamente talune delle dinamiche e delle forze che spingono il progressivo affermarsi di questo nuovo paradigma, in particolare, dal punto di vista dell’industria finanziaria.
Il quadro normativo e regolamentare
Una prima forza a fondamento della spinta verso il nuovo paradigma è, evidentemente, il quadro normativo e regolamentare e le sempre più numerose iniziative di autodisciplina e soft law.
Un primo blocco di disciplina è rappresentato dalla progressiva adozione, nell’esperienza di numerosi paesi[9], di regole del diritto societario orientate – pur con accenti eterogenei – “a dare una rilevanza – più o meno diritta – anche ad interessi diversi da quelli dei soci”[10], includendo nell’orizzonte dell’interesse sociale una pluralità di stakeholderrilevanti (creditori, consumatori, dipendenti e l’intera comunità in cui opera l’impresa) e, in taluni sistemi giuridici (quali, ad esempio, quelli inglese, canadese, indiano e francese), allargando più o meno esplicitamente ai fattori ES (environmental and social) la prospettiva oggetto di considerazione degli amministratori nel perseguire l’interesse sociale[11].
Alle regole cogenti della disciplina societaria si affiancano poi le indicazioni dei codici di autodisciplina in materia di governance delle società quotate. In questo senso, fissando lo sguardo sul nostro paese, il nuovo Codice di Corporate Governance pubblicato nel gennaio 2020, introduce un riferimento al “successo sostenibile” quale dimensione guida dell’azione degli amministratori, che “si sostanzia nella creazione di valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti, tenendo conto degli interessi degli altri stakeholder rilevanti per la società”[12]. E l’enfasi sul lungo periodo quale orizzonte del processo di creazione di valore e sulla considerazione di un ampio panel di stakeholder sociali è tratto comune ai codici di autodisciplina nell’esperienza di numerose altre giurisdizioni[13].
Alle regole di governance applicabili alla generalità delle società si affiancano poi le norme in materia di sostenibilità promosse dalle istituzioni europee e indirizzate all’industria finanziaria, la cui numerosità e significatività applicativa suggeriscono che il framework ESG diverrà il quinto pilastro della regolamentazione finanziaria[14].
In particolare, nel solco tracciato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile[15] e dall’Accordo di Parigi del 2015[16], le istituzioni europee hanno, negli ultimi anni, manifestato chiaramente la volontà di avviare un percorso finalizzato a collocare le tematiche di sostenibilità al centro di un nuovo modello di sistema finanziario, che riesca a “collegare la finanza alle esigenze specifiche dell’economia europea e mondiale a beneficio del nostro pianeta e della nostra società”, elaborando nel 2018, un Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile[17](Action Plan) fondato su tre obiettivi principali: (a) indirizzare capitali verso investimenti sostenibili, (b) gestire i rischi finanziari derivanti dai rischi di sostenibilità, e (c) promuovere la trasparenza e un modello di investimento in un orizzonte di lungo periodo.
Sono tre le iniziative legislative[18] fondamentali per implementare l’Action Plan e con un rilievo centrale per l’industria finanziaria:
- il regolamento SFDR[19], che costruisce un quadro condiviso di obblighi di informativa (disclosure) ESG e requisiti di trasparenza per, tra gli altri, asset manager, intermediari e taluni financial advisor[20] funzionale all’integrazione dei rischi di sostenibilità nei processi decisionali relativi agli investimenti (e in una prospettiva olistica, che include tanto il potenziale impatto del rischio di sostenibilità sugli investimenti (e.g., sulle prospettive di redditività degli stessi), quanto i “principali effetti negativi”[21] delle decisioni di investimento su alcuni fattori di sostenibilità)[22];
- la Taxonomy Regulation[23], che, con la finalità di favorire un mercato trasparente e accessibile che possa concretizzare l’auspicato “spostamento degli investimenti verso attività economiche ecosostenibili”[24], crea un linguaggio[25]di sostenibilità condiviso e istituisce (i) criteri uniformi per classificare un’attività quale “ecosostenibile”, e (ii) un disclosure framework per la commercializzazione di prodotti finanziari quali investimenti “sostenibili”; e
- il regolamento Low carbon benchmark[26], che introduce due nuovi indici di riferimento climatici[27], disciplina gli standard minimi applicabili ai benchmark e stabilisce obblighi precisi di disclosure, nell’ottica di assicurare trasparenza e un quadro informativo completo, omogeneo e integro per gli investitori e ridurre i rischi di greenwashing.
Il processo di elaborazione di un quadro armonizzato sulla finanza sostenibile a livello europeo è destinato a crescere ulteriormente.
Nel quadro dello European Green Deal, elaborato per promuovere la transizione verso la neutralità climatica[28], la Commissione ha annunciato di voler implementare una “strategia rinnovata in materia di finanza sostenibile” incentrata su una serie di azioni, tra le quali, in particolare:
- “[consolidare] le basi su cui poggiano gli investimenti sostenibili”, con enfasi su governance societaria, che dovrebbe integrare i temi di sostenibilità per promuovere uno “sviluppo a lungo termine” e trasparenza delle informazioni destinate agli investitori[29]; e
- rafforzare le opportunità di investimento nella green finance, anche attraverso la definizione di uno standard per i c.d. “green bond”, quali strumento per finanziare le attività necessarie per la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio[30].
La spinta verso l’integrazione del rischio climatico e dei fattori ESG all’interno dei processi di investimento e del risk management framework è evidente anche nell’attività delle banche centrali, 18[31] delle quali, incluse quelle di Giappone[32], Australia[33], Singapore[34], la Banca Centrale Europea (BCE)[35] e la Bank of England[36] hanno annunciato l’avvio di programmi di stress testing del rischio climatico delle banche.
In particolare, la BCE ha pubblicato nel novembre 2020 una Guida su rischi climatici e ambientali[37]che elenca 13 supervisory expectation, le quali, chiaramente, si collocano nella direzione della piena integrazione del rischio climatico e ambientale nelle decisioni strategiche, quale parte del risk appetite framework e in ogni fase del processo di credito. La definizione di rischio climatico e ambientale viene declinata in una duplice dimensione, che include tanto il “physical risk”, i.e., il rischio di conseguenze finanziarie avverse a causa di un evento climatico o ambientale (e.g., eventi climatici estremi, inquinamento, deforestazione, ecc.), quanto il “transition risk”, i.e., il rischio di eventuale perdita finanziaria (e.g., il progressivo deprezzamento nel valore di un investimento) in conseguenza del progressiva transizione verso un’economia maggiormente sostenibile da un punto di vista ambientale
La prospettiva del nuovo paradigma è adottata anche da numerose iniziative di soft law e autodisciplina applicabili all’industria finanziaria, in particolare, banche e investitori istituzionali.
Tra le iniziative certamente più rilevanti si colloca lo UK Stewardship Code[38] (Stewardship Code), di cui è stata pubblicata una versione rivisitata nell’ottobre 2019, insieme ad un feedback statement della Financial Conduct Authority[39]. Lo Stewardshp Code ha come obiettivo di “innalzare gli standard di condotta degli asset manager e degli asset owner”[40], definendone l’attività di “stewardship” come “the responsible allocation, management and oversight of capital to create long-term value for clients and beneficiaries leading to sustainable benefits for the economy, the environment and society”[41]. A tal fine, lo Stewardship Code articola 12 principi, applicati su base apply and explain, i quali, tra le altre cose, invitano gli investor steward a (a) definire il proprio “purpose” quale elemento che concorre ad una “stewardship that creates long-term value for clients and beneficiaries leading to sustainable benefits for the economy, the environment and society”[42], e (b) integrare in modo sistematico “material environmental, social and governance issues, and climate change, to fulfil their responsibilities”[43].
Riferimenti più o meno espliciti all’integrazione di fattori ESG nelle attività di stewardship degli investitori istituzionali, si ritrovano anche, tra gli altri, negli stewardship code di Brasile[44], Canada[45], Giappone[46], Malesia[47], Sud Africa[48], Australia[49], Germania[50], India[51] e in quello redatto da EFAMA[52], l’associazione europea del risparmio gestito.
Da ultimo, è importante menzionare la United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI)[53], una iniziativa di partnership tra il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e l’industria finanziaria e finalizzata a catalizzare l’integrazione di principi di sostenibilità nelle attività dei soggetti operanti nel settore finanziario, con l’intento che il sistema privato possa contribuire allo sforzo dei governi di raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e dall’Accordo di Parigi del 2015.
In particolare, l’UNEP FI ha contribuito a sviluppare un frameworkdi principi di finanza sostenibile, aperto alle istituzioni finanziarie che scelgano (evidentemente, su base volontaria) di aderirvi, sottoscrivendo una apposita dichiarazione di impegno all’applicazione dei principi. Il framework articola principi applicabili a banche (Principles for Responsible Banking[54]), assicurazioni (Principles for Sustainable Insurance[55]) e investitori (Principles for Responsible Investment[56]), l’ossatura di fondo comune ai quali poggia sull’integrazione di fattori ESG nelle strategie e nei processi di investimento e sull’impegno alla disclosure e trasparenza.
La prospettiva del mercato finanziario
Una leva fondamentale che spinge il progressivo consolidarsi del nuovo paradigma di sostenibilità è l’evoluzione del mercato; in particolare, l’emergere di una consapevolezza della relazione tra temi ESG e valore finanziario (o percezione del valore finanziario) di un investimento nel lungo periodo e la conseguente aspettativa da parte degli investitori che i fattori ESG divengano parte integrante del processo di investimento.
Si tratta, evidentemente, di un cambiamento di prospettiva radicale rispetto al paradigma tradizionale per cui l’adesione a canoni di investimento sostenibile avrebbe comportato sacrificare le prospettive di ritorno finanziario[57], in altre parole, “trading off performance for the “feel good” factor”[58].
Il mercato, adesso, pare invece viaggiare in una direzione diametralmente opposta: quella che considera i fattori ESG come “financially material […], those issues are affecting valuations, the cost of capital, operating efficiency and ultimately shareholder value”[59], e, dunque, nelle parole di Cyrus Taraporevala, ceo di State Street Global Advisors “a matter of value, not values”[60]
In prima istanza, una relazione esplicita viene affermata tra il fattore E (environmental) nel framework ESG e il valore di un investimento finanziario nel lungo periodo.
Come ha spiegato Larry Fink, “rischio climatico è rischio d’investimento”. Questa consapevolezza condurrà ad una “significativa riallocazione del capitale” e ad una “completa trasformazione della finanza”[61]
Questa nozione è stata ulteriormente elaborata da Fink nella recente lettera inviata ai CEO delle società di portafoglio[62]: si sta procedendo verso la progressiva transizione ad una “economia a zero emissioni nette”, il che rappresenta “un’opportunità di investimento storica” e che avrà un impatto sui “modelli di business di tutte le società, nessuna esclusa”. E, dunque, “le società che hanno una strategia a lungo termine ben articolata e un piano chiaro per gestire la transizione verso la neutralità carbonica si distingueranno [e convinceranno i propri investitori e stakeholder] a fidarsi della loro capacità di affrontare questa trasformazione globale. Saranno invece penalizzate le attività e le valutazioni delle società che non si prepareranno in tempi rapidi, perché questi stessi stakeholder perderanno fiducia nella loro capacità di adattare i propri modelli di business ai radicali cambiamenti previsti”.
Alla posizione di BlackRock fanno eco gli altri due asset manager che, insieme a BlackRock, gestiscono asset per un valore complessivo di circa USD 15 trilioni e che risultano i maggiori azionisti in circa l’88% delle società che compongono l’indice S&P500[63]: State Street “State Street believes that boards should regard climate change as they would any other significant risk to the business and ensure that a company’s assets and its long-term business strategy are resilient to the impacts of climate change”[64]e Vanguard “It is critical that public company boards fully understand and own climate-related risks. Why? Because the actions—or inaction—of individual companies on this global issue can affect the long-term health of companies and the investable markets”[65].
Il consenso sulla centralità dei temi climatici rispetto alle performance degli investimenti è, tuttavia, ancora più ampio: il Financial Times[66] riporta che, al dicembre 2020, 30 tra i maggiori asset manager globali, con una massa gestita totale di USD 9 trilioni hanno confermato l’impegno a raggiungere entro il 2050 zero emissioni nette per l’intero portafoglio in gestione, impegno poi assunto dalla stessa BlackRock e interpretato quale dovere “fiduciario”[67].
E la posizione espressa dai grandi asset manager[68] è corroborata da una recente ricerca[69] su un campione di investitori europei e americani; alla domanda “quando vi aspettate di percepire un impatto del rischio climatico sul vostro business?”, il 70% degli investitori ha risposto che l’impatto è percepibile oggi e il 60% ha confermato che integrare il rischio climatico nel processo di analisi e di investimento aiuta a gestire il rischio di investimento.
Ma, più in generale, è l’intero modello di sostenibilità che pare aver acquisito, nella prospettiva degli investitori istituzionali, la dimensione di elemento centrale ai fini delle decisioni di investimento e della creazione di valore.
Sempre Larry Fink descrive la sostenibilità come “il nuovo standard d’investimento di BlackRock”, che si fonda su “una convinzione profondamente radicata: l’integrazione della sostenibilità consente di creare portafogli di investimento più resilienti e ottenere migliori rendimenti corretti per il rischio a lungo termine”[70].
La posizione di Fink non sembra essere isolata: secondo una recente ricerca, l’88% degli investitori istituzionali utilizza considerazioni ESG nelle proprie decisioni di investimento[71]; inoltre, il numero di investitori aderenti al network Principles for Responsible Investment che, come tratteggiato sopra, si fonda su principi di integrazione dei fattori ESG nei processi e nelle decisioni di investimento e di gestione dei portafogli[72],è cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni, registrando più di 3,000 firmatari al 31 marzo 2020, che, complessivamente, rappresentano una massa gestita di circa USD 103,4 trilioni[73][74].
Si tratta di un approccio che potrebbe avere implicazioni molto profonde a numerosi livelli.
Anzitutto, evidentemente, riguardo alle attività di fund raising dei gestori.
Uno dei principali gestori di investimenti alternativi al mondo, CVC Capital Partners, ha comunicato che un quinto dei limited partner che hanno investito nel nuovo fondo raccolto nel 2020 ha chiesto di avere evidenza circa il fatto che i fattori ESG sono parte integrante del processo decisionale di CVC tanto nella fase di selezione e due diligence delle potenziali target, quanto nella fase di gestione delle portfolio company[75].
A corroborare ulteriormente l’indicazione circa le aspettative dei limited partner in materia di integrazione del framework ESG nel processo di investimento dei gestori ci sono i dati che emergono da una recente ricerca condotta da EY: tra i gestori con asset under management superiore a USD 15 miliardi il 34% riporta di aver incluso clausole ESG nella documentazione del fondo, il 28% di aver previsto apposite clausole di opting-out per gli investitori basate su policy ESG e l’84% di discutere di policy e procedure ESG al livello dell’organo del fondo rappresentativo degli investitori (advisory board)[76].
In aggiunta alle implicazioni sulla raccolta, l’approccio degli investitori istituzionali parrebbe avere un riverbero anche sulle attività di gestione degli investimenti: durante la proxy season del 2020 è stato registrato un supporto robusto da parte degli investitori per le proposte di voto a tema ESG, che ha superato il 30% dei voti nel 47% dei casi; tra il 2012 e il 2017 il livello di consenso per proposte simili non aveva mai superato il 30%[77].
Una spiegazione per la crescente attenzione degli investitori ai temi di sostenibilità potrebbe risiedere nell’opinione – sebbene, occorre precisarlo, non ci sia ancora una visione univoca sul punto[78] – di una correlazione positiva tra fattori ESG e performance degli investimenti: secondo una ricerca di Morningstar, i fondi e gli indici ESG avrebbero avuto rendimenti migliori e più stabili di quelli non-ESG lungo un orizzonte temporale di 1, 3, 5 e 10 anni[79].
Questa migliore performance sarebbe visibile non soltanto considerando la specifica composizione di un portafoglio ma anche all’interno del medesimo segmento industriale. È stato suggerito, infatti, le società con un profilo ESG maturo avrebbero performance migliori rispetto ai competitor, beneficiando di quello che Larry Fink ha chiamato premio di sostenibilità[80], che si manifesterebbe ad una molteplicità di livelli, tra i quali, una maggiore profittabilità ed efficienza operativa e valutazioni più elevate, a fronte di un minor costo del capitale, una riduzione della volatilità e una più efficace mitigazione dei rischi[81].
L’effetto dei fattori ESG sarebbe poi visibile anche con riguardo alla qualità creditizia degli emittenti: secondo Standard & Poor’s, infatti, i rischi e le opportunità ESG possono incidere sulla capacità di un emittente di adempiere alle proprie obbligazioni finanziarie e devono quindi essere considerati nel prisma del rischio industriale e finanziario e in una prospettiva di management e governance[82][83]. Moody’s ha indicato la rilevanza dei fattori ESG nel 33% delle decisioni di credit downgrade adottate nel 2019[84], percentuale che sale al 50% per gli emittenti del settore pubblico[85].
Da ultimo, a testimonianza del radicarsi del nuovo paradigma nel mercato si collocano le dinamiche della domanda: negli ultimi anni si è registrato un appetito progressivamente crescente per iniziative di green, impact e ESG investment.
Un recente articolo pubblicato dal Financial Times[86] ha definito il 2020 l’anno in cui l’ESG investing “ha compiuto la maggiore età”: alla fine del 2020, l’importo complessivo degli asset under management di fondi ESG è stato pari a USD 1,7 trilioni di dollari, un aumento esponenziale rispetto al dato registrato nel 2012, inferiore a USD 500 miliardi. L’accelerazione della domanda nel 2020 è stata tale da spingere i gestori a cambiare la strategia o il profilo di investimento (e, nella maggioranza dei casi, anche il nome, per includere un riferimento alla sostenibilità) di 253 fondi europei integrando criteri ESG nelle strategie o negli obiettivi di investimento[87].
E la domanda sembra destinata ad una crescita ancora ulteriore: il 2020 Global Sustainable Investment Survey[88] di BlackRock, condotto tra più di 400 investitori in che rappresentano, complessivamente, una massa gestita di circa USD 25 trilioni descrive un cambiamento radicale (“tectonic shift”) nell’allocazione dei capitali verso investimenti ESG e riporta che gli investitori pianificano di raddoppiare i propri asset sostenibili in gestione nei prossimi 5 anni.
Uno studio condotto da PWC[89] stima che, entro il 2025, il totale degli ESG asset under management in Europa si attesterà tra gli Euro 5,5 e i 7,6 trilioni, e rappresenterà tra il 41 e il 57% della massa totale dei mutual fund europei[90]. Il dato è coerente con una recentissima ricerca di EFAMA[91], che analizza l’evoluzione degli investimenti ESG nel mercato dei fondi UCITS: le vendite nette di fondi ESG sono più che decuplicate nell’arco di un quinquennio, passando da Euro 19,5 miliardi nel 2016 a Euro 235 miliardi nel 2020.
È interessante notare come questa crescita così marcata degli investimenti ESG giunga proprio nell’anno della pandemia COVID, quando molti prevedevano un rapido ridimensionamento dell’attenzione ai fattori ESG, a causa dell’urgenza di affrontare l’urto finanziario causato dalla pandemia[92]. Ancora EFAMA mostra che la domanda di fondi ESG è rimasta robusta nel 2020 e addirittura il totale della massa gestita da fondi ESG è cresciuta del 37,1%, contro il 4,8% dei fondi non-ESG. Il 20% degli investitori che hanno partecipato alla surveydi BlackRock ha riferito che la pandemia avrebbe probabilmente agito da catalizzatore dell’allocazione di capitale verso investimenti sostenibili[93][94].
Da ultimo, con specifico riguardo al mercato delle emissioni obbligazionarie, nel solo 2019 sono stati emessi bond sostenibili per un controvalore complessivamente pari a USD 465 miliardi, in esponenziale aumento rispetto ai USD 14.8 miliardi del 2013[95]. E, secondo il Financial Times[96], il 2021 promette di essere un anno eccezionale, che potrebbe far registrare emissioni di soli green bond (una sottocategoria del più ampio insieme di sustainable bond[97]) per un controvalore di USD 500 miliardi, anche sulla spinta dell’agenda politica delle istituzioni europee, che ha quale target la raccolta attraverso green bond del 30% dei complessivi EUR 750 miliardi destinati al recovery plan[98].
Conclusioni
L’analisi svolta sopra permette di tentare qualche valutazione conclusiva di carattere generale e in chiave prognostica su alcuni dei possibili trend evolutivi del paradigma di sostenibilità[99]:
– Prosecuzione della spinta normativa. La spinta normativa di matrice europea pare destinata ad espandersi e intensificare la propria portata nella direzione – tratteggiata anche dalla European Green Deal[100]– dell’integrazione di canoni di sostenibilità nel sistema di governance societaria[101] e di fattori environmental nei processi di investimento e nella disciplina prudenziale del sistema finanziario[102].
– Enfasi su dati e disclosure. Gli investitori esprimono con sempre maggior enfasi la necessità di aver accesso ad informazioni coerenti, chiare e di qualità in materia ESG, tanto in chiave storica che su base forward-looking. Si può dunque pronosticare una duplice spinta: quella del mercato affinché emittenti e società non quotate divulghino informazioni ESG e quella volta a superare l’attuale disomogeneità dei framework di disclosure ESG verso la creazione di uno standard globale e omogeneo di informativa[103]. E la disclosure ESG promette di restare una priorità anche nell’agenda dei regolatori: la Securities and Exchange Commission statunitense ha annunciato di recente di voler intensificare la propria attenzione alla climate-related disclosure[104]e la creazione di una task force con il compito di identificare comportamenti scorretti sui temi ESG[105], iniziative che vengono interpretate come primi passi verso obblighi cogenti di disclosure ESG, come indicato dal Presidente Biden durante la campagna elettorale[106].
– I fattori ESG come criterio di selezione. Le dinamiche del mercato sembrano andare nella direzione della evoluzione della sostenibilità da mero canone di esclusione di un singolo investimento o asset class a elemento centrale della strategia di investimento e criterio di selezione nel processo di allocazione del capitale, che potrebbe essere direzionato in misura sempre maggiore verso quei gestori e quelle società in grado di dimostrare la solidità delle proprie credenziali e del proprio track record di sostenibilità[107].
– Una governance multidimensionale. La combinazione della spinta normativa e di mercato verso l’affermazione del paradigma di sostenibilità potrebbe avere implicazioni significative sulle meccaniche di governance societaria a numerosi livelli, tra cui:
- l’articolazione dei doveri fiduciari, composizione e meccanismi di remunerazione del board[108];
- il perimetro delle attività di risk oversight, per includere la considerazione dei fattori ESG[109];
- l’integrazione dei fattori ESG tra gli elementi della business strategy, anche attraverso l’articolazione di un corporate purpose e la definizione di key performance indicator e meccanismi di disclosure;
- la definizione di un framework ad hoc di policy e procedure in materia ESG;
- la definizione di politiche di engagement con un ampio panel di stakeholder, di modo da assicurare la mappatura e la considerazione dei vari interessi rilevanti, nonché meccanismi finalizzati al bilanciamento di interessi potenzialmente confliggenti; e
- l’istituzione di un sistema efficace di comunicazione interna (in ottica tone at the top) ed esterna, con l’intero panel di stakeholder rilevanti, per veicolare un messaggio coerente di autenticità degli sforzi ESG e decrivere chiaramente il track record di sostenibilità.
[*] Questo contributo rielabora ed espande alcuni degli argomenti discussi dall’autore durante la IFLR European In-house Counsel Summit 2021. Le considerazioni svolte in questo contributo sono personali e potrebbero non rappresentare la posizione di Pillarstone.
[1] Pur esigenze di chiarezza espositiva e nel tentativo di identificare tratti di unitarietà, anche alla luce delle finalità della presente nota, si è deciso – e pur nella consapevolezza della natura eterogenea delle tematiche –di utilizzare la parola “sostenibilità” quale termine ombrello per abbracciare l’intero orizzonte dei fattori ESG, del corporate purpose e della stakeholder governance. Cfr. K. Sullivan, A. Silverstein e L. Galezio Arthur, ESG and Corporate Purpose in a Disrupted World, Harvard Law School Forum on Corporate Governance (https://corpgov.law.harvard.edu/2020/08/10/esg-and-corporate-purpose-in-a-disrupted-world/) per un tentativo di prima definizione dei termini “ESG”, “sustainability”, “corporate purpose” e “stakeholder capitalism”.
[2] “[…] we share a fundamental commitment to all of our stakeholders. […] Each of our stakeholders is essential. We commit to deliver value to all of them, for the future success of our companies, our communities and our country”. https://system.businessroundtable.org/app/uploads/sites/5/2021/02/BRT-Statement-on-the-Purpose-of-a-Corporation-Feburary-2021-compressed.pdf. Qualche giorno dopo la pubblicazione dello Statement la stessa BRT ha pubblicato un breve articolo (https://medium.com/@BizRoundtable/redefined-purpose-of-a-corporation-welcoming-the-debate-8f03176f7ad8), nella forma di Q&A, fornendo una sorta di interpretazione autentica della propria posizione e sottolineando che lo Statement non certifica un divorzio dagli azionisti (“Are Business Roundtable CEOs abandoning shareholders?”) o un tentativo di sottrarsi alla responsabilità (accountability), come suggerito dalla tradizionale obiezione di E. Sternberg, secondo la quale”a business that is accountable to all, is actually accountable to none” (in Just Business: Business Ethics in Action, Oxford University Press, 2000). Secondo la BRT, invece, lo Statement rifletterebbe, pragmaticamente, quello che viene definito un “fatto” (reality), e, cioè, che, “for corporations to be successful, durable and return value to shareholders, they need to consider the interests and meet the fair expectations of a wide range of stakeholders in addition to shareholders, including customers, employees and the communities in which they operate”.
[3] “The purpose of a company is to engage all its stakeholders in shared and sustained value creation. In creating such value, a company serves not only its shareholders, but all its stakeholders – employees, customers, suppliers, local communities and society at large. The best way to understand and harmonize the divergent interests of all stakeholders is through a shared commitment to policies and decisions that strengthen the long-term prosperity of a company”, di cui al Davos Manifesto 2020 (https://www.weforum.org/agenda/2019/12/davos-manifesto-2020-the-universal-purpose-of-a-company-in-the-fourth-industrial-revolution/).
[4] In particolare, nel documento Principles for Purposeful Business, pubblicato nel 2019 (https://www.thebritishacademy.ac.uk/documents/224/future-of-the-corporation-principles-purposeful-business.pdfa). Un’ulteriore formulazione del corporate purpose è stata proposta da M. Lipton et al., Wachtell Lipton on the Purpose of the Corporation, Columbia Law School’s blog on corporations and capital markets (https://clsbluesky.law.columbia.edu/2020/05/27/wachtell-lipton-on-the-purpose-of-the-corporation/) “The purpose of a corporation is to conduct a lawful, ethical, profitable and sustainable business in order to create value over the long-term, which requires consideration of the stakeholders that are critical to its success (shareholders, employees, customers, suppliers, creditors and communities), as determined by the corporation and the board of directors using its business judgment and with regular engagement with shareholders, who are essential partners in supporting the corporation’s pursuit of this mission.”
[5] Principles for Purposeful Business, cit.
[6] Letter to CEOs del 18 gennaio 2019 (https://corpgov.law.harvard.edu/2018/01/17/a-sense-of-purpose/). Fink prosegue, argomentando che, senza un corporate purpose: “[the company]will ultimately lose the license to operate from key stakeholders. It will succumb to short-term pressures to distribute earnings, and, in the process, sacrifice investments in employee development, innovation, and capital expenditures that are necessary for long-term growth. It will remain exposed to activist campaigns that articulate a clearer goal, even if that goal serves only the shortest and narrowest of objectives. And ultimately, that company will provide subpar returns to the investors who depend on it to finance their retirement, home purchases, or higher education.”. Il concetto è stato poi ulteriormente elaborato da Fink nella Letter to CEOs dell’anno successivo (https://corpgov.law.harvard.edu/2019/01/23/purpose-profit/) in cui si legge “Purpose is not a mere tagline or marketing campaign; it is a company’s fundamental reason for being—what it does every day to create value for its stakeholders. Purpose is not the sole pursuit of profits but the animating force for achieving them”.
[7] Si è presa in prestito l’espressione nuovo paradigma da Martin Lipton, founding partner di Wachtell, Lipton, Rosen & Katz, che l’ha utilizzata in numerose delle sue pubblicazioni (tra le altre, The New Paradigm, Harvard Law School Forum on Corporate Governance (https://corpgov.law.harvard.edu/2019/10/28/the-new-paradigm/)).
[8] Per un inquadramento generale del tema, cfr. P. Collier, Il futuro del capitalismo: fronteggiare le nuove ansie, Editori Laterza, 2020, 93 ss., C. Mayer, Prosperity: Better Business Makes the Greater Good, Oxford University Press, 2019, K. Schwab, Stakeholder Capitalism: A Global Economy that Works for Progress, People and Planet, Wiley, 2021, 171 ss., O. Hart, L. Zingales, Companies Should Maximize Shareholder Welfare Not Market Value, Journal of Law, Finance, and Accounting 2 (2), 247 ss. Per la posizione scettica – e seppur con argomenti eterogenei – si vedano, ad esempio, l’op-ed di L. Bebchuk e R. Tallarita, ‘Stakeholder Capitalism’ seems mostly for show pubblicato sul Wall Street Journal il 5 agosto 2020 (https://www.wsj.com/articles/stakeholder-capitalism-seems-mostly-for-show-11596755220), che riassume alcuni degli argomenti e delle evidenze di cui al paper degli stessi autori The Illusory promise of stakeholder governance, Harvard Law School Program on Corporate Governance Working Paper 2020-1, (https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3544978), R. Armstrong, The fallacy of ESG investing, pubblicato sul Financial Times il 23 ottobre 2020 (https://www.ft.com/content/9e3e1d8b-bf9f-4d8c-baee-0b25c3113319) e R. Armstrong Warren Buffett on why companies cannot be moral arbiters, pubblicato sul Financial Times il 29 dicembre 2019 (https://www.ft.com/content/ebbc9b46-1754-11ea-9ee4-11f260415385). Con specifico riguardo ai temi giuridici sollevati dallo statement della BRT, cfr M. Ventoruzzo, On ‘Prosperity’ by Colin Mayer: Brief Critical Remarks on the (Legal) Relevance of announcing a Multi-Stakeholders ‘Corporate Purpose’, Bocconi Legal Studies Research Paper No. 3546139 (https://ssrn.com/abstract=3546139), L. Enriquez, The Business Roundtable CEOs’ Statement: Same Old, Same Old, Oxford Business Law Blog (https://www.law.ox.ac.uk/business-law-blog/blog/2019/09/business-roundtable-ceos-statement-same-old-same-old), A. Sacco Ginevri, La corporate governance dopo la “svolta etica” di Wall Street, Diritto Bancario, settembre 2019 (http://www.dirittobancario.it/editoriali/andrea-sacco-ginevri/la-corporate-governance-dopo-la-svolta-etica-di-wall-street), A. Perrone, Lo statementdella Business Roundtable sugli scopi della società. Un dialogo a più voci, Orizzonti del Diritto Commerciale 3/2019, 589, F. Denozza, Lo scopo della società: dall’organizzazione al mercato, Orizzonti del Diritto Commerciale 3/2019, 615, M. Libertini, Un commento al manifesto sulla responsabilità sociale d’impresa della Business Roundtable, Orizzonti del Diritto Commerciale 3/2019, 627, e M. Maugeri, «Pluralismo» e «monismo» nello scopo della s.p.a. (glosse a margine del dialogo a più voci sullo statement della Business Roundtable), Orizzonti del Diritto Commerciale 3/2019, 637.
[9] Per ciò che riguarda, in particolare, l’Italia, la legge 28 dicembre 2015 n. 208 ha introdotto la disciplina delle “società benefit”, i.e., quelle società che “nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interessi”. A proposito, tra le altre cose, delle società benefit, si veda U. Tombari, “Potere” e “interessi” nella grande impresa azionaria,Giuffré Francis Lefebvre, 2019, 64 ss.
[10] Così, U. Tombari, cit., 47, in esito ad una riflessione in prospettiva comparatistica, sul contesto normativo in numerose giurisdizioni europee. Nella specifica prospettiva italiana, si veda A. Busani, Regole di corporate governance, Giuffré Francis Lefebvre, 2021, 9 ss.il quale sottolinea che “occorre necessariamente avere consapevolezza della avvenuta maturazione dell’idea secondo la quale l’attività di impresa (e, quindi, in definitiva, l’interesse dei suoi soci) non può essere intesa come distaccata dal contesto in cui l’impresa opera e con gli interessi di tutti i soggetti (i cosiddetti stakeholders), diversi dai soci, che, a vario titolo, entrano “in contatto” con l’impresa stessa”. Si veda, inoltre, A. N. Licht, Stakeholder impartiality: a new classic approach for the objectives of the corporation, ECGI Law Working Paper 476/2019, (https://ecgi.global/sites/default/files/working_papers/documents/finallicht4762019.pdf), G. Ferrarini, Corporate Purpose and Sustainability ECGI Law Working Paper No.: 559/2020 (https://ecgi.global/sites/default/files/working_papers/documents/ferrarinifinal.pdf).
[11] Senza, evidentemente, alcuna ambizione di esaustività – essendo una ricognizione legislativa puntuale in chiave comparatistica ultronea alle finalità di questa breve nota – si vedano, in particolare, (1) il §172 del Companies’ Act 2006 inglese “A director of a company must act in the way he considers, in good faith, would be most likely to promote the success of the company for the benefit of its members as a whole, and in doing so have regard (amongst other matters) to (a) the likely consequences of any decision in the long term, (b) the interests of the company’s employees, (c) the need to foster the company’s business relationships with suppliers, customers and others, (d) the impact of the company’s operations on the community and the environment, (e) the desirability of the company maintaining a reputation for high standards of business conduct, and (f) the need to act fairly as between members of the company” (2) l’articolo 64(1)b) del Codice delle società commerciali portoghese, che, come illustrato da U. Tombari, cit., 40 “impone agli amministratori di perseguire “l’interesse della società”, tenendo conto degli interessi di lungo periodo dei soci e valutando anche gli interessi degli altri stakeholdersrilevanti “para a sustentabilidade da sociedade”“, (3) il §166(2) del Companies’ Act 2013 indiano “A director of a company shall act in good faith in order to promote the objects of the company for the benefit of its members as a whole, and in the best interests of the company, its employees, the shareholders, the community and for the protection of environment”, (4) il § 122(1.1) del Canada Business Corporations Act (come riformulato nel 2019) “When acting with a view to the best interests of the corporation […]the directors and officers of the corporation may consider, but are not limited to, the following factors: (a) the interests of (i) shareholders, (ii) employees, (iii) retirees and pensioners, (iv) creditors, (v) consumers, and (vi) governments; (b) the environment; and (c) the long-term interests of the corporation”, e (5) l’articolo 1833 del Code civil francese (come modificato dalla c.d. Loi PACTE del 22 maggio 2019) “La société est gérée dans son intérêt social, en prenant en considération les enjeux sociaux et environnementaux de son activité”. A riguardo, si leggano, A. N. Licht, cit. e G. Ferrarini, cit.
[12] Cfr.“Codice di Corporate Governance” pubblicato in data 31 gennaio 2020 sul sito del Comitato per la Corporate Governance costituito ad opera delle principali associazioni imprenditoriali e degli investitori professionali e di Borsa Italiana S.p.A. (https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/codice/2020.pdf). Sulla nozione di “successo sostenibile” introdotta dal Codice di Corporate Governance si vedano, tra gli altri, A. Busani, cit., 12 ss., M. Stella Richter jr., Il “successo sostenibile” del Codice di corporate governance. Prove tecniche di attuazione, Diritto Bancario, febbraio 2021 (https://www.dirittobancario.it/editoriali/mario-stella-richter-jr/il-successo-sostenibile-del-codice-di-corporate-governance-prove-tecniche-di-attuazione), e M. Ventoruzzo, Il nuovo Codice di corporate governance: le principali novità, in Società, 2020, 4, 439.
[13] Cfr. la Relazione 2019 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate, pubblicata dal Comitato per la Corporate Governance il 9 dicembre 2019 che, tra le altre cose, contiene una sezione dedicata alla descrizione dell’evoluzione dell’autodisciplina europea e internazionale (https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/documenti/comitato/rapporto2019.pdf).
[14] Si esprime così, B. C. Ingman ESG regulation – where to start? (https://insight.factset.com/esg-regulation-where-to-start). Cfr., anche G. Quaglia, A. Mastroianni, D. Donato, N. Ceruti, Rischi finanziari legati al clima: una prospettiva sulle misure prudenziali europee in Diritto Bancario, febbraio 2021 (http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/banche-e-intermediari-finanziari/rischi-finanziari-legati-al-clima-una-prospettiva-sulle-misure-prudenziali).
[15] Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite del 25 settembre 2015. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile A/RES/70/1, (https://unric.org/it/wp-content/uploads/sites/3/2019/11/Agenda-2030-Onu-italia.pdf), che elenca 17 “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile”.
[16] Decisione adottata dalla Conferenza delle Parti n. 1/CP.21 (https://unfccc.int/sites/default/files/english_paris_agreement.pdf).
[17] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile COM/2018/097 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/it/TXT/?uri=CELEX:52018DC0097).
[18] Il regolamento SFDR, la Taxonomy regulation e il regolamento Low Carbon Benchmark vengono descritte in sintesi estrema e al solo fine di enuclearne le finalità essenziali, pur nella consapevolezza della conseguente omissione o semplificazione od omissione di alcuni temi giuridici di particolare pregnanza. Inoltre, non vengono discusse la seconda direttiva Shareholder Rights e la direttiva non-financial reporting, sebbene affrontino tematiche contigue a quelle affrontate in questa nota e contribuiscano a comporre il quadro europeo di intervento ESG.
[19] Regolamento (UE) 2019/2088 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari(https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:32019R2088).
[20] Cfr., in particolare, le definizioni di “partecipante ai mercati finanziari” e “consulente finanziario” di cui all’articolo 2, rispettivamente, numero 1) e 11) del regolamento SFDR.
[21] Cfr. articolo 4 del regolamento SFDR.
[22] Sul regolamento SFDR e, più in generale, a proposito dell’armonizzazione delle regole in materia di disclosure di fattori di sostenibilità, D. Busch, Disclosure in the EU Financial Sector, European Banking Institute Working Paper Series 2021 – n. 70 (https://ssrn.com/abstract=3650407).
[23] Regolamento (UE) 2020/852 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2020 relativo all’adozione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili e recante modifica del regolamento (UE) 2019/2088 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=uriserv:OJ.L_.2020.198.01.0013
.01.ENG).
[24] Considerandum n. 16 della Taxonomy regulation.
[25] Si veda C. V. Gortsos, The Taxonomy Regulation: more important than just an element of the Capital Markets Union, Oxford Business Law Blog (https://www.law.ox.ac.uk/business-law-blog/blog/2021/01/taxonomy-regulation-more-important-just-element-capital-markets-union).
[26] Regolamento (UE) 2019/2089 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica il regolamento (UE) 2016/1011 per quanto riguarda gli indici di riferimento UE di transizione climatica, gli indici di riferimento UE allineati con l’accordo di Parigi e le comunicazioni relative alla sostenibilità per gli indici di riferimento (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/
TXT/PDF/?uri=CELEX:32019R2089&from=EN).
[27] In particolare, un “indice di riferimento UE di transizione climatica”, e un “indice di riferimento UE allineato con l’accordo di Parigi”, cfr. articolo 1 del regolamento Low carbon benchmark.
[28] Comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2019 n. COM(2019) 640 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52019DC0640&from=EN), che descrive (paragrafo 1) lo European Green Deal come “una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse. Essa mira inoltre a proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’UE e a proteggere la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze. Allo stesso tempo, tale transizione deve essere giusta e inclusiva. Deve mettere al primo posto le persone e tributare particolare attenzione alle regioni, alle industrie e ai lavoratori che dovranno affrontare i problemi maggiori. Poiché la transizione determinerà cambiamenti sostanziali, la partecipazione attiva dei cittadini e la fiducia nella transizione sono fondamentali affinché le politiche possano funzionare e siano accettate. È necessario un nuovo patto che riunisca i cittadini, con tutte le loro diversità, le autorità nazionali, regionali, locali, la società civile e l’industria, in stretta collaborazione con le istituzioni e gli organi consultivi dell’UE”.
[29] Passaggio che dovrebbe richiedere anche un intervento sulla direttiva non-financial reporting, come descritto da S. Spinaci, nel Briefing – green and sustainable finance del 4 febbraio 2021 (https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2021/679081/EPRS_BRI(2021)679081_EN.pdf).
[30] Cfr. articolo 2.2.1 dello European Green deal.
[31] https://www.ubs.com/global/en/collections/sustainable-investing/latest/2021/trends-climate-stress-testing.html.
[32] https://www.responsible-investor.com/articles/japanese-regulator-gears-up-for-climate-scenario-analysis-pilot-for-banks.
[33] https://www.apra.gov.au/understanding-and-managing-financial-risks-of-climate-change.
[34] In particolare, nel corso di un intervento al Financial Times Investing for Good Asia Digital Conference del 13 ottobre 2020, il managing director della Monetary Authority of Singapore ha indicato che “Within the next two years, [la Monetary Authority of Singapore] will incorporate climate-related scenarios in our annual stress tests for the financial industry” (https://www.mas.gov.sg/news/speeches/2020/harnessing-the-power-of-finance-for-a-sustainable-future).
[35] https://www.bankingsupervision.europa.eu/press/pr/date/2020/html/ssm.pr201127~5642b6e68d.en.html.
[36] In particolare, il governatore della Bank of England, Andrew Bailey, ha annunciato, nel corso di un intervento al Corporation of London Green Horizon Summit del 9 novembre 2020, che il programma di stress test partirà nel giugno 2021 (https://www.bankofengland.co.uk/speech/2020/andrew-bailey-speech-corporation-of-london-green-horizon-summit).
[37] https://www.bankingsupervision.europa.eu/ecb/pub/pdf/ssm.202011finalguideonclimate-relatedand
environmentalrisks~58213f6564.en.pdf
[38] UK Stewardship Code 2020, pubblicato dal Financial Reporting Council il 24 ottobre 2019 e che sostituisce il precedente Stewardship Code del 2012 (https://www.frc.org.uk/getattachment/5aae591d-d9d3-4cf4-814a-d14e156a1d87/Stewardship-Code_Dec-19-Final-Corrected.pdf).
[39] Feedback Statement FS19/7 Building a regulatory framework for effective stewardship (https://www.fca.org.uk/publication/feedback/fs19-7.pdf).
[40] Si legge così nella Relazione 2019 sull’evoluzione della corporate governance delle società quotate, pubblicata dal Comitato per la Corporate Governance il 9 dicembre 2019 e che, in una sezione dedicata all’evoluzione delle best practice rivolte agli investitori istituzionali illustra in sintesi e principali disposizioni dello Stewardship Code (https://www.borsaitaliana.it/comitato-corporate-governance/documenti/comitato/rapporto2019.pdf).
[41] Stewardship Code, introduzione.
[42] Stewardship Code, principio no. 1 “Signatories’ purpose, investment beliefs, strategy, and culture enable stewardship that creates longterm value for clients and beneficiaries leading to sustainable benefits for the economy, the environment and society”.
[43] Stewardship Code, principio no. 7 “Signatories systematically integrate stewardship and investment, including material environmental, social and governance issues, and climate change, to fulfil their responsibilities”.
[44] In particolare, nello stewardship code brasiliano (principio n. 3), si legge che “Institutional investors should integrate environmental, social and governance factors into their investment process, evaluating both their impact on risks and returns and their contribution to the sustainable development of the issuers of securities” (https://en.amecbrasil.org.br/wp-content/uploads/2016/11/Amec-Stewardship-Code-Final-Draft.pdf).
[45] https://ccgg.ca/wp-content/uploads/2020/05/2020-Stewardship-Principles-CCGG-new-branding.pdf.
[46] https://www.fsa.go.jp/en/refer/councils/stewardship/20200324/01.pdf.
[47] In particolare, nello stewardship code malesiano (principio n. 3) si legge che “Institutional investors should incorporate corporate governance and sustainability considerations, including environmental, social and governance (ESG) factors in their investment decision-making process” (https://www.icgn.org/sites/default/files/Malaysian_Code_20145.pdf).
[48] Cfr. Principio n. 1 “An institutional investor should incorporate sustainability considerations, including ESG, into its investment analysis and investment activities as part of the delivery of superior risk-adjusted returns to the ultimate beneficiaries” (https://www.icgn.org/sites/default/files/
South%20African%20Code.pdf).
[49] https://www.icgn.org/sites/default/files/Australian%20Code.pdf.
[50] https://www.dvfa.de/der-berufsverband/kommissionen/governance-stewardship.html.
[51] https://www.sebi.gov.in/legal/circulars/dec-2019/stewardship-code-for-all-mutual-funds-and-all-categories-of-aifs-in-relation-to-their-investment-in-listed-equities_45451.html.
[52] https://www.icgn.org/sites/default/files/EFAMA%20Stewardship%20Code-2018.pdf.
[53] “United Nations Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI) is a partnership between UNEP and the global financial sector to mobilize private sector finance for sustainable development. […] The frameworks UNEP FI has established or co-created […] establish the norms for sustainable finance, providing the basis for standard-setting and helping to ensure private finance fulfils its potential role in contributing to achieving the 2030 Agenda for Sustainable Development and Paris Agreement on Climate Change”.
[54] Il documento illustrativo dei sei Principles for Responsible Banking è disponibile al link: https://www.unepfi.org/banking/bankingprinciples/.
[55] Il documento illustrativo dei quattro Principles for Sustainable Insurance è disponibile al link: https://www.unepfi.org/psi/wp-content/uploads/2012/06/PSI-document.pdf.
[56] Il documento illustrativo dei sei Principles for Responsible Investment è disponibile al link: https://www.unpri.org/pri/about-the-pri.
[57] Cfr., R. G. Eccles e S. Klimenko, The Investor Revolution, Harvard Business Review Magazine May-June 2019 (https://hbr.org/2019/05/the-investor-revolution).
[58] https://www.vanguard.com.au/adviser/en/article/portfolio-construction/five-common-myths-about-esg.
[59] Si esprime così, G. Serafeim, della Harvard Business School in un documento destinato agli investitori e pubblicato da State Street dal titolo Crisis as Catalyst: Corporate Resiliency and the Future of ESG (https://www.ssga.com/library-content/pdfs/asset-stewardship/crisis-as-catalyst-corporate-responsiblity-and-esg-george-serafeim.pdf) e prosegue “when you hear management saying “I don’t have time to think about ESG, or the cost might be too high,” this is a fundamental red flag. It means they are looking at ESG through the lens of philanthropy or some other peripheral view, rather than as something that should be core to the purpose and strategy of the organisation”.
[60] https://www.ssga.com/it/en_gb/institutional/ic/insights/ceo-letter-2021-proxy-voting-agenda.
[61] Incisi tratti dalla Letter to CEOs del gennaio 2020(https://www.blackrock.com/it/investitori-privati/larry-fink-ceo-letter).
[62] https://www.blackrock.com/it/investitori-privati/2021-larry-fink-lettera-ceo.
[63] Dati riportati in BlackRock and the $15 trillion fund industry should be broken up, antimonopoly group says di M. Egan, (https://edition.cnn.com/2020/11/24/business/blackrock-vanguard-state-street-biden/index.html). Non sfugge che – come suggerisce il titolo – l’articolo, descrive la posizione di quanti chiedono un intervento legislativo ridimensionare l’influenza dei grandi asset manager.
[64] https://www.ssga.com/library-content/products/esg/climate-change-risk-oversight.pdf.
[65] https://about.vanguard.com/investment-stewardship/perspectives-and-commentary/ISCLRG_
062020.pdf.
[66] A. Mooney, Fund managers with $9tn in assets set net zero goal, pubblicato l’11 dicembre 2020 (https://www.ft.com/content/d77d5ecb-4439-4f6b-b509-fffa42c194db).
[67] 2021 Letter to clients(https://www.blackrock.com/it/investitori-privati/2021-blackrock-lettera-clienti).
[68] Con specifico riguardo all’industria dell’asset management, cfr., anche la ricerca di UBS che evidenzia che il 78% degli investitori stanno integrando principi ESG nel proprio processo di investimento (https://www.ubs.com/global/en/asset-management/insights/sustainable-and-impact-investing/2020/esg-a-game-changer.html).
[69] K. Bresnahan, J. Frankenreiter, S. L’Hélias, B. Hinricks, N. Hodzic, J. Nyarko, S. Pandya e E. Talley, Global Investor-Director Survey on Climate Risk Management pubblicato dall’Ira M. Millstein Center for Global Markets and Corporate Ownership della Columbia Law School (https://millstein.law.columbia.edu/sites/default/files/content/docs/Climate%20Survey%20Report%20(Final).pdf).
[70] 2021 Letter to clients(https://www.blackrock.com/it/investitori-privati/2021-blackrock-lettera-clienti).
[71] Il dato del 2020 Edelman Trust Barometer Special Report: Institutional Investors è riportato nel Global private equity report pubblicato di recente da Bain & Company (https://www.bain.com/insights/topics/global-private-equity-report/?utm_medium=email&utm_source=mkto&utm_campaign=AT-PE-PEG-GLOBALPRIVATEEQUITYREPORT-2021-03&utm_term=global-private-equity-report&mkt_tok=NTQ1LU9GVy0wNDQAAAF7jjCMfGCmfq6G9jnTpp3KaiM5MkAWs). Cfr., anche il dato che emerge dal 2021 Global Private Equity Survey di EY (https://www.ey.com/en_gl/private-equity/are-you-exploring-the-future-or-just-visiting), secondo cui il 68% degli investitori, seppur con diverse sfumature di impegno e maturità, prende “seriamente” in considerazione i rischi e le opportunità ESG nel proprio processo di investimento.
[72] Cfr., Principle 1 “We will incorporate ESG issues into investment analysis and decision-making processes” and Principle 2 “We will be active owners and incorporate ESG issues into our ownership policies and practices” dei Principles for Responsible Investment (https://www.unpri.org/pri/what-are-the-principles-for-responsible-investment).
[73] Cfr., 2020 Annual Report (https://www.unpri.org/pri/about-the-pri/annual-report).
[74] Occorre però sottolineare che sono stati sollevati dubbi sulla genuinità dell’impegno dei firmatari dei Principles of Responsible Investment. Un recente articolo di T. Quinson Most Investors Still Fail to Back Climate Resolutions pubblicato su Bloomberg il 9 marzo 2021 (ttps://www.bloomberg.com/news/articles/2021-03-09/most-investors-still-fail-to-back-climate-resolutions) riferisce di una ricerca olandese secondo la quale solo una minoranza dei firmatari PRI avrebbe votato a favore di delibere a tema environmental e social proposte da emittenti statunitensi (rispettivamente, il 35% e il 24%). Alla pubblicazione della ricerca la ceo di PRI, Fiona Reynolds, ha risposto confermando che “voting in support of shareholder resolutions that align with investors’ ESG principles should be viewed as an essential complement to engagement” e che PRI “[is] actively considering the inclusion of engagement and/or voting requirements”.
[75] L’informazione è riportata nel Global private equity report di Bain & Company, cit.
[76] Dati riportati nel 2021 Global Private Equity Survey di EY, cit. Interessante è anche il riscontro dei gestori con AUM compresi tra USD 2,5 e 15 miliardi: il 21% riporta di aver incluso clausole ESG nella documentazione del fondo, il 13% di aver previsto apposite clausole di opt-out per gli investitori basate su policy ESG e il 52% di discutere di policy e procedure ESG al livello dell’organo del fondo rappresentativo degli investitori (advisory board).
[77] Cfr. K. Papadopoulos, R. Araujo, S. Toms, ESG Drivers and the COVID-19 Catalyst,Harvard Law School Forum on Corporate Governance (https://corpgov.law.harvard.edu/2020/12/27/esg-drivers-and-the-covid-19-catalyst/). Sempre Fink nella 2021 Letter to clients, cit., riporta che BlackRock “nel secondo semestre del 2020 [ha] sostenuto il 54% di tutte le proposte ambientali e sociali, dopo avere stabilito che erano in linea con il valore a lungo termine”.
[78] Cfr.,A. Edmans What corporate purpose actually means – and how investors can assess it (https://www.unpri.org/pri-blog/what-corporate-purpose-actually-means-and-how-investors-can-assess-it/6556.article) che sottolinea come le evidenze sulla correlazione tra sostenibilità e rendimento degli investimenti presentino spesso delle sfumature, che tendono ad essere trascurate a causa di una forma di confirmation bias. Cfr., anche R. Boffo, e R. Patalano,”ESG Investing: Practices, Progress and Challenges, OECD Paris 2020 (www.oecd.org/finance/ESG-Investing-Practices-Progress-and-Challenges.pdf)
[79] Cfr., la ricerca di Morningstar a firma di J. Hale (https://www.morningstar.com/articles/1017056/sustainable-equity-funds-outperform-traditional-peers-in-2020). Si veda anche, S. Riding, Majority of ESG funds outperform wider market over 10 years, Financial Times, 13 giugno 2020. Riporta inoltre dati sulle performance dei fondi ESG rispetto ai competitor, Larry Fink, nella 2021 letter to CEOs, cit.
[80] Cfr., Larry Fink, nella 2021 letter to CEOs, cit.
[81] Cfr. Il report di McKinsey & Company, dal titolo Five ways that ESG creates value (https://www.mckinsey.com/~/media/McKinsey/Business%20Functions/Strategy%20and%20Corporate%20Finance/Our%20Insights/Five%20ways%20that%20ESG%20creates%20value/Five-ways-that-ESG-creates-value.pdf). Una ricerca pubblicata da MSCI Inc. nell’agosto 2020 suggerisce l’esistenza di una correlazione tra costo dell’equity e del debito e profilo ESG di una società. Il dato si manterrebbe sostanzialmente costante indipendentemente dall’industria e dalla geografia di riferimento. La ricerca è disponibile al link: https://www.msci.com/www/blog-posts/esg-and-the-cost-of-capital/01726513589. Si veda, inoltre, S. Mishra, ESG Matters, Harvard Law School Forum on Corporate Governance (https://corpgov.law.harvard.edu/2020/01/14/esg-matters/). Bisogna tuttavia sottolineare che, secondo alcune analisi, l’esistenza di una correlazione tra profilo di sostenibilità e minor costo del capitale non può essere affermata in termini manichei e che debbano essere invece considerate una serie di sfumature. Anzitutto, non tutti i fattori che compongono l’acronimo ESG avrebbero il medesimo rilievo; inoltre, le specifiche caratteristiche del prodotto e altri fattori (tra i quali l’industria e il contesto istituzionale di riferimento) potrebbero influenzare l’analisi. A riguardo, un breve post di A. Edmans, Does Good ESG Performance Reduce the Cost of Debt? (https://www.growthepie.net/does-good-esg-performance-reduce-the-cost-of-debt/), che riassume le conclusioni della ricerca di M. Halling, J. Yu e J. Zechner,Primary Corporate Bond Markets and Social Responsibility, Swedish House of Finance Research Paper No. 20-13, (https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3681666) Si veda anche il contributo di G. Gianfrate, D. Schoenmaker e S. Wasama, Cost of capital and sustainability: a literature review, Rotterdam School of Management, Erasmus University, Working paper series 03, (https://www.rsm.nl/fileadmin/Images_NEW/Erasmus_Platform_for_Sustainable_Value_Creation/11_04_Cost_of_Capital.pdf). Sul tema specifico della mitigazione dei rischi, una ricerca di Bank of America del 2019 evidenzia che il 90% delle società dell’indice S&P500 di cui è stato dichiarato il fallimento erano emittenti con un profilo di sostenibilità debole (https://www.greenbiz.com/article/esg-ratings-are-confounding-csos-thats-good-news). Quanto al profilo dell’efficienza operativa, si veda https://www2.deloitte.com/us/en/insights/topics/social-impact/business-value-of-improving-your-csr-scorecard.html?id=.
[82] Cfr. https://www.spglobal.com/ratings/en/research/articles/171121-credit-faq-how-does-s-p-global-ratings-incorporate-environmental-social-and-governance-risks-into-its-ratings-10321964, dove si legge “Environmental, social, and governance (ESG) risks and opportunities can affect the capacity and willingness of an entity to meet its financial commitments in many ways. S&P Global Ratings incorporates these considerations into its ratings methodology and analytics, which enables analysts to factor in short-, medium- and long-term impacts–both qualitative and financial–into their considerations at a number of points in their credit analysis. For example, over the past two years (between July 16, 2015, and Aug. 29, 2017), environmental and climate (E&C) concerns affected corporate ratings in 717 cases, or approximately 10% of corporate ratings assessments and resulted in a rating impact (an upgrade, downgrade, outlook revision, or CreditWatch placement) in 106 cases. Some of these rating actions were triggered by specific events, while others were based on developments that we felt were likely to occur over a longer time horizon. […]”. Con specifico riguardo alle emissioni corporate, Standard & Poor’s chiarisce che “ESG risks and opportunities are most often considered in our assessment of the company’s: Business risk (specifically, its competitive position); Financial risk (through our cash flow/leverage assessment and financial forecasts); and Management and governance”.
[83] Anche Standard & Poor’s e Fitch riconoscono la rilevanza dei fattori ESG quanto alle decisioni di credit rating, cfr. https://www.fitchratings.com/research/corporate-finance/fitch-ratings-launches-esg-relevance-scores-to-show-impact-of-esg-on-credit-07-01-2019, e https://www.spglobal.com/ratings/en/research/articles/190912-the-role-of-environmental-social-and-governance-credit-factors-in-our-ratings-analysis-11135920, in cui si legge che “ESG risks and opportunities can affect the capacity and willingness of an entity to meet its financial commitments in many ways”.
[84] Cfr. https://www.moodys.com/research/Moodys-ESG-risks-material-in-33-of-Moodys-2019-private–PBC_1218114.
[85] Cfr. https://www.moodys.com/research/Moodys-ESG-risks-material-in-33-of-Moodys-2019-private–PBC_1218114.
[86] A. Mooney e P. Mathurin, ESG funds defy havoc to ratchet huge inflows, pubblicato il 6 febbraio 2021 (https://www.ft.com/content/8e9f8204-83bf-4217-bc9e-d89396279c5b).
[87] E. Losavio, ESG demand prompts more than 250 European funds to change tack, pubblicato sul Financial Times il 16 febbraio 2021 (https://www.ft.com/content/e0237f69-a8c8-4bfc-9ccc-c466fb11f401). L’articolo evidenzia anche che, nell’87% dei casi, i gestori hanno proceduto al rebranding del fondo, modificandone il nome con l’aggiunta di termini quali “sostenibile”, “ESG”, “verde”, ecc.
[88] https://www.blackrock.com/corporate/literature/publication/blackrock-sustainability-survey.pdf.
[89] Dal titolo, inequivoco, “The growth opportunity of the century” (https://www.pwc.lu/en/sustainable-finance/docs/pwc-esg-report-the-growth-opportunity-of-the-century.pdf).
[90] Cfr. Il dato riportato nel 2020 Global Sustainable Investment Survey, cit., secondo il quale gli investitori europei prevedrebbero che la massa “sostenibile” in gestione rappresenti il 47% del totale degli asset entro i prossimi 5 anni.
[91] ESG investing in the UCITS market. A powerful and inexorable trend, pubblicato l’11 marzo 2021 (https://www.efama.org/Publications/Market%20Insights%20Issue%204.pdf). Nella nota di accompagnamento alla ricerca, il direttore generale di EFAMA, Tanguy van de Werve, ha commentato“Our new Market Insights shows that the ESG market has quite possibly reached a turning point in 2020. New regulatory measures, such as the Sustainable Finance Disclosure Regulation that came into force yesterday, intend to enhance comparability and trust for investors in ESG funds, as well as hold market participants accountable and avoid greenwashing. Promoting confidence in this market can increase participation, especially from retail investors, thereby further accelerating the trend we observe. It is crucial that the investment management industry continues to engage with policymakers to ensure the development and implementation of regulations and standards that enable market participants to fully contribute to the ESG agenda”.
[92] Cfr., Larry Fink, nella 2021 letter to CEOs, cit., “A gennaio dello scorso anno scrivevo che il rischio climatico è il rischio di investimento, e che non appena i mercati avessero iniziato a scontare il rischio climatico nel valore dei titoli avremmo assistito a una riallocazione fondamentale dei capitali. Poi è arrivata la pandemia, e a marzo l’opinione più diffusa era che la crisi avrebbe distolto l’attenzione dal clima. Invece è successo esattamente il contrario e la riallocazione dei capitali ha subito un’accelerazione ancora più rapida di quanto avessi previsto. Da gennaio a novembre 2020, gli investitori in fondi comuni ed ETF hanno investito globalmente $288 miliardi in asset sostenibili, con un incremento del 96% rispetto a tutto il 2019.1Siamo all’inizio di una transizione lunga ma in rapida accelerazione, che si dispiegherà per molti anni e trasformerà i prezzi delle attività finanziarie di ogni tipo. Adesso sappiamo che il rischio climatico è il rischio di investimento. Ma siamo anche convinti che la transizione climatica rappresenti un’opportunità di investimento storica”.
[93] https://www.blackrock.com/corporate/newsroom/press-releases/article/corporate-one/press-releases/blackrock-survey-shows-acceleration-of-sustainable-investing.
[94] Una ricerca di JPMorgan Chase i cui risultati sono menzionati in una recente guida pubblicata da Paul Hastings (https://assets.ctfassets.net/t0ydv1wnf2mi/3YmIpZ746daIfNDFn0HDgn/5be002e7aeaf12390d0362b20999feb5/navigating-new-paths-to-growth-feb-2021.pdf) mostra che, alla domanda “In your view, what will be the implications of the COVID-19 crisis for ESG investment momentum in the next three years?” il 56% degli investitori che hanno partecipato alla ricerca ha risposto che l’impatto sarebbe stato positivo.
[95] Il dato è riportato nel Briefing di S. Spinaci (cit., 6).
[96] B. Nauman, Analysts expect as much as $500bn of green bonds in bumper 2021, pubblicato sul Financial Times il 4 gennaio 2021 e disponibile al link: https://www.ft.com/content/021329aa-b0bd-4183-8559-0f3260b73d62.
[97] Nel Briefing di S. Spinaci (cit., 5 ss.) vengono descritti i diversi sotto-tipi di strumenti finanziari convenzionalmente raggruppati nell’insieme dei sustainable bond.
[98] Cfr., Briefing di S. Spinaci (cit., 7) e l’articolo di B. Nauman, cit.
[99] In aggiunta a quanto indicato nel testo, pare possibile identificare, più in generale, altri due trend. (1) Il primo ha a che fare la prospettiva dei dipendenti che, nel 2020 ha assunto una rilevanza significativa nel prisma dei fattori ESG, con enfasi, in particolare, sul welfare a causa degli effetti del COVID-19 e su diversity and inclusion catalizzata, tra le altre cose, dal movimento Black Lives Matter. Due scenaripaiono particolarmente interessanti quanto alla relazione impresa/forza lavoro: (i) la centralità dei temi di sostenibilità per i dipendenti (in particolare, quelli più giovani), il 61% dei quali è convinto che la sostenibilità debba essere un canone obbligatorio per le società e il 46% dei quali ha indicato che lavorerebbe solo per una società con un modello di business sostenibile (dati contenuti nel Global private equity report pubblicato di recente da Bain & Company, cit). In questo senso, pare interessante menzionare il manifesto della Alphabet Workers Union, il neo-costituito sindacato dei dipendenti di Google, il cui manifesto, più che di vere e proprie rivendicazioni sindacali pare ispirato da istanze socio-politiche e in cui si legge “We prioritize society and the environment instead of maximizing profits at all costs” (https://alphabetworkersunion.org/principles/mission-statement/), e (ii) l’emergere, anche tra i grandi private equity, di un modello di employee ownership fondato sull’allineamento di interessi con l’intera forza lavoro aziendale della società di portafoglio (inclusi i blue collar e non solo il management team, come nell’esperienza tradizionale) (Cfr., https://www.wsj.com/articles/kkr-executives-push-to-spread-employee-stock-ownership-begins-to-gain-traction-11613730601). (2) Il secondo riguarda invece il possibile emergere di aree di rischio e contenzioso ESG, in particolare (a) in conseguenza di misrepresentation nella ESG disclosure e tentativi di greenwashing, (b) in materia di responsabilità derivante da climate change litigation.
[100] Comunicazione della Commissione dell’11 dicembre 2019 n. COM(2019) 640 (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52019DC0640&from=EN), che descrive (paragrafo 1) lo European Green Deal come “una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse”.
[101] Cfr., paragrafo 2.2.1 dello European Green Deal. Si veda anche lo Study on directors’ duties and sustainable corporate governance redatto da EY per la European Commission DG Justice and Consumers (file:///C:/Users/s.cavallo/Downloads/DS0320415ENN.en%20(3).pdf) e che, tra le altre cose, suggerisce talune possibili iniziative normative in materia societaria e di corporate governance per contribuire a perseguire una governance sostenibile ed un processo sostenibile di creazione di valore per le imprese in Europa. Lo studio di EY è stato accolto con scetticismo e oggetto di profonde critiche, come emerge dalla lettura dei feedback ricevuti in esito ad un processo di consultazione (https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12548-Sustainable-corporate-governance/feedback?p_id=8270916). Cfr., per tutti, The European Company Law Experts Group (ECLE), EC Corporate Governance Initiative Series: ‘A Critique of the Study on Directors’ Duties and Sustainable Corporate Governance Prepared by Ernst & Young for the European Commission’, Oxford Business Law Blog (https://www.law.ox.ac.uk/business-law-blog/blog/2020/10/ec-corporate-governance-initiative-series-critique-study-directors). Cfr., anche la Risoluzione del Parlamento europeo del 10 marzo 2021 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti la dovuta diligenza e la responsabilità delle imprese (2020/2129(INL)) (https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0073_EN.html) con cui il Parlamento europeo raccomanda, tra le altre cose, l’adozione di uno strumento legislativo volto a (a) garantire che le imprese adempiano ai doveri di rispetto de, e non producano, attraverso le proprie attività, impatti negativi (anche potenziali) su, i diritti umani, l’ambiente e una sana corporate governance, e (b) prevedere precisi obblighi di due diligence finalizzati a prevenire impatti negativi su diritti umani, ambiente e buona corporate governance lungo tuttasupply chain dell’impresa.
[102] Cfr., paragrafo 2.2.1 dello European Green Deal. Si vedano anche le proposte in materia di integrazione di fattori di sostenibilità attraverso modifiche al framework AIFMD, UCITS e MIFID, poste in consultazione dalla Commissione Europea (https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/11959-Integration-of-sustainability-risks-and-factors-for-undertakings-for-collective-investment-in-transferable-securities-, https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/11960-Integration-of-sustainability-risks-and-factors-related-to-alternative-investment-fund-managers-, https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12067-Strengthening-the-consideration-of-sustainability-risks-and-factors-for-financial-products-Directive-EU-2017-593-, https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12068-Strengthening-the-consideration-of-sustainability-risks-and-factors-for-financial-products-Regulation-EU-2017-565-).
[103] Cfr., la 2021 Letter to CEOs di BlackRock.
[104] Cfr., https://www.sec.gov/news/public-statement/lee-statement-review-climate-related-disclosure.
[105] Cfr., https://www.sec.gov/news/press-release/2021-42.
[106] Cfr., https://www.spglobal.com/marketintelligence/en/news-insights/latest-news-.
[107] Secondo alcuni, l’affermarsi di questo trend potrebbe dare ai gestori attivi un vantaggio competitivo sugli index fund poiché questi ultimi “can only tick boxes”. Cfr., l’articolo Steward’s inquiry pubblicato sull’edizione dell’Economist del 14 novembre 2020. Sul tema della proliferazione di fondi a gestione passiva quale fattore che limita la capacità degli investitori istituzionali di incoraggiare l’adozione di politiche di sostenibilità anche attraverso iniziative di stewardship, si veda G. Strampelli, Can BlackRock Save the Planet? The Institutional Investors’ role in Stakeholder CapitalismBocconi Legal Studies Research Paper No. 3718255 (https://ssrn.com/abstract=3718255). Ma sempre nell’Economist del 14 novembre 2020 (Doctor’s prescriptions) si obietta alla tesi del vantaggio competitivo dei gestori attivi in ragione dell’affermarsi del paradigma di sostenibilità “ESG will not be the saviour of active asset management. By 2030 it will be too mainstream to be a source of differentiation”.
[108] Cfr., T. Whelan, The Duty of Care for Board Members Should Include Competence in ESG,Columbia Law School’s blog on corporations and capital markets (https://clsbluesky.law.columbia.edu/2021/02/18/the-duty-of-care-for-board-members-should-include-competence-in-esg/).
[109] Cfr., M. Lipton, S.V. Niles, M.L. Miller, Risk Management and the Board of Directors,Harvard Law School Forum on Corporate Governance(https://corpgov.law.harvard.edu/2018/03/20/risk-management-and-the-board-of-directors-5/).