Con il Decreto Legge n. 59/2016 (di seguito anche il “Decreto n. 59”), successivamente modificato e convertito in legge con la legge n. 199/2016, è stata introdotta la disciplina del pegno mobiliare non possessorio, completata con l’emanazione del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 25 maggio 2021, n.114 (di seguito anche il “Regolamento”), in vigore dal 25 agosto 2021, che ha istituito il Registro informatico per l’iscrizione dei pegni mobiliari non possessori presso l’Agenzia delle Entrate (di seguito anche il “Registro”). Nonostante la disciplina del pegno non possessorio possa considerarsi completata, lo stesso non può dirsi per la sua effettiva operatività in quanto il Registro ad oggi non risulterebbe ancora attivato. Non si tratta di una circostanza irrilevante, considerato che è proprio dall’iscrizione del pegno non possessorio nel Registro che dipende l’opponibilità di tale garanzia reale.
La disciplina del pegno non possessorio interviene dopo anni in cui tale fattispecie è rimasta imbrigliata nei limiti della disciplina civilistica del pegno prevista dagli articoli 2784 e ss. c.c., secondo cui il pegno di beni mobili si costituisce con la consegna al creditore della cosa o del documento che conferisce l’esclusiva disponibilità della cosa. La possibilità, in forza del Decreto n. 59 e del Regolamento, di costituire una garanzia reale mobiliare senza che da ciò derivi lo spossessamento del debitore, è indubbiamente volta a favorire l’accesso al credito da parte delle imprese, che possono così ricorrere ad un finanziamento esterno senza privarsi della disponibilità dei beni su cui concederanno la garanzia.
Il primo antecedente normativo del pegno non possessorio nel nostro ordinamento è identificabile nel pegno sui prosciutti a denominazione di origine controllata, di cui alla L. 24 luglio 1985, n. 401[1]. All’art. 2 di tale legge si prevede infatti che “il debitore può disporre dei prosciutti […] costituiti in pegno ai soli fini della lavorazione […] e assume in relazione ad essi gli obblighi e le responsabilità del depositario”. La norma è stata introdotta al fine di consentire ai produttori di costituire garanzie mobiliari sui prosciutti, senza doversene spossessare materialmente.
Tale normativa è stata di fondamentale importanza per lo sviluppo di ipotesi speciali e settoriali di pegno non possessorio. La prassi commerciale ha così iniziato ad utilizzare la c.d. “clausola di rotatività”, secondo la quale l’oggetto del pegno poteva essere sostituito nel tempo senza che ciò comportasse la novazione della garanzia. Il pegno con patto di rotatività costituiva una forma di garanzia non possessoria che se, da una parte, riscuoteva il favore della dottrina[2], dall’altra parte non trovava ancora un sostegno da parte della giurisprudenza. Infatti, solo dopo una serie di pronunce sfavorevoli, si assiste a un netto, ma ancora non consolidato, revirement della giurisprudenza che inizia a riconoscerne la legittimità[3].
Un ulteriore passo in avanti, seppur in un ambito ben circoscritto, nel riconoscimento normativo della fattispecie del pegno non possessorio o, almeno, della possibilità che il bene concesso in garanzia sia sostituito senza che ciò produca effetti novativi, è stato compiuto con il d.lgs. 21 maggio 2004, n. 170 (“Dlgs n. 170”), emanato in attuazione della direttiva 2022/47/CE, in materia di contratti di garanzia finanziaria.
Ai sensi della disciplina dettata dal Dlgs n. 170, si introduce la nozione di contratto di garanzia finanziaria per indicare inter alia il contratto di pegno avente ad oggetto attività finanziarie, a loro volta identificate nel contante, gli strumenti finanziari, i crediti e, con riferimento alle operazioni connesse con le funzioni del sistema delle banche centrali europee e dei sistemi di cui all’art. 1, comma 1, lett. r) del d.lg.12 aprile 2011 n. 210, le altre attività accettate a garanzia di tali operazioni. In particolare, la possibilità che l’oggetto del pegno sia suscettibile di sostituzione è ammessa tramite il riconoscimento della legittimità della “clausola di sostituzione” definita, all’art. 1, lett. g) come la clausola del contratto di garanzia finanziaria che prevede la possibilità di sostituire in tutto o in parte l’oggetto, nei limiti di valore dei beni originariamente costituti in garanzia. Inoltre, ai sensi degli artt. 5 e 9 del medesimo decreto:
- il creditore pignoratizio può disporre, anche mediante alienazione, delle attività finanziarie oggetto del pegno, se previsto nel contratto di garanzia finanziaria e conformemente alle pattuizioni in esso contenute. In tal caso (i) il creditore avrà l’obbligo di ricostituire la garanzia equivalente in sostituzione della garanzia originaria entro la data di scadenza dell’obbligazione finanziaria garantita e (ii) la ricostituzione della garanzia equivalente non comporta costituzione di una nuova garanzia e si considera effettuata alla data di prestazione della garanzia originaria;
- agli effetti di cui agli articoli 66 e 67 della legge fallimentare, la prestazione della garanzia in conformità ad una clausola di sostituzione non comporta costituzione di una nuova garanzia e si considera effettuata alla data della prestazione della garanzia originaria.
1. La disciplina del pegno non possessorio
Ai sensi dell’art. 1 del Decreto n. 59, gli imprenditori iscritti nel registro delle imprese possono costituire un pegno non possessorio per garantire i crediti concessi a loro o a terzi, presenti o futuri, se determinati o determinabili e con la previsione dell’importo massimo garantito, inerenti all’esercizio dell’impresa. Il venir meno dell’elemento dello spossamento e della conseguente utilizzabilità del bene oggetto della garanzia sono espressamente sanciti al secondo comma dell’art. 1, ove si prevede che:
- ove non diversamente disposto nel contratto, il debitore o il terzo concedente il pegno è autorizzato a trasformare o alienare, nel rispetto della loro destinazione economica, o comunque a disporre dei beni gravati dal pegno;
- in tal caso, il pegno di trasferisce, a seconda del caso, al prodotto risultante dalla trasformazione, al corrispettivo della cessione del bene o al bene sostitutivo acquistato con tale corrispettivo, senza che ciò comporti la costituzione di una nuova garanzia.
Il pegno non possessorio si differenzia dunque dall’istituto del pegno previsto dagli Articoli 2784 e ss. c.c. principalmente per l’assenza dello spossessamento e la possibilità di continuare a disporre del bene oggetto della garanzia, così evitando la sottrazione materiale al debitore o al terzo di beni necessari e/o funzionali allo svolgimento dell’attività d’impresa.
2. Perfezionamento del pegno non possessorio e opponibilità della garanzia: il Registro
Ai fini del perfezionamento del pegno non possessorio sono richieste due formalità: a) l’atto costitutivo, che deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità; e b) l’iscrizione nel Registro.
L’atto costitutivo di pegno, oltre ad includere informazioni relative ai creditori garantiti e ai debitori e/o terzi costituenti il pegno, deve altresì contenere: i) una descrizione dettagliata dei beni concessi in garanzia; ii) l’indicazione delle obbligazioni garantite; e iii) l’indicazione dell’importo massimo garantito.
L’opponibilità della costituzione della garanzia nei confronti di terzi è subordinata all’iscrizione della stessa nel Registro. La parte che richiederà l’iscrizione nel suddetto Registro o il suo rappresentante dovrà presentare al conservatore, per via telematica, la domanda di iscrizione sottoscritta digitalmente e contenere le informazioni relative al concedente, al concessionario della garanzia e al bene che forma oggetto di pegno, unitamente al titolo costitutivo del pegno[4].
Si tratta di un registro completamente informatizzato e tenuto presso l’Agenzia delle Entrate, posto sotto la vigilanza del Ministero della Giustizia al fine di assicurare la legittimità dell’attività amministrativa e delle procedure adottate per la relativa gestione. A seguito dell’acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato del 3 novembre 2020 e del Garante per la protezione dei dati personali 21 giugno 2018 e il coinvolgimento attivo dell’agenzia delle Entrate, è stato emanato il Regolamento, che disciplina le operazioni di iscrizione, consultazione, modifica, rinnovo o cancellazione presso il Registro, gli obblighi posti a carico di chi effettua tali operazioni, nonchè le modalità operative di accesso al Registro.
L’iscrizione dura dieci anni ed è rinnovabile per mezzo di una nuova domanda di iscrizione che dev’essere conforme a quella della precedente formalità ed effettuata prima della scadenza del decimo anno. La cancellazione dell’iscrizione può essere richiesta di comune accordo dal creditore pignoratizio e dal datore del pegno, ovvero domandata giudizialmente.
Dal momento dell’iscrizione, il pegno prende grado e diventa opponibile ai terzi, anche nelle procedure esecutive e concorsuali.
Il Regolamento fissa ad otto mesi i tempi entro cui dovrà essere terminata la realizzazione del sistema informatico. Tale termine decorre dalla data di entrata in vigore del Regolamento (25 agosto 2021) e pertanto sono scaduti il 25 aprile scorso. Nonostante l’avvenuto decorso del termine previsto, ad oggi il Registro non risulta ancora operativo. In questa fase di completamento l’Agenzia delle Entrate dovrebbe altresì adottare una serie di provvedimenti attuativi concernenti, inter alia: le specifiche tecniche per la redazione di domande e dei correlativi titoli, nonchè per la relativa trasmissione al conservatore, unitamente alle modalità di registrazione dei titoli, che evvengono secondo procedure telematiche del tutto analoghe a quelle previste nell’ambito della pubblicità immobiliare, basate sul c.d. modello unico informatico; le modalità di versamento dei tributi e dei diritti dovuti; la nomenclatura delle categorie merceologiche dei beni oggetto di pegno. A tal riguardo, lo scorso 12 ottobre 2021, l’Agenzia delle Entrate ha emanato un provvedimento che individua l’esatta nomenclatura delle 25 categorie merceologiche dei beni oggetto di pegno mobiliare.
3. Escussione del pegno non possessorio
Al verificarsi di un evento che determina l’escussione del pegno, il creditore dovrà preventivamente notificare al debitore e all’eventuale terzo concedente il pegno apposita intimazione, nonché dare avviso scritto della escutibilità del pegno anche agli altri eventuali titolari di pegno non possessorio trascritto sui medesimi beni. Ai fini dell’escussione di tale garanzia reale, il Decreto n. 59 elenca le modalità attraverso cui il creditore potrà procedere all’escussione della garanzia, prevedendo che lo stesso avrà facoltà di procedere:
- alla vendita dei beni oggetto del pegno trattenendo il corrispettivo a soddisfacimento del credito fino a concorrenza della somma garantita; in tal caso il creditore dovrà informare immediatamente per iscritto il datore della garanzia dell’importo ricavato e dovrà restituire contestualmente l’eccedenza. La vendita dovrà essere effettuata dal creditore tramite procedure competitive;
- all’escussione o cessione dei crediti oggetto di pegno fino a concorrenza della somma garantita;
- ove previsto dal contratto di pegno e iscritto nel Registro, alla locazione del bene oggetto del pegno, imputando i canoni a soddisfacimento del proprio credito fino a concorrenza della somma garantita; in questo caso il contratto dovrà prevedere i criteri e le modalità di valutazione del corrispettivo della locazione;
- all’appropriazione dei beni oggetto del pegno fino a concorrenza della somma garantita, a condizione che il contratto preveda anticipatamente i criteri e le modalità di valutazione del valore del bene oggetto di pegno e dell’obbligazione garantita.
Inoltre, in caso di fallimento del debitore, il creditore può procedere all’escussione del pegno con una delle modalità sopra indicate dopo che il suo credito è stato ammesso al passivo con prelazione.
[1] In altri ordinamenti europei, forme di garanzie reale non possessoria hanno ricevuto riconoscimento e diffusione in epoca di molto antecedente, soprattutto al fine di agevolare gli scambi commerciali. Si pensi, ad esempio, al floating charge di diritto inglese su cui si rinvengono notizie già a partire dalla seconda metà del 1800.
[2] Cfr. E. GABRIELLI, Il pegno anomalo, Cedam, Padova, 1990, pp. 181 ss.; altra dottrina invece non ha mancato di considerare invalidi i patti di rotatività della garanzia (vd. GORLA, ZANELLI, Del pegno-Delle ipoteche, in Commentario del Codice Civile, a cura di SCIALOJABRANCA, Bologna-Roma, 1992, pp. 35 ss). Secondo altra parte della dottrina, il patto di rotatività sarebbe stato efficace solo tra le parti ma non opponibile ai terzi (cfr. GAZZONI, Qualche dubbio sul pegno rotativo – in attesa di spiegazioni…, in “Rivista del notariato”, 2000, pp. 1464 ss.).
[3] Cass., 28 maggio 1998, n. 5264, dove la Suprema Corte ha sostenuto che “è valido ed efficace il pegno rotativo che ricorre quando nel negozio costitutivo della garanzia le parti, salvaguardando la continuità del rapporto, con apposite convenzioni (c.d. patto di rotatività), prevedono la sostituzione, totale o parziale, dell’oggetto del vincolo”. Sono seguite ulteriori sentenze della Cassazione aventi il medesimo tenore tra le quali si segnalano: Cass, 27 settembre 1999, n. 10685; Cass., 5 marzo 2004, n. 4520; Cass., 22 dicembre 2015, n. 25796.
[4] Ai sensi del Regolamento, l’iscrizione potrà eseguirsi solo in forza di: atto pubblico, scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente; contratto sottoscritto digitalmente; provvedimento dell’autorità giudiziaria.