Con sentenza n. 26301 del 24.05.2016 la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha chiarito che “il mero possesso di un’ingente somma di denaro non può giustificare ex se, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo, l’elevazione di un’imputazione di riciclaggio senza che sia in alcun modo stata verificata l’esistenza di un delitto presupposto, od anche solo l’esistenza di relazioni tra il ricorrente ed ambienti criminali, ovvero la precedente commissione di fatti di reato dai quali era derivato quel denaro, o l’avvenuto compimento di operazioni di investimento comunque di natura illecita a qualsiasi titolo”.
La pronuncia trova ragion d’essere a seguito dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Como lo scorso dicembre 2015 che aveva respinto l’istanza di riesame avanzata, nell’interesse dell’indagato, contro due decreti di sequestro probatorio disposti dal PM su due consistenti somme di denaro contante (867.950,00 euro e 9.491,64 euro) rinvenute a bordo di un’automobile al momento del passaggio del confine dalla Svizzera all’Italia. Il Tribunale del riesame aveva respinto la richiesta avanzata dall’indagato, rilevando la presenza del fumus commissi delicti e ritenendo, altresì, che il denaro fosse “verosimilmente corpo del reato”. In particolare, quanto alla presunta commissione di un delitto, il Tribunale sottolineava che non era richiesta una formale imputazione e risultava sufficiente l’indicazione del reato di riciclaggio contenuta nei provvedimenti impugnati; quanto alla motivazione, invece, non occorreva indicare le esigenze probatorie dal momento che presumibilmente si trattava proprio di denaro costituente il corpo del reato[1]. A sostegno della misura, il Tribunale, dunque, sottolineava che il mantenimento del sequestro delle somme di denaro, di telefoni cellulari e di documentazione varia era giustificato in ragione della necessità di “ricostruire compiutamente le operazioni effettivamente eseguite dall’indagato”.
Per suo conto, la difesa contestava in toto i sequestri, sottolineando l’inesistenza di ogni indicazione del reato presupposto del riciclaggio e, più in generale, la completa mancanza di motivazione del sequestro quando, invece, vi erano altri elementi utili al fine di considerare le giustificazioni dell’imputato, dichiaratosi un gioielliere che doveva procedere all’acquisto di preziosi.
Giova a tal fine ricordare che, nella vicenda in esame, il paventato fumus commissi delicti non era individuabile stante l’essenza di più indizi, gravi, precisi e concordanti, costituenti una buona probabilità dell’effettiva consumazione del reato. Al fine di poter validamente sostenere un’accusa nei confronti dell’indagato, infatti, sarebbe stata necessaria un’attenta e rigorosa valutazione delle prove o degli indizi acquisiti per evitare ogni forma di dubbio. Per quanto occorrer possa, è bene ricordare che nel processo penale è necessario valutare le prove anche se, in alcuni casi però, non vi sono prove piene, ma semplici indizi. La probabilità che sia stato commesso un illecito varia, e di molto, a seconda che ci sia solo uno o più indizi o, e se questi ultimi siano “gravi, precisi e concordanti” così come espressamente previsto dal c.p.p. all’art. 192, II comma. In assenza di tali elementi probatori, con la decisione in esame gli Ermellini hanno, pertanto, accolto il ricorso proposto dall’imputato. Il mero trasporto di grossi capitali in contanti verso l’Italia, non può dunque essere di per sé considerato indizio sufficiente per sospetti di riciclaggio o altri reati finanziari, né può autorizzare il sequestro probatorio di beni o denari. La Corte ha, infatti, evidenziato che senza elementi idonei a specificare l’esistenza di un delitto presupposto dal quale possa avere avuto origine quella somma contante oggetto del sequestro (sempre possibile sul piano amministrativo per violazione della disciplina valutaria) l’ipotesi di riciclaggio configurata si rivela del tutto arbitraria, frutto di un’ipotesi totalmente astratta e non confortata da alcun elemento concreto.
[1] In ordine a tali considerazioni è bene ricordare che presupposto necessario del reato di riciclaggio è la precedente commissione di un altro fatto delittuoso, che non si richiede sia stato accertato con sentenza passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto delittuoso risulti dagli atti del processo e che quindi il compimento di tale delitto si sia esaurito nel momento di inizio della condotta disciplinata.