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Giurisprudenza

Il principio di immutabilità e intangibilità delle ripartizioni dell’attivo già eseguite

28 Agosto 2018

Laura Cusumano, Avvocato presso Frau Ruffino Verna

Cassazione Civile, Sez. I, 28 febbraio 2018, n. 4729 – Pres. Ambrosio, Rel. Ceniccola

Con riferimento alla questione relativa alla possibilità o meno da parte del fallito tornato in “bonis” di agire al fine di ottenere la ripetizione delle somme pagate ai creditori in sede di riparto, si sono creati due orientamenti contrapposti della Suprema Corte.

Un primo orientamento ritiene che “l’efficacia solo endofallimentare del decreto di esecutività dello stato passivo deve essere coordinata con il principio di intangibilità dei riparti dell’attivo, eseguiti nel corso della procedura, il quale soffre la sola eccezione contemplata espressamente dall’art. 114 dello stesso decreto” (Cass. N. 20748 del 2012).

Un secondo orientamento ritiene, invece, che “l’efficacia esclusivamente endofallimentare del decreto che rende esecutivo lo stato passivo … era già stata affermata dalla giurisprudenza anteriore alla riforma fallimentare (…) Ne deriva l’assenza di limiti preclusivi per le azioni successive alla chiusura del fallimento (…) e quindi non solo del creditore che abbia visto respinta o accolta solo in parte la sua domanda di ammissione (…) ma anche dal debitore stesso che, riacquisita la sua piena capacità processuale, intenda recuperare crediti non esatti dal curatore, conseguente all’ammissione al passivo di crediti in misura eccessiva” (Cass. n. 10709 del 2017)

Nel caso di specie, la Suprema Corte, ha inteso aderire al primo orientamento ritenendo che seppure, da un lato, è vero che i provvedimenti di ammissione al passivo hanno efficacia solo endofallimentare e che pertanto, producendo effetti solo ai fini del concorso, il debitore, tornato in “bonis”, una volta chiuso il fallimento può sempre contestare i crediti ammessi al passivo, dall’altro lato, è pur vero che le ripartizioni eseguite in base ai provvedimenti di ammissione al passivo nelle procedure fallimentari non possono essere rimesse in discussione.

La Suprema Corte giunge a tale conclusione richiamando il principio della c.d. immutabilità delle attribuzioni patrimoniali effettuate a favore dei creditori in sede di riparto, espressamente codificato dagli articoli 112 L.F. e 114, comma 1, L.F., nonché il principio di intangibilità delle ripartizioni dell’attivo già eseguite espressamente previsto all’art. 2920 cod. civ.


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