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Giurisprudenza

Il principio di retroattività della lex mitior non si applica alle sanzioni T.U.B.

17 Luglio 2020

Silvia Maglio, trainee lawyer presso Hogan Lovells Studio Legale

Cassazione Civile, Sez. II, 21 maggio 2020, n. 9371 – Pres. Petitti, Rel. Sabato

Di cosa si parla in questo articolo

Le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia non hanno – per tipologia, severità e incidenza personale e patrimoniale – una natura “sostanzialmente penale”. Di conseguenza, le medesime rimangono soggette al principio del tempus regit actum, valevole per la generalità delle sanzioni amministrative, ritenendosi viceversa inapplicabile il principio di retroattività della legge successiva più favorevole.

Con la pronuncia in esame, la Suprema Corte interviene sulla legittimità delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dalla Banca d’Italia nei confronti di due consiglieri di amministrazione della Banca Monte dei Paschi di Siena – membri, all’epoca dei fatti oggetto di causa, del “comitato per la remunerazione” – per aver espresso parere favorevole alla corresponsione, nei confronti del direttore generale uscente, di un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro pari a Euro 4 milioni, nonché all’assunzione dell’impegno, da parte della banca, a tenere tale soggetto “indenne da azioni, anche di terzi, in relazione al suo operato di direttore generale”.

Tra gli svariati motivi di ricorso proposti avverso il provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia, emesso per violazione, da parte dei ricorrenti, delle disposizioni in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione emanate dall’autorità di vigilanza in data 30 novembre 2011, acquista particolare rilevanza l’asserito mancato riconoscimento dell’operatività, rispetto alla fattispecie in esame, della più favorevole disciplina dettata dal D. Lgs. n. 72 del 2015, entrata in vigore successivamente ai fatti di causa. Si sostiene, infatti, che le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal T.U.B. avrebbero, in ragione del loro carattere afflittivo, natura sostanzialmente penale, in analogia con quanto sancito dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia di sanzioni applicate dalla Consob ex art. 187-ter T.U.F. (sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia). Di conseguenza troverebbero applicazione, secondo i ricorrenti, i fondamentali principi del favor rei e di retroattività della lex mitior, ai sensi dell’art. 2 c.p. e dell’art. 7 CEDU.

Gli Ermellini, peraltro, allineandosi a un proprio consolidato orientamento, ribadiscono che – in materia di sanzioni amministrative – operano i principi di legalità, irretroattività e divieto di applicazione analogica, i quali comportano l’assoggettamento della condotta illecita alla normativa vigente al tempo della commissione del fatto, con conseguente inapplicabilità della disciplina posteriore più favorevole, “senza che possano trovare applicazione analogica, attesa la differenza qualitativa delle situazioni considerate, gli opposti principi di cui all’art. 2 c.p., commi 2 e 3, i quali, recando deroga alla regola generale dell’irretroattività della legge, possono, al di fuori della materia penale, trovare applicazione solo nei limiti in cui siano espressamente richiamati dal legislatore” (Cass. n. 29411 del 28 dicembre 2011). Tali assunti troverebbero piena operatività nel caso di specie, atteso che le sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia non sono paragonabili, in termini di tipologia, severità e incidenza patrimoniale e personale, alle sanzioni Consob, delle quali non condividono, pertanto, la natura “sostanzialmente penale” (in senso concorde, Cass. n. 3656 del 24 febbraio 2016 e Cass. n. 21553 del 3 settembre 2018).

 

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