Il 2 gennaio 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 15 dicembre 2011, n. 217 (la cd. “Legge Comunitaria 2010”) che, all’art. 6, reca le misure per l’implementazione della disciplina europea sui fondi comuni di investimento.
In particolare, l’articolo citato delega l’esecutivo all’attuazione della Direttiva europea 2009/65/CE in materia di Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari (OICVM). Al momento in cui si scrive, peraltro, le disposizioni di attuazione non sono ancora state emanate.
La direttiva 2009/65/CE fa parte di un corpus (meglio noto nel suo complesso come “UCITS IV”) più vasto che comprende due direttive di secondo livello (la direttiva 2010/42/UE sulle fusioni di fondi, sulle strutture master-feeder e sulla procedura di notifica e la direttiva 2010/43/UE sui requisiti organizzativi, sui conflitti di interesse, sulle regole di condotta, sulla gestione del rischio e sul contenuto dell’accordo tra il depositario e la società di gestione), e due regolamenti (il regolamento 2010/583/UE sulle informazioni chiave per gli investitori e le condizioni per la presentazione di tali informazioni o del prospetto su un supporto durevole diverso dalla carta o tramite un sito web ed il regolamento 2010/584/UE sulla forma e il contenuto del modello standard della lettera di notifica e dell’attestato OICVM, sull’utilizzo dei mezzi elettronici per le comunicazioni tra le autorità competenti ai fini della notifica, nonché sulle procedure per le verifiche sul posto e le indagini e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti), direttamente applicabili nell’ordinamento italiano.
Prima di entrare nel merito delle principali novità introdotte con la nuova disciplina è bene soffermarsi sulle tempistiche di recepimento e sulle conseguenze per le società di gestione del risparmio italiane. La UCITS IV doveva essere recepita entro il 1° luglio 2011, intendendosi con tale termine la data di implementazione non solo della direttiva di primo livello, ma di tutte le disposizioni anche di attuazione. In Italia, a parte l’impatto della direttiva di primo livello sul d. lgs. del 24 febbraio 1998, n. 58 (d’ora innanzi “TUF”), molte delle disposizioni, soprattutto delle direttive e dei regolamenti (anche se questi ultimi non richiedono necessariamente una trasposizione “formale”) di secondo livello sono invece appannaggio della Consob e della Banca d’Italia, formando oggetto di recepimento nei diversi regolamenti e provvedimenti di cui si dirà a breve. Il ritardo del legislatore primario ha ovviamente avuto impatto solo sulle direttive che, come noto, richiedono necessariamente una trasposizione nel diritto interno, e non di conseguenza sui regolamenti, per quanto “figli” della direttiva non attuata, in quanto trattasi di provvedimenti legislativi immediatamente esecutivi.
Tanto premesso, la disciplina “secondaria” non poteva – né attualmente può – essere emanata in assenza delle suddette modifiche prodromiche al TUF. Ciò nonostante, anche al fine di stimolare il dibattito tra i market practitioner, le autorità di vigilanza (Consob e Banca d’Italia) hanno già provveduto, con maggiore solerzia rispetto al legislatore primario, all’emanazione, in data 11 maggio 2011, di un documento di consultazione “congiunto”, contenente proposte di modifiche alle proprie disposizioni di secondo livello (Regolamento Intermediari, Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, disciplina relativa all’autorizzazione delle funzioni di banca depositaria e Regolamento congiunto in materia di organizzazione e controlli degli intermediari che prestano i servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio) per adeguarle al nuovo contesto regolamentare europeo.
Un primo aspetto rilevante attiene proprio al contenuto della regolamentazione secondaria sottoposta a consultazione: il notevole procrastinarsi dei tempi di recepimento da parte del legislatore primario rende, infatti, anche tali documenti probabilmente superati, almeno in parte o, quanto meno, può portare alla necessità di un ulteriore affinamento o integrazione di quanto proposto (con un eventuale allungamento dei tempi di entrata in vigore). Se, infatti, la parte di maggior rilievo delle modifiche proposte ha interessato aspetti già ricompresi analiticamente nelle norme dettagliate della UCITS IV, senza lasciare particolari spazi per un’attività di gold plating alle Autorità italiane, si evidenzia come la consultazione de quo sia anche stato il mezzo per inserire specifiche e diverse previsioni che sono il frutto o di una scelta, laddove la direttiva lo consentiva (si pensi, ma si tornerà su questo aspetto più innanzi, alle modalità di fusione transfrontaliera riconosciute dal nostro ordinamento), piuttosto che su materie estranee alle previsioni comunitarie ma collegate, ratione materiae, con la gestione collettiva del risparmio (ancora una volta, anticipando quanto si dirà nel prosieguo, si pensi alle modifiche introdotte dalla Consob sull’execution only nella commercializzazione di OICR da parte delle SGR, tema ignoto alla UCITS IV, piuttosto che alla modifica della disciplina delle fusioni “interne” costruita dalla Banca d’Italia mutuando integralmente l’approccio comunitario).
Ebbene anche tali sezioni “aggiuntive” rispetto agli stretti obblighi di recepimento sono in attesa di emanazione, con il rischio che le Autorità possano voler rivedere o anche solo aggiornare talune posizioni prese, per esempio, includendo nelle modifiche nuove previsioni che ai tempi potevano attendere, ma che, allo stato attuale, e con quasi un anno di ritardo dalla prima consultazione, potrebbero rendersi opportune, se non addirittura necessarie.
Pur trascendendo da tali aspetti che, oltre ad essere meramente eventuali, interessano maggiormente i regolatori e non tanto e solo le società di gestione del risparmio, sempre che ovviamente ciò non si traduca in ulteriori periodi di consultazione che procrastino il recepimento effettivo delle norme, il vero problema consiste nella “discriminazione” che i soggetti italiani di fatto subiscono nei confronti dei competitor comunitari. Se infatti il recepimento della UCITS IV negli altri ordinamenti consente a società di gestione comunitarie di avvalersi, ad esempio, del passaporto “rafforzato” (ossia così come modificato rispetto alle previgenti disposizioni di cui alla UCITS III), chiedendo di poter istituire un fondo comune di diritto italiano, senza che la Banca d’Italia possa impedirne l’autorizzazione invocando il mancato recepimento delle direttive, la situazione è ben diversa per i soggetti italiani. In tal senso, seppur in termini evidentemente più generali, si esprime chiaramente l’ESMA, nel documento a breve analizzato. In effetti la stessa Consob – d’accordo con la Banca d’Italia – ha dovuto prendere posizione sul tema del mancato recepimento e delle sue conseguenze, anche se limitatamente ai profili connessi con notificazioni tra Autorità di vigilanza comunitarie relative all’offerta di OICR nei vari Paesi e senza dunque affrontare il più ampio tema della possibile penalizzazione dell’industria del risparmio gestito italiano a fronte dell’inefficienza del legislatore primario. Più in dettaglio, la Consob ha fornito dei chiarimenti limitatamente alle norme, che discendono dai regolamenti comunitari, e sono quindi di diretta applicazione. In particolare, con comunicato del 5 luglio 2011, la Commissione ha precisato che l’intervento si è reso tra l’altro opportuno «In considerazione della diretta efficacia, nell’ordinamento nazionale, dei due regolamenti comunitari nonché di talune disposizioni delle direttive che devono ritenersi, per costante giurisprudenza, self-executingin virtù del loro contenuto positivo, chiaro, preciso e dettagliato». Tra le disposizioni vi sono indicazioni in merito alle notifiche da parte di autorità comunitarie per l’offerta in Italia di OICR armonizzati, piuttosto che sulle modalità di pubblicazione del documento contenente le informazioni chiave per l’investitore (d’ora innanzi “KIID”), su cui si tornerà nel prosieguo.
Tornando al tema principale, il mancato recepimento comporta notevoli difficoltà per una SGR italiana che, in concreto, volesse, ad esempio, ottenere l’autorizzazione a istituire un fondo comune di diritto estero, piuttosto che, fattispecie piuttosto frequente, assumere il ruolo di gestore (non delegato si badi bene, ma “diretto”) di una SICAV eterogestita (o di uno o più comparti di SICAV) di diritto, ad esempio, lussemburghese o irlandese. Analogamente, una newco che volesse chiedere l’autorizzazione per il servizio di gestione collettiva del risparmio, prevedendo nel programma iniziale di attività un modello di business caratterizzato dalla gestione di OICR comunitari (o ancora dalla gestione di SICAV eterogestite comunitarie) potrebbe vedersi addirittura respinta l’istanza, non essendo tali previsioni attualmente recepite nella normativa primaria e secondaria interna e non costituendo, pertanto, i servizi in questione, attività di gestione collettiva del risparmio.
L’esempio non è casuale, essendosi riscontrato l’interesse per diverse SGR italiane di sostituirsi alle collegate strutture estere (lussemburghesi, maltesi ed irlandesi in primis), razionalizzando la catena societaria e riorganizzando il gruppo alla luce delle opportunità offerte dalle nuove norme.
Proprio per arginare il problema di una discriminazione “al contrario” nei confronti dei soggetti residenti, eventualmente penalizzati dal mancato recepimento delle disposizioni comunitarie (l’esempio sopra fatto è uno dei possibili, ma ovviamente ve ne possono essere altri, parimente rilevanti), l’ESMA ha diffuso un parere, datato 13 ottobre 2011, avente ad oggetto “practical arrangements for the late transposition of the UCITS IV Directive”, ponendo l’attenzione sulle attività cross-border che coinvolgono uno Stato membro che non ha ancora recepito le direttive.
Le casistiche prese in considerazione sono diverse e hanno interessato principalmente, in estrema sintesi, le fusioni tra fondi comuni di investimento o SICAV appartenenti a diverse giurisdizioni, la validità del passaporto europeo, le notificazioni tra autorità di vigilanza e la creazione di fondi feeder e master in diversi ordinamenti.
Meritano un approfondimento le due casistiche speculari relative al passaporto europeo, con specifico riguardo alla possibilità di istituire un fondo comune di investimento comunitario da parte di un gestore collettivo in un ordinamento diverso da quello di incorporazione. Ebbene, nel caso in cui una società di gestione di uno Stato che ha recepito le direttive voglia avvalersi del passaporto in Stati (quali l’Italia) che non hanno ancora dato attuazione alle stesse, ciò dovrebbe essere consentito. Al contrario, le società di gestione del risparmio italiane (o in generale di Stati che non hanno recepito le norme comunitarie) potrebbero avvalersi del passaporto solo a condizione che siano rispettate, nell’attuale disciplina ante UCITS IV, talune disposizioni delle nuove norme comunitarie e, precisamente, le disposizioni di cui agli articoli 12, 14, 15 e 51 della direttiva 2009/65/CE, nonché, ove previste, le relative disposizioni di attuazione, e sempre che le autorità competenti siano in grado di fornire la cooperazione di cui all’art. 101 della medesima direttiva (e le relative disposizioni di attuazione). Si tratta, in particolare delle norme che hanno ad oggetto:
- Art. 12: l’obbligo di reazione, da parte di ciascuno Stato membro, di norme prudenziali, organizzative ed in materia di gestione dei conflitti di interessi, nonché regole specifiche nel caso della prestazione del servizio di gestione di portafogli;
- Art. 14: obbligo di redazione, da parte di ciascuno Stato membro, delle regole di condotta che debbono essere osservate dai gestori.
- Art. 15: obbligo del gestore di (i) adottare le misure necessarie per facilitare i pagamenti/rimborsi/riacquisti di quote nei paesi in cui dette quote sono commercializzate, (ii) definire procedure e meccanismi appropriati per garantire un adeguato trattamento dei reclami degli investitori, (iii) procedure interne e meccanismi per garantire adeguata informativa al pubblico e alle autorità di vigilanza;
- Art. 51: obbligo per il gestore di utilizzare una congrua procedura di gestione dei rischi e limitazioni di investimento nei confronti di determinati strumenti (e.g.i derivati).
E’ dunque opportuno evidenziare intanto che l’eventuale “valutazione di conformità” delle disposizioni italiane è rimessa alla Banca d’Italia stessa; in altri termini il soggetto che intende avvalersi della possibilità di cui al parere dell’ESMA dovrebbe evidentemente compiere un’attività preventiva di valutazione che, però, alla fine non potrebbe che concretizzarsi nella sottoposizione alla Banca d’Italia della questione, attraverso l’eventuale istanza, ove prevista, rimettendo in ultima analisi a questa Autorità la valutazione effettiva in un senso piuttosto che nell’altro. Se tale aspetto è evidente per chi debba sottoporsi ad un regime autorizzativo (si pensi alla newco di cui sopra), cosa accade nelle ipotesi di una SGR già autorizzata che intenda, ad esempio, divenire gestore di una SICAV eterogestita di diritto lussemburghese o istituire un fondo comune di diritto francese? Non essendo l’autorizzazione all’istituzione del fondo comunitario (o quella necessaria per gestire una SICAV eterogestita in un Paese dell’UE) sottoposta alla competenza della Banca d’Italia, conformemente all’art. 5 della direttiva 2009/65/CE, non vi sarebbe la necessità di un confronto preventivo con il regolatore italiano, ma occorrerebbe presentare l’istanza direttamente all’Autorità competente del Paese di destinazione che, avendo recepito la UCITS IV, a sua volta dovrebbe domandarsi se la normativa del Paese di origine ha o meno i requisiti sopra richiamati. Tale fattispecie peraltro dovrebbe verosimilmente portare ad un confronto tra le due Autorità di vigilanza interessate che quindi, nella sostanza, porterebbe necessariamente, anche in questo caso, seppur solo in via indiretta, ad una presa di posizione da parte della Banca d’Italia.
Va da sé che mentre nel primo caso (newco che intende essere autorizzata in forza di modelli operativi innovativi e derivanti dalle disposizioni della UCITS IV) si tratterebbe di una valutazione che si esaurisce, quanto meno in una prima fase, nel diritto interno, salvo poi, una volta ottenuta l’autorizzazione, e sempre ipotizzando che l’Italia non abbia nel frattempo recepito la UCITS IV, coinvolgere comunque, l’Autorità del Paese in cui si vuole istituire l’OICR, nella seconda fattispecie riportata (SGR italiana che vuole istituire un OICR in un Paese che ha recepito la direttiva) il tema andrebbe affrontato direttamente dall’istante con l’Autorità del Paese “ospitante”, spostando la soluzione della questione ad un livello “superiore”, e precisamente al rapporto tra diversi regulator.
Quanto ad una valutazione sullo stato della vigente normativa italiana si ritiene che ci siano i presupposti, da un punto di vista sostanziale, per poter ritenere il nostro ordinamento conforme ai richiami operati dall’ESMA; non è questa la sede per approfondire il tema, ma è auspicabile che le Autorità di vigilanza italiane prendano espressa posizione al riguardo per consentire un più agevole superamento dell’empasse evidenziata, tanto più grave quanto più tempo passa dal recepimento negli altri principali ordinamenti di riferimento.
Entrando nel merito del contenuto delle disposizioni comunitarie, così come trasposte anche nella normativa italiana in bozza di secondo livello, le principali novità riguardano:
- l’istituzione di un passaporto europeo delle società di gestione (Management Company Passport) e semplificazione della procedura di notifica per la commercializzazione degli OICVM armonizzati tra gli stati membri;
- le procedure di fusione tra i diversi OICVM;
- la possibilità di costituire OICVM armonizzati con strutture master/feeder;
- l’introduzione di un documento denominato “Informazioni chiave per gli investitori” (Key Investor Information) in luogo del Prospetto semplificato.
L’esame delle principali novità e degli impatti per i gestori italiani sia delle suddette norme, sia di quelle introdotte al di fuori del recepimento della UCITS IV su iniziativa delle Autorità italiane, sarà affrontato nella seconda parte del presente articolo.