Con l’art. 32 del Decreto Legge n. 83 del 22 giugno 2012 convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134 (di seguito, D.L. n. 83/2012 o, anche, “Decreto Crescita”) e successivamente modificato dall’art. 36 del Decreto Legge n. 179 del 18 ottobre 2012 convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 dicembre 2012, n. 221 (di seguito, D.L. n. 179/2012), sono state apportate rilevanti novità nel settore degli strumenti per il finanziamento dell’attività d’impresa. Nello specifico, al fine di allineare la disciplina dei suddetti strumenti a quella dei più avanzati sistemi finanziari e industriali europei[1], le innovazioni normative sono intervenute sulla materia delle cambiali finanziarie e delle obbligazioni al fine di favorire anche per le società non quotate l’accesso alla raccolta del capitale di debito.
Uno dei cardini dell’intervento legislativo in esame è senza dubbio ravvisabile nella modifica in senso agevolativo del regime impositivo applicabile ai citati strumenti finanziari, volto a favorirne la diffusione. Più in particolare, l’art. 32 del D.L. n. 83/2012 ha disposto l’applicazione di una disciplina di maggior favore sia nei confronti dei sottoscrittori di questi strumenti (estendendo l’ambito di applicazione del regime di imposizione sostitutiva di cui al Decreto Legislativo n. 239 del 1 aprile 1996 (di seguito, D.Lgs. n. 239/1996)), sia nei confronti delle società emittenti (eliminando – a determinate condizioni – taluni limiti alla deducibilità degli interessi[2]).
Per quanto di interesse ai fini dell’analisi in oggetto, il comma 9 dell’art. 32 è intervenuto sul regime fiscale estendendo l’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 239/1996. Tale disposizione, nella sua previgente formulazione, esonerava – com’è noto – gli interessi ed altri proventi relativi ad obbligazioni e titoli similari emessi dai cc.dd. “grandi emittenti” (trattasi delle banche e delle società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati) dall’assoggettamento alla ritenuta contemplata dall’art. 26, comma 1 del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, prevedendo, al contempo, l’applicazione di un’imposta sostitutiva di pari ammontare nei confronti dei percettori cc.dd. nettisti[3], ovvero l’erogazione dei proventi senza alcun prelievo alla fonte per i soggetti cc.dd. lordisti (società ed enti commerciali e soggetti non residenti White List[4]).
Il D.L. n. 83/2012 ha, in particolare, ridefinito l’ambito applicativo della suddetta disposizione operando sotto un duplice profilo. In primo luogo, il Decreto Crescita ha riconosciuto la possibilità di avvalersi di siffatto regime anche alle società per azioni con azioni negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione, nonché alle società non quotate le cui obbligazioni e titoli similari siano negoziate nei mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’Unione Europea e degli Stati aderenti all’Accordo sulla spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’art. 168-bis del D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 (c.d. White list)[5]. Ciò risulta coerente con l’obiettivo di “ridurre sensibilmente la disparità esistente nella previgente disciplina civilistica e fiscale tra società italiane con azioni quotate e società italiane non quotate, rendendo possibile anche per queste ultime l’emissione di strumenti di debito da destinarsi ai mercati domestici ed internazionali”[6]. La scelta di limitare l’estensione del regime agevolativo alla condizione che i titoli obbligazionari siano negoziati nei predetti mercati è da attribuire presumibilmente al fatto che la quotazione è stata ritenuta dal legislatore un elemento di garanzia all’emissione meritevole di tutela. L’art. 32, inoltre, ha disposto l’applicazione del medesimo regime alle cambiali finanziarie, rispetto alle quali era in origine esclusa l’applicazione dell’imposta sostitutiva anche se emesse da banche o da società per azioni con azioni negoziate[7].
Relativamente all’individuazione dei titoli che possono beneficiare del suddetto regime agevolativo, si nota che l’art. 1 del D.Lgs. n. 239/1996 non richiede che la verifica del requisito della quotazione venga effettuata in uno specifico momento o che detti titoli siano negoziati sin dal momento dell’emissione. Stando al tenore letterale della disposizione, dovrebbe essere pertanto possibile sostenere che anche i titoli di cui si richieda l’ammissione a quotazione in un momento successivo alla loro emissione dovrebbero poter beneficiare del più favorevole regime fiscale a partire dalla data di inizio delle negoziazioni.
Occorre tuttavia segnalare che, seppure con riferimento alle modifiche recate dal Decreto Crescita concernenti la disapplicazione dei limiti alla deducibilità degli interessi passivi in capo all’emittente ai sensi del previgente art. 3, comma 115 della L. n. 549/1995[8], l’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 4/E del 6 marzo 2013 ha accolto una diversa impostazione. In particolare, richiamando i chiarimenti già forniti in precedenza nella Circolare n. 306 del 23 dicembre 1996 per accertare il requisito della quotazione delle azioni delle società al fine dell’accesso al regime di cui al D.Lgs. n. 239/1996, è stato precisato che “[i]l requisito della quotazione deve essere verificato al momento dell’emissione delle obbligazioni” e che, pertanto, “qualora in un momento successivo all’emissione di tali titoli, gli stessi perdano il requisito della quotazione (delisting), agli interessi e agli altri proventi da essi derivanti continuerà ad applicarsi il regime di deducibilità di cui all’art. 96 del T.U.I.R. e non la limitazione speciale alla deducibilità dettata dalla legge n. 549 del 1995”.
Sul punto, preme ulteriormente segnalare che nella Circolare n. 306 del 1996, l’Amministrazione finanziaria con riferimento all’accertamento della quotazione dei titoli azionari dell’emittente aveva ulteriormente precisato che, a tal fine, non è sufficiente “il fatto che la quotazione delle azioni sia stata semplicemente disposta, essendo necessario che le azioni risultino effettivamente negoziate nei mercati regolamentati italiani all’atto di emissione del prestito obbligazionario”.
Ciò posto, occorre chiarire un ulteriore aspetto, concernente la corretta determinazione del momento di emissione delle obbligazioni.
Al riguardo si osserva che, sempre con riferimento alla disposizione contenuta nel previgente comma 115 dell’art. 3 della L. n. 549/1995 che prevedeva la limitazione alla deducibilità degli interessi passivi eccedenti determinate soglie, il confronto tra il rendimento del prestito e i limiti massimi previsti dal legislatore doveva essere fatto una sola volta con riferimento al momento di emissione del prestito[9] che, secondo l’opinione prevalente in dottrina, doveva farsi coincidere con “la data di approvazione della relativa delibera assembleare ovvero, nell’ipotesi di cui all’art. 2420-ter cod. civ., con la data di assunzione della delibera da parte degli amministratori”[10] [11].
Tale soluzione, assolutamente coerente e condivisibile nel contesto delle disposizioni prima menzionate, non ci pare tuttavia che possa essere estesa anche al caso che ci occupa. A questo riguardo, occorre rammentare che le disposizioni limitative contenute nei commi 114 e 115 dell’art. 3 della L. n. 549/1995 miravano a contrastare gli effetti elusivi – generalmente diffusi nell’ambito di società a ristretta base azionaria – connessi alla possibilità di emettere prestiti obbligazionari remunerati a tassi superiori rispetto a quelli medi di mercato sottoscritte dagli stessi soci. In questo modo, in assenza di disposizioni limitative, il socio sottoscrittore avrebbe potuto incassare una remunerazione (che nella sostanza rappresentava un dividendo) assoggettata a ritenuta e, dall’altra parte, la società emittente avrebbe potuto dedurre integralmente la relativa remunerazione. Rispetto alla finalità della suddetta normativa appare coerente che la verifica della congruità del tasso effettivo di rendimento del prestito venga effettuata nel momento in cui si forma la volontà della società di procedere all’emissione e, quindi, quando viene approvata la relativa deliberazione[12].
Applicare la stessa soluzione anche nel caso che ci occupa per inquadrare il regime fiscale dei titoli e, quindi, pretendere di verificare il requisito della quotazione delle obbligazioni al momento dell’approvazione della relativa delibera di emissione suscita non poche perplessità in quanto non solo non ci pare coerente rispetto alla finalità della disposizione in commento[13], ma risulta anche difficile da coordinare con il procedimento di emissione e quotazione dei suddetti titoli. Ed infatti, se – come, peraltro, affermato dalla stessa Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 306 del 1996 – al fine di accertare il requisito della quotazione non è sufficiente che la quotazione delle obbligazioni sia stata semplicemente disposta, ma è necessario che i titoli risultino effettivamente ammessi a quotazione, ci pare più corretto effettuare tale verifica non con riferimento al momento in cui si forma la volontà della società di procedere all’emissione, ma al momento, necessariamente successivo, in cui si completa l’iter procedimentale di emissione del prestito, con la relativa sottoscrizione ed il rilascio dei titoli cartacei, ovvero l’attuazione delle formalità disposte in tema di dematerializzazione, dietro versamento di una somma di denaro[14].
Occorre, infatti, rilevare che l’emissione dei titoli obbligazionari si attua attraverso un articolato iter procedimentale, di cui la delibera di emissione, pur rappresentando un atto fondamentale, costituisce il presupposto dei successivi atti più propriamente esecutivi, finalizzati a realizzare concretamente la volontà espressa nella delibera medesima[15]. La delibera si pone in sostanza, nell’ambito di tale procedimento, come un provvedimento autorizzativo cui seguono i successivi atti esecutivi necessari per perfezionare in concreto l’emissione[16]. Più in dettaglio, il procedimento di emissione si articola nelle seguenti fasi[17]:
- delibera di emissione del prestito obbligazionario e relativa iscrizione presso il registro delle imprese. Ai sensi dell’art. 2436, comma 5, c.c., richiamato dall’art. 2410, comma 2, c.c., la delibera diventa esecutiva solo dopo l’iscrizione presso il registro delle imprese. Pertanto, prima di tale momento non può essere eseguita;
- raccolta delle sottoscrizioni. Normalmente la delibera indica il termine entro il quale deve chiudersi la raccolta delle sottoscrizioni. Qualora a tale data le sottoscrizioni risultino eccedenti rispetto all’ammontare complessivo del prestito – in mancanza di un criterio esplicitamente previsto nella delibera – si pone il problema di stabilire il criterio per ridurre le sottoscrizioni. Invece, nell’ipotesi opposta in cui la sottoscrizione del prestito non sia integrale, occorre stabilire se la sottoscrizione parziale possa considerarsi comunque efficace[18];
- consegna dei titoli cartacei ai sottoscrittori, ovvero realizzazione delle formalità previste in tema di dematerializzazione, dietro contestuale versamento del prezzo di emissione.
Ove l’emittente intenda rivolgersi al mercato del pubblico risparmio, occorrerà rispettare la disciplina dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari di cui agli artt. 94 e segg. del Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (T.U.F.) ed, in particolare, il contenuto della delibera dovrà essere portato a conoscenza dei potenziali sottoscrittori attraverso il prospetto di emissione.
Nell’ambito di tale procedimento, laddove le obbligazioni siano destinate ad essere quotate, si innesta il procedimento di ammissione a quotazione disciplinato dalle pertinenti disposizioni regolamentari dei mercati regolamentati o dei sistemi multilaterali di negoziazione.
Ora, pur nella varietà di forme che tale procedimento potrà assumere, è evidente che lo stesso non potrà che essere avviato dopo che si sia formata la volontà di procedere all’emissione del prestito obbligazionario tramite l’approvazione della relativa delibera di emissione e ne siano state così definite le caratteristiche[19].
Alla luce di quanto fin qui esposto, riteniamo maggiormente coerente con il procedimento di emissione che la verifica del requisito della quotazione delle obbligazioni venga effettuata nel momento in cui si conclude il suddetto procedimento con la materiale consegna dei titoli a fronte del versamento del prezzo di sottoscrizione. E ciò in quanto, solo a partire da tale momento i titoli di cui sia stata disposta la quotazione, essendo venuti ad esistenza, potranno essere effettivamente ammessi a negoziazione.
[1] Così la Relazione illustrativa al D.L. n. 83/2012.
[2] Ci si riferisce alle restrizioni contenute nel previgente art. 3, comma 115 della Legge 28 dicembre 1995 n. 549 (di seguito L. n. 549/1995) che escludevano la deducibilità degli interessi passivi eccedenti determinate soglie. Tale disposizione è stata successivamente abrogata dall’art. 4, comma 2, Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
[3] Per tali intendendosi: le persone fisiche, i soggetti di cui all’art. 5 T.U.I.R., escluse le società in nome collettivo, in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate, gli enti non commerciali, i soggetti esenti dall’imposta personale sul reddito.
[4] In particolare, nel caso di soggetti non residenti il regime di esenzione previsto dall’art. 6 del D.Lgs. n. 239/1996 si applica:
- ai soggetti residenti in Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni;
- agli enti od organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;
- agli investitori istituzionali esteri, ancorché privi di soggettività tributaria, costituiti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni;
- alle Banche centrali o organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato.
Si precisa, inoltre, che al fine di avvalersi dell’esonero dall’imposta sostitutiva i percipienti esteri devono depositare, direttamente o indirettamente, i titoli presso una banca o una società di intermediazione mobiliare residente, ovvero una stabile organizzazione in Italia di banche o di società di intermediazione mobiliare non residenti, che intrattiene rapporti diretti in via telematica con il Ministero delle finanze – Dipartimento delle entrate.
[5] Si precisa che, l’art. 168-bis ivi richiamato, è stato definitivamente abrogato con l’art. 10 comma 1 del Decreto Legislativo n. 147 del 7 ottobre 2015. Con il medesimo decreto il legislatore è intervenuto a ridefinire il quadro normativo. Allo stato, al fine di individuare gli Stati e territori che “consentono un adeguato scambio di informazioni” occorre fare riferimento alla lista contenuta nel Decreto del Ministero delle Finanze del 4 settembre 1996. Inoltre, la successiva lett. b) del comma 2 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 147/2015, tramite rimando all’art. 11 del D.Lgs. n. 239/1996, ha conferito al Ministro il potere di emanare più decreti contenenti l’elenco degli Stati e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni, prevedendone, inoltre, un aggiornamento semestrale. In tale ottica, il D.M. del 9 agosto 2016 ha inserito nel testo originario del D.M. del 4 settembre 1996 un successivo art. 1-bis. Con quest’ultimo articolo il Ministero si riserva esplicitamente di eliminare dall’elenco “gli Stati o i territori con i quali, in ragione di reiterate violazioni dell’obbligo di cooperazione amministrativa tra Autorità competenti, non risulta assicurata nella prassi operativa l’adeguatezza dello scambio di informazioni, ai sensi di uno strumento giuridico bilaterale o multilaterale in vigore con la Repubblica Italiana”.
[6] Cfr. in proposito la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 6 marzo 2013.
[7] Per completezza si precisa che, a seguito delle ulteriori modifiche introdotte dall’art. 21, comma 1, Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito dalla Legge 11 agosto 2014, n. 116, il regime di cui al D.Lgs. n. 239/1996 è stato ulteriormente esteso agli interessi delle obbligazioni e titoli similari e cambiali finanziarie non negoziati, emessi da società con azioni non negoziate nei predetti mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, quando i suddetti titoli siano “detenuti da uno o più investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”.
[8] Il comma in esame, anteriormente alla sua abrogazione, prevedeva che “Se i titoli indicati nel comma 1 dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 sono emessi da società o enti, diversi dalle banche e dalle società di cui all’articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da quote, gli interessi passivi sono deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al citato decreto, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, delle obbligazioni e dei titoli similari diversi dai precedenti. Qualora il tasso di rendimento effettivo all’emissione superi i limiti di cui al periodo precedente, gli interessi passivi eccedenti l’importo derivante dall’applicazione dei predetti tassi sono indeducibili dal reddito di impresa. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze i limiti indicati nel primo periodo possono essere variati tenendo conto dei tassi effettivi di remunerazione delle obbligazioni e dei titoli similari rilevati nei mercati regolamentati italiani. I tassi effettivi di remunerazione sono rilevati avendo riguardo, ove necessario, all’importo e alla durata del prestito nonché alle garanzie prestate”. Come già detto, la disposizione è stata da ultimo abrogata dall’art. 4, comma 2 del Decreto Legislativo n. 147 del 14 settembre 2015.
[9] Come rilevato da Assonime nella Circolare n. 50 del 10 maggio 1996, dalle Istruzioni ministeriali al Modello di dichiarazione 760 del 1996 emerge che il confronto fra il rendimento dei titoli e i limiti massimi come individuati dal legislatore va operato unicamente al momento di emissione.
[10] Si veda, in tale senso, Assonime Circolare n.50 del 10 maggio 1996 che estende tale principio anche ai fini dell’applicazione del comma 114 dell’art. 3 della L. n. 549/1995, che prevedeva l’applicazione di una ritenuta alla fonte con aliquota maggiorata per i titoli il cui rendimento non fosse allineato a quello di mercato in quanto eccedente i limiti massimi prestabiliti dal legislatore con riferimento al tasso ufficiale di sconto esistente al momento di emissione. Tale soluzione è stata successivamente ribadita dall’Assonime nelle Circolari n. 46 del 27 maggio 1999 e n. 12 del 6 marzo 2000 ed accolta dall’Amministrazione finanziaria prima nelle Istruzioni ministeriali alla compilazione del Modello di dichiarazione dei redditi (Unico 1999 – Società di capitali, enti commerciali ed equiparati, capitolo R3, paragrafo 3.3) e poi nella Circolare n. 213 del 24 novembre 2000.
[11] Relativamente al procedimento di emissione, si rileva che, per effetto delle modifiche recate dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, l’emissione di obbligazioni (con la sola eccezione delle obbligazioni convertibili in azioni) ha cessato di essere materia di competenza dell’assemblea straordinaria. Infatti, ai sensi dell’art. 2410 c.c., se la legge o lo statuto non dispongono diversamente, l’emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori (cfr., G.F. Campobasso, “Diritto Commerciale 2 – Diritto delle Società”, UTET Giuridica, 2010, p. 529 il quale ritiene lecita nel nuovo sistema la clausola statutaria che riservi l’emissione di obbligazioni (non convertibili) all’assemblea ordinaria).
[12] Per le stesse ragioni già esposte nel testo, l’Assonime nella Circolare n. 50 del 10 maggio 1996 ha ulteriormente affermato che, laddove successivamente all’emissione del prestito, ne venga modificata la scadenza o le condizioni di rendimento, la verifica delle condizioni per l’applicazione o meno delle limitazioni contenute nelle disposizioni in commento deve essere effettuata con riferimento alle condizioni vigenti al momento della successiva delibera di proroga o modifica delle condizioni del prestito e non a quelle esistenti al momento della originaria delibera di emissione; e ciò a prescindere dalla circostanza che tali modifiche, incidendo su elementi essenziali del rapporto obbligazionario, comportino la novazione dello stesso e, quindi, una nuova emissione. Ed infatti, più che sulla ricostruzione degli effetti civilistici di tale modifiche sul rapporto obbligazionario, tale soluzione è giustificata da ragioni di ordine logico in quanto se “la distinzione fra operazioni elusive e operazioni non elusive de[ve] essere fatta in relazione agli elementi sostanziali esistenti al momento in cui si manifesta la volontà della società emittente, appare altrettanto logico ritenere che tale valutazione debba essere nuovamente effettuata nel momento in cui la volontà venga a modificarsi”. Nello stesso senso in dottrina si veda, G. Bolelli, A. Calori, M. Piazza, “La tassazione delle rendite finanziarie”, Il Sole 24ORE, 2005, p. 185.
[13] Come già detto, la quotazione costituisce un elemento di garanzia che dovrebbe consentire di escludere che l’emissione obbligazionaria si presti al conseguimento di fini elusivi, giustificando in questo modo il trattamento fiscale agevolato.
[14] M. Cian, “Diritto Commerciale III – Diritto delle società”, G. Giappichelli Editore, 2017, p. 368.
[15] Cfr., R. Cavallo Borgia, “Società per azioni – delle obbligazioni” in “Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca”, Zanichelli Editore, 2005, p. 60; G. Bonilini, M. Confortini, in “Codice Civile commentato”, UTET Giuridica, 2012, pp. 5829-5830.
[16] La valenza meramente autorizzativa della delibera è espressamente confermata dallo stesso legislatore fiscale ove si consideri che, in tema di imposta sostitutiva, l’art. 20-bis del D.P.R. n. 601/1973 dispone che “L’opzione di cui all’articolo 17, primo comma, è esercitata nella deliberazione di emissione o in analogo provvedimento autorizzativo”.
[17] R. Cavallo Borgia, ult. cit., p. 60; G. Lo Cascio, L. Panzani, “Formulario delle Società di Capitali”, Giuffré Editore, 2006, pp. 813-815.
[18] Cfr. G. Lo Cascio, L. Panzani, cit., p. 815, il quale rimanda alla delibera ai fini dell’individuazione delle conseguenze derivanti dalla sottoscrizione parziale del prestito obbligazionario, che potranno coincidere con la conservazione di efficacia per il minore importo, ovvero con la perdita di efficacia dell’intera operazione; nonché R. Cavallo Borgia, “Le azione e le obbligazioni” in “Le società – Trattato diretto da F. Galgano”, UTET, 2002, p. 165 che ritiene che la volontà di subordinare l’emissione all’integrale sottoscrizione del prestito deve essere esplicitamente enunciata nella delibera con la conseguenza che, in mancanza di tale condizione, la sottoscrizione parziale deve ritenersi ammissibile. In senso opposto, G. Bonilini, M. Confortini, cit., p. 5830, secondo cui sarebbe applicabile in via analogica l’art. 2439, comma 2, c.c., ritenendo conseguentemente vincolante ed efficace la sottoscrizione parziale solo ove espressamente previsto dalla delibera; diversamente, i sottoscrittori dovrebbero avere diritto alla restituzione di quanto versato con liberazione dal loro impegno.
[19] Ad esempio, nel caso della procedura di ammissione alla negoziazione sull’ExtraMOT, il relativo Regolamento prevede che venga previamente presentata a Borsa Italiana una domanda di ammissione unitamente ad una scheda riepilogativa delle caratteristiche dei titoli, predisposta secondo uno schema dalla stessa predefinito. Alla domanda di ammissione dovranno essere allegati (i) il prospetto informativo/documento di ammissione (o l’indicazione di dove reperirli) e (ii) le condizioni dell’emissione qualora non incluse nel prospetto informativo/documento di ammissione. Peraltro, perché la negoziazione possa avere effettivamente luogo, è necessario che Borsa Italiana accolga la predetta domanda, stabilendo con apposito Avviso la data di inizio delle negoziazioni, nonché le informazioni funzionali all’esecuzione delle medesime.