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Il regime giuridico delle ICOs. Analisi comparata e prospettive regolatorie italiane

18 Aprile 2019

Avv. Massimiliano Nicotra, Università di Roma Tor Vergata

Di cosa si parla in questo articolo

Il fenomeno delle Initial Coin Offering (di seguito ICO),[1] ossia delle offerte iniziali di token crittografici riconducibili ad una blockchain, è riuscito a determinare una raccolta di capitali dal 2016 al mese di febbraio 2019 pari a 28.703.948.446,07 di dollari statunitensi[2]. È interessante notare che, su tale importo globale, la gran parte (esattamente 21.870.652.959,00 di dollari statunitensi) sono stati raccolti nel periodo da gennaio 2018 a febbraio 2019, e ciò nonostante alcuni interventi da parte delle autorità di regolazione che hanno portato, soprattutto negli Stati Uniti, ad atteggiamenti molto cauti nel proporre tali tipologie di investimento.

Per comprendere in cosa consista l’offerta di criptovalute (ma sarebbe meglio dire di “token” in genere) è opportuno svolgere alcune brevi premesse[3]. La tecnologia blockchain, che è costruita in realtà tramite l’aggregazione di una serie di soluzioni tecnologiche diverse (quali le firme elettroniche, le validazioni temporali, la distribuzione peer-to-peer e la cd. proof of work), poggia le sue basi sul concetto di scarsità,[4] riuscendo a rendere uniche le informazioni digitali e contestualmente consentendone l’imputazione a determinate risorse presenti nel network.[5]

Il concetto di “token”, quindi, utilizzato nell’ambito della tecnologia blockchain è una locuzione sintetica per descrivere una serie di informazioni che, attraverso l’uso della crittografia, sono univocamente assegnate a determinate risorse nell’ambito di un network tramite una o più transazioni verificabili. Tali informazioni possono avere il contenuto più vario. Tipicamente, ed ai fini che qui interessano, i token (o cryptoassets)[6] sono oramai ripartiti in tre diverse categorie principali: a) token di pagamento (ossia criptovalute) caratterizzati dal fatto di essere utilizzati come mezzi di pagamento per l’acquisto di beni o servizi o scambiati come rappresentazione di valore. Queste tipologie non conferiscono diritti nei confronti di un’emittente; b) utility token che permettono di accedere ad un servizio digitale o fisico e comunque hanno la caratteristica di soddisfare un’esigenza di consumo del titolare; c) token di investimento (cd. security token) che si caratterizzano per essere assimilabili ad investimenti finanziari, o, secondo il diritto statunitense, a contratti di investimento, e come tali ricadrebbero nella disciplina dei prodotti finanziari o delle securities[7].

In verità tali distinzioni e classificazioni non possono considerarsi così nette e precise, in quanto, trattandosi di “oggetti software” che possono incorporare diversi diritti – e che sono programmabili liberamente da coloro che li creano – non di rado i token hanno una struttura ibrida tra le varie tipologie sopra descritte[8]. Di tale particolarità si sono accorte anche le autorità di vigilanza chiarendo nei propri report e documenti che ogni Initial Coin Offering andrebbe esaminata come caso a sé stante, al fine di individuare i caratteri essenziali dell’operazione e comprenderne così la disciplina applicabile.[9] Prima di analizzare gli approcci che hanno adottato i vari legislatori e le autorità di regolazione che finora si sono occupati di questo fenomeno sembra opportuno dar conto di come lo stesso si sia espresso. Le Initial Coin Offering si sono distinte per la facilità, fino a tempi recenti, con cui è stato possibile avviare queste iniziative. I promotori delle stesse, non essendovi alcuna forma di regolamentazione, sono stati sia enti collettivi, come società o altre tipologie di forme associative, sia persone fisiche. A fronte di un’idea imprenditoriale il percorso per avviare un’offerta pubblica di vendita di token ha visto usualmente la redazione e pubblicazione, da parte dei promotori, di un cd. “whitepaper”, ossia di un documento con cui viene descritto il progetto imprenditoriale, la funzione del token nell’ambito di tale progetto, le modalità con cui detti token vengono distribuiti sul mercato – fissando spesso dei limiti di raccolta del capitale (cd. soft cap ed hard cap) quali condizioni per il proseguimento o meno del progetto stesso – e proponendo, in alcune ipotesi, degli accordi denominati “SAFT” (Simple Agreement for Future Tokens) diretti a regolare la futura allocazione dei token ancora da emettere. Il progetto, quindi, veniva pubblicizzato attraverso canali Internet, potendo raggiungere un pubblico di investitori in ogni parte del mondo.

Alla pubblicazione del whitepaper facevo seguito la vera e propria raccolta di capitale effettuata tramite lo scambio dei nuovi token contro criptovalute abbastanza diffuse (Bitcoin ed Ethereum), fino al raggiungimento dei limiti (di tempo o di capitale) inizialmente stabiliti dai promotori. Una volta completata la raccolta, il nuovo token veniva poi inserito su una piattaforma di scambio (exchange) in cui poteva essere negoziato. Con le somme raccolte in seguito alla ICO i promotori devono provvedere ad avviare la fase di realizzazione del progetto dichiarato nel whitepaper.

Tale meccanismo ha dato luogo anche a numerose iniziative truffaldine, in cui i promotori una volta raccolto il capitale non solo non hanno provveduto ad avviare le attività di realizzazione del progetto ma, in alcuni casi, raccogliendo prima capitali per poi eliminare ogni traccia dell’iniziativa.[10]

Ciò è tanto vero che l’ESMA (European Securities and Markets Authority) nel novembre 2017 ha pubblicato un avviso agli investitori[11] sottolineando l’assenza di ogni tutela per tali tipologie di investimento, mentre la SEC (Security and Exchange Commission) statunitense ha promosso un’ampia campagna informativa verso gli investitori per metterli in guardia di detti rischi[12] addirittura allestendo un apposito sito internet per la promozione di una finta ICO.

D’altra parte, sia le autorità di controllo sia i legislatori sono intervenuti nel tempo per cercare di inquadrare il fenomeno, con approcci simili ma non del tutto uniformi, tentando di ricondurlo a categorie già note nei mercati finanziari – soprattutto con riferimento alle cosiddette Security Token Offering (STO) in cui l’acquisto del token si configura in maniera analoga ad un investimento di natura finanziaria – con risultati interpretativi quasi coincidenti, ma dando luogo in alcune ipotesi a fenomeni di forum shopping da parte ddei soggetti emittenti, volti a collocare le offerte nei Paesi più favorevoli.

Ci concentremo, quindi, sugli approcci più rilevanti dal punto di vista internazionale, soprattutto per la vicinanza rispetto al nostro ordinamento o per la consistenza del mercato di riferimento.

Stati Uniti d’America

Negli Stati Uniti d’America il primo esame della natura delle Initial Coin Offering, dal punto di vista regolatorio, è stato svolto dalla Securities and Exchange Commission (SEC)[13] con il Report n. 81207 del 25 luglio 2017.

Chi scrive ha già avuto occasione di esaminare il provvedimento[14] evidenziandone i caratteri essenziali. In particolare, la vicenda prendeva le mosse da quanto accaduto nel caso “TheDAO”, uno degli eventi di ampia portata relativo alla tecnologia blockchain che ha coinvolto numerosi soggetti ed in conseguenza del quale è stato posto in essere un “hard fork” della blockchain Ethereum.

TheDAO era una “Decentralized autonomous organization (DAO)”, ossia una serie di smart contract interdipendenti che venivano utilizzati per gestire in maniera decentralizzata decisioni di investimento in progetti presentati ad un comitato costituito dagli organizzatori della DAO.

Lo scopo di TheDAO era quello di operare come una sorta di fondo di investimento, raccogliendo capitale tra il pubblico (tramite lo scambio di DAO Token a fronte di criptovaluta ETH) che poi doveva essere investito in progetti previamente selezionati e successivamente sottoposti alla votazione dei possessori dei DAO Token. Questi ultimi esprimevano il loro voto (proporzionale al quantitativo di DAO Token posseduti) determinando a quali progetti sarebbero poi stati erogati i capitali.

Nel giro di pochi mesi TheDAO riuscì a raccogliere circa 150 milioni di dollari. Il 18 giugno 2016 si verificò una violazione dello smart contract che gestiva i fondi raccolti ed in poche ore furono persi circa 50 milioni di dollari. Per riallocare i fondi fu quindi necessario procedere ad una separazione della blockchain, al fine di poter ripristinare le registrazioni delle transazioni avvenute prima della violazione dello smart contract.

La SEC nel proprio report ha analizzato l’accaduto al fine di stabilire se il caso di specie fosse regolato o meno dalla “Securities Law” statunitense. La Commissione, pertanto, ha dovuto preliminarmente comprendere se l’attività posta in essere dai fondatori di TheDao fosse riconducibile o meno all’offerta di prodotti finanziari (rectius a contratti di investimento) qualificazione da cui, se positiva, discende l’applicazione della normativa sopra richiamata.

A tale scopo l’autorità ha richiamato i principi articolati in una decisione della Corte Suprema statunitense del 1946 (caso SEC v. W.J. Howey Co),[15] oggi conosciuti come “Howey test”.

Sulla base di tali principi una fattispecie concreta rientra nella definizione di “contratto di investimento” in considerazione di un criterio di prevalenza dell’aspetto sostanziale rispetto a quello formale, ossia quando, a prescindere dalla tipologia contrattuale concordata tra le parti mediante l’accordo, si realizzi un “investimento di denaro in un’impresa con la ragionevole aspettativa di profitti derivanti da sforzi manageriali o imprenditoriali di altri”. I tre elementi del test pertanto sono: a) l’investimento in denaro; 2) l’aspettativa di profitto; 3) la circostanza che tale profitto derivi dal lavoro altrui.

Applicando l’Howey test al caso TheDao la SEC ne ha intravisto la natura di contratto di investimento sulla base delle seguenti considerazioni:

  • l’investimento non deve avere natura necessariamente “monetaria”, ma può realizzarsi con altra tipologia di contribuzione di valore. Nel caso di specie il valore era costituito dagli Ether (a cui era associato un valore monetario) conferiti nel progetto in cambio di DAO Token;
  • la partecipazione degli investitori era mossa da un’aspettativa di profitto. I materiali promozionali di TheDAO, infatti, mettevano ben in evidenza l’obiettivo di creare un’entità che avrebbe dovuto finanziare progetti garantendo agli investitori un ritorno economico sull’investimento;
  • il profitto per gli investitori dipendeva da sforzi gestionali altrui, in quanto le decisioni all’interno di TheDao dei progetti da sottoporre alla valutazione di finanziamento erano adottate da un gruppo ristretto di soggetti. I fondatori ed i curatori (ossia persone selezionate per la loro capacità ed esperienza dai fondatori stessi) monitoravano le attività, salvaguardavano gli interessi degli investitori e sceglievano i progetti da candidare per potenziali investimenti. D’altra parte, l’elevato numero di investitori e la loro frammentazione rendeva difficoltosa la creazione di “sindacati di voto” o tentativi di concertazione dello stesso.

La sussunzione nella categoria di contratti di investimento ha determinato la decisione della SEC di ritenere applicabile per il caso TheDAO la Securities Law con i conseguenti obblighi per l’ente emittente di registrare le offerte e vendite delle securities (obbligo non rispettato dagli organizzatori di TheDAO con violazione Sezione 5 della richiamata normativa), di informare i potenziali investitori circa i rischi derivanti dall’investimento, e, d’altra parte, con correlati obblighi di registrazione quali “national securities exchange” per i soggetti che consentivano attraverso le loro piattaforme di scambio la negoziazione dei suddetti token.

Successivamente il 28 agosto 2017 la SEC, tramite il suo “Office of Investor Education and Advocacy”, emanava un comunicato[16] con cui avvertiva i risparmiatori di potenziali frodi relative ad azioni di società che dichiaravano essere coinvolte in ICO nonché della presenza di operazione di manipolazione del mercato. Il 29 settembre 2019 l’Autorità statunitense presentava una denuncia presso la Corte federale di New York nei confronti di due società che avevano collocato token (dichiarando che essi rappresentavano beni immobili e diamanti in realtà inesistenti) attraverso delle ICO[17].

Un importante tassello nella qualificazione delle Initial Coin Offering da parte della Commissione di vigilanza statunitense è rappresentato dall’ordine inibitorio del 11 dicembre 2017 nel procedimento n. 3-18304 nei confronti della Munchee Inc[18].Quest’ultima nei mesi di ottobre e novembre 2017 offriva in vendita i propri token (“MUN” o “MUN token”) con un’iniziativa di pre-vendita che precedeva l’avvio di una vera e propria offerta pubblica. Il caso è rilevante per due specifici motivi: a) innanzitutto la società dichiarava di aver proceduto a svolgere l’Howey test escludendo che gli asset digitali da essa venduti fossero riconducibili alla categoria delle securities; b) in secondo luogo, la principale funzionalità del token era quella di consentire ai possessori di accedere ad una “app”, sviluppata per piattaforma IOS, per la recensione di ristoranti, riconoscendo una remunerazione agli utenti che recensivano gli esercenti presenti sulla piattaforma.

Il progetto, però, prevedeva anche la creazione di un “ecosistema” che oltre alle funzionalità sopra descritte avrebbe consentito anche di vendere pubblicità agli esercizi commerciali presenti nel network, nonché di effettuare acquisti “in-app” utilizzando i MUN token. Nei messaggi promozionali della vendita svolti dalla società emittente, inoltre, veniva enfatizzata l’aspettativa di profitto da parte degli investitori, derivante dall’aumento di valore dei token in conseguenza della maggior diffusione del progetto nonché dalla circostanza che essi sarebbero poi circolati nei mercati secondari.

Nella propria analisi la SEC, partendo dal principio della prevalenza della sostanza sulla forma ai fini della qualificazione della fattispecie concreta, espressamente dichiara che non è sufficiente definire un token come “utility token” per sottrarsi alla regolamentazione delle securities, ma è necessario verificare se, nel caso specifico, ricorrano o meno gli elementi che caratterizzano un “contratto di investimento”.

In particolare, e per gli aspetti che qui interessano, l’Autorità nel proprio ordine pone l’accento sulle aspettative di profitto degli investitori dei MUN token derivanti sia dall’apprezzamento del loro valore in conseguenza della creazione dell’ecosistema descritto dalla società sia dalla loro circolazione in mercati secondari. Tali circostanze, direttamente ricollegate al requisito “lavoro altrui” elemento dell’Howey test sono state ritenute sufficienti dalla Commissione per ricondurre i token nella categoria del contratto di investimento con conseguente applicazione del Securities Act.

Appare utile sottolineare che nel proprio ordine la SEC si preoccupava di chiarire che la fattispecie del contratto di investimento è integrata anche nel caso in cui non siano previsti rendimenti o dividendi ed anche qualora il token abbia un utilizzo pratico (ossia, quando il medesimo abbia il cd. valore d’uso).

La linea interpretativa estensiva adottata dalla SEC per la vicenda relativa al MUN token, confermata nello stesso periodo dal chairman dell’autorità[19] e giustificata principalmente da un obiettivo di tutela del pubblico dei risparmiatori, ha determinato uno stato di incertezza nel mercato statunitense circa la possibilità o meno di utilizzare le ICO quale strumento di raccolta di capitale, implicando una non chiara distinzione tra utility e security token.

Nei mesi successivi la SEC ha condotto varie azioni di tutela, sia rivolte direttamente verso gli emittenti[20] he avevano annunciato iniziative di ICO, sia nei confronti dei cd. exchange in cui venivano scambiati i token, sempre ritenendo l’operatività di tali soggetti non conforme al Securities Act in quanto svolta in assenza delle autorizzazioni ivi previste[21]. Il 22 maggio 2018 in applicazione della linea interpretativa sopra illustrata l’autorità otteneva un provvedimento d’urgenza per inibire una ICO che aveva già raccolto circa 21 milioni di dollari[22].

Il discorso tenuto il 14 giugno 2018 a San Francisco dal direttore della Division of Corporate Finance[23] della SEC può aiutare a comprendere i termini del dibattito. La domanda a cui il direttore tenta di rispondere nel proprio intervento riguarda la possibilità che un asset digitale originariamente offerto come prodotto finanziario (rectius security) possa, nel tempo, diventare qualcosa di diverso. Mentre la risposta negativa è abbastanza netta qualora detto asset rappresenti dei diritti che conferiscono al suo detentore un interesse finanziario in un’impresa, con la conseguente necessità di applicare le regole previste per l’offerta di contratti di investimento, i dubbi emergono nel caso in cui non vi sia – o non vi sia più – un soggetto centrale su cui investire oppure quando l’asset è venduto unicamente per essere utilizzato per acquistare un bene o un servizio nel network in cui è stato creato, ipotesi in cui – chiarisce il funzionario – deve ritenersi esclusa a certe condizioni l’applicabilità delle norme di disciplina dei mercati finanziari[24].

La volontà di intervenire nella regolazione del mercato, contrastando le ipotesi di emissione ed offerta di strumenti assimilabili alle securities in assenza del rispetto delle regole dettate dal Securities Act, è stata confermata da due ulteriori provvedimenti della SEC, entrambi adottati il 16 novembre 2018[25]. Utilizzando i medesimi criteri applicati per i casi TheDao e Munchee la SEC ha ritenuto che le ICO in realtà erano identificabili quali offerte al pubblico di securities, anche se i token non conferivano diritti di rendimento o utili, e ciò in considerazione dell’aspettativa di profitto degli acquirenti derivante dall’aumento di valore nel tempo dei token stessi. Di conseguenza, per entrambe le iniziative venivano emessi ordini di inibizione all’offerta dei token.

Tale approccio della SEC riguardo le ICO, confermato da alcune corti federali[26], ha condotto alcuni autori[27] a domandarsi se sia corretta l’applicazione dell’Howey test per gli asset digitali, ed a proporre dei criteri di distinzione più netti tra i security token e gli utility token. Tali autori propongono l’introduzione di un test volto ad appurare se l’offerta iniziale sia condotta in buona fede e con la reale intenzione da parte dell’emittente di condurre a compimento il progetto che si intende finanziare tramite la vendita dei token affinché gli acquirenti degli stessi abbiano quale scopo primario quello del loro utilizzo e non un ritorno sull’investimento derivante dal loro acquisto[28].

Il dibattito sulla regolazione delle ICO, ed in particolare delle STO, è quindi ancora aperto negli Stati Uniti, tanto che nel mese di dicembre 2018 alcuni deputati hanno introdotto una proposta di legge, denominata “Token Taxonomy Act”[29] volta ad escludere alcune tipologie di asset digitali dalla regolazione del Securities Act del 1933. E’ evidente, però, che fino a quando non vi sarà un intervento chiarificatore a livello federale l’attuale interpretazione adottata dalla SEC ha quale effetto quello di estendere la portata dell’applicabilità delle norme sulle securities anche ad iniziative che solo indirettamente possono essere considerate quali offerte di contratto di investimento, con conseguente applicazione della relativa regolamentazione.

Ciò è confermato anche da un recente documento denominato “Framework for “Investment Contract” Analysis of Digital Assets”[30] il quale, pur non costituendo un documento ufficiale della Commissione, riunisce le linee interpretative che i componenti della stessa adottano nella conduzione dell’Howey test su asset digitali. Analizzando tale documento si evidenzia che il requisito inerente l’aspettativa di profitto proveniente da “sforzi e lavoro altrui” assume connotati così ampli ed eterogenei da poter essere in grado di assorbire all’interno della categoria dei contratti di investimento gran parte delle offerte di token, escludendo unicamente quelle la cui spiccata connotazione di decentralizzazione del network non consente di individuare univocamente un unico soggetto promotore dell’iniziativa.

Continente Europeo

L’approccio adottato dagli organi di vigilanza del continente europeo è in parte differente da quello statunitense.

A livello unionale la European Securities and Markets Authority (ESMA) il 13 novembre 2017 emetteva due comunicati: da una parte veniva allertato il pubblico degli investitori sui possibili rischi derivanti dalle criptovalute[31], dall’altra l’autorità richiamava la disciplina applicabile in tema di investimenti finanziari (quale la cd. direttiva prospetto, MIFID II/MIFIR, il Regolamento PRIIPs, nonché la direttiva a contrasto dei fenomeni di riciclaggio di denaro) evidenziando la possibile applicabilità della stessa in caso di riconducibilità dei token emessi alle categorie degli strumenti finanziari o valori mobiliari.

Più recentemente l’Autorità europea ha emanato un avviso[32]per la Commissione Europea in cui, anche a seguito di un sondaggio condotto presso varie autorità nazionali di vigilanza dei vari Paesi membri dell’Unione Europea, ribadisce l’applicabilità delle normative che disciplinano gli strumenti finanziari ed i valori mobiliari qualora i token siano assimilabili a tali strumenti. In particolare, l’ESMA sottolinea la necessità di un chiarimento regolamentare in merito alle tipologie di servizi ed attività che, nell’ambito di quelli forniti nel contesto delle tecnologie a registro distribuito, debbano considerarsi assoggettati alle regole europee dettate per gli operatori dei mercati finanziari. Anche i meccanismi di liquidazione ed i ruoli dei cd. “miners” richiedono, secondo l’Autorità, una più puntuale regolazione, così come i requisiti di sicurezza del protocollo e degli smart contract che regolano le transazioni.

Relativamente ai token non qualificabili come valori mobiliari l’ESMA suggerisce due opzioni: la prima, che viene considerata quella più appropriata, è di creare un framework regolamentare su misura, ferma rimanendo l’applicazione della disciplina a contrasto del riciclaggio del denaro, che includa anche strumenti informativi per gli investitori; la seconda consiste semplicemente nel ritenere tali tipologie di attività al di fuori dell’ambito di regolazione e di non adottare alcuna azione

D’altra parte, l’ordinamento europeo consente ai singoli Stati di adottare, entro certi margini, approcci differenziati alla regolazione dei mercati finanziari.

Così nel mese di dicembre 2017 la “Financial Conduct Authority” (FCA) inglese ha pubblicato[33]i risultati di una consultazione pubblica sulle “Distributed Ledger Technology”, il cui Allegato 1 contiene alcune considerazioni in tema di regolazione delle ICO, sia relativamente ai profili di diritto penale sia in merito all’inclusione nella regolamentazione dei prodotti CFD (contratti per differenza) basati su criptovalute.

Successivamente, nel mese di gennaio 2019, la stessa autorità ha pubblicato un “Consultation Paper” dal titolo “Guidance on Cryptoassets”[34] in cui precisa le azioni che intende intraprendere per contenere i rischi di frodi e di sicurezza collegati al mercato delle ICO, tra cui l’estensione del perimetro di regolazione per ricomprendere anche tali attività, istituendo un obbligo di registrazione da parte degli emittenti.

In Germania, l’Autorità federale di supervisione finanziaria (Bafin) tedesca ha emanato nel 2018 un comunicato per chiarire gli obblighi a cui devono sottostare i promotori di ICO[35]. L’approccio tedesco chiarisce quale sia la normativa applicabile nel caso in cui il token possa essere assimilato alla quota di un fondo di investimento, ad un titolo partecipativo sul capitale o in genere ad uno strumento finanziario, ricordando anche che, a seconda della configurazione, la negoziazione di token potrebbe essere inquadrata in un’attività bancaria, in un’attività di emissione o come servizio finanziario, richiedendo quindi una previa autorizzazione all’esercizio ed il rispetto della relativa disciplina. L’Autorità tedesca, inoltre, ha anche classificato gli exchange quali sistemi multilaterali di negoziazione, con conseguente applicazione del regime autorizzatorio. D’altra parte, a gennaio 2019 proprio dalla Germania è stata avviata l’offerta della Bitbond Finance GMBH relativa ad un token che, sostanzialmente, si configura quale un’obbligazione societaria la cui circolazione è consentita tramite scambi su blockchain. La società ha provveduto a pubblicare un prospetto informativo[36] conforme alla normativa tedesca (ed europea) e l’acquisto dello strumento finanziario avviene previo espletamento degli adempimenti previsti dalla normativa antiriclaggio.

Nel mese di ottobre 2017 l’Ente francese per la regolamentazione del mercato azionario (AMF) ha pubblicato un discussion paper in pubblica consultazione circa il fenomeno delle Initial Coin Offering. In seguito alle osservazioni ricevute, che sono state rese pubbliche in un apposito documento[37], è emerso che l’opzione preferibile appare quella di creare un nuovo framework normativo diretto a disciplinare i soggetti emittenti e che tenga in considerazione le specificità delle ICO e della tecnologia sottostante, in ogni caso inserendo un meccanismo opzionale di approvazione da parte della AMF in presenza di determinate condizioni e garanzie da parte degli emittenti.

Sempre a livello di interventi da parte dell’autorità di vigilanza non si può omettere di citare il caso della Svizzera.

Il Paese è dichiaratamente favorevole al fenomeno delle ICO ed ha addirittura creato delle apposite zone territoriali, cd. cryptovalley, in cui vengono applicati dei regimi fiscali agevolativi allo scopo di attrarre aziende e startup in ambito blockchain. Già nel mese di febbraio 2018 l’Autorità Federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) pubblicava delle linee guida in merito alle Initial Coin Offering[38]al fine di fornire un supporto interpretativo in merito agli adempimenti necessari per promuovere tali iniziative nello Stato svizzero[39]. La FINMA con tale provvedimento introduceva una categorizzazione dei token distinguendoli sulla base dei diritti che essi conferiscono al loro titolare, secondo la oramai classica tripartizione in token di pagamento, utility token e security token. Le offerte relative a tale ultima tipologia secondo le richiamate Linee Guida devono considerarsi soggette al regime di autorizzazione preventiva da parte dell’Autorità ed in ogni caso gli emittenti devono adempiere alle previsioni contenute nella normativa a contrasto del riciclaggio del denaro.

Successivamente nel mese di settembre 2018, in considerazione delle difficoltà riscontrate dalle banche svizzere per consentire l’apertura di conti correnti ai soggetti che avevano avviato operazioni di ICO, soprattutto per l’assenza in molte ipotesi del rispetto degli obblighi di identificazione degli investitori secondo la KYC, l’associazione delle banche svizzere ha pubblicato un’apposita guida pratica[40]. Infine, nel mese di marzo 2019, in conseguenza dell’approvazione da parte del Parlamento svizzero di una nuova categoria di autorizzazione per le imprese fintech e dell’adeguamento degli spazi esenti dall’ambito autorizzatorio (cd. sandbox) l’Autorità di vigilanza ha avviato un’indagine conoscitiva per l’adeguamento delle circolari emesse che disciplinano tali aspetti.

In sintesi, si può confermare che la Svizzera è tutt’ora un Paese che vede favorevolmente il fenomeno delle ICO ed in cui l’Autorità si pone quale interlocutore nei confronti dei promotori delle iniziative al fine di dirimere, in fase progettuale, eventuali problematiche inerenti all’applicazione della normativa locale.

Malta è il Paese dell’Unione Europea che ha regolato tramite una specifica disciplina normativa le Initial Coin Offering, nell’ambito di un framework regolatorio più ampio sulle tecnologie a registro distribuito adottato dal parlamento il 4 luglio 2018[41].

È stata così creata un’apposita Autorità con il ruolo di autorizzare e vigilare sulle iniziative di raccolta di capitali effettuate tramite l’utilizzo di tecnologie a registro distribuito (Distributed Ledger Technology – DLT), che trovano una loro specifica disciplina in un apposito provvedimento normativo.

In particolare, le norme maltesi introducono una regolazione delle “Initial virtual financial asset offering” che consentono ad un soggetto emittente di “virtual financial assets” di raccogliere fondi tra il pubblico. La legge definisce i “virtual financial asset” (VFA) come qualsiasi forma di registrazione digitale di uno strumento utilizzato come mezzo di scambio, unità di conto o deposito di valore, strumento finanziario o token virtuale, intendendosi con tale ultima definizione uno strumento registrato digitalmente che non ha utilità, valore o applicazione al di fuori di una DLT o che sia emesso e possa essere scambiato con fondi solamente su tale piattaforma e direttamente dall’emittente.

La norma impone agli emittenti di VFA di fornire adeguate informazioni al pubblico tramite la predisposizione di un whitepaper da redigersi secondo uno schema allegato al testo di legge.

Viene, inoltre, prevista una specifica disciplina delle modalità con cui svolgere attività promozionali dell’offerta, ed introdotta la figura del “VFA agent”, che ha il ruolo di svolgere attività di consulenza e di audit nei confronti dell’offerente stesso. L’ammissione alla negoziazione dei VFA può avvenire solamente in seguito ad un procedimento autorizzatorio da svolgersi presso la competente Autorità.

Viene regolata la responsabilità dell’emittente nei confronti di coloro che abbiano acquistato VFA, sia in sede di ICO sia successivamente, per l’inesattezza delle informazioni contenute nel whitepaper, nel sito web o nelle promozioni, qualora dette informazioni si rivelino non veritiere.

Anche una serie di servizi ricollegabili ai Virtual Financial Asset[42] sono condizionati al rilascio di un’apposita licenza da parte dell’Autorità di controllo. Infine, la disciplina introduce specifiche disposizioni per prevenire gli abusi di mercato, la diffusione di informazioni riservate e la manipolazione del mercato stesso.

È importante notare che è espressamente stabilita la salvezza, e non potrebbe essere altrimenti stante la partecipazione dello Stato maltese all’Unione Europea, di tutte le disposizioni che disciplinano gli strumenti finanziari e la moneta elettronica.

Gibilterra, che non è un Paese membro ma è considerato territorio speciale del Regno Unito, ha varato il 12 ottobre 2017 la disciplina dei “Financial Services (Distributed Ledger Technology Providers) Regulations 2017” (LN. 2017/2014) entrata in vigore il 1° gennaio 2018[43]. Anche in tal caso si tratta dell’introduzione di un regime autorizzatorio verso quei soggetti che intendono svolgere servizi basati su DLT i quali sono sottoposti alla vigilanza della Gibraltar Financial Services Commission (GFSC), essendo comunque considerate tali attività rientranti nella generale regolamentazione dei servizi finanziari.

La Repubblica di San Marino, in linea con il percorso iniziato tramite la creazione dell’Istituto per l’Innovazione della Repubblica di S. Marino S.p.A. (denominato San Marino Innovation), ha adottato una propria disciplina delle ICO, tramite decreto delegato del 27 febbraio 2019, n. 37[44] intitolato “Norme sulla tecnologia blockchain per le imprese”.

Tale regolamentazione appare interessante per l’espresso richiamo, in alcuni suoi punti, alle normative europee ed ai principi che disciplinano l’offerta di prodotti finanziari. È necessario ricordare, infatti, che tra l’Unione Europea e San Marino è stata sottoscritta il 22 marzo 2012 una Convenzione Monetaria – da ultimo modificata con decisione UE n. 2018/492 – con cui la Repubblica del Titano si è obbligata ad un progressivo adeguamento della normativa interna a quella europea, ivi compresa la direttiva 2003/71/CE che disciplina i prospetti informativi nonché la Direttiva (UE) 2016/1034 (che modifica la cd. direttiva MIFID II)[45].

La disciplina si prefigge l’obiettivo di essere applicabile “universalmente” a quei soggetti che, seppur non residenti nella Repubblica di San Marino, si avvalgono di sistemi blockchain. In particolare, secondo la normativa sanmarinese una società o altro ente dotato di personalità giuridica – residente a San Marino, in uno Stato membro UE o in Stato extra-UE – può richiedere un apposito riconoscimento all’Istituto per l’innovazione; in conseguenza del rilascio di tale riconoscimento discende l’applicazione della disciplina contenuta nel decreto in commento. Il riconoscimento può essere concesso anche per emissioni di token effettuate in Paesi esteri, attraverso un meccanismo, quindi, che permetterebbe all’emittente di scegliere la giurisdizione e normativa applicabile senza dover necessariamente operare fisicamente dalla Repubblica di San Marino.

In seguito al riconoscimento ed all’iscrizione nell’apposito registro il richiedente assume la connotazione di “Ente Blockchain” ed in quanto tale viene sottoposto, per gli aspetti oggetto di disciplina nel decreto, alla supervisione di San Marino Innovation il quale ha specifici compiti di vigilanza e sanzionatori nei confronti dei soggetti emittenti.

Il decreto è diretto a regolare solamente le offerte – definite “Initial Token Offering” (ITO) – di utility token (denominati “token di utilizzo”) e di security token (denominati “token di investimento”), non contemplando alcuna disciplina per i token di pagamento[46].

In particolare, i token di utilizzo sono qualificati come voucher[47] per l’acquisto di servizi o di beni offerti dall’Ente Blockchain. Secondo la normativa sanmarinese le funzionalità del token devono essere limitate all’accesso ai servizi e/o all’acquisto dei beni dell’Ente Blockchain ed i medesimi possono essere emessi solo ed esclusivamente qualora il bene o il servizio siano già disponibili al momento dell’emissione.

Tali limitazioni relative alle offerte iniziali dei token di utilizzo inducono a ritenere che San Marino abbia voluto precludere alle iniziative imprenditoriali i cui progetti siano ancora in fase di early stage la possibilità di avvalersi di tale strumento di raccolta di capitali, in quanto, soprattutto nel settore tecnologico, nelle fasi iniziali di progetto i fondi tipicamente sono necessari per sviluppare le piattaforme o le applicazioni da cui saranno poi commercializzati i prodotti o servizi oggetti dell’iniziativa.

Inoltre, appare evidente che la normativa è diretta a disciplinare i token di utilizzo strettamente intesi, dato che è richiesto che la loro funzionalità sia limitata ad accedere ai servizi o acquistare i beni dell’emittente, con esclusione, pertanto, dei cd. token ibridi che possono incorporare anche diritti diversi i quali, in alcune ipotesi, li accomunano ai prodotti finanziari.

I token di investimento sono definiti come asset digitali il cui sottostante è costituito: a) da azioni dell’emittente; b) da strumenti finanziari partecipativi dell’emittente; c) da titoli di debito dell’emittente.

La disciplina delle offerte di token è strutturata su tre livelli che si differenziano a seconda della tipologia dell’asset digitale. Il primo livello è informativo, ed impone la pubblicazione di un whitepaper contenente le informazioni previste nell’allegato 2 del decreto nonché regole di accuratezza e non ingannevolezza dei messaggi promozionali dell’offerta. Il whitepaper deve essere redatto in modo tale da costituire un reale strumento informativo per i soggetti che intendono acquistare i token, ed a tal fine viene stabilito che sia accompagnato da una nota di sintesi comprensiva delle informazioni chiave inerenti l’asset digitale e l’investimento.

Qualora si tratti di token di investimento e l’offerta sia rivolta al pubblico[48] il whitepaper è sostituito dalla redazione di un prospetto informativo secondo quanto stabilito dalla direttiva 2003/71/CE che deve essere approvato di concerto tra l’Istituto e la Banca Centrale di San Marino. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in commento San Marino Innovation dovrà emanare un apposito regolamento con cui saranno definiti i requisiti che impongono la pubblicazione di un prospetto.

Il secondo stadio di tutela è relativo agli obblighi di comportamento degli enti emittenti. Vengono stabiliti dei principi di conduzione delle attività in modo onesto ed integro e sono stabilite regole aggiuntive per gli emittenti dei token di investimento tese ad evitare situazioni di conflitto di interesse, a stabilire requisiti organizzativi, amministrativi e di sicurezza.

Infine, il terzo stadio di tutela è dato dai poteri conferiti a San Marino Innovation, che spaziano dalla richiesta di integrazione delle informazioni presenti nel whitepaper alla possibilità di proibire o sospendere l’offerta stessa.

Infine, il decreto 37/2019 della Repubblica di San Marino introduce anche la possibilità di istituire e gestire i rapporti con gli acquirenti dei token tramite un apposito trust, prevede l’esenzione fiscale per i redditi realizzati attraverso le ITO, equiparando a fini fiscali i token di utilizzo alle valute estere ed i token di investimento a strumenti partecipativi[49], e stabilisce l’applicabilità a tutte le operazioni in esso contemplate della normativa a contrasto del riciclaggio di denaro[50].

Esposti così i principali interventi finora adottati sia dalle Autorità di vigilanza e regolazione dei mercati sia da alcuni Paesi che hanno già provveduto ad emanare dei provvedimenti legislativi in materia, non possiamo esimerci da una breve analisi di quanto sta accadendo in Italia.

Nel nostro Paese il dibattito intorno al fenomeno delle criptovalute si è incentrato sugli aspetti qualificatori delle stesse[51], soprattutto in conseguenza del d.l.vo 25 maggio 2017 n. 90 che ha introdotto nel nostro ordinamento la nozione di “valuta virtuale” ai fini dell’estensione della disciplina antiriclaggio[52].

Il fenomeno delle Initial Coin Offering, inteso come offerta al pubblico di rappresentazioni digitali di valore, è stato solo di recente esaminato in maniera più approfondita anche in conseguenza delle prime pronunce della Consob[53]. In tali occasioni l’Autorità di vigilanza ha provveduto alla qualificazione giuridica dell’offerta, individuando nel token offerto in vendita le caratteristiche del “prodotto finanziario”, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. u) del TUF, nell’ambito del quale rientrano sia gli strumenti finanziari (tipizzati dall’elenco contenuto nella Sezione C dell’Allegato I del TUF) sia, più in generale, “ogni altra forma di investimento di natura finanziaria” nel quale ricorrano i tre elementi dell’impiego di capitale, dell’aspettativa di rendimento di natura finanziaria e dell’assunzione di un rischio direttamente connesso e correlato all’impiego di capitale.

Conseguenza della configurabilità del token come prodotto finanziario è, tra l’altro, l’applicazione delle regole in materia di offerta al pubblico e di collocazione e promozione dei prodotti a distanza, e quindi la Consob, rilevato che nel caso concreto l’offerta violava le prescrizioni normative, provvedeva a sospendere le attività promozione della vendita dei token verso il pubblico italiano per poi adottare i provvedimenti definitivi di divieto.

La riconduzione delle ICO nell’ambito delle offerte di prodotti finanziari mentre sembra pienamente plausibile per quei token che possono essere assimilati agli strumenti finanziari, ossia i cd. security token qualora riconducibili nella loro struttura contrattuale ad una delle categorie espressamente indicate dal TUF, con le relative conseguenze in termini di disciplina applicabile, la quale, per precisione, dovrebbe in ipotesi di strumenti finanziari comprendere anche l’impianto disciplinare previsto da MIFID/MIFIR/PRIIPs/MAR, può portare a difficoltà interpretative qualora applicata agli utility token o a quei token che si configurano con caratteristiche ibride.

Al pari dell’elemento dell’Howey test statunitense relativo all’aspettativa di profitto derivante dagli sforzi e lavoro altrui, già precedentemente esaminato, il requisito dell’aspettativa di rendimento di natura finanziaria insito nella nozione di “investimento di natura finanziaria” applicata dalla Consob è, infatti, suscettibile di interpretazione estensiva potendo essere idoneo a far ritenere riconducibili a tale categoria anche strumenti che originariamente vengano offerti al di fuori di uno schema di rendimento finanziario e successivamente collocati in mercati secondari per la facilitazione degli scambi riconvertendosi così in prodotti idonei a generare delle aspettative di rendimento finanziario.

Le incertezze interpretative sopra descritte sembrerebbero comunque destinate a venir meno in quanto la Consob, in data 19 marzo 2019, ha pubblicato un Documento per la discussione denominato “Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività”[54].

E’ stato fatto notare da autorevoli commentatori[55] come tale forma di regolazione costituisca un’innovativa formula di better regulation, in cui viene effettuata una sorta di “istruttoria legislativa” da parte del regolatore acquisendo pareri ed opinioni dal mercato, esperti e consumatori.

Obiettivo del documento, infatti, è proprio quello di avviare un dibattito a livello iniziale sul tema delle offerte iniziali e degli scambi di cripto-attività. L’approccio innovativo consiste nella formulazione di proposte definitorie e di regolamentazione verso le quali l’Autorità richiede che il pubblico esprima osservazioni e commenti.

Preliminarmente, è opportuno sottolineare che il documento mira a proporre una regolamentazione alle offerte e scambi di critpto-attività che non siano univocamente riconducibili nell’alveo degli strumenti finanziari così come definiti dal TUF, per i quali, ovviamente, non può che applicarsi la normativa già in essere[56].

L’obiettivo, quindi, è quello di regolare in maniera uniforme le offerte di utility token e di token cd. ibridi (i quali potrebbero anche presentare alcune caratteristiche dei prodotti finanziari), includendoli in una categoria ad hoc, le cripto-attività, distinta da quella dei prodotti finanziari stessi ottenendo così una semplificazione a livello interpretativo ed eliminando la necessità di un esame puntuale del singolo caso, per giungere a delineare una regolamentazione specifica – diversa da quella dei prodotti finanziari – che tenga conto delle peculiarità del fenomeno.

La prima definizione, quindi, è relativa alle cripto-attività (o crypto-asset) intese quali “registrazioni digitali rappresentative di diritti connessi a investimenti in progetti imprenditoriali”.

In considerazione dell’introduzione nel nostro ordinamento della definizione delle “tecnologie a registro distribuito”[57]quale peculiare tecnologia con cui vengono scambiate le cripto-attività, i caratteri essenziali di quest’ultime vengono individuati ne: a) l’impiego di tecnologie innovative, tipo blockchain, onde incorporare nei token i diritti dei soggetti che hanno investito con l’obiettivo del finanziamento del progetto imprenditoriale sottostante, e b) la destinazione alla successiva negoziazione dei token (crypto-asset), la cui trasferibilità è peraltro strettamente connessa con la tecnologia impiegata, ovvero con la sua capacità di registrare e mantenere l’evidenza della titolarità dei diritti connessi con i crypto-asset in circolazione.

Chiarito così l’oggetto dell’offerta, la Consob con l’obiettivo di non cristallizzare il fenomeno all’interno di schemi rigidi stante la continua evoluzione dello stesso, propone un regime di opt-in per coloro che intendano avviare offerte di critpo-attività in Italia.

Viene pertanto introdotta una disciplina facoltativa a cui l’offerente può scegliere di accedere o meno: nel caso in cui opti per l’adesione il pubblico di investitori avrà maggiori sicurezze circa la serietà dell’iniziativa, potendo essere attuati una serie di controlli e tutele non presenti nel caso in cui l’offerta sia veicolata tramite canali diversi[58].

Il mezzo con cui veicolare l’offerta è principalmente la “piattaforma per le offerte di cripto-attività”, intesa come piattaforma online che abbia come finalità esclusiva la promozione e realizzazione di offerte di cripto-attività di nuova emissione. Tali piattaforme potrebbero essere gestite in primis da coloro che sono autorizzati, ai sensi dell’art. 50 quinquies TUF e del regolamento n. 18592/2013 della Consob, a gestire le piattaforme di equity crowdfunding, la cui attività verrebbe quindi estesa a tali nuovi strumenti. Inoltre, tali nuove piattaforme potrebbero essere gestite anche da soggetti diversi dagli attuali gestori di portali di crowdfunding, a fronte dell’applicazione di analoghi criteri di autorizzazione e sottoposizione alla vigilanza dell’Autorità.

Il documento propone un regime di opt-in anche relativamente alla successiva fase di scambio delle cripto-attività ossia relativamente ai mercati secondati in cui esse possono essere negoziate. I cd. exchange, i quali attualmente non sono soggetti ad alcuna normativa specifica (salvo l’applicazione delle regole per il contrasto del riciclaggio del denaro nei casi previsti dalla legge) potrebbero optare per l’iscrizione in un apposito albo, vincolandosi al rispetto dei requisiti di organizzazione, funzionamento e sicurezza stabiliti dalla Consob[59]. Ciò consentirebbe di fornire al pubblico degli investitori un criterio per valutare la maggior affidabilità della piattaforma di negoziazione, incentivando così la scelta di effettuare le negoziazioni su quelle piattaforme che si sono avvalse del regime facoltativo.

Specificando che il documento in esame si trova tuttora in fase di consultazione, che si concluderà il 10 maggio 2019, il regime delle ICO in Italia che esso delinea potrebbe così sintetizzarsi:

  • per i token assimilabili a strumenti finanziari o prodotti di investimento assicurativi e preassemblati rimane ferma la disciplina oggi vigente derivante dal complesso regolatorio dato dal TUF e dalle norme europee (MIFID/MIFIR/PRIIPs/MAR), ciò anche qualora tali prodotti vengano offerti tramite le piattaforme per le offerte di cripto-attività previste nel documento;
  • per i token ibridi o gli utility token gli emittenti avrebbero due possibilità, secondo il regime di opt-in:
    – procedere all’offerta senza ricorrere alle nuove piattaforme per l’offerta di crypto-attività, correndo però il rischio di un inquadramento del token nella categoria dei prodotti finanziari e relativo assoggettamento alla disciplina applicabile (in particolare l’obbligo di predisposizione del prospetto informativo e quella della promozione e collocamento a distanza), con le relative conseguenze in caso di mancata osservanza;
    – veicolare l’offerta tramite una piattaforma per le offerte di cipto-attività, sottostando alla regolamentazione che sarà stabilita per le stesse, eliminando così qualsiasi incertezza interpretativa circa le regole a cui assoggettare il token e la relativa offerta;
    – nella successiva fase di scambio il token potrà essere collocato presso un exchange autorizzato dalla Consob, sul quale potranno essere scambiati unicamente token previamente offerti tramite le apposite piattaforme, oppure presso un exchange non autorizzato.

In conclusione, non può che condividersi il giudizio complessivamente positivo[60] in merito al documento di consultazione pubblicato dalla Consob, sia relativamente all’approccio adottato per l’emanazione di una regolamentazione in un settore ancora in evoluzione quale quello delle criptovalute, sia, nel merito, rispetto alle scelte proposte che mirano a non creare degli schemi rigidi e prefissati di regolazione.

Si potrebbe affermare che l’obiettivo di proporre una disciplina ad hoc per quei token che in astratto potrebbero ricadere nella definizione di “prodotto finanziario” unito al regime facoltativo di opt-in per gli operatori, mira a creare una sorta di “sandbox” in cui coloro che intendano avviare delle ICO, o offerte iniziali di cripto-attività, riescano ad realizzare il loro progetto in un contesto di certezza giuridica, introducendo nel contempo una serie di requisiti sotto la vigilanza della Consob a tutela del pubblico dei potenziali investitori che sarebbero così in grado di valutare più compiutamente la serietà ed affidabilità degli operatori stessi.

 


[1] Sul tema delle Initial Coin Offering si veda, tra gli altri, J. Wright, R. Aaron, Blockchain-Based Token Sales, Initial Coin Offerings, and the Democratization of Public Capital Markets, 2017, Cardozo Legal Studies Research Paper No. 527; University of Tennessee Legal Studies Research Paper No. 338, disponibile su SSRN: https://ssrn.com/abstract=3048104; A. Rivero, Distributed Ledger Technology and Token Offering Regulation 2018, disponibile su https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3134428; L. Klöhn, N. Parhofer e D. Resas, Initial Coin Offerings (ICOs), Zeitschrift für Bankrecht und Bankwirtschaft 89, 101 (2018); I. M. Barsan, Legal Challenges of Initial Coin Offerings, Revue Trimestrielle de Droit Financier 54-65 (2017); P. M. M. Fromberger, Regulation of Initial Coin Offerings: Reconciling US and EU Securities Laws, 2018, Chicago Journal of International Law, disponibile su https://ssrn.com/abstract=3200037; M. Nicotra, ICO, Initial Coin Offering: una ricostruzione giuridica del fenomeno, 2017, su https://www.blockchain4innovation.it/esperti/ico-initial-coin-offering-ricostruzione-giuridica-del-fenomeno/ tutti visitati il 4 marzo 2019.

[2] Ci sia permesso il richiamo a M. Nicotra, ICO Initial Coin Offering: una ricostruzione giuridica del fenomeno” cit..

[3] Ci sia permesso il richiamo a M. Nicotra, ICO Initial Coin Offering: una ricostruzione giuridica del fenomeno” cit..

[4] Originariamente necessario per superare il problema del cd. double spending in un sistema di pagamento elettronico distribuito quale Bitcoin.

[5]Per un’analisi più approfondita della tecnologia blockchain si rinvia a: R. Garavaglia, Tutto su blockchain, 2018, Hoepli; A. M. Antonopoulos, Mastering Bitcoin: Unlocking Digital Cryptocurrencies, 2015, O’Reilly; Melanie Swan, Blockchain: blueprint for a new economy, 2015, O’Reilly; H. Diedrich, Ethereum: Blockchains, Digital Assets, Smart Contracts, Decentralized Autonomous Organizations, 2016, Wildfire Publishing.

[6] Si veda il Final Report della Cryptoassets Taskforce costituita dalla Financial Conduct Authority (FCA) inglese reperibile all’indirizzo https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/752070/cryptoassets_taskforce_final_report_final_web.pdf visitato il 7 marzo 2019.

[7] Questa tripartizione è stata ufficialmente proposta dalla FINMA (l’Autorità di controllo svizzera dei mercati) nella “Guida pratica alle Initial Coin Offering” pubblicata in data 16/2/2018 (reperibile all’indirizzo https://www.finma.ch/it/autorizzazione/fintech/ visitato il 4 marzo 2019). Essa è stata recentemente riproposta dalla European Banking Authority (EBA) nel “Report with advice for the European Commission on capto-assets” pubblicato il 9/1/2019 e disponibile all’indirizzo https://eba.europa.eu/documents/10180/
2545547/EBA+Report+on+crypto+assets.pdf visitato da ultimo il 4 marzo 2019.

[8] Vi sono state ipotesi di emissione di token con natura di utility e security insieme, in quanto consentivano l’accesso a piattaforme digitali ma contestualmente garantivano un rendimento sull’investimento. Altre tipologie rappresentano beni materiali (come opere d’arte o immobili o pietre preziose) o immateriali (come i diritti di utilizzo di un’opera dell’ingegno o i cd. digital collectables). Esistono poi token che regolano alcuni diritti in maniera particolare, legando ad esempio il passaggio della proprietà di un bene che rappresentano al trascorrere di un determinato lasso di tempo. Come accennato, trattandosi di programmi per elaboratore, i diritti che il token incorpora possono essere i più vari e combinati tra loro in modo da risultare difficilmente sussumibili in categorie già note alla realtà economica o al diritto.

[9] Si vedano i provvedimenti della FINMA e dell’EBA citati sopra.

[10] Per rendersi conto di quante iniziative in realtà sono fallite o poi si sono rivelate delle vere e proprie truffe a danno dei risparmiatori si suggerisce di visitare uno dei seguenti siti internet: https://deadcoins.com/, http://www.coinscamlist.com/, https://icoindex.com/index/scam tutti visitati il 10 marzo 2019

[11] Consultabile a questo indirizzo https://www.esma.europa.eu/press-news/esma-news/esma-highlights-ico-risks-investors-and-firms visitato il 10 marzo 2019.

[12] Si veda il sito internet della SEC all’indirizzo https://www.investor.gov/additional-resources/specialized-resources/spotlight-initial-coin-offerings-digital-assets nonché l’indirizzo internet http://www.howeycoins.com/index.html sempre allestito dall’autorità di controllo statunitense, entrambi visitati il 10 marzo 2019.

[13] Il report è consultabile sul sito internet dell’autorità all’indirizzo https://www.sec.gov/litigation/investreport/34-81207.pdf visitato il 4 marzo 2019.

[14] Si veda M. Nicotra, “ICO Initial Coin Offering: una ricostruzione giuridica del fenomeno” cit. e più in dettaglio in F. Sarzana e M. Nicotra, “Diritto della blockchain, intelligenza artificiale e IoT”, Milano, 2018, p. 144 ss.

[15] La sentenza della Corte Suprema è disponibile su https://supreme.justia.com/cases/federal/us/328/293/ consultato il 4 marzo 2019. La vicenda, da cui prendeva le mosse il caso era relativa ad una società proprietaria di alcuni terreni in Florida che aveva offerto dei contratti sulla base dei quali la stessa si impegnava a coltivare i terreni con agrumi ed agli investitori sarebbe stata riconosciuta, come remunerazione del capitale investito, una parte del raccolto derivante dalla coltivazione. La Suprema Corte statuiva che, anche in assenza di una remunerazione in denaro, il contratto doveva essere qualificato come “contratto di investimento” con la conseguenza della sua sottoposizione alla disciplina del Securities Act.

[16] Reperibile all’indirizzo internet https://www.sec.gov/oiea/investor-alerts-and-bulletins/ia_icorelatedclaims visitato il 4 aprile 2019.

[17] Il comunicato dell’autorità è disponibile all’indirizzo internet https://www.sec.gov/news/press-release/2017-185-0 visitato il 4 aprile 2019.

[18] Il provvedimento è consultabile all’indirizzo https://www.sec.gov/litigation/admin/2017/33-10445.pdf visitato il 4 aprile 2019.

[19] Si vedano le dichiarazioni del 11/12/2017 consultabili al link https://www.sec.gov/news/public-statement/statement-clayton-2017-12-11 visitato il 4 aprile 2019.

[20] Si veda il resoconto dei provvedimenti su https://www.sec.gov/news/press-release/2018-20 visitato il 4 aprile 2019.

[21] Si vedano i provvedimenti citati nei comunicati del 21/2/2018 reperibile su https://www.sec.gov/news/press-release/2018-23 e del 7 marzo 2018 reperibile su https://www.sec.gov/news/public-statement/enforcement-tm-statement-potentially-unlawful-online-platforms-trading entrambi visitati il 4 aprile 2019.

[22] Si veda il provvedimento reperibile su https://www.sec.gov/litigation/complaints/2018/comp-pr2018-94.pdf visitato il 4 aprile 2019.

[23] Consultabile su https://www.sec.gov/news/speech/speech-hinman-061418 visitato il 4 aprile 2019.

[24] Consultabile su https://www.sec.gov/news/speech/speech-hinman-061418 visitato il 4 aprile 2019.

[25] Si tratta del provvedimento conto la Carriereq INC, D/B/A Airfox reperibile al link https://www.sec.gov/litigation/admin/2018/33-10575.pdf e del provvedimento contro la Paragon Coin reperibile al link https://www.sec.gov/litigation/admin/2018/33-10574.pdf entrambi visitati il 4 aprile 2019.

[26] Si veda il caso United States v. Zaslavskiy, No. 17 CR 647 (RJD), 2018 WL 4346339, presso la corte federale di New York al link https://www.courtlistener.com/docket/6317033/united-states-v-zaslavskiy/visitato il 4 aprile 2019.

[27] Vd. M. T. Henderson e M. Raskin, A Regulatory Classification of Digital Assets: Towards an Operational Howey Test for Cryptocurrencies, ICOs, and Other Digital Assets, 2018, Columbia Business Law Review, disponibile su https://ssrn.com/abstract=3265295.

[28] D’altra parte, alcuni criteri circa il corretto inquadramento di una ICO erano stati già anticipati nel discorso tenuto da Hinman. In tale contesto egli proponeva le seguenti domande: a) La creazione del token è diretta al soddisfacimento dei bisogni degli utenti o, piuttosto, è tesa a fini speculativi?; b) Il prezzo è stabilito da terze parti indipendenti o è l’emittente che sostiene il mercato secondario del token o ne influenza in altro modo negoziazioni?; c) La motivazione primaria per acquistare il token è l’uso personale o il suo consumo, rispetto all’investimento? Gli acquirenti hanno fatto delle dichiarazioni circa l’intenzione di utilizzare il token o al contrario intendono effettuare un investimento? I token sono disponibili in correlazione ad un loro uso rispetto all’intento di investimento?; d) I token sono distribuiti in modo da soddisfare le esigenze degli utenti?; e) Esistono incentivi che obbligano a utilizzare prontamente i token sul network o i token possono essere detenuti per lunghi periodi di investimento?; f) Il token è commercializzato e distribuito ai potenziali utenti o al pubblico in generale?; g) Le risorse sono distribuite su una base di utenti diversificata o concentrate nelle mani di pochi che possono esercitare un’influenza sull’applicazione? L’applicazione è pienamente funzionante o nelle prime fasi di sviluppo?

[29] Reperibile all’indirizzo https://www.congress.gov/bill/115th-congress/house-bill/7356/text?format=txt visitato il 4 marzo 2019.

[30] Pubblicato il 3 aprile 2019 e reperibile sul sito Internet dell’autorità al seguente indirizzo https://www.sec.gov/news/public-statement/statement-framework-investment-contract-analysis-digital-assets visitato da ultimo il 4 aprile 2019.

[31] Reperibile su https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma50-157-829_ico_statement_investors.pdf visitato il 4 aprile 2019.

[32] Reperibile su https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma50-157-1391_crypto_advice.pdf

https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma50-157-1391_crypto_advice.pdfvisitato il 4 aprile 2019.

[33] Reperibile su https://www.fca.org.uk/publication/feedback/fs17-04.pdf visitato il 4 aprile 2019.

[34] Reperibile su https://www.fca.org.uk/publication/consultation/cp19-03.pdfvisitato il 4 aprile 2019.

[35] Reperibile su https://www.bafin.de/SharedDocs/Downloads/DE/Merkblatt/WA/dl_hinweisschreiben_einordnung_ICOs.pdf;jse visitato il 4 aprile 2019.

[36] Reperibile su https://www.bitbondsto.com/files/bitbond-sto-prospectus.pdfvisitato il 4 aprile 2019.

[37] Reperibile su https://www.amf-france.org/en_US/Publications/Consultations-publiques/Archives?docId=workspace%3A%2F%2FSpacesStore%2Fa9e0ae85-f015-4beb-92d2-ece78819d4da visitato il 4 aprile 2019.

[38] Reperibile su https://www.finma.ch/it/news/2018/02/20180216-mm-ico-wegleitung/ visitato il 4 aprile 2019.

[39] Per alcune prime considerazioni in merito al provvedimento ci sia permesso di rinviare a M. Nicotra, “Prime considerazioni sulle linee guida dell’Autorità Federale Svizzera per le Initial Coin Offering”, 2018, reperibile su https://nextgenerationcurrency.com/tokens-finma-ico/vistato da ultimo il 4 aprile 2019.

[40] Si veda https://www.swissbanking.org/de/medien/statements-und-medienmitteilungen/eroeffnung-von-firmenkonti-fuer-blockchain-unternehmen-leitfadenvisitato da ultimo il 4 aprile 2019.

[41] Le disposizioni rivolte specificamente alla raccolta di capitali tramite offerte iniziali di criptovalute sono contenute nella legge 44/2018 denominata “Virtual Financial Assets Act, 2018“ reperibile su http://www.justiceservices.gov.mt/DownloadDocument.aspx?app=lp&itemid=29079&l=1visitato il 4 aprile 2019.

[42] Indicati nell’Allegato 2 del provvedimento e che comprendono, ad esempio, la ricezione, trasmissione ed esecuzione di ordini, la gestione di portafoglio l’attività di custodia degli asset o delle chiavi private, l’attività di consulenza, il collocamento e le attività di VFA exchange.

[43] Il testo ufficiale è consultabile su http://www.gibraltarlaws.gov.gi/articles/2017s204.pdf visitato il 4 aprile 2019.

[44] Il cui testo è consultabile al link https://drive.google.com/
file/d/1B2V_jPWNMzfgLOlfY89CgUAVJYf-8qLD/view da ultimo visitato il 4 aprile 2019.

[45] Per un primo commento su tali aspetti relativi al decreto di San Marino si vd. F. Sarzana di S. Ippolito, “Blockchain: San Marino alla prova degli ICO e dei Token digitali. Prodotti finanziari o strumenti finanziari?” consultabile all’indirizzo https://fulviosarzana.nova100.ilsole24ore.com/
2019/03/01/blockchain-san-marino-alla-prova-degli-ico-e-dei-token-digitali-prodotti-finanziari-o-strumenti-finanziari/?refresh_ce=1 da ultimo visitato il 4 aprile 2019.

[46] Come dichiarato nel sito Internet di San Marino Innovation “In questa prima fase si è deciso di non disciplinare le cosiddette criptovalute (o token di pagamento o payment token), dal momento che ad oggi rappresentano una fetta residuale del mercato di riferimento e poiché questa tipologia di token non può prescindere dalle regole del mercato monetario e dei servizi di pagamento”, vd. https://www.sanmarinoinnovation.com/sanmarinoblockchain visitato da ultimo il 4 aprile 2019.

[47] Ispirandosi evidentemente alla qualificazione che era stata fornita dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 14/2018, relativamente all’inquadramento a fini IVA di tale tipologia di token.

[48] Ossia non rientri tra le esclusioni previste alla lett. l), del primo comma dell’art. 1, in presenza di una delle quali si ritiene che l’offerta non sia rivolta al pubblico.

[49] Sul regime fiscale introdotto con la normativa in commento si vd. S. Loconte, “San Marino in prima linea con il decreto Blockchain”, 22 marzo 2019, consultabile su http://www.ipsoa.it/documents/fisco/imposte-dirette/quotidiano/2019/03/22/san-marino-prima-linea-decreto-blockchainvisitato da ultimo il 4 aprile 2019.

[50] Si veda N. Pisanu, “Blockchain per l’antiriclaggio, quali regole: il caso di San marino”, 21/3/2019, su https://www.agendadigitale.eu/documenti/blockchain-per-lantiriclaggio-quali-regole-il-caso-di-san-marino/visitato il 4 aprile 2019.

[51] Tra i vari autori si può rinviare a M. Bellezza, Blockchain, in M.T. Paracampo (a cura di), FinTech, Introduzione ai profili giuridici di un mercato unico tecnologico dei servizi finanziari, Torino, 2017, p. 217; G.L. Greco, Monete complementari e valute virtuali, in M.T. Paracampo, op. cit., p. 197; R. Bocchini, Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche, in Diritto dell’Informazione e dell’informatica, 2017, p. 27; N. Vardi, “Criptovalute” e dintorni: alcune considerazioni sulla natura giuridica dei bitcoin, in Diritto dell’Informazione e dell’informatica, 2015; P. Iemma e N. Cuppini, La qualificazione giuridica delle criptovalute: affermazioni sicure e caute diffidenze, in DirittoBancario online, 8.3.2018, consultabile su http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/la-qualificazione-giuridica-delle-criptovalute-affermazioni-sicure-e-caute-diffidenze; V. De Stasio, Verso un concetto europeo di moneta legale: valute virtuali, valute complementari e regole di adempimento, in Banca, borsa, titoli di credito, 2018, p. 747; E. Girino, Criptovalute: un problema di legalità funzionale, in Rivista di Diritto Bancario, 55, 2018; S. Capaccioli, Bitcoin e criptovalute, in G. Cassano, N. Tilli, G. Vaciago (a cura di), Tutele e risarcimento nel diritto dei mercati e degli intermediari, Milano, 2018, p. 445; F. Sarzana di S.Ippolito e M. Nicotra,Diritto della Blockchain, Intelligenza Artificiale e IoT, Milano, 2018, p. 137 ss.; P. Carrière, “Criptovalute, tokens e ICOs nel vigente ordinamento finanziario italiano: prime note”, 2018, su Dirittobancario online, consultabile su http://www.dirittobancario.it/approfondimenti/fintech/criptovalute-tokens-e-icos-nel-vigente-ordinamento-finanziario-italiano-prime-note visitato il 4 aprile 2019; P. Carrière, Le “criptovalute” sotto la luce delle nostrane categorie giuridiche di “strumenti finanziari”,“valori mobiliari” e “prodotti finanziari”; tra tradizione e innovazione”, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 2, 2019;N. Baresi, Contratto di “cambio” in bitcoin: applicabilità della disciplina sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, 2017, su http://www.dirittobancario.it/giurisprudenza/banca-e-finanza/servizi-di-investimento/contratto-di-cambio-bitcoin-applicabilita-disciplina-commercializzazione visitato il 5 aprile 2019; Massimo Giuliano, L’adempimento delle obbligazioni pecuniarie nell’era digitale, 2018, Giappichelli, p. 165.

[52] Per i primi commenti vd. S. Capaccioli, Nuova normativa antiriclaggio e CambiaValute Virtuali, 2017, su https://www.coinlex.it/2017/06/20/nuova-normativa-antiriciclaggio-e-cambiavalute-virtuali/; A. Galimberti e V. Vallefuoco, Bitcoin, norme italiane apripista sull’antiriclaggio, 2018, su http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2018-01-22/bitcoin-norme-italiane-apripista-sull-antiriclaggio-220436.shtml?uuid=AE16k8mD; R. Berti, Bitcoin e obblighi antiriclaggio, le novità dopo la Direttiva Antiriclaggio UE e il D.Lgs. 90/17, 2018, su http://www.ledgerlex.com/2018/01/02/bitcoin-e-obblighi-antiriciclaggio-le-novita-dopo-la-direttiva-antiriciclaggio-ue-e-il-d-lgs-9017/; M. Nicotra, Le norme su Bitcoin e crittovalute nei diversi Paesi: il quadro, 2018, su https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/le-norme-bitcoin-crittovalute-nei-diversi-paesi-quadro/, tutti visitati il 4 aprile 2019.

[53] Il riferimento è alla Delibera Consob n. 20660 del 21 ottobre 2018, Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “token TGA”, effettuata da Togacoin LTD anche tramite il sito internet https://togacoin.co.m.consultabile al link http://www.consob.it/web/area-pubblica/bollettino/documenti/hide/cautelari/soll/2018/d20660.htm?hkeywords=togacoin&docid=1&page=0&hits=2&nav=truevisitato il 4 aprile 2019, in cui per la prima volta l’Autorità ha sospeso l’offerta verso il pubblico italiano, anche se la società aveva sede nel Regno Unito, di un token ibrido denominato Togacoin. L’offerta si presentava come la partecipazione ad un progetto di creazione di un data center per il mining di criptovalute, garantendo il ritorno sull’investimento tramite i profitti derivanti sia dall’attività di mining sia da attività più “tradizionali” quali la vendita di servizi di hosting/housing, la progettazione e sviluppo di applicazioni e la rivendita di energia elettrica. Su tale delibera si vd. A. Conso e L. Martinotti, Le ICO quali offerte al pubblico di prodotti finanziari nell’ultimo orientamento della Consob, in Dirittobancario online consultabile http://www.dirittobancario.it/news/fintech/le-ico-quali-offerte-al-pubblico-di-prodotti-finanziari-nell-ultimo-orientamento-della-consobed in maniera più estesa P. Carrière, “Le “criptovalute” sotto la luce delle nostrane categorie giuridiche di “strumenti finanziari”,“valori mobiliari” e “prodotti finanziari”; tra tradizione e innovazione”, cit. Si veda inoltre il successivo provvedimento di divieto adottato con Delibera Consob n. 20786 del 22 gennaio 2019, Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico residente in Italia avente ad oggetto “token tga”, effettuata da Togacoin> ltd anche tramite il sito internet https://< togacoin>.comconsultabile al link http://www.consob.it/web/area-pubblica/bollettino/documenti/hide/interdittivi/divieto/2019/d20786.htm?hkeywords=togacoin&docid=0&page=0&hits=2&nav=truevisitato il 4 aprile 2019. Sostanzialmente analoghe le pronunce adottate nei confronti del “Bitsurge Token” ossia la Delibera Consob n. 20741 del 12 dicembre 2018, Sospensione, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. b), del D. lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i contratti su “Bitsurge token” promossa sul sito www.bitsurge.io e sulla pagina facebook “Bitsurge Token”consultabile all’indirizzo http://www.consob.it/web/area-pubblica/bollettino/documenti/hide/cautelari/soll/2018/d20741.htm?hkeywords=cripto&docid=1&page=0&hits=2&nav=trueed il successivo provvedimento adottato con Delibera Consob n. 20845 del 13 marzo 2019, Divieto, ai sensi dell’art. 99, comma 1, lett. d), del D. lgs. n. 58/1998, dell’offerta al pubblico avente ad oggetto i contratti su “Bitsurge token” promossa sul sito www.bitsurge.io e sulla pagina facebook “Bitsurge Token” consultabile all’indirizzo http://www.consob.it/web/area-pubblica/bollettino/documenti/hide/interdittivi/divieto/2019/d20845.htm?hkeywords=cripto&docid=0&page=0&hits=2&nav=trueentrambi visitati il 4 aprile 2019.

[54] Il documento è consultabile al link http://www.consob.it/documents/46180/46181
/doc_disc_20190319.pdf/64251cef-d363-4442-9685-e9ff665323cfvisitato il 5 aprile 2019.

[55] A. Sciarrone Alibrandi, “Offerte iniziali e scambi di cripto-attività: il nuovo approccio regolatorio della Consob”, 2019, in Dirittobancario online, consultabile al link http://www.dirittobancario.it/
editoriali/antonella-sciarrone-alibrandi/offerte-iniziali-e-scambi-di-cripto-attivita-nuovo-approccio-regolatorio-consob visitato il 4/4/2019.

[56] Come espressamente indicato nel documento secondo cui “Quando, invece, una cripto-attività presenta caratteristiche tali da consentire la chiara e indubbia riconduzione all’insieme degli strumenti finanziari (codificati dalla disciplina MiFID) o dei prodotti di investimento (PRIIP, PRIP e IBIP), le relative attività di emissione, negoziazione e post-negoziazione sono evidentemente soggette alle disposizioni europee di armonizzazione previste per gli strumenti finanziari e per i prodotti di investimento, in quanto sovraordinate nella gerarchia delle fonti.”.

[57] Avvenuta con la legge 11 febbraio 2019, n. 12 che ha convertito il decreto legge 14 dicembre 2018 n. 135 recante disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione, il cui art. 8 ter contiene la definizione di tali tecnologie.

[58] Rimane comunque ferma l’applicabilità della disciplina che regola l’offerta di prodotti finanziari qualora l’offerente decida di non avvalersi del regime di opt-in la cripto-attività rivesta le caratteristiche del prodotto finanziario.

[59] Tra detti requisiti vi sono anche procedure per la gestione e prevenzione dei conflitti di interesse nonché alla detenzione di criptovalute che, molto probabilmente, potrebbero in futuro evitare l’accadimento di circostanze analoghe a quelle che hanno portato alla pronuncia del fallimento Bitgrail avvenuta con pronuncia del Tribunale di Firenze, sez. fallimentare, sentenza 21/01/2019 n° 18.

[60] Vd. Sciarrone Alibrandi, “Offerte iniziali e scambi di cripto-attività: il nuovo approccio regolatorio della Consob” cit.

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