La cessione della partecipazione acquisita nella società conferitaria come corrispettivo del conferimento di azienda comprensivo dell’avviamento oggetto di “riallineamento” costituisce un evento che determina la decadenza degli effetti (c.d. “recapture”) del “riallineamento” stesso. Questa posizione, recentemente espressa dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 893/2021, merita particolare attenzione, se non altro perché offre elementi interpretativi che non sembrerebbero coerenti con l’interpretazione sostenuta nella circolare n. 8/2010.
Il maggior valore contabile rilevato su beni immateriali per effetto di operazioni straordinarie fiscalmente neutrali può essere riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (c.d. “riallineamento”) seguendo il regime ordinario (art. 176, comma 2-ter, del TUIR, che consente il “riallineamento” anche su beni materiali) ([1]) ovvero quello disciplinato dall’art. 15, comma 10, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 ([2]). Il maggior valore così riallineato può essere oggetto di trasferimento attraverso una riorganizzazione aziendale priva di riconoscimento fiscale (es: conferimento di azienda), senza che l’operazione comporti la decadenza degli effetti fiscali del “riallineamento”, e il maggior valore riallineato dei beni sarà ammesso in deduzione in capo al soggetto conferitario ([3]). Inoltre, i beni oggetto di conferimento possono comprendere l’avviamento (relazione al d.m. 25 luglio 2008, attuativo del regime di imposta sostitutiva in materia di conferimenti di azienda, fusioni e scissioni, in applicazione dell’articolo 1, commi 46 e 47, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).
Con la circolare n. 8/E/2010, invece, l’Agenzia delle entrate cambia idea, ritenendo che l’avviamento non possa essere più compreso tra le attività oggetto di conferimento di azienda, e ciò anche nell’ipotesi in cui, sotto il profilo contabile, esso sia stato incluso nel valore delle attività dismesse ai fini della quantificazione dell’utile o della perdita da conferimento. Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, l’avviamento continuerebbe ad essere riconosciuto presso il soggetto conferente secondo le regole ordinarie, con l’ulteriore effetto di ridurre il valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e, con esso, quello attribuibile alle partecipazioni ricevute dal soggetto conferente.
Anche se le criticità insite in questa interpretazione sono state ampiamente evidenziate in dottrina ([4]) e in giurisprudenza ([5]), alcune recenti risposte della stessa Amministrazione finanziaria (forse richieste proprio della ennesima proroga della disciplina di rivalutazione e di riallineamento dei beni di impresa prevista dalla legge n. 342 del 2000, prevista dall’art. 110 del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104) offrono l’occasione per formulare ulteriori riflessioni sulla coerenza logico-sistematica dell’interpretazione sottesa alla citata circolare n. 8/2010.
In particolare, nella risposta n. 429/2021 all’Agenzia delle entrate è stato chiesto se all’azzeramento dell’avviamento determinato dalla cessazione di un’attività aziendale acquisita sostenendo una parte di costo a titolo di avviamento potesse applicarsi il regime della sopravvenienza passiva ex art. 101 del T.U.I.R. Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che l’onere derivante dalla eliminazione contabile dell’avviamento, poiché espressione della sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all’art. 87 del TUIR, potesse concorrere alla determinazione del reddito del periodo stesso in cui è avvenuta tale cancellazione nei limiti del valore fiscale non ammortizzato del bene, ai sensi dell’art. 101, comma 4, del TUIR.
Pertanto, sembrerebbe che il medesimo onere (derivante dalla derecognition contabile dell’avviamento causata dal venir meno di un’attività aziendale) abbia ricevuto due qualificazioni fiscali differenti: con la posizione assunta dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 8/2010 esso è stato qualificato come costo residuo da continuare a riconoscere con il prosieguo dell’ammortamento, mentre con la risposta n. 429/2021, gli è stata attribuita la qualificazione fiscale di sopravvenienza passiva. In altre parole, applicando il criterio recentemente adottato nella risposta n. 429/2021, ritenendo – come sostiene l’Agenzia delle entrate – che gli avviamenti non siano trasferibili con i conferimenti di azienda, per il soggetto conferente il costo fiscalmente riconosciuto di tale avviamento dovrebbe concorrere integralmente alla formazione del reddito imponibile del periodo di imposta in cui avviene la derecognition contabile del bene (cioè nel periodo in cui viene realizzata la riorganizzazione aziendale) e non continuando il processo di deduzione ex art. 15, comma 10, del d.l. 185/2008, ovvero il processo di ammortamento ordinariamente previsto.
Successivamente, nella risposta n. 476/2021, per il riallineamento di avviamenti “multipli” (ossia originati dall’acquisizione di differenti business unit), l’Agenzia delle entrate ha sostenuto che la facoltà di riallineare l’avviamento può essere esercitata soltanto per il valore complessivo dell’avviamento iscritto in bilancio.
Questa posizione presenta varie criticità, tra le quali quella di non poter adeguatamente identificare i valori fiscalmente riconosciuti degli avviamenti e, conseguentemente, la corretta differenza tra il maggior valore contabile dell’avviamento da sottoporre al regime di riallineamento. Ad esempio, un soggetto Oic-adopter potrebbe avere un avviamento con un valore contabile maggiore di quello fiscale (perché originato da riorganizzazione fiscalmente irrilevante) e quindi riallineabile, ed un avviamento con una posizione simmetrica (e quindi non riallineabile). La somma algebrica di questi differenziali potrebbe dar luogo a una eccedenza complessiva di valori contabili (ad esempio pari a zero) ([6]) non espressiva dei singoli maggiori valori contabili effettivi, cioè rilevati distintamente su ogni avviamento contabilizzato, iscritto in bilancio e, in quanto tale, riallineabile.
Poi si è giunti al 31 dicembre 2021, con la risposta 893/2021 che sembrerebbe consentire il trasferimento dell’avviamento per effetto di un conferimento aziendale, salvo poi ritenere esistente una causa di decadenza nella cessione di partecipazioni acquisite nella società conferitaria per effetto del conferimento di azienda comprensiva dell’avviamento riallineato. Pur richiamando nella risposta in commento la circolare n. 8/2010, l’Agenzia delle entrate sembrerebbe ometterne l’applicazione, perché il bene riallineato (l’avviamento) viene considerato realizzato (non con il conferimento ma) con la cessione delle partecipazioni acquisite col conferimento durante il periodo di sorveglianza, con la conseguenza di far scattare la “recapture rule”.
Questa interpretazione presenterebbe almeno i seguenti elementi di criticità.
In primo luogo, se nei conferimenti di azienda o rami di azienda deve essere seguito il criterio chiarito dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 8/2010, ne dovrebbe conseguire che l’avviamento non potrà mai essere realizzato (né prima né dopo ma nemmeno) durante il periodo di sorveglianza, perché il riconoscimento fiscale dell’avviamento residuo sarà sempre ammesso in deduzione in capo al soggetto conferente/cedente. Infatti, come affermato dall’Agenzia delle entrate, il valore fiscale del ramo aziendale conferito sarà determinato senza considerare il valore dell’avviamento riallineato, e qualora dal conferimento dovesse comunque emergere un avviamento, esso sarà un asset differente da quello “riallineato” e, in quanto tale, potenzialmente riallineabile ex art. 15, comma 10, del decreto legge n. 185/2010.
Inoltre, seguendo la alternativa tesi di avviamento trasferibile nell’ambito di un conferimento di azienda, non è chiaro se l’evento che genera la decadenza degli effetti del riallineamento sia, non soltanto il realizzo fiscale del ramo aziendale contenente l’avviamento da parte della conferitaria, ma anche la cessione della partecipazione acquisita nella conferitaria (che l’istante definisce “cessione indiretta dei beni riallineati”). A ben guardare, con quest’ultima operazione l’avviamento (riallineato e trasferito per effetto del conferimento) non viene “realizzato”, circostanza che non dovrebbe determinare il “recapture” del riallineamento. L’avviamento, infatti, continua ad essere fiscalmente riconosciuto all’interno del ramo aziendale cui faceva parte quando è stato riallineato, senza che quest’ultimo compendio dalla data del riallineamento sia stato oggetto di un trasferimento fiscalmente realizzativo. In altri termini, il recapture degli effetti del riallineamento dovrebbe scattare soltanto in presenza di cessione diretta del ramo aziendale contenente l’avviamento. La stessa Agenzia delle entrate, tra l’altro, nella circolare n. 8/2009 ha chiarito che “…la stessa società conferente avrà diritto allo scomputo dell’imposta sostitutiva ai sensi degli articoli 22 e 79, nell’ipotesi in cui i beni affrancati vengano realizzati dalla società conferitaria prima della scadenza del periodo di sorveglianza” ([7]).
In estrema sintesi, alla luce dei suddetti chiarimenti dell’Agenzia delle entrate, che non sembrerebbero essere allineati a quanto espresso nella circolare n. 8/2010, è auspicabile che la stessa Amministrazione finanziaria quanto prima delinei un quadro interpretativo definitivo, sia pro-futuro che con riguardo agli effetti fiscali in corso delle operazioni straordinarie già realizzate, in merito ai seguenti aspetti:
- se il valore fiscalmente riconosciuto dell’avviamento è trasferibile per effetto di un’operazione di conferimento;
- laddove l’avviamento fiscalmente riconosciuto non fosse trasferibile per effetto del conferimento (come sostenuto nella più volte citata circolare n. 8/2010), se il valore di tale asset che residua in capo al soggetto conferente sia integralmente deducibile nel periodo di imposta in cui avviene la cancellazione dell’avviamento dal bilancio d’esercizio;
- che la cessione della partecipazione acquisita nella conferitaria non dà luogo alla decadenza degli effetti del riallineamento dell’avviamento, anche se esso è stato fiscalmente trasferito al soggetto conferitario.
([1]) L’art. 176, comma 2-ter, del TUIR (richiamato per le fusioni e scissioni, rispettivamente, dall’art. 172, comma 10-bis, e art. 173, comma 15-bis, del TUIR) consente alla società conferitaria di optare per l’applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali relativi all’azienda ricevuta, di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive (con aliquota del 12 per cento nel limite di 5milioni di euro dei maggiori valori contabili, del 14 per cento sulla parte dei maggiori valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e del 16 per cento sulla parte dei maggiori valori contabili eccedenti i 10 milioni di euro). I maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata l’opzione.
([2]) Il regime di riconoscimento anticipato ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive dei maggiori valori di alcuni beni di impresa previsto dall’art. 15 in commento consente ai contribuenti di assoggettare, in tutto o in parte, i maggiori valori attribuiti in bilancio all’avviamento, ai marchi d’impresa e alle altre attività immateriali originati da conferimenti di azienda, fusioni o scissioni all’imposta sostitutiva con l’aliquota del 16 per cento, versando in unica soluzione l’importo dovuto entro il termine di versamento a saldo delle imposte relative all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione. Tali maggiori valori si considerano riconosciuti fiscalmente a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è versata l’imposta sostitutiva, e sono ammessi in deduzione in misura non superiore ad un quinto di tali maggiori valori, a prescindere dall’imputazione al conto economico a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello nel corso del quale è versata l’imposta sostitutiva. A partire dal medesimo periodo di imposta sono deducibili le quote di ammortamento del maggior valore delle altre attività immateriali nel limite della quota imputata a conto economico. La misura originaria di deducibilità dei maggiori valore di avviamento e marchi era di un nono, poi ridotta a un decimo a decorrere dal periodo di imposta in corso al 26 febbraio 2011 (art. 2, co. 59, d.l. 30 dicembre 2010, n. 255, conv., con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10) e successivamente aumentata a un quinto a decorrere dal periodo di imposta successivo in corso al 31 dicembre 2015 (art. 1, comma 95, legge 28 dicembre 2015, n. 208).
([3]) Infatti, è stato chiarito che le operazioni fiscalmente neutrali (conferimenti, fusioni e scissioni) non costituiscono una fattispecie “realizzativa” idonea a determinare un’ipotesi di decadenza dal regime del riallineamento (Agenzia delle entrate, circolari nn. 57 del 2008 e 8 del 2009).
([4]) M. Leo, Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Milano, e Norma di comportamento Associazione italiana dottori commercialisti, giugno 2011 n. 181 “Conferimento d’azienda e regime fiscale dell’avviamento”.
([5]) Commissione tributaria regionale Lombardia, sentenza n. 4556/2019.
([6]) Se una società ha rilevato contabilmente due avviamenti aziendali, l’avviamento “A” con valore contabile 110 e valore fiscale 90, e l’avviamento “B” con valore contabile 90 e valore fiscale 110, il valore contabile complessivo è pari a 200, già allineato al relativo valore fiscale, determinando l’assenza del presupposto applicativo del “riallineamento”. Viceversa, dovendo analizzare il regime di “riallineamento” per ogni avviamento, sarebbe riallineabile soltanto l’avviamento “A”.
([7]) La cessione di partecipazioni può rappresentare un evento di recapture del regime di riallineamento soltanto se ad essere stato riallineato è stato, appunto, il maggior valore delle partecipazioni (art. 15, commi 10-bis e 10-ter, del d.l. n. 185/2008), circostanza che non si verifica nell’ipotesi oggetto di interpello nella risposta n. 893/2021.