Il delitto di ricorso abusivo al credito ex art. 2018 del r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare) assorbe il reato di truffa ai danni della banca, essendo identiche le due condotte e ricorrendo, quindi, un’ipotesi di concorso apparente di norme penali.
Difatti, il delitto di ricorso abusivo al credito ha un’oggettività giuridica più ampia di quello di truffa, atteso che il disvalore di questo delitto viene assorbito in quello del reato fallimentare che è volto a tutelare non solo il patrimonio del nuovo creditore ma anche quello dei creditori preesistenti e comunque ad evitare, nell’interesse pubblico dell’economia nazionale, che soggetti destinati al fallimento facciano ricorso al credito distruggendo risorse economiche che potrebbero essere impiegate più proficuamente.
Proprio per tale ragione, il delitto di ricorso abusivo al credito si caratterizza per più elementi specializzanti rispetto alla truffa, ossia per la particolare qualità che deve rivestire il soggetto attivo e la necessità che alla condotta segua la sentenza dichiarativa di fallimento, necessaria affinché il danno non resti limitato al soggetto che ha concesso nuovo credito.