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Attualità

Il ricorso alla segnalazione di pregi da parte intermediari svizzeri

22 Ottobre 2019

Alberto Manfroi, Partner, Anna Travanini, Associate, Atrigna & Partners

Ai fini della disamina dell’attività di segnalazione di pregi giova, preliminarmente, dare atto della mancanza di una definizione, dal punto di vista normativo e regolamentare, dell’attività in oggetto.

E’, tuttavia, possibile definire quali siano gli aspetti fondamentali che caratterizzano tale attività, la quale si sostanzia nella mera segnalazione, da parte del c.d. segnalatore di pregi (il quale può essere una persona fisica o giuridica), della denominazione e della sede di un intermediario autorizzato, nonché nella generica enunciazione dei pregi di quest’ultimo senza svolgimento di alcuna attività promozionale o contrattuale a favore e nell’interesse dell’intermediario relativamente ai servizi dallo stesso prestati; tale attività promozionale o contrattuale, infatti, dovrà essere svolta dall’intermediario attraverso suoi funzionari o consulenti finanziari abilitati all’offerta; qualora alla descritta attività di mera segnalazione si dovesse poi affiancare un’attività promozionale circa i servizi prestati dall’intermediario, in talune circostanze potrebbero trovare applicazione i rimedi previsti dalla legge[1].

Ciò premesso, va precisato che ogni tipo di considerazione che si intenda svolgere, in relazione ai casi concreti in cui la segnalazione di pregi viene effettuata, varia a seconda dell’ambito e in rapporto alle attività e ai servizi per i quali la stessa viene posta in essere.

In particolare, la figura del segnalatore di pregi si differenzia a seconda che l’attività prestata abbia ad oggetto servizi bancari – con conseguente applicazione della disciplina di cui al Testo Unico Bancario – ovvero servizi di investimento – con conseguente applicazione della disciplina prevista dal Testo Unico Finanziario.

In relazione ai servizi bancari, quali la concessione di finanziamenti, il D.lgs. 1° settembre 1993 n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, c.d. “TUB”), nel definire l’attività degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori, ne riserva l’esercizio ai soli soggetti iscritti nel predetto elenco tenuto dall’OAM, sancendo in tal modo un principio di esclusività dell’attività, salvo per le attività connesse o strumentali (cfr. art. 128 quater, comma 1 del TUB per gli agenti e art. 128 sexies, comma 3 del TUB per i mediatori).

Nell’ambito della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, quindi, l’attività di segnalazione viene considerata come parte integrante della mediazione o dell’agenzia e, per tale ragione, è richiesta necessariamente l’iscrizione negli elenchi dell’OAM. Va precisato che questa impostazione è valida tanto nel caso in cui l’attività di segnalazione sia posta in essere da una persona giuridica quanto da una persona fisica.

Con riferimento, invece, alla fattispecie relativa alla segnalazione di servizi di investimento, si può affermare che questa sia consentita a qualunque soggetto, anche non iscritto ad alcun albo, sebbene con delle limitazioni e nel rispetto di precise indicazioni fornite dalla Consob[2].

Il punto sul quale insiste l’Autorità è quello di tenere distinta l’attività di segnalazione di cui supra dall’attività di offerta fuori sede, poiché in quest’ultimo caso il soggetto deve necessariamente essere un consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede. Ciò che viene segnalato, oltre alla sede e alla denominazione dell’intermediario, può anche essere una generica enunciazione dei pregi, ma non deve mai giungere, ad esempio, alla descrizione dei servizi offerti. È necessario, quindi, che l’attività di segnalazione si svolga in una fase diversa da quella propriamente negoziale, escludendo in modo assoluto qualsiasi attività promozionale e contrattuale da parte del segnalatore.

Nell’ipotesi in cui gli intermediari ritengano di legare il compenso dei segnalatori a componenti riferite ai risultati dell’attività prestata, si dovranno fare particolari controlli sull’attività svolta da tali soggetti; infatti, si ritiene che un meccanismo di remunerazione legato ai risultati ottenuti risulti inidoneo a indurre i segnalatori a non limitare la propria attività a una mera segnalazione di pregi, ma ad estenderla ad una effettiva promozione dei servizi offerti dall’intermediario. Di conseguenza, l’intermediario che abbia optato per simili modalità di retribuzione potrebbe essere chiamato a dimostrare la conformità del proprio contegno all’obbligo di avvalersi di consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede per l’attività di promozione e collocamento fuori sede, in modo tale da dimostrare che l’attività del segnalatore non si estenda a una vera e propria promozione[3].

Gli intermediari saranno, infine, tenuti a svolgere un’attività di prevenzione e controllo circa l’operato dei segnalatori anche relativamente all’inquadramento di questi ultimi nella rete commerciale e quindi nella loro attività fuori sede.

In conclusione, mentre l’attività di segnalazione dei servizi tipicamente bancari può essere svolta esclusivamente dai soggetti iscritti negli appositi elenchi dell’OAM, nell’ambito dei servizi di investimento, invece, la predetta attività, non essendo sottoposta a riserva, può essere effettuata da qualsiasi soggetto, purché si rispettino i limiti esposti, sia in tema di modalità della segnalazione sia in tema di remunerazione, senza che essa possa in alcun modo sfociare o essere ricondotta, anche di fatto, nell’attività di promozione, espressamente riservata ai soggetti abilitati.

Fatte tali premesse, si prenda ora in esame la sentenza dell’8 marzo 2019 del Tribunale amministrativo federale[4].

Nel caso di specie, in data 7.8.2018 la Consob domandava all’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (di seguito: FINMA) la concessione dell’assistenza amministrativa internazionale al fine di ottenere dalla ricorrente in giudizio (un intermediario finanziario svizzero sottoposto alla vigilanza della FINMA) alcune informazioni con riferimento a 18 segnalatori della ricorrente che avevano svolto attività di segnalazione in Italia; in particolare, la Consob richiedeva, per ciascuno dei 18 segnalatori:

  • il periodo di operatività dell’accordo di segnalazione di pregi;
  • se l’attività svolta si sia limitata alla “indicazione ai potenziali clienti della denominazione, sede e ogni altro elemento identificativo della società e dei dipendenti o di eventuali promotori finanziari della società cui rivolgersi per ottenere informazioni” (così come previsto dall’art. 2 del contratto di segnalazione pregi); in caso contrario, la descrizione dell’ulteriore attività svolta;
  • i nominativi di tutti i clienti residenti in Italia introdotti dai segnalatori;
  • i dati dei soggetti che hanno ricoperto l’incarico di amministratore della ricorrente nel periodo 2013-2018.

La Consob motivava tale richiesta adducendo che stava svolgendo un’indagine[5] ai fini di accertare l’esistenza di un’ipotesi di prestazione abusiva in Italia di servizi di investimento da parte della ricorrente posto che la medesima non risultava autorizzata a prestare professionalmente alcun servizio o attività di investimento nei confronti di soggetti con residenza in Italia.

Infine, secondo la Commissione, l’esistenza di 18 segnalatori rappresentava un chiaro segnale del fatto che la ricorrente intendesse destinare i propri servizi di investimento anche al pubblico italiano.

Al fine di indagare la reale volontà della ricorrente circa la ricerca di clienti sul territorio italiano tramite terzi collaboratori, la Consob riteneva pertanto necessario acquisire i dati dei clienti in Italia introdotti dai segnalatori[6].

Pertanto, la FINMA informava la ricorrente circa la richiesta presentata dalla Consob e successivamente, la ricorrente forniva alla FINMA parte delle informazioni richieste, chiedendo una proroga per riferire i dati dei clienti residenti in Italia introdotti dai 18 segnalatori. Alla scadenza della proroga la ricorrente forniva la lista dei clienti omettendo, tuttavia, l’indicazione dei nominativi di questi ultimi per questioni di confidenzialità e segretezza nel rapporto di affari con i medesimi.

La FINMA ordinava, quindi, alla ricorrente di fornire i nominativi e i recapiti dei clienti residenti in Italia introdotti dai segnalatori identificati, in quanto sussistente l’obbligo per la stessa ricorrente di collaborare alla procedura di ricerca di informazioni.

Contro tale decisione, la ricorrente adiva il Tribunale amministrativo federale per ottenere l’annullamento della decisione impugnata, sostenendo che la FINMA avesse violato, altresì, il principio di sussidiarietà, il quale imporrebbe che l’Autorità rogata dia seguito alle domande di assistenza esclusivamente ove vengano richieste informazioni che l’Autorità rogante (nel caso di specie Consob) non possa reperire nel proprio territorio con i propri mezzi di indagine.

Nel caso di specie, oggetto del contendere è, quindi, la decisione della FINMA (impugnabile appunto avanti al Tribunale amministrativo federale, con la quale è stato intimato alla ricorrente di fornire i dati dei clienti residenti in Italia introdotti dai segnalatori).

Il Tribunale adito ha, affermato che “i clienti italiani della ricorrente ben potrebbero far luce sulle circostanze esatte in relazione a possibili eventuali contatti intrattenuti con la medesima e i suoi segnalatori, al fine di mettere in chiaro se la ricorrente offra servizi di investimento in Italia”, non essendo invece sufficienti le indagini svolgibili dalla Consob con i propri mezzi sul territorio nazionale, giungendo, quindi, alla conclusione che l’ordine dato alla ricorrente di fornire i dati dei clienti residenti in Italia sia conforme all’art. 29 cpv. 1 LFINMA in combinato disposto con l’art. 42 LFINMA.

La decisione appare particolarmente significativa in relazione al tema dell’offerta abusiva in Italia di servizi di investimento e alla riconducibilità a tale fattispecie di determinati comportamenti posti in essere da intermediari extra UE rivolti a soggetti residenti in Italia.

In particolare, ci si riferisce ai casi in cui vengono conclusi accordi di segnalazione di pregi in forza dei quali siano riconosciute a questi determinate utilità economiche a fronte dell’attività di segnalazione, svolta appunto nei confronti di soggetti residenti (anche) in Italia, dei pregi e delle caratteristiche (per noi dire dei servizi e/o dei prodotti) dell’intermediario extra UE.

Ebbene, la vicenda in commento appare particolarmente significativa nella misura in cui dimostra come la mera conclusione ed esecuzione di accordi di segnalazione di pregi sia indicativa di un’attività di ricerca di interessi diretta a soggetti residenti in Italia in relazione alla prestazione di servizi di investimento, in assenza di autorizzazione.

E’ noto[7], infatti, come l’elemento caratterizzante la prestazione di servizi di investimento in Italia che, lo si ricorda, forma oggetto di riserva di legge, non sia tanto la prestazione sul suolo italiano del servizio stesso, quanto invece lo svolgimento di un’attività di ricerca di interessi, quindi in qualche modo, promozionale dei servizi stessi rivolta a soggetti residenti in Italia.

In questo senso il ricorso a segnalatori di pregi da parte di soggetti extra UE rappresenterebbe di per sé l’elemento qualificante la prestazione del servizio in assenza di autorizzazione e ciò a prescindere da ogni aspetto relativo alla (eventuale) remunerazione del segnalatore che, al più, potrebbe assumere rilievo in termini di aggravamento del quadro probatorio.

 


[1] In particolare, l’esercizio abusivo dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede è punito con la reclusione da uno a otto anni e la multa da Euro 4.000,00 a Euro 10.000,00, ai sensi dell’art. 166 del D.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 (c.d. Testo Unico della Finanza).

[2] La Consob, infatti, ha precisato che “l’attività consistente nella mera segnalazione della denominazione e della sede di un intermediario autorizzato, nonché nella generica enunciazione dei pregi del medesimo, senza svolgimento di alcuna attività promozionale o contrattuale a favore nell’interesse dell’intermediario relativamente ai servizi dallo stesso prestati non rappresenta un’effettiva offerta di servizi di intermediazione mobiliare” (Comunicazione Consob n. DIN/2049119 del 15-7-2002).

[3] L’Autorità di vigilanza ha più volte sottolineato, infatti, che è onere dell’intermediario approntare apposite procedure e, in particolare, un sistema di controlli idoneo a scongiurare che l’attività del segnalatore si estenda a una vera e propria promozione (cfr. Comunicazione Consob n. DIN/2049119 del 15 luglio 2002).

[4] V. allegato Sentenza 8 marzo 2019 del Tribunale amministrativo federale.

[5] Indagine svolgibile ai sensi degli artt. 166 e 190 del TUF, i quali prevedono, rispettivamente, l’applicazione di sanzioni amministrative e penali nei confronti di coloro che svolgono servizi ed attività di investimento in Italia senza autorizzazione.

[6] A tal proposito, la Consob confermava il vincolo del suo personale al segreto professionale ai sensi dell’art. 4 TUF.

[7] Si vedano in particolare le Comunicazioni Consob n. DAL/RM/96008296 del 1996 e DI/99052838 del 1999.

 

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