Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione si sofferma sulla rilevabilità d’ufficio, da parte della Corte di Appello, dei motivi di inammissibilità della proposta di concordato preventivo. Più in particolare, la Cassazione precisa quali siano i poteri del giudice di secondo grado quando il giudizio abbia ad oggetto il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento emessa a seguito del rigetto della proposta di concordato e nessuna delle parti in causa abbia sollevato specifiche questioni sull’ammissibilità del concordato.
Difatti, è opportuno ricordare che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 342-345 c.p.c., la mancata riproposizione di domande in sede di appello comporta il consolidamento delle questioni non controverse (c.d. giudicato interno). Pertanto, il giudice d’appello, salvi i casi di legge, non può fondare la propria decisione su ragioni di fatto o di diritto diverse da quelle indicate dal tribunale di primo grado. Tuttavia, tale principio per alcuni procedimenti non trova applicazione.
Richiamando un proprio orientamento consolidato (Cass. nn. 6306/14, 6835/14), la Corte precisa che il giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento ha natura pienamente devolutiva, estendendosi pertanto la cognizione del giudice all’intero tema controverso. Se, come nel caso di specie, il fallimento è dichiarato a seguito della affermata inammissibilità della proposta di concordato, la cognizione del giudice, che, se del caso, può avvalersi dei poteri officiosi di cui all’art. 18 L. Fall., ricomprende altresì la valutazione dei motivi di inammissibilità del concordato.