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Giurisprudenza

Il sequestro preventivo del profitto derivante da reati tributari prevale sull’interesse dei creditori concorsuali

21 Gennaio 2022

Enrico Pezzi, assegnista di ricerca in Diritto penale, Università degli Studi di Trento

Cassazione Penale, Sez. III, 18 febbraio 2021, n. 26874 – Pres. Izzo, Rel. Andronio

Di cosa si parla in questo articolo

La Cassazione torna ad occuparsi del rapporto fra sequestro preventivo del profitto derivate dalla commissione di reati tributari e procedure concorsuali, ribadendo il proprio consolidato orientamento secondo cui il sequestro “prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto dell’apertura della procedura concorsuale, attesa l’obbligatorietà della misura ablatoria alla cui salvaguardia è finalizzato il sequestro. Il rapporto tra il vincolo imposto dall’apertura della procedura concorsuale e quello discendente dal sequestro, avente ad oggetto un bene di cui sia obbligatoria la confisca, deve essere risolto a favore della seconda misura, prevalendo sull’interesse dei creditori l’esigenza di inibire l’utilizzazione di un bene intrinsecamente e oggettivamente ‘pericoloso’, in vista della sua definitiva acquisizione da parte dello Stato” (cfr., ex multis, Sez. III, 01 marzo 2016, n. 23907; Sez. III, 09 febbraio 2017, 28077).

In adesione a tale principi, la coesistenza del sequestro e di una procedura concorsuale (in cui si sia insinuata l’Agenzia delle Entrate per i crediti riconducibili alle ipotesi delittuose contestate) non determinano una duplicazione della tutela del credito tributario e nemmeno una lesione della par condicio creditorum, stante la sostanziale diversità sussistente fra lo strumento penale della confisca e la procedura amministrativa di riscossione del credito erariale. Mentre il sequestro ha ad oggetto il profitto del reato tributario, ossia il risparmio economico derivante dalla sottrazione di determinate somme alla loro destinazione fiscale e non anche le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito (che rappresentano invece il costo del reato stesso), la procedura di riscossione è diretta al recupero delle somme evase, degli interessi e delle sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento tributario (in proposito anche Sez. III, 21 settembre 2016, n. 19994; Sez. III, 20 gennaio 2017, n. 28047. Per approfondimenti cfr. Bontempelli, Paese, La tutela dei creditori di fronte al sequestro e alla confisca, in Pen. Cont., 2/2019, 123. Con riferimento al nuovo codice della crisi si rimanda a Mastrangelo, Le soluzioni del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza al problema della sovrapposizione dei sequestri penali con le procedure liquidatorie, in Sis. Pen., 5/2020, 103).

Infine, gli ermellini evidenziano che in nessun caso lo Stato può rinunciare al vincolo ablatorio sino a quando permanga il diritto di credito al pagamento delle imposte evase, nemmeno a fronte dell’insinuazione dell’Agenzia delle Entrate alla procedura concorsuale, costituendo l’ammissione del credito erariale al passivo fallimentare un mero atto prodromico al soddisfacimento del credito e non potendosi ritenere che la predetta insinuazione integri l’ipotesi di non operatività della confisca contemplata dall’art. 12 bis, c. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 (sul punto cfr. anche Sez. III, 08 gennaio 2020, n. 15776, già massimata in questa rivista: http://www.dirittobancario.it/giurisprudenza?populate=enrico+pezzi&tid=All&field_data_provvedimento_value%5Bmin%5D%5Bdate%5D=&field_data_provvedimento_value%5Bmax%5D%5Bdate%5D=).

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