Sommario: 1. Il servizio di consulenza finanziaria. –2. I tratti caratteristici della consulenza in materia di investimenti. – 2.1. La distinzione tra raccomandazioni e semplici informazioni. – 2.2. L’oggetto della raccomandazione: pareri generici e raccomandazioni generali – 2.3. L’adeguatezza della raccomandazione al cliente. – 2.4. Le modalità e i mezzi di comunicazione utilizzati. – 2.5. La previsione di un compenso e il requisito di “professionalità”. – 3. Riserva di attività e prestazione del servizio di consulenza finanziaria: modalità e requisiti di iscrizione all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari e delle Società di Consulenza Finanziaria.
- Il servizio di consulenza finanziaria
Il servizio di consulenza finanziaria è stato nel corso degli anni ricondotto talvolta ai servizi di investimento, talaltra ai servizi accessori. In Italia, la L. 2 gennaio 1991, n. 1, annoverava tra le «attività di intermediazione mobiliare» anche la «consulenza in materia di valori mobiliari»[1], prevedendo così un’espressa riserva di attività. Solo successivamente, con il recepimento della Direttiva 93/22/CEE[2] e l’adozione del D.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (“T.U.F.”), la consulenza è stata collocata all’interno dei servizi accessori. Oggi, invece, dopo l’introduzione della Direttiva 2004/39/CE (“MiFID”), tra i servizi di investimento disciplinati dal T.U.F. – e coperti dalla riserva di autorizzazione ex art. 18 T.U.F. – è ricompreso anche il «servizio di consulenza finanziaria»; il che non è un mero ritorno al passato, in quanto tale servizio è stato oggetto di sensibili cambiamenti con riferimento al suo contenuto[3].
In base al disposto dell’art. 4, par. 1, n. 4), Direttiva 2014/65/UE (“MiFID II”) e dell’art. 1, comma 5-septies, T.U.F., il servizio in parola consiste ne «la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a una o più operazioni relative a strumenti finanziari»[4]. Tale nozione, tuttavia, si rivela assai vaga e astratta: di qui, l’individuazione da parte delle Autoritàdi Vigilanza europee e di alcune associazioni di categoria del settore di taluni elementi – da considerarsi congiuntamente, non singolarmente – che consentono di determinare quando, in concreto, un’attività integri consulenza in materia di investimenti. Non di meno, anch’essi non sono sempre dirimenti: il confine tra attività riservata e non riservata è assai labile e, dunque, presta il fianco a situazioni in limine con riferimento alle quali solo l’analisi del caso concreto consente di superare – con ragionevole sicurezza – eventuali dubbi di qualificazione.
Obiettivo del presente scritto, dunque, è quello di fornire un’analisi degli elementi che debbono essere considerati nel valutare se un’attività sia o no qualificabile come consulenza finanziaria. Valutazione che, all’atto pratico, è tutt’altro che agevole, ma che si rivela essere necessaria, poiché lo svolgere (ancorché inconsapevolmente) attività di consulenza finanziaria senza autorizzazione porta con sé pesanti conseguenze. Invero, qualora la CONSOB accerti – con l’ausilio dei penetranti poteri di cui è titolare – l’esercizio dell’attività di consulenza finanziaria in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’art. 18 T.U.F., risulta così integrata la fattispecie di abusiva prestazione di servizi e attività di investimento ex art. 166 T.U.F. In tal caso, le sanzioni irrogabili sono: i) la reclusione per un periodo che va da uno ad otto anni; ii) una multada euro quattromila a euro diecimila; e, infine, iii) la denunzia da parte dell’Autorità di Vigilanza al Pubblico Ministero affinché questo adotti i provvedimenti previsti dall’art. 2409 c.c., se applicabili alla fattispecie.
- I tratti caratteristici della consulenza in materia di investimenti
Per condurre la presente analisi, come detto, sono state analizzate le opinioni espresse nel corso del tempo dalle principali e più autorevoli Autorità di Vigilanza europee, nonché di alcune associazioni di categoria rappresentati i consulenti finanziari e le società di consulenza finanziaria. Da tale analisi è emerso che gli elementi da tenere in considerazione per verificare se, in concreto, si svolga attività di consulenza finanziaria o no, sono:
la distinzione tra raccomandazioni – vietate ai soggetti non autorizzati – e semplici informazioni, consentite a chiunque;
l’oggetto della raccomandazione, ossia la sua riferibilità a strumenti finanziari;
l’adeguatezza della raccomandazione ad un determinato cliente o, in altre parole, il suo essere basata sulle caratteristiche personali di questi (ossia, la personalizzazione);
le modalità e i mezzi di comunicazione utilizzati;
la previsione di un compenso e lo svolgimento del servizio con “professionalità”.
2.1. La distinzione tra raccomandazioni e semplici informazioni
La Committee of European Securities Regulators (“CESR”) – sostituita a far data dal 1° gennaio 2011 dalla European Securities and Markets Authority (“ESMA”) –, dopo l’entrata in vigore della MiFID, nell’ambito di alcune Q&A[5], ha tratteggiato una distinzione tra la raccomandazione – per quanto qui d’interesse, termine da intendersi come consiglio, ma anche come invito, esortazione, sollecitazione – e la comunicazione semplicemente informativa. In particolare, secondo il CESR, la raccomandazione richiede l’apporto di un’opinione da parte dell’advisor, mentre l’informazione implica una mera rappresentazione di dati o fatti da parte dell’operatore. In altri termini, nonè raccomandazione il dare semplici informazioni oggettive, senza aggiungere alcun commento o giudizio su di esse[6].
Si presti attenzione, però, al fatto che la mera informazione potrebbe assurgere a servizio di consulenza ove le circostanze concrete in cui l’informazione è fornita la facciano apparire come raccomandazione. Invero, se pure un operatore non voglia fornire raccomandazioni, può accadere che ciò si verifichi ugualmente quando l’informazione divenga “soggettiva”, ossia quando l’informazione divenga tale da condurre il suo destinatario ad un particolare strumento finanziario tra diversi disponibili. Ciò potrebbe accadere, ad esempio, qualora si ponga particolare enfasi sui vantaggi per il cliente che un dato strumento offre rispetto agli altri, in modo tale da influenzare la decisione del destinatario dell’informazione.
Onde chiarire la distinzione tra raccomandazioni e mere informazioni, il CESR ha individuato una serie di informazioni che possono essere fornite al cliente senza che ciò integri consulenza finanziaria, ossia: i) il valore di quotazione delle azioni e il loro prezzo unitario; ii) news e annunci provenienti da società quotate; iii) illustrazione dei termini e condizioni di investimento; iv) un’oggettiva comparazione tra benefits and risks di un investimento rispetto ad un altro; v) informazioni sulle performance di particolari tipologie di investimenti; vi) informazioni dettagliate sulle transazioni degli amministratori nelle azioni delle loro società; vii) avvisi circa il realizzarsi di determinati eventi (ad esempio, determinate azioni che raggiungono un determinato prezzo).
Non di meno, non dev’essere trascurata la valutazione dell’intero processo in cui la comunicazione si inserisce. Invero, fornire tali (in astratto, mere) informazioni al cliente potrebbe comunque integrare una raccomandazione rilevante ai fini della consulenza alla luce della valutazione del complessivo rapporto tra operatore e cliente, definito dal CESR come «multiple step recommendation process». Ad esempio, riprendendo l’ultima ipotesi elencata supra, ove un operatore, sulla base di una propria precedente raccomandazione di comprare o vendere determinate azioni ad uno specifico prezzo, si offrisse altresì di avvisare il cliente quando quelle determinate azioni (da lui in precedenza consigliate) raggiungano quel determinato prezzo, l’avviso circa il raggiungimento di tale valore – che, in thesi, considerandolo in modo isolato e, dunque, senza la presenza di una precedente raccomandazione, potrebbe ricondursi ad una mera informazione – integrerebbe anch’esso una raccomandazione destinata al cliente, dovendosi considerare tale comunicazione parte, per l’appunto, di un multiple step recommendation process.
Peraltro, va rilevato che la possibilità di qualificare un’informazione quale raccomandazione è strettamente legata ad un altro profilo che si analizzerà infra, ossia se la raccomandazione si presenti come adatta per il suo destinatario.
Infine, non meno importante è il fatto che con il servizio prestato l’operatore si limiti ad assistere il soggetto nel compiere la propriaautonoma scelta di un determinato strumento finanziario che presenta le particolari caratteristiche che quello stesso soggetto reputa importanti e non si spinga fino a influenzare la scelta di quel cliente, che sarebbe così non più autonoma, ma frutto di una raccomandazione: in tal caso, il CESR reputa difficile ritenere che il servizio reso costituisca una raccomandazione. Ad esempio, i siti web di comparazione dei prezzi di diversi strumenti finanziari, di regola, raccolgono informazioni sui clienti e le loro caratteristiche e sulla base di esse filtrano i dati da mostrare ai clienti come risultato della ricerca, senza che ciò implichi la realizzazione di un servizio di consulenza finanziaria. Ancora, il sito web potrebbe consentire al cliente di inserire informazioni in modo da generare una lista di prodotti di investimento per i quali è idoneo o che soddisfino i criteri selezionati, senza con ciò fornire una raccomandazione. In questi casi, infatti, la possibilità per il cliente di fare la propria scelta in merito a ciò che sta cercando e l’assenza di una apparente valutazione circa i prodotti che dovrebbe scegliere, rendono inverosimile che il servizio offerto possa essere qualificato come consulenza in materia di investimenti[7].
2.2. L’oggetto della raccomandazione: pareri generici e raccomandazioni generali
Quanto alla valutazione del secondo elemento, ossia quello della riferibilità a strumenti finanziari[8], va osservato che la consulenza in materia di investimenti consiste nel rilascio di consigli specifici e raccomandazioni ad hoc, ossia riferiti ad un particolare strumento finanziario, sia esso un’azione, un’obbligazione, una quota di un fondo comune di investimento, un contratto derivato[9].
Più precisamente, ai sensi dell’art. 9, lett. a) e b), Regolamento delegato (UE) 2017/565 della Commissione, una raccomandazione riguarda una o più operazioni su strumenti finanziari quando essa ha ad oggetto: i) comprare, vendere, sottoscrivere, cambiare, riscattare, detenere un determinato strumento finanziario o assumere garanzie nei confronti dell’emittente rispetto a tale strumento; ii) esercitare o non esercitare il diritto conferito da un determinato strumento finanziario di comprare, vendere, sottoscrivere, scambiare o riscattare uno strumento finanziario.
Si può concludere, quindi, che qualsiasi consiglio che abbia ad oggetto un determinato strumento finanziario, di potenziale interesse per uno specifico investitore o più possibili investitori, dev’essere considerato una raccomandazione di investimento[10]. Ciò, a prescindere dal fatto che l’operazione suggerita sia o no concretamente attuata[11].
È opportuno evidenziare, a tal proposito, che i pareri generici e le raccomandazioni generali in merito a strumenti finanziari non integrano, alla luce delle disposizioni contenute nella MiFID II, consulenza in materia di investimento.
Da un lato, i consigli che non riguardano un particolare investimento dovrebbero essere considerati come pareri generici[12]. Pertanto, esula dalla definizione in questione l’attività che consiste nel rilasciare suggerimenti o consigli relativi a categorie, gruppi o tipologie generali di strumenti finanziari o relativi a determinate asset class, quali sono, ad esempio, il comparto azionario o quello obbligazionario, oppure quelli che riguardano i vantaggi di investire in una specifica area geografica rispetto ad un’altra.
D’altro lato, la raccomandazione generale[13]è quella che ha ad oggetto un’operazione su uno strumento finanziario o tipologie di strumenti finanziari che è destinata alla distribuzione al pubblico. Tali sono, a titolo esemplificativo, la ricerca in materia di investimenti e l’analisi finanziaria[14], che costituiscono servizi accessori di cui all’art. 1, sesto comma, lett. f), T.U.F., oppure le comunicazioni di marketing non personalizzate (c.d. general marketing communication) destinate ad essere diffuse al pubblico[15].
Peraltro, è bene evidenziare che si è ugualmente in presenza di attività coperta da riserva, non già di raccomandazioni generali o pareri generici, qualora il consiglio riguardi non uno, bensì diversi specifici strumenti finanziari che siano raccomandati, insieme, tra le possibili scelte. Il fatto che più di uno strumento finanziario sia raccomandato, invero, non esclude di per sé che il servizio offerto sia una raccomandazione[16]. Volendo fare un esempio, qualora un operatore raccomandi ad un soggetto una certa operazione in relazione ad uno strumento finanziario tra quelli di un determinato gruppo, che sono presentati ugualmente adatti a lui (ad esempio, l’impresa potrebbe dire che le azioni A, B e C sono tutte ugualmente adatta a quel cliente), si sarà in presenza di una raccomandazione.
2.3. L’adeguatezza della raccomandazione al cliente
Il terzo elemento è quello della personalizzazione, che si sostanzia nell’esistenza di un rapporto bilaterale tra colui che fornisce la raccomandazione e il cliente[17]. Rapporto, questo, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e sulla situazione finanziaria dello stesso, così che le indicazioni siano elaborate in considerazione delle specifiche esigenze dell’investitore (c.d. specificità)[18]. Infatti, come già si è visto, il servizio di consulenza si differenzia da altre categorie di servizi che, pur sostanziandosi nel rilascio di consigli o raccomandazioni di investimento, assumono carattere di generalità[19]: ossia, sono rivolti a più soggetti o, comunque, non sono basati sulla considerazione specifica delle necessità e delle caratteristiche di un determinato investitore. In concreto, dunque, il requisito della personalizzazione è integrato ogni volta che la raccomandazione si presenta come adatta al cliente oppure basata sulle sue caratteristiche ed esigenze.
Si noti, poi, che una raccomandazione può presentarsi come adatta al cliente sia in modo esplicito (ad esempio, con espressioni come «questo prodotto finanziario è la miglior scelta per te») sia in modo implicito (a titolo esemplificativo, affermando che «le persone come te tendono ad investire in questo strumento finanziario»)[20]. Ciò che rileva, infatti, è che la raccomandazione sia idonea ad influenzare le azioni del suo destinatario in relazione ad uno specifico strumento finanziario rispetto agli altri presentati. Come si è detto supra, se l’operatore mette particolare enfasi sui vantaggi di un prodotto rispetto agli altri per quel cliente, in modo tale da influenzare la sua decisione circa quello specifico strumento, si potrà essere in presenza di una raccomandazione d’investimento. Non è necessario, quindi, che l’operatore informi espressamente il cliente che la raccomandazione che gli sta fornendo è adatta a lui affinché tale raccomandazione sia qualificata come adatta.
In proposito, secondo il CESR, quand’anche sia presente un chiaro ed esplicito disclaimer che indichi che nessuna raccomandazione sarà fornita, non di meno all’operatore potrebbe essere addebitato di aver formulato una raccomandazione adatta al cliente[21]. Ad esempio, ove l’operatore dichiari che quel determinato prodotto finanziario risponde ad una particolare esigenza del cliente, l’inserimento di un disclaimer che affermi che nessuna raccomandazione è stata fornita non cambierà la natura della comunicazione stessa.
Quanto, poi, alla raccomandazione basata sullecaratteristiche del cliente, va osservato che per «caratteristiche del cliente» si intendono sia informazioni generiche (quali, indirizzo, reddito, stato civile) sia informazioni più specifiche e soggettive circa i bisogni e i desideri dei clienti (come, a titolo esemplificativo, la propensione al rischio, gli obiettivi di investimento a breve, medio e lungo termine, la protezione da particolari rischi)[22]. Il fatto che la raccomandazione fornita dall’operatore possa o no considerarsi basata sulle caratteristiche del cliente dipende da fattori come la natura delle informazioni raccolte e le modalità con cui sono state raccolte[23]. Ad esempio, se un operatore ha raccolto informazioni da un cliente circa i suoi obiettivi di investimento o la sua situazione finanziaria, se quel cliente torna dall’operatore per un c.d. follow-on service, si potrà ragionevolmente presumere che le informazioni dallo stesso fornite in precedenza verranno utilizzate come base per la raccomandazione.
Inoltre, qualora un operatore abbia assunto rilevanti informazioni su un cliente – sia nel corso di un singolo incontro, sia nell’ambito di una relazione durevole –, quand’anche in concreto non utilizzi tali informazioni, non di meno vi sarà la presunzione che ragionevolmente le informazioni raccolte siano state prese in considerazione per rendere la raccomandazione[24].
2.4. Le modalità e i mezzi di comunicazione utilizzati
Ulteriore profilo da considerare per valutare se l’attività realizzata è riconducibile o no alla consulenza finanziaria è quello delle modalità e dei mezzi di distribuzione utilizzati. A tal proposito, assume rilevanza il fatto che la raccomandazione sia stata distribuita (solo) al pubblico oppure mediante mezzi di comunicazione di massa[25], per tali intendendo i canali attraverso cui l’informazione è idonea a divenire disponibile ad un ampio numero di persone[26]. Invero, le raccomandazioni riguardanti strumenti finanziari diffuse esclusivamente mediante quotidiani, riviste o qualsiasi altra forma di pubblicazione al pubblico (incluse le pagine pubbliche sul web), oppure durante un programma televisivo o radiofonico, dovrebbero essere qualificate come raccomandazioni rivolte al pubblico, dunque escluse dall’ambito della consulenza finanziaria ai sensi dell’art. 9, par. 3, Regolamento delegato (UE) 2017/565 della Commissione[27].
Con riferimento a tale esclusione, peraltro, il CESR ha espressamente affermato che l’esenzione in parola trova applicazione solo quando la raccomandazione diffusa al pubblico o mediante canali di distribuzione è indirizzata al pubblico in generale[28], poiché quando una raccomandazione è indirizzata ad un particolare destinatario oppure si presenta adatta a lui o basata sulle sue caratteristiche, essa non rispetta i requisiti richiesti dalla norma per beneficiare dell’esenzione. Il che può avvenire, volendo fare un esempio, quando una presentazione, una relazione, una pagina web o un’e-mail sono utilizzate per fornire informazioni personalizzate, piuttosto che per trasmettere delle informazioni al pubblico.
Peraltro, il fatto che un consiglio sia trasmesso a diversi soggetti non implica ipso facto che quel suggerimento non costituisca una raccomandazione d’investimento. Infatti, la raccomandazione può essere fornita con molte modalità: vis-à-vis, oralmente ad un gruppo di soggetti, telefonicamente, a mezzo di corrispondenza (inclusa la posta elettronica), su un sito web, attraverso l’uso di un software interattivo.
Al fine di valutare se l’informazione trasmessa a più destinatari costituisca una raccomandazione d’investimento, sono diversi gli elementi che devono essere considerati, quali[29]:
il target di riferimento, vale a dire il metodo con cui l’operatore seleziona i destinatari della propria comunicazione. Ad esempio, qualora una procedura interna all’operatore stabilisca che un determinato strumento finanziario può essere venduto solo a soggetti definiti sulla base di specifici fattori (si pensi all’età o al fatto di non detenere strumenti simili), la comunicazione trasmessa a soggetti rientranti nel target di riferimento – i.e. individuati sulla scorta delle regole dell’anzidetta procedura – non integrerà per ciò solo una raccomandazione. Non di meno, se nella comunicazione sono evidenziate le particolari caratteristiche personali che hanno indotto a contattare quel soggetto, per esempio, ciò indurrà a ritenere che lo strumento finanziario offerto è presentato come adatto a quel particolare soggetto;
il contenuto dell’informazione, poiché se la comunicazione contiene sollecitazioni, raccomandazioni, opinioni o valutazioni, per esempio, riguardo l’opportunità di un’operazione, ciò può portare alla sua qualificazione come raccomandazione;
illinguaggio utilizzato, ossia il tono del messaggio e il modo in cui esso può essere percepito e interpretato dal suo destinatario. Non sarà irrilevante, ad esempio, l’uso di un linguaggio da cui traspare una forte preferenza per un determinato strumento finanziario.
Alla luce degli esempi ora esposti, si comprende come in tali casi, nonostante l’informazione sia stata comunicata a molti soggetti, pare difficile considerarla come trasmessa al pubblico o mediante canali di distribuzione, con conseguente impossibilità di applicare la citata esenzione ex art. 9, par. 3, Regolamento delegato (UE) 2017/565 della Commissione.
Con specifico riferimento alla distribuzione al pubblico, peraltro, si è detto che la ricerca in materia di investimenti e l’analisi finanziaria richiedono, per l’appunto, tale modalità di distribuzione. L’invio di ricerche o analisi d’investimento ai clienti, di regola, non integra una forma di consulenza finanziaria, ma, come visto supra, anche le informazioni risultanti all’esito di un’attività di ricerca in materia di strumenti e servizi finanziari possono costituire una raccomandazione personalizzata. Ciò avverrà, per esempio, quando un operatore invii una ricerca in materia di investimenti ad un determinato numero di clienti e, successivamente, li contatti telefonicamente al fine di discutere di alcuni strumenti finanziari che quella ricerca individuava per tali clienti.
2.5. La previsione di un compenso e il requisito di “professionalità”
Da ultimo, l’attività di consulenza finanziaria richiede anche il requisito della professionalità, ossia della non sporadicità dell’attività, della sua realizzazione con perizia e diligenza, nonché del suo (almeno tendenziale) svolgimento in cambio di una remunerazione[30]: in proposito, infatti, va osservato che la Financial Conduct Authority ha individuato quale elemento di discrimine tra la raccomandazione coperta da riserva e la mera comunicazione il fatto che, di regola, alla prima corrisponde il pagamento di un compenso, mentre la seconda è fornita gratuitamente[31].
Storicamente, la disciplina previgente al recepimento della Direttiva 93/22/CEE faceva riferimento al criterio di professionalità, senza, però, fornirne alcuna definizione; il che, come noto, ha sollevato non pochi problemi interpretativi, stante l’incertezza di stabilire quando la consulenza possa dirsi svolta con “professionalità” o no. In sede di recepimento della Direttiva, il legislatore italiano aveva così formulato una norma di rinvio alla disciplina secondaria, alla quale era affidato il precipuo compito di adottare «norme di attuazione e di integrazione» della riserva di attività[32]. Tale norma, in seguito, è stata ripresa anche nel T.U.F. all’art. 18, quinto comma, lett. b), in base al quale il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con regolamento adottato sentite la Banca d’Italia e la CONSOB, «adotta le norme di attuazione e di integrazione delle riserve di attività previste nel presente titolo, nel rispetto delle disposizioni europee». Ad oggi, il regolamento al quale si riferisce la norma ora riportato non è stato ancora approvato, nonostante sia da molto tempo intervenuto il recepimento della MiFID: continua così ad applicarsi – ex art. 214, quinto comma, T.U.F. – il decreto emanato in forza dell’abrogato D.lgs. n. 415/1996, ossia il D.M. 26 giugno 1997, n. 329, che fornisce preziose indicazioni per ricostruire la portata della riserva di attività per quanto riguarda il requisito di “professionalità”. Esso stabilisce, infatti, che non rientrano nella riserva di attività i «servizi prestati in via occasionale ed accessoria, senza predisposizione di idonei schemi organizzativi per il loro svolgimento»[33], prevedendo altresì l’esenzione dalla disciplina in materia di servizi di investimento ai soggetti che «prestano occasionalmente ed a titolo accessorio un servizio di investimento nell’ambito di un’attività professionale disciplinata da disposizioni legislative o regolamentari che ammettono la prestazione del servizio»[34].
La disciplina secondaria, dunque, conferma che la nozione di “professionalità” dev’essere intesa nel senso di svolgimento ricorrente, abituale, sistematico dell’attività (elementi che, a ben vedere, potevano ricavarsi dalla generale nozione di imprenditore ex art. 2082 c.c.). Con una precisazione, però: il D.M. n. 329/1997 aggiunge un altro elemento, ossia la predisposizione di «idonei schemi organizzativi» per lo svolgimento dell’attività, così richiamando la nozione di “organizzazione”, anch’essa prevista per tabulas nella definizione di imprenditore, ma che, in quella sede, è enunciata separatamente rispetto a quella di professionalità[35] (della quale ultima, invece, l’organizzazione è in questo contesto parte integrante).
La ratio sottesa al requisito di professionalità è rinvenibile in motivazioni di “economia” legislativa: un servizio svolto in maniera occasionale o sporadica si colloca al di sotto della soglia di rilevanza che giustifica l’applicazione delle (pervasive) regole previste per la prestazione dell’attività di consulenza in materia di investimenti. Lo stesso può dirsi per un servizio che non è prestato nei confronti del pubblico, in quanto esso esaurisce i propri effetti all’interno dell’economia del medesimo soggetto che lo svolge: anche in tal caso, infatti, apparirebbe eccessivo sottoporre il prestatore del servizio ai controlli e alle regole altrimenti giudicate necessarie. Peraltro, è bene precisare che le due condizioni devono essere entrambe soddisfatte; non è soggetto, pertanto, alla riserva di attività il servizio di consulenza finanziaria che sia svolto in modo “professionale”, ma non nei confronti del pubblico, o viceversa.
- Riserva di attività e prestazione del servizio di consulenza finanziaria: modalità e requisiti di iscrizione all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari e delle Società di Consulenza Finanziaria
Conclusa l’analisi orientata all’inquadramento pratico-giuridico del servizio di consulenza in materia di investimenti, è bene, ora, fare qualche cenno sulla procedura autorizzativa per la prestazione del servizio di consulenza finanziaria, il quale è riservato ai soggetti iscritti all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari istituito ai sensi dell’art. 31, quarto comma, T.U.F.
Come noto, infatti, l’art. 5 MiFID II prevede espressamente una riserva di attività, stabilendo che l’accesso alla prestazione dei servizi ed attività di investimento – come occupazione o attività abituale a titolo professionale – dev’essere subordinato al rilascio di un’autorizzazione da parte delle Autorità di Vigilanza competenti per ciascuno Stato membro. Così, l’art. 18, primo comma, T.U.F. dispone che l’esercizio professionale nei confronti del pubblico di tali servizi ed attività è riservato a taluni soggetti, ossia: SIM, imprese di investimento UE, banche italiane, banche UE, imprese di Paesi terzi.
Con specifico riferimento alla prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, inoltre, ulteriori disposizioni sono fornite dagli artt. 18-bis e 18-ter T.U.F., introducendo le figure dei consulenti finanziari autonomi e delle società di consulenza finanziaria.
L’art. 18-bis T.U.F. stabilisce espressamente che la riserva di attività non pregiudica la possibilità per le persone fisiche, in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza e patrimoniali stabiliti con regolamento adottato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la CONSOB, ed iscritte in una sezione apposita dell’Albo di cui all’art. 31, quarto comma, T.U.F., di prestare la consulenza in materia di investimenti, relativamente a valori mobiliari e a quote di organismi di investimento collettivo, senza detenere fondi o titoli appartenenti ai clienti. Parimenti, la medesima possibilità di svolgere l’attività di consulenza finanziaria è riconosciuta dall’art. 18-ter T.U.F. alle società costituite in forma di società per azioni o società a responsabilità limitata, in possesso dei requisiti patrimoniali e di indipendenza stabiliti dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentita la CONSOB, e iscritte ad apposita sezione dell’Albo ex art. 31, quarto comma, T.U.F.
Giova qui osservare che la funzione dell’iscrizione della persona fisica o della società di consulenza finanziaria all’Albo Unico non è solo quella di rappresentare la fase conclusiva dell’iter autorizzativo all’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’attività di consulenza, bensì è parte integrante della procedura di abilitazione e legittimazione alla prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti. Per tale ragione, la procedura autorizzativa che culmina, in caso di esito positivo della stessa, nell’iscrizione del consulente o della società all’Albo, non ha una funzione ricognitiva in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti ai fini dello svolgimento dell’attività di consulenza, ma costitutiva della qualifica di consulente finanziario – ciò anche ai fini della regolare prestazione del servizio[36] –. L’iscrizione, quindi, come facilmente intuibile, è elemento fondamentale e imprescindibile per operare nella legalità (dal momento dell’iscrizione, in poi; non, invece, dalla sussistenza dei requisiti in poi), perché, da un lato, certifica il possesso dei requisiti prescritti dalla legge e, dall’altro, assume carattere ostativo per l’esercizio della professione in sua mancanza o cancellazione, tale da invalidare il contratto eventualmente concluso con chi non possiede l’autorizzazione, configurare la fattispecie dell’esercizio abusivo della professione, imporre la restituzione dei compensi percepiti.
I requisiti di iscrizione all’Albo sono meglio individuati dall’art. 148 del Regolamento CONSOB del 15 febbraio 2018, n. 20307 (“Regolamento Intermediari”), il quale provvedere a distinguere tra consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede, consulenti finanziari autonomi e società di consulenza finanziaria:
con riferimento ai primi, il primo comma richiede il possesso del titolo di studio e dei requisiti di onorabilità individuati dal regolamento ministeriale ex art. 31 T.U.F., di non trovarsi in una delle situazioni impeditive di cui al regolamento medesimo, di aver superato la prova valutativa di cui all’art. 149[37] del Regolamento Intermediari;
in relazione ai consulenti autonomi, invece, il secondo comma introduce ulteriori requisiti rispetto a quelli esposti al punto precedente, ossia il possesso dei requisiti di esperienza professionale, indipendenza e patrimoniali previsti dal regolamento ministeriale di cui all’art. 18-bis T.U.F., nonché l’obbligo di fornire all’Organismo di vigilanza e tenuta dell’Albo Unico dei Consulenti Finanziari (“OCF”) tutte le informazioni, compreso un programma di attività che indichi, in particolare, i contenuti del servizio di consulenza e la struttura organizzativa, di cui questo necessita per assicurare che la persona fisica abbia adottato, al momento dell’iscrizione, tutte le misure necessarie per adempiere agli obblighi derivanti dal Regolamento Intermediari;
per le società di consulenza finanziaria, infine, il terzo comma richiede che esse siano costituite in forma di società per azioni o società a responsabilità limitata, possiedano i requisiti previsti dal regolamento ministeriale di cui all’articolo 18-ter T.U.F., oltre a fornire all’OCF le informazioni indicate al punto che precede.
L’art. 149 Regolamento Intermediari richiede, come detto, il superamento di una prova valutativa da parte dei consulenti finanziari persone fisiche (ivi inclusi quelli di cui si avvale una società di consulenza finanziaria), avente carattere teorico-pratico, indetta con cadenza almeno annuale dall’OCF con provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficialee sul proprio sito internet. Tale prova deve consentire di verificare l’effettivo possesso da parte dei candidati delle conoscenze e delle competenze necessarie per lo svolgimento dell’attività di consulenza in materia di investimenti. La prova è organizzata e valutata dall’OCF, il quale, a tal fine, si avvale di commissioni esaminatrici composte da soggetti dotati di comprovata esperienza professionale e adeguata conoscenza delle modalità di svolgimento di prove valutative, nei cui confronti non ricorra alcuna delle cause di incompatibilità stabilite dall’OCF.
In attuazione degli artt. 18-bis e 18-ter T.U.F., il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha adottato due decreti ministeriali – il D.M. 24 dicembre 2008, n. 206, e il D.M. 5 aprile 2012, n. 66 – per definire i requisiti di onorabilità, professionalità, indipendenza e patrimoniali che devono essere posseduti dai consulenti finanziari e dalle società di consulenza finanziaria per potersi iscrivere all’Albo Unico.
Il D.M. n. 206/2008 definisce i suddetti requisiti con riferimento ai consulenti finanziari persone fisiche. In particolare, l’art. 2 individua i requisiti di professionalità, stabilendo che, oltre al possesso di determinati titoli di studio, il consulente finanziario deve possedere un’adeguata conoscenza specialistica in materie giuridiche, economiche, finanziarie e tecniche, rilevanti nella prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti, e individuate dall’OCF; conoscenza che sarà accertata mediante la prova valutativa di cui all’art. 149 Regolamento Intermediari, con obbligo di aggiornamento professionale anche dopo l’iscrizione.
Il successivo art. 3 prevede, invece, il divieto di iscrizione per coloro che per almeno i due anni precedenti la richiesta di iscrizione hanno svolto funzioni di amministrazione, direzione o controllo in imprese sottoposte a fallimento (oggi, liquidazione giudiziale) o liquidazione coatta amministrativa, nei cui confronti sia stata disposta la cancellazione dall’elenco generale o speciale ex art. 111 T.U.B. oppure nei cui confronti siano state irrogate sanzioni ex art. 9, secondo comma, lett. a) e b), D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, salvo che l’interessato dimostri la propria estraneità rispetto ai fatti che hanno determinato l’apertura della procedura fallimentare o di L.C.A. ovvero la cancellazione dall’elenco ovvero l’irrogazione delle anzidetta sanzioni.
L’art. 4, poi, individuando i requisiti di onorabilità, stabilisce che non possono essere iscritti all’Albo coloro che si trovano in una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza previste dall’art. 2382 c.c., che sono stati sottoposti a misure di prevenzione o sono stati condannati con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione, a pena detentiva per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l’attività bancaria, finanziaria, mobiliare, assicurativa e dalle norme in materia di mercati e valori mobiliari, di strumenti di pagamento, oppure alla reclusione per uno dei delitti previsti nel Titolo XI, Libro V, c.p., oppure ancora alla reclusione per un tempo superiore a un anno per un delitto contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica, il patrimonio, l’ordine pubblico, l’economia pubblica ovvero per delitto in materia tributaria o, infine, alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni per un qualunque delitto non colposo.
Ancora, nell’art. 5 sono definiti i requisiti di indipendenza richiesti ai consulenti finanziari persona fisica, in forza dei quali è vietata l’iscrizione all’Albo ai soggetti che intrattengono, direttamente, indirettamente o per conto di terzi, rapporti di natura patrimoniale o professionale o di altra natura, compresa quella familiare, con emittenti e intermediari, con società loro controllate, controllanti o sottoposte a comune controllo, con l’azionista o il gruppo di azionisti che controllano tali società, o con amministratori o dirigenti di tali società, se tali rapporti possono condizionare l’indipendenza di giudizio nella prestazione del servizio di consulenza.
Da ultimo, l’art. 6 individua quale requisito patrimoniale l’obbligo di sottoscrizione di un’assicurazione a copertura della responsabilità civile per i danni derivanti da negligenza professionale, che operi per tutto il periodo dell’iscrizione e che assicuri una copertura di almeno un milione di Euro per ciascuna richiesta di indennizzo e di un milione e mezzo di euro all’anno per l’importo totale delle richieste di indennizzo.
Il D.M. n. 66/2012, invece, disciplina i requisiti patrimoniali e di indipendenza delle società di consulenza finanziaria, nonché i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza dei loro esponenti aziendali.
Anzitutto, l’’art. 2 stabilisce che lo svolgimento dell’attività di consulenza deve avvenire senza che la società detenga somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, eche la denominazione sociale, in qualunque modo formulata, deve contenere le parole «Società di Consulenza Finanziaria».
L’art. 3, poi, introduce la disciplina del requisito di indipendenza, prevedendo che non possono essere iscritte all’Albo le società di consulenza finanziaria che intrattengono, direttamente, indirettamente, per conto di terzi, o per il tramite di terzi, rapporti di natura patrimoniale, economica, finanziaria, contrattuale, o di altra natura, con emittenti e intermediari, con società loro controllate, controllanti o sottoposte a comune controllo, con l’azionista o il gruppo di azionisti che controllano tali società, o con amministratori o dirigenti di tali società, se tali rapporti possono condizionare l’indipendenza nella prestazione della consulenza in materia di investimenti. Inoltre, per la prestazione di consulenza in materia di investimenti, le società di consulenza finanziaria non possono percepire alcuna forma di beneficio da soggetti diversi dal cliente al quale il servizio è reso.
Il successivo art. 4, invece, definisce i requisiti patrimoniali delle società di consulenza finanziaria, la cui iscrizione all’Albo è consentita previa sottoscrizione di un’assicurazione a copertura della responsabilità civile per i danni derivanti da negligenza professionale, che operi per tutto il periodo dell’iscrizione e che assicuri una copertura di almeno un milione di Euro per ciascuna richiesta di indennizzo e di cinque milioni di Euro all’anno per l’importo totale delle richieste di indennizzo.
Ancora, l’art. 5 del Decreto in esame stabilisce che tutti i soci devono possedere gli anzidetti requisiti di onorabilità previsti dall’art. 4 D.M. n. 206/2008 in materia di persone fisiche consulenti finanziari.
L’art. 6, invece, individua i requisiti relativi agli esponenti aziendali della società di consulenza finanziaria, prevedendo che coloro che svolgono funzioni di amministrazione e direzione presso
la società devono possedere i requisiti di professionalità, di indipendenza e di onorabilità previsti per i consulenti finanziari dagli artt. 2, 4 e 5 D.M. n. 206/2008. Inoltre, stabilisce che coloro che svolgono funzioni di controllo devono possedere i requisiti di onorabilità previsti dall’art. 4 D.M. n. 206/2008, e i requisiti di indipendenza e di professionalità stabiliti dal codice civile per i sindaci, i componenti del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione. Ai soggetti che svolgono funzioni di controllo si applica altresì l’art. 3 del D.M. n. 206/2008 che disciplina le situazioni impeditive.
Da ultimo, l’art. 7 stabilisce che tutti i soggetti – siano essi soci, esponenti aziendali, collaboratori o ausiliari – che svolgono, per conto della società di consulenza, attività di consulenza in materia di investimenti nei confronti della clientela, devono essere iscritti all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari persone fisiche istituito ai sensi dell’articolo 18-bis, secondo comma, T.U.F.
Una volta accertato il possesso da parte del soggetto richiedente di tutti i requisiti prescritti, l’OCF procede all’iscrizione del consulente persona fisica o della società di consulenza finanziaria nella relativa sezione dell’Albo, con l’indicazione degli elementi di cui all’articolo 146, secondo e terzo comma, Regolamento Intermediari[38]. Il provvedimento di conclusione del procedimento di iscrizione all’Albo è adottato e comunicato entro il termine e con le modalità stabilite dall’Organismo con proprio regolamento e comunque non oltre sei mesi dalla presentazione della domanda completa.
[1] Cfr. art. 1, primo comma, lett. e), L. 2 gennaio 1991, n. 1.
[2] Cfr. Allegato 1, Sezione C, n. 6, della Direttiva 93/22/CEE.
[3] Sul punto si veda Annunziata, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2020, p. 111.
[4] L’art. 1, secondo comma, T.U.F., definisce come «strumento finanziario» oggetto di un servizio di investimento qualsiasi strumento riportato nella Sezione C dell’Allegato I.
[5] CESR, Understanding the definition of advice under MiFID, aprile 2010.
[6] Idem, p. 7.
[7] CESR, op. cit., p. 8.
[8] Sul punto, si veda Capriglione, Intermediari finanziari, investitori e mercati. Il recepimento della MiFID. Profili sistematici, Padova, 2008, p. 108 ss.; La Rocca, Appunti sul contratto relativo alla prestazione del servizio di “consulenza in materia di investimenti” (art. 1, 5° comma, lett. f), d.leg. n. 58 del 1998), in Contr. e impr., 2009, p. 330 ss.
[9] Costi, Il mercato mobiliare, Torino, 2018, p. 125.
[10] Annunziata, op. cit., p. 101.
[11] CESR, op. cit., p. 9.
[12] Cfr. considerando n. 15, Regolamento delegato (UE) 2017/565 della Commissione, ove si legge che «I pareri generici riguardo a un tipo di strumento finanziario non sono considerati consulenza in materia di investimenti ai fini della Direttiva 2014/65/UE», con la precisazione che «qualora un’impresa di investimento fornisca un parere generico a un cliente riguardo a un tipo di strumento finanziario che presenta come idoneo per tale cliente o basato sulle circostanze specifiche di tale cliente, ma tale parere si dimostri nei fatti inidoneo per il cliente o non basato sulle sue specifiche circostanze, è probabile che l’impresa sia in violazione dell’articolo 24, paragrafo 1 o 3, della Direttiva 2014/65/UE».
[13] Cfr. considerando n. 17, Regolamento delegato (UE) 2017/565 della Commissione, a mente del quale «La formulazione di una raccomandazione generale riguardante un’operazione su uno strumento finanziario o un tipo di strumento finanziario costituisce la prestazione di un servizio accessorio di cui all’allegato I, sezione B, punto 5, della Direttiva 2014/65/UE».
[14] Secondo l’art. 36 Regolamento delegato (UE) 2017/565 della Commissione, per ricerca in materia di investimenti e analisi finanziaria si intendono ricerche o altre informazioni che raccomandino o suggeriscano, esplicitamente o implicitamente, una strategia di investimento, riguardante uno o diversi strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari, compresi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti, destinate a canali di distribuzione o al pubblico, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) esse vengano designate o descritte come ricerca in materia di investimenti o con termini analoghi, o vengano presentate come una spiegazione obiettiva o indipendente delle questioni oggetto della raccomandazione; b) se la raccomandazione in questione venisse fatta dall’impresa di investimento ad un cliente, non costituirebbe consulenza in materia di investimenti ai fini MiFID II. L’analista finanziario, ai sensi dell’art. 2, par. 1, n. 2), Reg. delegato UE 2017/565 della Commissione, è un soggetto rilevante che produce la parte sostanziale della ricerca in materia di investimenti.
[15] Assosim, op. cit., p. 6.
[16] CESR, op. cit., p. 10.
[17] Sul punto si veda: De Mari, La consulenza in materia di investimenti: prime valutazioni e problemi applicativi, in Dir. banca merc. fin., 2008, I, p. 401 ss.; Rinaldi, Il decreto Mifid e i regolamenti attuativi: principali cambiamenti, in Le società, 2008, p. 19 ss.
[18] Atrigna, Consulenza in materia di investimenti, in Il Testo Unico della Finanza, Fratini – Gasparri (a cura di), Milano, 2012, I, p. 62 ss.
[19] In questo senso, in dottrina: Ambrosino, Profili pubblicistici dell’attività di consulenza finanziaria, in Scritti in onore di F. Capriglione, Padova, 2010, p. 429 ss.; Sciarrone Alibrandi, Il servizio di “consulenza in materia di investimenti”: profili ricostruttivi di una nuova fattispecie, ibidem, p. 597 ss.
[20] Per fare altri esempi, si ha raccomandazione espressamente presentata come adatta al destinatario quando un operatore contatta i clienti che detengono le quote di un determinato fondo d’investimento per proporgli, come adatta a loro, l’idea di vendere quelle quote e acquistarne altre in un diverso fondo. Di contro, la presentazione implicita di quella raccomandazione come adatta al cliente potrebbe ricavarsi da una frase quale «Le nostre ricerche indicano che il Fondo X non raggiunge più i profitti che i nostri clienti vorrebbero. Abbiamo individuato il Fondo Y come fondo da sostituire al Fondo X al fine di ottenere i profitti desiderati».
[21] CESR, Technical Advice, 2005.
[22] CONSOB, Raccomandazioni di investimento, Linee guida n. 2/2017, pp. 6 ss.
[23] CESR, Understanding the definition of advice under MiFID, cit., p. 12.
[24] Associazione delle Società per la Consulenza agli Investimenti, Linee guida per la relazione di servizio con il cliente, 2009.
[25] Annunziata, op. cit., p. 118.
[26] Art. 1, par. 7, Direttiva delegata 2003/125/CE della Commissione, alla quale la Direttiva delegata UE 2017/593 della Commissione per implementazione di MiFID II fa riferimento.
[27] Cfr. altresì il considerando n. 14 del medesimo Regolamento delegato, secondo cui «I pareri sugli strumenti finanziari destinati al vasto pubblico non dovrebbero essere considerati raccomandazioni personalizzate ai fini della definizione di “consulenza in materia di investimenti” di cui alla Direttiva 2014/65/UE», con la precisazione che, considerato il crescente numero di intermediari che forniscono raccomandazioni personalizzate attraverso l’uso di canali di distribuzione, «una raccomandazione pubblicata, anche in modo esclusivo, attraverso canali di distribuzione come internet potrebbe costituire una raccomandazione personalizzata». Pertanto, le situazioni in cui, ad esempio, venga utilizzata una corrispondenza di posta elettronica per fornire raccomandazioni personalizzate a una specifica persona, invece di rivolgere le informazioni al vasto pubblico, possono costituire una forma di consulenza in materia di investimenti.
[28] CESR, op. cit., p. 14, ove si legge che «this exemption only applies when the recommendation issued through distribution channels or to the public is addressed to the public in general».
[29] CESR, op. cit., p. 14.
[30] In questo senso, Atrigna, op. cit., p. 77. Il D.M. 26 giugno 1997, n. 329, fornisce molteplici indicazioni per ricostruire la portata della riserva di attività in relazione al requisito di «professionalità». Tale concetto si concretizza nello svolgimento sistematico, abituale, ricorrente dell’attività di consulenza, nonché nella predisposizione di “idonei schemi organizzativi” per il suo svolgimento.
[31] Financial Conduct Authority, Understanding ‘advice’ and ‘guidance’ on investments, 2018, ove si legge che «You will normally pay a fee for advice […] Guidance is normally free».
[32] Cfr. art. 2, D.lgs. 23 luglio 1996, n. 415.
[33] Cfr. art. 2, primo comma, lett. b), D.M. 26 giugno 1997, n. 329.
[34] Cfr. art. 1, primo comma, lett. b), D.M. 26 giugno 1997, n. 329.
[35] Annunziata, op. cit., p. 117.
[36] Paracampo, Le società di consulenza finanziaria: una disciplina in itinere, in Le Società, 12/2009, p. 1471.
[37] Ovvero quella di cui al successivo art. 150 Regolamento Intermediari qualora il consulente che intende iscriversi all’Albo Unico dei Consulenti Finanziari sia una persona fisica iscritta nel Registro Unico degli Intermediari Assicurativi e Riassicurativi (Sezione A) istituito dal Regolamento IVASS n. 40 del 2 agosto 2018.
[38] Per ciascuna persona fisica (secondo comma) sono indicati nell’Albo: a) cognome e nome; b) luogo e data di nascita; c) domicilio eletto in Italia e relativo indirizzo; d) gli estremi del provvedimento di iscrizione all’albo; e) denominazione dei soggetti abilitati per conto dei quali il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede opera e ha operato, con l’indicazione dei relativi periodi di operatività ovvero denominazione della società di consulenza finanziaria per conto della quale il consulente finanziario autonomo svolge o ha svolto l’attività di consulenza finanziaria, con l’indicazione dei relativi periodi di operatività; f) estremi degli eventuali provvedimenti di radiazione o di sospensione cautelare o sanzionatoria in essere nei confronti degli iscritti nonché ogni altro provvedimento incidente sull’esercizio della loro attività; g) luogo di conservazione della documentazione comunicato all’Organismo ai sensi dell’art. 153; h) la circostanza che il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede opera sotto supervisione ai sensi dell’art. 81, primo comma, lett. c); i) la condizione di “impossibilità ad operare” per intervenuta perdita dei requisiti di cui all’art. 148, secondo comma, lett. f) e g), a seguito dell’interruzione del rapporto professionale con una società di consulenza finanziaria. Invece, per ciascuna società di consulenza finanziaria (terzo comma) sono indicati nell’Albo: a) denominazione sociale; b) data di costituzione; c) sede legale e, se diversa dalla sede legale, la sede della direzione generale; d) estremi del provvedimento di iscrizione all’Albo; e) eventuali provvedimenti di sospensione cautelare o sanzionatoria in essere nei confronti della società, nonché ogni altro provvedimento incidente sull’esercizio dell’attività sociale; f) luogo di conservazione della documentazione comunicato all’Organismo ai sensi dell’art. 153 Regolamento Intermediari; g) i nominativi dei consulenti finanziari autonomi di cui la società si avvale.