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Il Tax Control Framework opzionale come volano della compliance fiscale

20 Gennaio 2025

Giuseppe Moretti, Partner, Head of Tax Advisory Services, KPMG

Emanuele Fiore, Senior Tax Manager, KPMG

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il nuovo regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale (Tax Control Framework Opzionale) introdotto nell’ambito del regime di  adempimento collaborativo.


È in dirittura di arrivo l’iter volto a recepire le recenti modifiche introdotte al regime di “adempimento collaborativo” di cui al Decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 128. Da ultimo, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate in data 10 gennaio 2025 (prot. n 5320/2025), sono state emanate le linee guida di cui al comma 1 quater dell’articolo 4 Decreto Legislativo 128/2015. Il provvedimento ha stabilito la pubblicazione di una serie di documenti contenenti istruzioni operative per la costruzione e la certificazione dei modelli TCF che consentono l’accesso al regime di adempimento collaborativo o al regime previsto dall’art. 7-bis del decreto. In particolare:

  1. Le “Linee guida per la redazione del documento che disciplina il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (c.d. Tax Compliance Model – TCM) e per la certificazione del sistema;
  2. le “Linee guida per la compilazione della Mappa dei Rischi e dei Controlli Fiscali dei contribuenti del settore industriale (con allegata una «Mappa dei rischi» standardizzata);

Inoltre, con lo stesso provvedimento sono stati approvate:

  1. Le “linee guida per la policy sulla gestione del rischio c.d. “interpretativo”;
  2. una “nota metodologica per i controlli sul company level”.

Tali documenti costituiscono un ulteriore passo di un processo in continua evoluzione.

Si rammenta, infatti, come l’istituto dell’“Adempimento collaborativo” (o “Cooperative Compliance”) abbia rappresentato la più significativa espressione di quel c.d. “cambia verso” destinato a costituire una svolta nel rapporto tra istituzioni fiscali e contribuenti.

Fin dalle origini, il fulcro su cui ha fatto leva questo mutamento di prospettiva è stato quello di dare maggiore certezza, a fronte di una maggiore trasparenza, ai contribuenti “virtuosi”, dotati di un “sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale” (il c.d. “Tax control Framework” o “TCF”).

I recenti interventi legislativi (cfr. il Dlgs. n.221/ 2023 ed il D.lgs. n. 108/2024[1]), hanno introdotto una serie di novità che dovrebbero dare ulteriore impulso a tale indirizzo ed hanno posato un nuovo tassello di questo progetto.

In particolare, oltre alla “esternalizzazione” del processo di ammissione al regime di adempimento collaborativo (attraverso la previsione della certificazione del Tax Control Framework da parte di professionisti indipendenti) e all’abbassamento progressivo delle soglie dimensionali quantitative per l’ammissione allo stesso (volume di affari o ammontare di ricavi non inferiore a 750 milioni di euro fino al 2025, 500 milioni di euro a partire dal 2026 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2028 )[2], il nuovo articolo 7-bis del D.lgs. n.128/2015 prevede un nuovo istituto aperto a tutti i contribuenti, senza limiti dimensionali: il Regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale” (d’ora in poi “Tax Control Framework Opzionale” o “TCF Opzionale”).

L’introduzione di tale istituto sembra disegnare uno scenario particolarmente vantaggioso per i contribuenti virtuosi che intendano tenere sotto controllo i rischi fiscali connessi allo svolgimento della propria attività.

Tuttavia, per far sì che lo scopo perseguito dal Legislatore si realizzi, alcuni nodi meritano di essere sciolti.

I vantaggi del Tax Control Framework

In via di premessa si devono evidenziare i notevoli vantaggi di cui beneficiano i soggetti dotati di un Tax Control Framework sia in regime di “Cooperative Compliance” che in regime di “TCF Opzionale”.

In primo luogo, si evidenzia che il Legislatore ha previsto[3]: l’abbattimento totale delle sanzioni amministrative e la previsione di un’ampia scriminante[4] per il delitto di dichiarazione infedele ex art. 4 del D.lgs. 74/2000, per violazioni costituenti la realizzazione di rischi c.d. “interpretativi” (o “non routinari”) comunicati preventivamente all’Amministrazione Finanziaria attraverso gli strumenti a ciò deputati: a) per i soggetti in regime di cooperative compliance, tramite l’interpello abbreviato ex art. 6 comma 2 del D. lgs. n. 546/1992 (interpello che può assumere anche la forma del c.d. interpello probatorio[5]) oppure con le più informali interlocuzioni previste dall’articolo 5, comma 2, lettera b del Dlgs. 128/2015[6]; b) per i soggetti aderenti regime di TCF Opzionale, invece, con il solo interpello di cui all’art. 11 della legge n. 212 del 27 luglio 2000.

Il Legislatore ha dunque positivizzato il c.d. agree to disagree, ossia il diritto del contribuente a non attenersi alla posizione assunta dall’Amministrazione Finanziaria (di seguito A.F.), senza il timore di incorrere in sanzioni amministrative e neppure, in ampia misura, in responsabilità penali.

Tale circostanza, unitamente alle caratteristiche “strutturali” di un valido Tax Control Framework, comporta l’indubbio vantaggio per le imprese di evitare rischi non in linea con il proprio risk appetite. Infatti, per effetto delle necessarie procedure di escalation decisionale di cui un Tax Control Framework deve essere dotato, si determina il necessario coinvolgimento dei vertici aziendali in ordine ai rischi che superino determinati livelli di significatività con condivisione delle decisioni tra responsabile della funzione fiscale e organi di vertice (c.d. “tone at the top”). Pertanto, in ragione delle misure sanzionatorie premiali su esposte, tali soggetti si dotano di uno strumento fondamentale per poter assumere consapevolmente decisioni strategiche o di business senza temere che dalla trasparenza adottata nei confronti dell’A.F. ne possano discendere effetti pregiudizievoli in punto di sanzioni.

In secondo luogo, un valido Tax Control Framework consente agli organi di vertice di tenere sotto controllo i rischi fiscali eventualmente determinati dalle funzioni di business nel tentativo di raggiungere i propri obbiettivi commerciali. L’adozione di una matrice dei rischi c.d. adempimento insiti sui processi di business (e sui processi della funzione fiscale), unitamente alla predisposizione di presidi di controllo (di primo, secondo e terzo livello), permette di mitigare il rischio di incorrere in violazioni tributarie, anche gravi, che possono tradursi anche in danni reputazionali.

Da tale circostanza derivano altri vantaggi derivanti dall’adozione di un TCF.

Un Tax Control Framework correttamente disegnato ed implementato può essere un valido strumento per mitigare il rischio per l’impresa di essere involontariamente coinvolta in meccanismi fraudolenti. Un TCF efficace include, infatti, presidi e controlli volti a prevenire la contabilizzazione di operazioni in tutto o in parte inesistenti sotto il profilo oggettivo e soggettivo. Tale utilità permane anche quando, nonostante l’adozione del Tax Control Framework, un operatore economico si ritrovi comunque coinvolto in una frode fiscale. L’implementazione di un sistema di controllo con valenza “anti-frode”, può essere utile per permettere al contribuente di dimostrare di aver impiegato la diligenza da lui esigibile, in ragione dei propri requisiti dimensionali, nella scelta delle controparti commerciali. Tale circostanza, alla luce dell’orientamento della giurisprudenziale più attuale, può consentirgli di non essere assoggettata al recupero dell’iva evasa e alle sanzioni relative.

I vantaggi dell’adozione di un TCF operano anche al di fuori di un ambito esclusivamente fiscale.

Si deve infatti rilevare, in primo luogo, come la predisposizione di un sistema di controllo del rischio fiscale, soprattutto se integrato con il sistema di controllo interno adottato ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 (e di quello eventualmente introdotto ai sensi della legge n. 262/2005), possa aiutare i contribuenti virtuosi a tenere sotto controllo ulteriori rischi reputazionali (oltre che evitare le sanzioni connesse al riconoscimento di una responsabilità amministrativa da reato). A tale proposito è appena il caso di rammentare che tra i reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, sono inclusi non solo alcuni delitti fiscali (cfr. art. 25-quinquiesdecies)[7], ma anche i delitti di riciclaggio ed autoriciclaggio di cui agli articoli 648-bis e 648-ter.1 c.p. (art. 25-octies) che possono avere, come oggetto materiale della condotta, il provento di antecedenti reati fiscali (cfr. da ultimo Cass. pen., Sez. II, Sent. 5 novembre 2020 -ud. 9 settembre 2020- n. 30889).

Inoltre, un sistema interno di controllo fiscale consente l’individuazione e l’attribuzione di specifiche ed effettive responsabilità in capo ai soggetti della catena di comando dotati di poteri decisionali nell’ambito dei processi aziendali (la c.d. Segregation of Duty). Tale circostanza, nell’ambito di un sistema incentrato sulla responsabilità penale personale e sul principio di colpevolezza, potrà, ad avviso di chi scrive, assumere rilievo ai fini dell’imputazione di eventuali fatti illeciti, in applicazione dei principi in tema di “autoria mediata” di cui all’ articolo 48 del Codice penale.

Da ultimo si evidenzia come l’adozione del Tax Control Framework – soprattutto se integrato con il sistema di controllo interno dei dati dell’informativa finanziaria ex L. n. 262/2005 – è un elemento che può essere preso in considerazione dagli stakeholders che intendono valutare la conformità della gestione della variabile fiscale agli adempimenti necessari per l’attuazione di investimenti aventi requisiti di compliance ambientale, sociale e di governance (ESG: Environmental, Social e Governance).

I nodi da risolvere

Permangono alcuni dubbi di non poco conto.

In via di premessa si pone il problema di individuare le differenze sostanziali che permettano di giustificare, almeno parzialmente, le differenti misure premiali previste per i due regimi. Ai soli soggetti aderenti al regime di Cooperative Compliance, infatti, vengono riconosciute le seguenti misure premiali: a. l’esonero dall’obbligo di prestare garanzie per il pagamento dei rimborsi delle imposte dirette ed indirette; b. l’abbattimento della metà delle sanzioni in relazione alle violazioni che costituiscono la realizzazione di rischi fiscali precedenti all’ingresso nel regime (sempreché comunicati entro centoventi giorni dalla ammissione); c. forme guidate di ravvedimento operoso[8]; d. riduzione dei tempi di decadenza per gli accertamenti fiscali; e. una penalty protection per i disallineamenti relativi a “Transazioni Rilevanti” e a “Gruppi Omogenei” di valore inferiore alla “Soglia di Materialità”, qualora nella mappa dei rischi fiscali sia data evidenza dei processi aziendali idonei a identificare, rispetto ai “Disallineamenti da Ibridi Rilevanti diversi dai Disallineamenti Importati”, le “Transazioni Rilevanti” e i “Gruppi Omogenei”[9]; f. l’abbattimento alla metà delle sanzioni applicabili nel caso di violazioni costituenti la realizzazione di quei rischi fiscali adempimento, “non significativi” ricompresi nella mappa dei rischi.

Solo l’esistenza di una differenza sostanziale tra i due regimi può, anche se solo in parte, legittimare tale differente regime premiale.

Ciò premesso, particolarmente illuminate risulta essere l’ultima differenza evidenziata: la previsione, ai sensi del comma 3-bis dell’art 6 del D.lgs. n.128/2015, dell’abbattimento alla metà delle sanzioni per i rischi c.d. adempimento mappati dai soli soggetti in Cooperative Compliance.

Tale differenza, sembra indicare la probabile differenza sostanziale tra i due istituti: il grado di intensità e penetrazione dei doveri e adempimenti richiesti dai due regimi.

Infatti, tra gli impegni e adempimenti previsti per i soggetti in regime di cooperative compliance emergono i seguenti:

  1. in primo luogo, la necessità di prevedere per i rischi c.d. “interpretativi (“non routinari”) forme di escalation che portino obbligatoriamente il contribuente, allorché si superino determinate soglie, quantitative o qualitative, di materialità del rischio, ad instaurare una interlocuzione preventiva con l’Amministrazione Finanziaria (interpello abbreviato o altra forma di interlocuzione preventiva). A tale proposito è fondamentale osservare che per i soggetti in Cooperative compliance, i criteri per valutare la significatività del rischio devono essere concertati con l’Amministrazione Finanziaria[10];
  2. in secondo luogo, la necessità per i contribuenti in Cooperative di trasmettere preventivamente la mappa dei rischi e di portare a conoscenza dell’Amministrazione Finanziaria, con cadenza annuale, gli esiti del monitoraggio operato sul sistema di controllo interno (esiti che vanno trasmessi all’ organo di gestione: ossia, l’organo aziendale che esercita funzioni di indirizzo interno di controllo della società aderente al regime).

Orbene, tali adempimenti, consentendo un riscontro preventivo sulla completezza ed attualità della mappa dei rischi (anche a seguito di modifiche normative potenzialmente impattanti sui rischi c.d. adempimento delle funzioni di business e/o sui rischi dei processi più strettamente fiscali) sembrano giustificare la scelta del Legislatore di accordare l’abbattimento sanzionatorio.

Ciò appare evidente se si considera che con la disposizione di cui all’articolo 3-bis dell’art 6 del D.lgs. n.128/2015, il Legislatore ha di fatto recepito l’orientamento già espresso dall’Amministrazione Finanziaria nella Risoluzione 49/E del 22 luglio 2021. In tale Risoluzione, l’Amministrazione attribuiva rilevanza, al fine di riconoscere l’estensione ai rischi c.d. inadempimento mappati dell’abbattimento sanzionatorio previsto dall’art. 6 comma 3, del D.lgs. n.128/2015 vigente ratione temporis , alla previa trasmissione all’Amministrazione Finanziaria di una Mappa dei rischi che includesse il rischio fiscale poi verificatosi. Al ricorrere di tale circostanza, infatti, si riteneva soddisfatto il requisito della preventiva comunicazione” del rischio a cui il Legislatore subordinava l’abbattimento delle sanzioni.

In definitiva quindi l’assenza di un abbattimento sanzionatorio per i soggetti aderenti al regime del Tax Control Framework Opzionale, sembra trovare giustificazione (sebbene solo parzialmente) solo allorché si escludano gli stessi obblighi in capo ai soggetti aderenti al regime del “TCF Opzionale (i.e. l’obbligo di trasmettere preventivamente la mappa dei rischi e la relazione conseguente ai monitoraggi periodici all’Agenzia delle entrate).

Inoltre, a ciò si aggiunga che, almeno formalmente, le disposizioni contenute nel “Codice di condotta per i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo” (già in gran parte contenute in vari provvedimenti e documenti di prassi preesistenti)[11] si applicano ai soli soggetti aderenti al regime di adempimento collaborativo.

Alla luce del dato normativo su esposto sembra emergere che la differenza sostanziale tra i due regimi sia ravvisabile nelle diverse caratteristiche e intensità dell’interlocuzione tra il contribuente e l’A. F.

In definitiva, si deve ipotizzare che il regime introdotto nel comma 7 bis del D.lgs. 128/2015 sia caratterizzato da una minore intensità di rapporti tra contribuente e l’A.F.: per tali soggetti non dovrebbero sussistere i doveri: a. di comunicare obbligatoriamente all’A.F., al superamento di certe soglie di materialità, i rischi “interpretativi” (o “non routinari”); b. di portare preventivamente a conoscenza dell’A.F. la mappa dei rischi né gli esiti del monitoraggio periodico operato sul sistema di controllo interno.

Se così non fosse, non si comprenderebbe la differenza tra i due regimi e soprattutto il differente trattamento sanzionatorio premiale.

Alla luce di quanto sopra, appare evidente come le caratteristiche principali dei due regimi dovranno trovare riscontro nelle indicazioni che l’Amministrazione Finanziaria sicuramente fornirà in relazione alla concreta applicazione, anche da parte dei soggetti che decidono di aderire al regime del “TCF Opzionale, delle recenti linee guida di cui all’articolo 4 comma 1-quater, del D.lgs. 128/ 2015 (linee guida approvate con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 10 gennaio 2025 n prot. prot. n 5320/2025).

A tale proposito si osserva infatti che le linee guida sembrano voler risolvere anche eventuali dubbi sull’ambito della loro applicazione. Infatti, come espressamente previsto, le stesse dovranno essere applicate non solo dai soggetti aderiscono al regime di cooperative compliance, ma anche dai contribuenti che intendono optare per il regime del Tax Control Framework Opzionale. Tuttavia, dalla lettura delle istruzioni in esse contenute, sembra emergere che alcune indicazioni si rivolgano solo ed esclusivamente ai soggetti aderenti al regime di cooperative compliance. Ad esempio, sembra riferirsi solo a tali soggetti l’indicazione relativa alla trasmissione anche all’Agenzia delle entrate della relazione indirizzata agli organi di gestione[12]. Sul punto, sarebbe forse necessario qualche ulteriore più puntuale chiarimento.

Infine, si evidenzia che le questioni appena rappresentate si riconnettono e sollevano un ulteriore quesito circa l’individuazione dell’Ufficio competente sui soggetti che aderiranno al nuovo regime. Appare evidente che le scelte organizzative che dovranno essere adottate in proposito, dovranno tener conto: 1. della platea potenzialmente illimitata di soggetti che potranno aderire a tale regime; 2. dell’intensità dei doveri e adempimenti ad esso connessi.

Al momento, invece, non è stato individuato un Ufficio con una competenza specifica su tali soggetti (come invece è accaduto per i soggetti aderenti al regime di adempimento collaborativo: cfr. da ultimo il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 9 marzo 2022).

Anche su tale questione, pertanto, si attende un chiarimento.

Conclusioni

In considerazione dell’effetto propulsivo che l’istituto del “TCF Opzionale” potrebbe produrre nel favorire la compliance e la trasparenza, sono auspicabili interventi atti a rendere tale regime ancora più appetibile. In primo luogo, interventi che possano permettere ai contribuenti di munirsi di un sistema di controllo del rischio fiscale opzionale, senza dover sostenere una duplicazione dei costi. Tale considerazione non è irrilevante se si considera che al regime del TCF Opzionale possono ambire soggetti con minori risorse economiche e patrimoniali rispetto a quelle possedute dai soggetti in adempimento collaborativo. Per tale ragione sarebbe auspicabile che, almeno in relazione al regime del Tax Control Framework Opzionale, non venisse stabilita un’incompatibilità tra l’incarico di progettare e implementare il sistema di controllo interno del rischio fiscale, con quello di certificare l’idoneità dello stesso ad assolvere i compiti per cui è stato adottato.

In secondo luogo, andrebbero introdotte ulteriori misure premiali in campo sanzionatorio. A tale proposito si osserva che il differente trattamento sanzionatorio per i rischi c.d. “adempimento” mappati, non sembra trovare giustificazione alla luce del principio di proporzionalità delle sanzioni tributarie (sancito sia dalla giurisprudenza comunitaria che dalla recente giurisprudenza della Corte Costituzionale con la sentenza 46/2023).

In ragione di ciò, andrebbe introdotto un tale abbattimento anche per i soggetti aderenti al regime del “TCF Opzionale”.

L’introduzione di tale abbattimento delle sanzioni sarebbe in linea con altre misure premiali che l’ordinamento già prevede nel caso in cui il contribuente si premunisca di predisporre documentazione da esibire agli organi accertatori al fine di fornire elementi conoscitivi utili per i controlli. A tale proposito è sufficiente ricordare:

  1. il regime di penalty protection previsto dall’articolo 1, comma 6, e articolo 2, comma 4-ter del D.lgs. n. 471/1997 in materia di Transfer Pricing;
  2. il regime di penalty protection previsto dal nuovo comma 6-bis dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (introdotto dall’art. 61, comma 1, del Decreto legislativo 18 dicembre 2023, n. 209) per effetto della documentazione c.d. anti-ibridi[13].

Pertanto, qualora siano stati adoperati strumenti volti a garantire che la mappa dei rischi e i presidi siano antecedenti alla violazione (i.e. apposizione di firme elettroniche con marche temporali), dovrebbe riconoscersi un abbattimento sanzionatorio in relazione alle violazioni che costituiscono la realizzazione dei rischi mappati. In ragione del differente grado di condivisione dei rischi fiscali rispetto al regime di adempimento collaborativo, si può tuttavia ipotizzare un abbattimento sanzionatorio minore di quello previsto nell’ambito di tale regime (ad esempio un abbattimento di un terzo o di un quarto anziché della metà come per i soggetti in adempimento collaborativo).

In definitiva allo stato attuale della normativa, sembra che la scelta del Legislatore sia stata quella di offrire ai contribuenti l’opportunità di compiere un percorso teso ad un graduale intensificarsi del rapporto di collaborazione dei contribuenti con l’Amministrazione Finanziaria.

Le ulteriori misure agevolative auspicate potrebbero, ad avviso di chi scrive, invogliare l’adesione a tale regime che, per effetto della sua potenziale idoneità a favorire lo sviluppo di una gestione trasparente della variabile fiscale, potrebbe costituire il volano di un’evoluzione culturale, prima ancora che giuridica, del nostro sistema tributario.

 

[1] Articolo 1 del Decreto legislativo del 30/12/2023 n. 221 e l’articolo 1 del Decreto legislativo del 05/08/2024 n. 108.

[2] Cfr. comma 1-bis dell’art 7 del Dlgs 128/2015 (introdotto dalla lettera d) dell’art.1 del D.lgs. 221/2023). Ai sensi del successivo comma 1-ter: “I requisiti dimensionali di cui al comma 1-bis sono valutati assumendo, quale parametro di riferimento, il valore più elevato tra i ricavi indicati, secondo corretti principi contabili, nel bilancio relativo all’esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione della domanda e ai due esercizi anteriori e il volume di affari indicato nella dichiarazione ai fini dell’imposta sul valore aggiunto relativa all’anno solare precedente e ai due anni solari anteriori” Inoltre si rammenta che per effetto dell’art. 8, commi 6 e 7, Legge n. 130/2022 è stata anche abbassata a 15 milioni di euro la soglia per presentare gli interpelli sui nuovi investimenti di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147. Ciò si traduce in un’ulteriore facilitazione per l’accesso al regime posto che, ai sensi del comma 1-quinquies dell’art 7 del D.lgs. .128 ,“Il contribuente che dà esecuzione alla risposta all’istanza di interpello nuovi investimenti, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, indipendentemente dall’ammontare del suo volume d’affari o dei suoi ricavi, può accedere all’istituto dell’adempimento collaborativo al ricorrere degli altri requisiti previsti dal presente decreto”.

[3] Art 6 commi 3 e 4 del Dlgs 128/2015 e art 7-bis, comma 2, lettere a) e b del Dlgs 128/2015 come risultanti per effetto delle modifiche introdotte, rispettivamente, dall’articolo 1 comma lettera c) del D.lgs. 128/2015 e dall’articolo 1 lettere b) e d) del D.lgs. 108/20214 citato

[4]fuori dai casi di violazioni fiscali caratterizzate da condotte simulatorie o fraudolente o dipendenti dall’indicazione nelle dichiarazioni annuali di elementi passivi inesistenti” (Art. 6 comma 4 e art 7-bis, comma 2, lettera b) del D.lgs. 128/2015)

[5] Per effetto delle modifiche introdotte all’art 11 della L 212/2000 dall’ art. 1 del D.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219 (“Modificazioni allo Statuto dei diritti del contribuente “), l’interpello probatorio è riservato ai soli soggetti in regime di Cooperative Compliance ed ai soggetti che propongono l’Interpello sui nuovi investimenti “2. L’interpello di cui alla lettera e) del comma 1 è riservato ai soggetti che aderiscono al regime di cui agli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, e ai soggetti che presentano le istanze di interpello di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.

[6] Per escludere le sanzioni amministrative le interlocuzioni devono comunque integrare gli elementi tipici previsti per gli interpelli abbreviati: “Per gli effetti di cui al primo periodo le comunicazioni effettuate ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lettera b), contengono gli elementi di cui all’articolo 4, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), e comma 2, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 15 giugno 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148”(cfr. art 6 commi 3 D.lgs. 128/2015).

[7] Il D.L. n. 124/2019, ha esteso la responsabilità amministrativa da reato delle società ex D.lgs. n. 231/2001 all’ambito penal-tributario, ricomprendendo nel novero dei reati presupposto di tale responsabilità anche (art. 25-quinquiesdecies) i seguenti reati previsti dal Decreto legislativo del 10/03/2000 n. 74: la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2); la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3); l’emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti; l’occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10); la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11). Successivamente con il D.lgs. 75 del 14 luglio 2020 (a seguito della legge delega n 117 del 4 ottobre 2019 – volta a recepire la direttiva PIF (Direttiva Ue 2017/1371 del 5 luglio 2017)- la responsabilità degli enti è stata estesa, in determinati casi (ossia nei casi di reati “commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto per un importo complessivo non inferiore a dieci milioni di euro”), anche ai delitti previsti dagli artt. 4, 5 e l0-quater del D.lgs. n. 74/2000.

[8] Cfr i vari commi dell’articolo 6 del Decreto Legislativo n. 128 del 2015, Si veda inoltre l’articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1 decreto legislativo 30 dicembre 2023, n. 221 che ha sostituito il comma 2, ultimo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 128 del 2015. Si rinvia altresì al Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 31/07/2024 n. 126, recante il “Regolamento recante la disciplina della procedura di ravvedimento guidato nell’ambito dell’adempimento collaborativo”.

[9] Cfr cfr art 7 del Decreto del 6 dicembre 2014 di prossima pubblicazione. Sembra inoltre che analoga penalty protection operi a parità di condizioni (ossia l’inclusione nella mappa dei rischi sei soggetti in adempimento collaborativo) anche rispetto ai “Disallineamenti Importati” sempre se di valore inferiore alla “Soglia di Materialità”. Per le definizioni di “Transazioni Rilevanti”, “Gruppi Omogenei”, “Disallineamenti da Ibridi Rilevanti”, “Disallineamenti Importati” e “Soglia di Materialità”, la norma definitoria di cui all’art 1 dello stesso Decreto.

[10] Cfr. punto 4.2. del Codice di condotta. L’obbligo di interlocuzione, tuttavia, era già stabilito dalla lettera J dell’art. 1 Provvedimento del Direttore dell’Agenzia n. prot. 101573 del 26 maggio 2017.

[11] Cfr. l’Allegato al Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 29/04/2024, recante l’ “Approvazione del codice di condotta per i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo”. Molti degli adempimenti e doveri indicati in tale Codice di Condotta erano già più o meno espressamente inclusi tra gli impegni venivano individuati a carico dei contribuenti in regime di cooperative compliance nei vari provvedimenti e documenti di prassi preesistenti (cfr. ad es. Circolare n. 38/E Roma, 16/09/2016, il Provvedimento del Direttore Centrale prot.n. 101573 del 26 maggio 2017, il Provvedimento del Direttore Centrale prot. n. 54237/2016 del 2016)

[12] Cfr. pag. 15 delle Linee guida per la redazione del Tax Compliance Model (TCM):Le informazioni sulle carenze identificate e valutate sono peraltro oggetto di rappresentazione agli organi di gestione nella fase di reporting e sono riportate nella Relazione annuale agli organi di gestione che i soggetti aderenti al Regime di Adempimento collaborativo devono trasmettere all’Agenzia delle entrate”

[13] Si evidenzia che tali disposizioni sono ora previste negli articoli 27 commi 8 e 9 e 28 comma 9 del Decreto legislativo del 05/11/2024 n. 173: il “Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali” le cui disposizioni si applicheranno dal 1°gennaio 2026

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