La pronuncia in esame affronta il tema della decorrenza del termine annuale per le domande di insinuazione tardiva al passivo ai sensi dell’art. 101 l.f., il quale fa riferimento alla data del «deposito del decreto di esecutività dello stato passivo».
Le conclusioni della Suprema Corte prendono le mosse dall’analisi delle norme relative alla formazione ed esecutività dello stato passivo di cui all’art. 96 l.f.
Se, da un lato, ai sensi del quarto comma dell’art. 96 l.f. si prevede che le operazioni di formazione ed esecutività del passivo che non si esauriscano in una sola udienza possano proseguire in successive udienze di rinvio, dall’altro lato, il quinto comma del medesimo articolo stabilisce chiaramente che lo stato passivo è reso esecutivo dopo che siano state esaminate tutte le domande di insinuazione presentate ai sensi dell’art. 93 l.f. Atteso che la formazione dello stato passivo presuppone l’esame di tutte le domande e che unico è il decreto contro il quale sono ammesse le impugnazioni di cui all’art. 98 l.f., deve escludersi che, in relazione alle domande man mano esaminate nella prima udienza e nelle successive udienze di rinvio ex art. 96, quarto comma, l.f., possano essere adottati altrettanti decreti di esecutività.
Ne consegue che il termine di dodici mesi di cui all’art. 101, primo comma, l.f. per le domande di insinuazione tardiva decorre dalla data del deposito dell’unico decreto di esecutività dello stato passivo, emesso all’esito dell’esame di tutte le domande di insinuazione (anche se valutate in successive udienze), e non – come statuito nei precedenti gradi di giudizio – dalla prima udienza di verifica dello stato passivo, nella quale il giudice delegato abbia dichiarato l’esecutività dello stato passivo, relativamente alle domande esaminate in quell’udienza.