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Attualità

Il trading dei crediti fiscali

15 Gennaio 2024

Domenico Gaudiello, Partner, Responsabile del Dipartimento di Finanza Pubblica, CMS

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo si sofferma sulle modalità con cui una banca può fare trading vendendo i crediti fiscali acquistati in eccedenza rispetto alle proprie dirette esigenze fiscali, alla luce della normativa vigente e delle indicazioni della Banca d’Italia.


I chiarimenti forniti dalla Banca d’Italia con la circolare del 24 luglio 2023 – relativi al trattamento contabile e prudenziale per le banche dei crediti d’imposta di cui ai Decreti Legge n. 18/2020, il c.d. “Cura Italia”, e n. 34/2020, il c.d. “Decreto Rilancio” – hanno significativamente ridisegnato le modalità di cessione dei crediti fiscali.

L’assunto di Banca d’Italia è molto chiaro: se un operatore bancario acquista crediti fiscali in misura eccedente la propria capienza fiscale, questo implica che la parte eccedente sia destinata al trading ossia ad essere rivenduta. Diversamente, la banca si troverebbe a detenere un asset del tutto inutilizzabile perché non altrimenti compensabile, in quanto destinato automaticamente a perdere valore con il passare del tempo (ossia con il decorso degli anni, in ragione della corrispondente annualità fiscale).

Chiarito il contesto pratico-normativo, mette conto soffermarsi sulle modalità con cui una banca può alienare i crediti fiscali acquistati in eccedenza rispetto alle proprie dirette esigenze fiscali.

Orbene, al riguardo la Banca d’Italia ha stabilito che vi è un solo modo di procedere: la ri-cessione da parte della banca dei crediti fiscali equivale ad un contratto derivato finanziario (specificamente ad una vendita a termine), con tutto il seguito di rischi da ponderare e gestire. Tra questi: il rischio che i crediti di imposta restino invenduti (pur essendosi il cessionario impegnato a comprare i crediti), il rischio che il cessionario non paghi il prezzo di cessione (perché insolvente), il rischio che i crediti vengano sequestrati dall’autorità giudiziaria, il rischio che diventino per altre ragioni non utilizzabili in tutto o in parte, il rischio che risentano di altre variabili di mercato alla pari di ogni altra attività finanziaria.

Vediamo bene la questione.

La vendita dei crediti fiscali può essere declinata principalmente secondo due modalità.

La banca può stipulare con il cessionario un accordo in forza del quale la cessione dei crediti è distribuita nel tempo cosi come differito è il pagamento del corrispettivo prezzo di cessione.

In altri termini, le parti concordano che il cessionario si impegni ora per allora a comprare tutte le annualità di un dato portafoglio di crediti fiscali (per esempio i crediti Superbonus 110%, che consistono in quattro annualità), prevedendo che (i) la consegna dei crediti avvenga in più porzioni all’interno della stessa annualità e che (ii) il prezzo di cessione venga corrispondentemente versato al momento della consegna della singola tranche infra-annuale.

Questa struttura, del tutto permessa dall’ordinamento vigente in materia di circolazione dei crediti fiscali, crea tuttavia specifici problemi ai fini dell’ordinamento bancario.

Una cessione dei crediti così articolata (convenzionalmente chiamata cessione orizzontale dei crediti) deve essere classificata alla stregua di una vendita a termine, ossia di un contratto derivato finanziario.

Tutti i rischi sopra elencati persisteranno in capo alla banca cedente per tutta la durata dell’accordo (ossia, rimanendo all’esempio sopra formulato, persisteranno in capo alla banca cedente fino a quando non avrà ricevuto dal cessionario l’ultimo pagamento da questi dovuto in cambio dell’ultima porzione disponibile all’interno dell’ultima annualità di credito fiscale) e andranno appositamente ponderati e gestiti secondo le prescrizioni della vigilanza bancaria.

Il discorso cambia totalmente laddove il cedente e il cessionario regolino la vendita delle quattro annualità in unica soluzione (ossia mediante il trasferimento e pagamento delle quattro annualità alla data della stipula): è del tutto evidente che in questo caso (convenzionalmente chiamato cessione verticale) non si versa nell’ipotesi di una vendita a termine. In questo scenario, la banca cedente non pone in essere un’operazione a termine, poichè trasferisce in unica soluzione tutto il portafoglio dei crediti e riceve, corrispondentemente, alla stipula, il prezzo delle quattro annualità, è esente dai rischi che invece caratterizzano la vendita a termine.

Nel caso della cessione orizzontale troveranno piena applicazione le precisazioni fornite da Banca d’Italia lo scorso luglio. Viceversa, nel caso della cessione verticale, si è al di fuori del campo di applicazione della circolare in questione.

Il mercato dei crediti fiscali ha reagito fattivamente alle indicazioni fornite dal regolatore, rivedendo sia le originarie strutture contrattuali sia il novero delle categorie degli operatori interessati.

Si tratta di un ventaglio di soluzioni del tutto nuove.

Vediamo sinteticamente le due principali novità.

Per quanto sia di gran lunga preferibile per la banca cedente, in quanto consente l’immediato smobilizzo dell’intero portafoglio di crediti, la cessione verticale ha tuttavia un serio impatto sulla gestione della liquidità del soggetto cessionario. In effetti, in questa ipotesi il cessionario compra subito l’intero portafoglio, ma non può avvantaggiarsi dell’intero portafoglio ai fini della compensazione, potendo utilizzare solo volta per volta le singole annualità.

Al fine di conciliare le opposte esigenze, hanno preso corpo strutture di cessione che si caratterizzano per l’impiego del meccanismo di cartolarizzazione anche ai fini dello smobilizzo dei crediti fiscali. In pratica, secondo queste strutture, la banca cedente vende l’intero portafoglio ed incassa il prezzo in unica soluzione da un veicolo di cartolarizzazione che, a sua volta, finanzia l’acquisto di detti crediti facendo ricorso al mercato (o al finanziamento di una singola banca) e provvede al rimborso graduale di quanto ricevuto in prestito facendo leva proprio sui contestuali accordi di ri-cessione posti in essere con cessionari che a loro volta acquisteranno i crediti (preferibilmente) su base pluriennale, ossia ricevendo anno per anno le relative annualità fiscali da utilizzare in compensazione e corrispondendo il correlativo prezzo anno per anno.

Per quanto di complessa realizzazione, l’impianto qui descritto è sicuramente quello che meglio soddisfa allo stesso tempo le esigenze di diversi operatori, ma pone parecchie questioni operative. La più evidente attiene la gestione del rischio di credito che si assume il soggetto (la platea di soggetti) che finanzi (finanzino) il veicolo al fine di consentire a quest’ultimo l’acquisto di un portafoglio di crediti fiscali. In pratica, cosa accade se il cessionario non mantiene nel tempo gli impegni di acquistare dal veicolo i crediti fiscali oggetto dell’operazione?

Come gestisce questo rischio il veicolo di cartolarizzazione? Ritrasferendo alla banca cedente i crediti in questione? In ultima analisi, lo schema in esame è davvero compatibile con la disciplina in materia di cartolarizzazione dei crediti?

C’è un’altra iniziativa che si è affermata con altrettanta rapidità, che per completezza è opportuno richiamare.

Si tratta delle cessioni di crediti fiscali direttamente tra due soggetti corporate, senza il coinvolgimento delle banche quale soggetto cedente. Per ovviare alla rigidità operativa che caratterizza gli istituti bancari, sia quando agiscano come soggetti cedenti, sia quando siano richiesti di agire nel ruolo di cessionari, le imprese commerciali hanno preferito ricorrere alla cessione anche di una singola annualità per gestire, a seconda dei casi, esigenze di liquidità (si pensi al cedente che monetizza immediatamente una parte del credito fiscale) o immediate finalità di contenimento di un carico fiscale certo (si pensi al cessionario che, con riferimento ad un singolo esercizio fiscale, compri a sconto un credito fiscale e se ne avvalga ai fini della successiva compensazione). Nello scenario appena rappresentato il ruolo delle banche è del tutto marginale, al più rientrando nel contesto della sola attività di mediazione o di mera facilitazione dell’operazione di smobilizzo mettendo in contatto impresa cedente e impresa cessionaria all’interno della platea dei propri clienti esistenti.

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