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Approfondimenti

Il trattamento in bilancio del trasferimento di crediti unlikely to pay in cambio di quote di “fondi di ristrutturazione”

21 Aprile 2020

Angelo Bonissoni e Michele Citarella, CBA

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione

Banca d’Italia, Consob ed Ivass affrontano insieme, con il documento n. 8 in materia di applicazione degli IAS/IFRS (il “Documento”),[1] il tema del trattamento in bilancio delle cessioni di tipo multioriginator di portafogli creditizi deteriorati diversi dalle sofferenze (crediti “unlikely to pay”, gli “UTP”) a fondi comuni di investimento, in cambio di quote di partecipazione emesse dagli stessi fondi cessionari. Si tratta di un tema di rilevante interesse per le imprese bancarie, ma non solo, sul quale è certamente opportuno che le autorità di vigilanza siano intervenute per superare alcuni dubbi applicativi e per favorire omogeneità di comportamento da parte degli operatori.

Pur non qualificandoli espressamente come tali, è abbastanza evidente che la categoria di fondi ivi considerata è quella, a cui è già ricorso un primo nucleo di operatori bancari e finanziari e analizzata in dottrina da un ristretto numero di autori,[2] dei cosiddetti “fondi di ristrutturazione”.[3] Depongono in questo senso le principali caratteristiche delle operazioni osservate dalle autorità scriventi, descritte nella prima parte del Documento, che riportano chiaramente a quei fondi il cui obiettivo è migliorare il tasso di recovery dei crediti ad essi trasferiti rispetto alle originarie previsioni di incasso effettuate dalle banche cedenti, grazie ad una gestione unitaria, e di conseguenza ordinata, delle rispettive posizioni di credito (tipicamente nei confronti di un ristretto insieme di soggetti debitori), orientata da una prospettiva di ristabilimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’impresa debitrice, sovente accompagnata dalla conversione in equity del debito e assistita dalla erogazione di nuova finanza, che in molte situazioni rappresenta un fattore critico di successo delle operazioni di ristrutturazione aziendale. In ottica sistemica è da considerare con sicuro favore che, per quanto a noi risulta, è questa la prima occasione in cui le autorità di vigilanza intervengono, seppure in riferimento allo specifico aspetto bilancistico, sulle strutture di gestione di crediti deteriorati attraverso l’intervento di un fondo comune di investimento gestito da un operatore specializzato. Si tratta di un riconoscimento di non poco conto, sia in considerazione di alcune incertezze che hanno accompagnato l’avvio dell’operatività di questi soggetti in assenza di una disciplina specifica e coerente con le rispettive esigenze gestionali, sia della loro rinnovata utilità in un contesto macroeconomico in cui gli UTP non potranno che aumentare parallelamente alle esigenze di ristrutturazione (piuttosto che di liquidazione) aziendale delle imprese debitrici. Sarebbe ora auspicabile un ulteriore contributo da parte delle autorità di vigilanza, sempre nell’ottica di favorire la corretta e uniforme applicazione delle disposizioni in vigore, sia quanto ai profili del trattamento prudenziale delle quote del fondo ricevute dalle banche cedenti sia quanto ai requisiti regolamentari applicabili a questa particolare categoria di fondi.

Un aspetto tipico delle operazioni di vendita di portafogli di crediti in cui il cedente continua ad essere in qualche misura esposto ai proventi derivanti dalla loro gestione è la varietà degli assetti che in concreto assumono la governance del fondo, i meccanismi di distribuzione dei proventi da questo conseguiti, i rapporti tra le varie categorie di investitori. Si tratta di una varietà negoziale ben chiara alle autorità di vigilanza che espressamente si limitano nel proprio documento alla rappresentazione di alcuni punti chiave che assumono particolare rilievo per il corretto trattamento in bilancio di queste operazioni. Su questi punti ci soffermeremo nel prosieguo, insieme alla indicazione di qualche ulteriore elemento che la prassi professionale mette a disposizione, con il proposito di integrare gli elementi rilevanti di cui le banche e gli intermediari cedenti dovranno tenere conto nella strutturazione di operazioni di questo tipo già nell’ottica della successiva redazione del bilancio.

2. Il consolidamento del fondo da parte dei cedenti (ovvero degli altri soggetti coinvolti nella gestione dei crediti)

L’elemento chiave da considerare ai fini del consolidamento del fondo da parte degli originators, secondo le indicazioni delle tre autorità, è rappresentato dalla capacità della SGR di gestire in maniera autonoma e indipendente i crediti trasferiti al Fondo che, tenendo conto del complesso degli obblighi normativi ad essa applicabili, potrà essere valutata in base all’assetto contrattuale dell’intera operazione.[4] Questa capacità della SGR è considerata determinante per poter escludere che il singolo originator controlli il fondo in quanto non ha potere su di esso, inteso come capacità attuale di dirigerne le attività rilevanti.[5]

Atteso che generalmente gli originators perseguono l’obiettivo di non consolidare il fondo cessionario, questo potere diventa un aspetto cruciale di cui tenere conto in fase di strutturazione di operazioni di questo tipo.[6] Alcuni elementi particolarmente sensibili da tenere nel debito conto sono rappresentati da: (i) il numero degli originators e le quote del fondo detenute da ciascuno di essi ad esito del trasferimento dei crediti; (ii) la presenza, il ruolo e il peso di ciascun originators all’interno dei comitati degli investitori eventualmente istituiti per accompagnare, in determinate ipotesi e ricorrendo specifiche circostanze, il processo decisionale della società di gestione; (iii) la disciplina negoziale prevista per la sostituzione del gestore.

3. La derecognition (contabile) dei crediti ceduti

Ove ad esito del proprio processo di valutazione ciascun originator riterrà di non controllare il fondo, e quindi di non avere l’obbligo di consolidamento, procederà con l’applicazione delle disposizioni in materia di eliminazione contabile delle attività finanziarie,[7] secondo quanto previsto nella sezione 3.2 dell’IFRS n. 9.

L’elemento chiave per procedere con la derecognition dei crediti è rappresentato dal sostanziale trasferimento di tutti i rischi e benefici della proprietà dei crediti.[8] La sostituzione tra attività finanziarie (crediti in cambio di quote di fondi) e la complessità dei meccanismi che regolano i rapporti tra i vari soggetti che partecipano al patrimonio e alla gestione del fondo, difficilmente rendono ovvia questa valutazione[9] e sarà pertanto necessario calcolare e confrontare l’esposizione dell’originator alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti prima e dopo il trasferimento.

Nel Documento sono elencati diversi elementi di cui tenere conto per determinare l’esposizione alla variabilità dei flussi, che ci preme richiamare: (i) la prudente valutazione e la verifica delle assunzioni per la stima dei flussi di cassa attesi, gli scenari alternativi presi in considerazione e la sensibilità alle variazioni dei fattori rilevanti (ad esempio, tempi di incasso, distribuzione dei recuperi); (ii) la percentuale del totale dei crediti ceduti di pertinenza di ciascun originator (a parità di condizioni, minore è tale percentuale, maggiore è la possibilità che l’esposizione del singolo cedente alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti dei crediti sia ridotta in modo significativo come risultato del trasferimento); (iii) il grado di diversificazione/concentrazione, sia in termini di numero di debitori che di profili di rischio (ad esempio, settore economico e area geografica) dei crediti ceduti (a parità di condizioni, maggiore è il livello di diversificazione in termini di debitori e profili di rischio, maggiore è la possibilità che l’esposizione del singolo cedente alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti dei crediti ceduti sia ridotta in modo significativo come risultato del trasferimento); (iv) la percentuale di quote ricevute da ciascun cedente (percentuale di partecipazione al Fondo), se diversa dalla quota di crediti ceduti dal medesimo soggetto rispetto al totale dei crediti apportati (la valutazione dei crediti ceduti potrebbe infatti comportare un diverso numero di quote assegnate); (v) la priorità dei pagamenti (payment waterfall) così come disposta dai contratti.

Attesa la rilevanza per gli originators della derecognition contabile,[10] altri elementi da tenere in considerazione in fase di strutturazione dell’operazione, in aggiunta a quelli indicati dalle autorità di vigilanza, in grado di incidere in misura rilevante nel differenziare il profilo della variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti prima e dopo il trasferimento, potrebbero essere: (i) analogamente a quanto già osservato in relazione al consolidamento, il numero degli originators; (ii) il peso percentuale di ciascun debitore sul complesso delle posizioni da ristrutturare gestite dal Fondo  (a parità di condizioni, minore è l’incidenza del singolo debitore sul patrimonio gestito dal fondo, maggiore è la possibilità che l’esposizione del singolo cedente alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti dei crediti ceduti sia ridotta in modo significativo come risultato del trasferimento); (iii) l’ammontare delle risorse raccolte dal fondo per l’erogazione di nuova finanza alle imprese ristrutturande (attesa l’antergazione dei quotisti che sottoscrivono in denaro le quote del fondo, quanto più rilevante è la componente della nuova finanza tanto più la distribuzione e la variabilità dei flussi di cassa attesi prima e dopo il trasferimento dei crediti tenderà a differenziarsi); (iv) l’ammontare e il meccanismo stabilito per la remunerazione dei soggetti coinvolti nella gestione del fondo, sia per la componente caratterizzata da una più elevata priorità nella cascata dei pagamenti sia per la componente più propriamente legata alla performance di risultato del fondo (carried interest).

Un ultimo elemento di rilievo, che si pone a valle dei test quantitativi appena visti, attiene al mantenimento da parte dell’originator del controllo dei crediti trasferiti. Laddove infatti il cedente non avesse né trasferito né mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici delle attività trasferite, dovrà comunque procedere con l’eliminazione contabile qualora non ne abbia mantenuto il controllo[11] e l’elemento decisivo per escludere il mantenimento del controllo è rappresentato dalla capacità della società di gestione del fondo di procedere alla cessione integrale dei crediti a terzi autonomamente e senza alcun obbligo di imporre ulteriori restrizioni sul trasferimento.[12]

4. L’iscrizione iniziale e la valutazione delle quote del fondo

Laddove siano stati effettivamente conseguiti i generali obiettivi di non consolidamento del fondo e di derecognition dei crediti, l’iscrizione delle quote del fondo ricevute in cambio delle attività trasferite dovrà essere effettuata al fair value[13] e la differenza tra il valore contabile dell’attività integralmente trasferita (valutato alla data dell’eliminazione contabile) e il valore delle nuove attività ottenute, dovrà essere rilevata nell’utile (perdita) d’esercizio.[14] Tenuto conto delle caratteristiche tipiche delle quote ricevute in cambio dei crediti UTP trasferiti, si tratterà sovente di attività da classificare nella categoria di quelle successivamente valutate al fair value rilevato nell’utile (perdita) di esercizio (FVTPL),[15] con la conseguenza che ad esse non si applicheranno le previsioni in tema di riduzione di valore (impairment).[16]

La stima del fair value delle quote in esame dovrà ragionevolmente ricorrere a tecniche di valutazione che utilizzano input non osservabili, ponendosi all’ultimo livello (il terzo) della gerarchia del fair value e questo potrà incidere sulle informazioni integrative da fornire ai lettori del bilancio.[17] Le autorità di vigilanza opportunamente sottolineano l’attenzione da porre alla fase genetica del fondo e alla qualità (aggiungeremmo noi) delle informazioni disponibili in relazione al valore definito in sede di trasferimento dei crediti. Anche in questo caso l’eterogeneità delle posizioni creditorie trasferite da ciascun cedente e delle caratteristiche dei debitori ceduti, insieme alla numerosità dei crediti trasferiti, sono tutte condizioni strutturali che concorreranno a favorire la formazione di prezzi (o valori) di trasferimento dei crediti adeguatamente “negoziati” e idonei a fornire un riferimento fondato per la determinazione del fair value delle quote ricevute in cambio.

Un’ultima considerazione che ci preme effettuare concerne la valutazione successiva delle quote nel bilancio dei cedenti. Nel Documento si sostiene, in maniera a nostro parere condivisibile, che il fair value delle quote non potrà essere oggetto di mero recepimento del NAV determinato dalla società di gestione del fondo. Nell’ottica di favorire la disponibilità per i redattori del bilancio dei soggetti cedenti dei necessari elementi valutativi, potranno essere di ausilio sia specifici obblighi da inserire nel regolamento del fondo in materia di informativa ai partecipanti, sia la previsione di modelli ed elementi valutativi (eventualmente affidati a soggetti diversi dalla società di gestione) che siano in grado di raccogliere ed elaborare gli input necessari alla determinazione del fair value delle quote ricevute dagli originators in cambio dei crediti da essi trasferiti.

 


[1] Documento Banca d’Italia/Consob/Ivass n. 8, Trattamento in bilancio delle operazioni di vendita pro-solutodi crediti unlikely to pay (“UTP”) in cambio di quote di fondi di investimento, 14 aprile 2020.

[2] Tra i primi, al quale si rimanda per una ricostruzione tipologica di questa categoria di fondi e per la loro collocazione sistematica nell’ambito del vigente quadro normativo, P. Carriere, I “fondi comuni di ristrutturazione” tra investimento,

finanziamento e cartolarizzazione, in Rivista delle Società, 2016, p. 718 e ss.; id., “Restructuring Funds” an Alternative Tool for a Systemic Approach to Active Management of Unlikely to Pay (UTP), (February 1, 2020), Baffi Carefin Centre Research Paper No. 2020-132, reperibile ai seguenti indirizzi: https://ssrn.com/abstract=3541626 o http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.3541626. Più in generale, sul tema della gestione dei crediti deteriorati si veda anche: P. Angelini, (2018), I crediti deteriorati: mercato, regole e rafforzamento del sistema, intervento al convegno “NPL: sfide e opportunità. Requisiti regolamentari, strategie delle banche e dei nuovi operatori”; A. Guiotto, I finanziamenti alle imprese in crisi, in Il Fallimento, 10.2017; F. Sartori, Sul “diritto della gestione degli attivi problematici (Non Performing Loans)”. Linee dell’evoluzione normativa, in Rivista di Diritto Bancario, n. 2/2018, F. Annunziata, Gli organismi di investimento collettivi del risparmio (OICR): fattispecie e forme, Milano, 2017.

[3] Nel Documento si fa riferimento alla circostanza che alcune delle strutture concretamente esaminate prevedevano l’ulteriore coinvolgimento di società di cartolarizzazione costituite ai sensi della legge del 30 aprile 1999, n. 130. Nel prosieguo di questo scritto ci limiteremo a fare riferimento alla più semplice fattispecie della cessione dei crediti UTP a un fondo comune di investimento, nella consapevolezza che le linee guida fornite dalle autorità di vigilanza costituiscono una prima griglia di parametri di riferimento che dovrà poi essere opportunamente applicata e declinata in base alle caratteristiche peculiari di ciascuna transazione. A questo proposito ci limitiamo solo a fare rilevare come le profonde differenze in tema di autonomia e indipendenza del gestore di un fondo comune di investimento rispetto alla eterogestione convenzionalmente determinata tipica di un veicolo di cartolarizzazione, costituiscono elementi di assoluto rilievo di cui è necessario tenere debito conto nelle valutazioni sul trattamento in bilancio della cessione di crediti UTP. Sull’utilizzo dei veicoli di cartolarizzazione quale strumento finalizzato alla gestione dei crediti deteriorati si rimanda a P. Carriere, Le nuove frontiere della cartolarizzazione: tra profili sistematici e incertezze di disciplina, in Rivista di Diritto Bancario, n. 11/2017

[4] Nel Documento vengono richiamati il regolamento del Fondo, i contratti sottostanti la cessione dei crediti, il sistema degli incentivi connessi con i meccanismi di remunerazione previsti, eventuali ruoli operativi ulteriori ricoperti dai cedenti nella gestione dei crediti trasferiti o nel supporto finanziario alle imprese debitrici.

[5] IFRS 10, par. 7: “… un investitore controlla un’entità oggetto di investimento se e solo se ha contemporaneamente:

(a) il potere sull’entità oggetto di investimento (vedere paragrafi 10–14);

(b) l’esposizione o i diritti a rendimenti variabili derivanti dal rapporto con l’entità oggetto di investimento (vedere paragrafi 15 e 16); e

(c) la capacità di esercitare il proprio potere sull’entità oggetto di investimento per incidere sull’ammontare dei suoi rendimenti (vedere paragrafi 17 e 18).

[6] Ci preme ricordare, in quanto di particolare rilevanza nella fattispecie in considerazione, la previsione di cui al paragrafo 9 dell’IFRS 10: “Due o più investitori controllano collettivamente un’entità oggetto di investimento quando devono operare insieme per condurre le attività rilevanti. In tali casi, poiché nessun investitore può condurre le attività senza il coinvolgimento degli altri, nessun investitore controlla singolarmente l’entità oggetto di investimento.

[7] V. IFRS n. 9, par. 3.2.1.

[8] IFRS n. 9, par. 3.2.7: “Il trasferimento dei rischi e dei benefici (cfr. paragrafo 3.2.6) è valutato confrontando l’esposizione dell’entità, prima e dopo il trasferimento, con la variabilità negli importi e nella tempistica dei flussi finanziari netti dell’attività trasferita. L’entità ha mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà dell’attività finanziaria se la sua esposizione alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti dell’attività finanziaria non cambia in modo significativo come risultato del trasferimento (per esempio perché l’entità ha venduto l’attività finanziaria soggetta a un accordo di riacquisto a un determinato prezzo o al prezzo di vendita più il rendimento del finanziatore). L’entità ha trasferito sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà dell’attività finanziaria, se la sua esposizione a tale variabilità non è più significativa in relazione alla variabilità totale nel valore attuale dei futuri flussi finanziari netti associati all’attività finanziaria (per esempio perché l’entità ha venduto l’attività finanziaria soggetta solo a opzione di riacquisto al suo fair value(valore equo) al momento del riacquisto o ha trasferito una quota interamente proporzionale dei flussi finanziari da una più ampia attività finanziaria in un accordo, quale una subpartecipazione a un finanziamento, che soddisfa le condizioni del paragrafo 3.2.5).

[9] IFRS n. 9, par. 3.2.8: “Spesso sarà ovvio se l’entità ha trasferito o mantenuto sostanzialmente tutti i rischi e i benefici della proprietà e non ci sarà alcun bisogno di effettuare calcoli. In altri casi, sarà necessario calcolare e confrontare l’esposizione dell’entità alla variabilità del valore attuale dei futuri flussi finanziari netti prima e dopo il trasferimento.

[10] L’aspetto della derecognition contabile si accompagna a quello altrettanto rilevante della derecognition regolamentare. A parere di chi scrive il trattamento di bilancio pone una chiara indicazione anche ai fini regolamentari (CRR) e, quindi, in presenza di tutti gli elementi previsti per quella contabile e, aggiungiamo noi, di un assetto organizzativo della società di gestione del fondo che permetta alle banche cedenti il look trhough, si dovrebbe concludere per un parallelo riconoscimento della derecognition regolamentare. Attesa la rilevanza della questione sarebbe certamente auspicabile una conferma in tal senso da parte dell’autorità di vigilanza.

[11] V. IFRS n. 9, par. 3.2.6.

[12] Ove il cedente mantenesse il controllo, dovrà continuare a rilevare l’attività finanziaria nella misura del coinvolgimento residuo nell’attività finanziaria.

[13] IFRS n. 9: “3.2.11. Se, come risultato di un trasferimento, l’attività finanziaria è eliminata contabilmente nella sua integralità, ma ne consegue che l’entità ottiene una nuova attività finanziaria o assume una nuova passività finanziaria, o una passività originata dal servizio, l’entità deve rilevare la nuova attività finanziaria, passività finanziaria o passività originata dal servizio al fair value (valore equo).Ciò coerentemente con il generale criterio di valutazione iniziale delle attività finanziarie di cui al successivo par. 5.1.1.

[14] IFRS n. 9: “3.2.12. Al momento dell’eliminazione contabile dell’attività finanziaria nella sua integralità, la differenza tra:

a) il valore contabile (valutato alla data dell’eliminazione contabile) e

b) il corrispettivo ricevuto (inclusa qualsiasi nuova attività ottenuta meno qualsiasi nuova passività assunta)

deve essere rilevata nell’utile (perdita) d’esercizio.

[15] La classificazione nelle rimanenti due categorie individuate dall’IFRS n. 9 (v. par. 4.1.2. e 4.1.2.A) del costo ammortizzato e del fair value rilevato nelle altre componenti di conto economico complessivo (FVTOCI) richiederebbe in entrambi i casi che i termini contrattuali dell’attività finanziaria prevedano a determinate date flussi finanziari rappresentati unicamente da pagamenti del capitale e dell’interesse sull’importo del capitale da restituire (il cosiddetto Solely Payment of Principal and Interest test). Caratteristica questa che generalmente non ricorrerà nelle quote del fondo in considerazione.

[16]V. IFRS n. 9, par. 5.2.2.

[17]V. IFRS n. 13, par. 91-99.

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