Rese a seguito di ricorso cautelare promosso da un’associazione di consumatori, le due ordinanze del Tribunale di Milano qui riportate sanciscono un importante principio in materia di anatocismo. Tali pronunce, invero, evidenziano come la tesi delle banche – supportata dalla Banca d’Italia – per cui «il nuovo secondo comma dell’art. 120 TUB rimarrebbe sospensivamente condizionato all’intervento del C.I.C.R.» si traduca nell’adozione, da parte delle medesime, di prassi scorrette.
In realtà – sottolinea la pronuncia del 25 marzo 2015 – «una volta riconosciuto come l’articolo in esame vieti in toto l’anatocismo bancario, nessuna specificazione tecnica di carattere secondario potrebbe limitare la portata o disciplinare diversamente la decorrenza del divieto, pena diversamente opinando ammettere che una norma primaria possa in tutto o in parte o anche solo temporaneamente derogata da una disposizione secondaria ad essa sottordinata».
Ciò posto, il Tribunale di Milano ha inibito agli istituti di credito coinvolti di dare corso a qualsiasi ulteriore forma di anatocismo degli interessi passivi, già in essere o da stipulati, con decorrenza dal primo gennaio 2014. È appena il caso di aggiungere che le pronunce si traducono nel fatto che gli interessi anatocistici percepiti dalle banche da tale data sono illegittimi e, a richiesta del cliente, devono essere restituiti (con tutti i ricalcoli che ne seguono).