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L’impatto dei tassi negativi sui contratti derivati ed i prestiti obbligazionari degli enti locali. Problemi legali e possibili soluzioni.

14 Aprile 2016

Domenico Gaudiello, Partner, Responsabile del dipartimento di Finanza Pubblica, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

Lo scenario dei tassi negativi ha una specifica rilevanza per i contratti derivati ed i prestiti obbligazionari degli enti territoriali e locali.

Al momento non esiste una soluzione univoca al problema posto dall’impatto dei tassi negativi sulle operazioni in questione. Eppure trattasi di una questione di particolare valenza pratica, perché i tassi negativi possono alterare la natura stessa delle operazioni in derivati e influire in ultima analisi sulla convenienza economica dei prestiti esistenti.

Iniziamo l’esame partendo dai contratti derivati.

In linea di principio, gli enti locali possono stipulare operazioni in derivati solo per fini di copertura ed in presenza di un debito sottostante.

Ipotizziamo pertanto che un ente locale abbia contratto un debito a tasso variabile ed abbia poi stipulato un contratto di interest rate swap a copertura del rischio di tasso variabile risultante dal debito sottostante. Lo swap avrebbe caratteristiche tali per cui l’ente paga un tasso fisso e riceve dalla controparte un tasso variabile.

In condizioni per così dire normali, il differenziale da corrispondersi sarebbe favorevole o meno all’ente a seconda del caso in cui il tasso fisso sia inferiore o superiore al tasso variabile. Laddove il valore del tasso variabile sia divenuto negativo, il tasso fisso andrebbe, a rigore, sommato al tasso variabile, con la paradossale conseguenza che l’ente finirebbe per pagare un importo addirittura superiore al tasso fisso dovuto all’inizio (ovvero a quello massimo ipotizzabile in condizioni normali). Senza dubbio un simile scenario mette a repentaglio la finalità di copertura cui deve attenersi l’operatività in derivati dell’ente locale. Come può, infatti, uno swap che implica a carico dell’ente un pagamento maggiore del tasso fisso originariamente posto a suo carico, definirsi di copertura?

La disciplina di settore impedisce agli enti locali di modificare il contratto derivato in mancanza di una modifica della passività sottostante.

Al tempo stesso, come dicevamo, l’ente non può contravvenire alla finalità di copertura. Detta finalità, come abbiamo visto, verrebbe a sua volta compromessa laddove il contratto rimanesse così come è, ovvero senza ridefinire l’impatto del tasso negativo sui flussi dovuti dall’ente.

Quid iuris?

Non è in questione l’ammissibilità in sé di un tasso negativo: trattasi di uno scenario del tutto legittimo in astratto.

Il punto è piuttosto l’incidenza di detta circostanza sulla funzione principale di copertura del contratto derivato stipulato dall’ente locale.

L’ente locale non può restare inerte di fronte a detta circostanza, ma deve piuttosto prevenire l’impatto dei tassi negativi conformando la propria condotta alla salvaguardia della finalità di copertura.

Come si traduce in pratica il rispetto di questo principio?

Non vi sono in realtà tante strade percorribili.

E’ da escludersi quella di introdurre una opzione floor, fissando a zero la soglia minima del tasso variabile: anche se le parti volessero accordarsi in tal senso (il che non è scontato), detta strada è vietata dalla legge, che oggi permette ad un ente locale il solo acquisto della opzione cap .

Poco plausibile sarebbe pure la soluzione di trattare convenzionalmente il tasso variabile in valore assoluto, sterilizzando il segno negativo. Non foss’altro che questa soluzione avrebbe un chiaro effetto di sfavore solo per la controparte tenuta al pagamento del tasso variabile, perché le impedirebbe di beneficare dell’effetto dei tassi negativi.

Una strada percorribile sarebbe quella di gestire, solo per il tempo in cui permane lo scenario dei tassi negativi, il pagamento dei differenziali con un approccio ad hoc, tale per cui la controparte swap dell’ente locale rinuncerebbe a far valere l’applicazione dei tassi negativi. A ben pensarci, la ratio giustificativa di questa misura starebbe tutta nella sua durata transitoria e nel suo reale scopo pratico: di salvaguardare la finalità di copertura di un’operazione che, altrimenti, andrebbe risolta anticipatamente.

Proprio la risoluzione anticipata del contratti derivato si pone come la via formalmente più corretta, ma non per questo la più conveniente. Al riguardo, basti dire che le parti potrebbero concordare una risoluzione anticipata a valori scontati, in modo da rendere sostenibile la risoluzione per l’ente locale.

In ogni caso, si badi, la scelta della risoluzione del contratto rientrerebbe tra i mezzi disponibili per il raggiungimento degli scopi cui deve tendere l’azione amministrativa riguardo all’uso delle risorse pubbliche ed alla gestione dell’indebitamento. In altri termini, al sopraggiungere di un mutato contesto economico, l’ente locale ha il dovere di rispondere con una azione adeguata operando un serio bilanciamento di tutti gli interessi in gioco.

Esaminiamo ora la questione dei tassi negativi, muovendo dal caso dei prestiti obbligazionari con cedola indicizzata al tasso variabile.

Un ente locale che avesse emesso un prestito obbligazionario con cedola legata al tasso variabile, potrebbe a stretto rigore dover dedurre dal capitale rimborsabile l’importo corrispondente alla cedola (proprio perché questa ha un valore negativo).

Ne consegue che l’obbligazionista si vedrebbe restituire meno del capitale sottoscritto. E’ ammissibile tutto ciò? La risposta a questa domanda sarebbe, in linea di principio, affermativa, così come in linea di principio (lo abbiamo visto sopra) sarebbe del tutto legittimo calcolare i differenziali di un contratto derivato tenendo conto dei tassi negativi. Eppure anche in tal caso sono plausibili ulteriori scenari, non foss’altro che i tassi negativi, erodendo il capitale, finiscono per compromettere la posizione dell’obbligazionista rendendo poco conveniente la detenzione del titolo.

Una fra le possibili soluzioni utili ad arginare l’impatto dei tassi negativi potrebbe essere quella di modificare le convenzioni tra le parti e prevedere che in caso di tassi negativi, il valore del tasso sia da ritenersi pari a zero. Il che equivarrebbe a dire che l’ente locale emittente dovrebbe accettare di vendere una opzione floor al portatore delle obbligazioni in funzione della quale il portatore sarebbe in ogni caso protetto dalla discesa dei tassi negativi, poiché viene fissato a zero il valore della soglia del tasso cedolare.

Si tratterebbe tuttavia di una soluzione praticabile solo in presenza di un accordo ad hoc tra le parti. In mancanza di detto accordo, è difficile ammettere che sia automaticamente applicabile il floor a zero, dovendo piuttosto prevalere il criterio del tasso negativo, con la conseguente erosione del capitale rimborsabile.

Guardando alla questione dalla prospettiva di un ente che sia al tempo stesso emittente di un prestito a tasso variabile e parte di un contratto di interest rate swap in base al quale paga tasso fisso a copertura del predetto rischio di tasso variabile, sarebbe plausibile operare un ragionamento che tenga in considerazione questa duplice situazione e tenda ad una soluzione congiunta e combinata del problema dei tassi negativi.

Per essere pratici, il tasso negativo favorisce l’ente nella sua posizione di emittente, ma lo sfavorisce quando paga tasso fisso in base al contratto derivato. Laddove il prestito sia detenuto da un solo soggetto che sia pure la controparte del derivato (circostanza che ricorre nella stragrande maggioranza dei prestiti domestici degli enti locali), è del tutto ragionevole che l’ente lavori ad un accordo complessivo che riveda contemporaneamente tanto le condizioni del prestito quanto la struttura dei pagamenti del derivato.

Per tutti gli altri casi in cui non vi sia coincidenza tra sottoscrittore del prestito e controparte del contratto derivato, gli aggiustamenti andranno effettuati e concordati caso per caso.

In ultima analisi, vi è da chiedersi se in materia di incidenza dei tassi negativi sul debito degli enti locali e sui relativi contratti derivati non sia necessaria una presa di posizione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze per assicurare omogeneità di approccio interpretativo. E’ fuori discussione che il Ministero abbia titolo per impartire agli enti territoriali ed agli enti locali appositi criteri interpretativi in questa specifica materia. E’ quello che la legge ammette espressamente ed è quello che è coerentemente accaduto in più circostanze a mezzo di decreti ministeriali, ma soprattutto di circolari.

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