La Direttiva (UE) 2018/822 del 25 maggio 2018 (la c.d. “DAC6”) ha introdotto in capo ad intermediari e contribuenti l’obbligo di comunicare alle Amministrazioni finanziarie degli Stati UE i meccanismi transfrontalieri potenzialmente utilizzabili ai fini della pianificazione fiscale aggressiva, con l’obiettivo di contribuire alla creazione di un ambiente di tassazione equa nel mercato interno.
Il processo di implementazione in Italia della DAC6 – fortemente rallentato anche a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid 19 – è giunto al termine con l’emanazione del Decreto Legislativo 30 luglio 2020, n. 100, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 200 dell’11 agosto scorso. Come si vedrà, le disposizioni introdotte a livello nazionale presentano talune criticità, legate anche alla mancanza di una normativa di dettaglio che consenta di definire con esattezza la portata soggettiva ed oggettiva degli obblighi di comunicazione.
1. Genesi della DAC6 e contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva
Il panorama della fiscalità internazionale è stato caratterizzato, negli ultimi anni, dall’obiettivo di rafforzare il coordinamento delle politiche fiscali tra gli Stati e incentivare la trasparenza fiscale tra le Amministrazioni finanziarie, al fine di contribuire alla creazione di un sistema fiscale più equo ed efficiente. In tale ambito, un ruolo di primo piano è stato svolto dall’OCSE ed in particolare dal progetto Base Erosion and Profit Shifting (“BEPS”), sorto con l’obiettivo di contrastare i fenomeni di erosione della base imponibile e di “slittamento” dei profitti da Paesi ad elevata tassazione a Paesi a tassazione nulla o ridotta.
Nel contesto delle proposte avanzate in sede di Final Report dell’ottobre 2015, con l’Action 12 l’OCSE ha raccomandato agli Stati aderenti di adottare uno standard internazionale di comunicazione di dati obbligatoria, il cd. “Mandatory Disclosure Rules” (“MDR”), proprio nell’ottica di rafforzare la trasparenza fiscale. Tale strumento ha infatti l’obiettivo di intercettare situazioni ad alto rischio fiscale offerte ai contribuenti dagli intermediari, dotando in anticipo le Amministrazioni fiscali di informazioni aggiornate circa le pianificazioni fiscali transnazionali che presentino potenziali profili abusivi o di elusione.
Aderendo alle indicazioni dell’OCSE, la Direttiva (UE) 2018/822 del 25 maggio 2018 (“DAC6”)[1] ha quindi imposto agli “intermediari” e ai “contribuenti” (come di seguito definiti) l’obbligo di comunicare alle Amministrazioni finanziarie competenti degli Stati Membri informazioni “complete e pertinenti” sui meccanismi potenzialmente “aggressivi” di natura transfrontaliera[2]. I dati così raccolti dovranno essere oggetto di scambio automatico di informazioni tra le Amministrazioni finanziarie degli Stati UE, in tal modo contribuendo alla creazione di un ambiente di fair taxation e, dunque, al buon funzionamento del mercato comune.
La DAC6 è efficace dal 1° luglio 2020 e prevede che gli obblighi di comunicazione investano, retroattivamente, anche i meccanismi transfrontalieri la cui prima fase sia stata attuata tra il 25 giugno 2018 (i.e. data di entrata in vigore della DAC6) e il 1° luglio 2020. I termini per l’adempimento degli obblighi di comunicazione e di scambio delle informazioni – puntualmente regolamentati dalla DAC6 – sono stati tuttavia recentemente posticipati. Con la Direttiva (UE) 2020/876 del 24 giugno 2020, infatti, il Consiglio dell’UE, prendendo atto dell’attuale fase emergenziale legata al Covid 19, ne ha consentito una proroga (opzionale) semestrale[3].
2. L’implementazione della DAC6 in Italia
Sebbene la DAC6 prevedesse quale termine ultimo per il relativo recepimento il 31 dicembre 2019, il processo di implementazione in Italia – e in altri Paesi dell’UE – è stato caratterizzato da forti rallentamenti. Soltanto lo scorso 31 gennaio, infatti, il Governo ha trasmesso lo schema di decreto attuativo al Parlamento, i cui lavori hanno successivamente subito una brusca interruzione a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid 19. Nonostante il forte ritardo – che ha provocato l’avvio, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione contro l’Italia (n. 2020/0065) – lo scorso 11 agosto è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 200 il Decreto Legislativo 30 luglio 2020, n. 100, di recepimento della DAC6 (“D. Lgs. n. 100/2020”).
L’oggetto dell’obbligo di comunicazione
Sulla base di quanto previsto dal D. Lgs. n. 100/2020, l’obbligo di comunicazione investe i c.d. “meccanismi transfrontalieri”, che l’art. 2, co. 1, lett. a) identifica come gli schemi, accordi o progetti, riguardanti l’Italia e uno o più Paesi esteri, qualora sia verificata almeno una delle seguenti condizioni:
- almeno uno degli intermediari e/o contribuenti partecipanti al meccanismo sia fiscalmente residente al di fuori del territorio dello Stato;
- uno o più dei partecipanti al meccanismo sia contemporaneamente residente ai fini fiscali in Italia e in una o più giurisdizioni estere;
- uno o più partecipanti al meccanismo svolga un’attività all’estero tramite una stabile organizzazione ivi situata e il meccanismo interessi (anche parzialmente) l’attività di tale stabile organizzazione;
- quand’anche così non fosse, almeno uno dei partecipanti svolga un’attività all’estero; e
- in via sussidiaria e residuale, il meccanismo sia idoneo a comportare l’alterazione della corretta applicazione delle procedure sullo scambio automatico di informazioni o la compromissione della possibilità di identificare il beneficiario effettivo.
In presenza di almeno una di tali ipotesi, tuttavia, le informazioni relative al meccanismo transfrontaliero dovranno essere comunicate solo ove esso sia caratterizzato dalla presenza di uno o più elementi distintivi (“Hallmarks”)[4]. Questi ultimi, definiti dall’art. 2, co. 1, lett. f) del D. Lgs. n. 100/2020 come “indici di rischio di elusione o evasione fiscale”, sono previsti nell’allegato I al Decreto stesso, che si limita a trasporre l’elencazione di cui all’allegato IV alla DAC6, che, a propria volta, si rifà alla casistica riportata nel commentario all’MDR[5].
Peraltro, non tutti gli Hallmarks comportano l’obbligo di comunicare il meccanismo transfrontaliero. La DAC6 precisa infatti che alcuni di essi possono essere presi in considerazione soltanto laddove soddisfino il c.d. criterio del vantaggio principale (“CVP”), ossia quando sia possibile stabilire che il principale vantaggio (o uno dei principali vantaggi) che una persona si può ragionevolmente attendere da un meccanismo è ottenere un vantaggio fiscale, tenendo conto di tutti i fatti e le circostanze pertinenti[6].
Il D. Lgs. n. 100/2020, a parte definire il concetto di vantaggio fiscale[7], rimette ad un apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze – ancora da emanare – non soltanto la puntuale identificazione degli Hallmarks, ma anche la definizione delle regole tecniche per l’applicazione del D. Lgs. n. 100/2020, nonché l’elaborazione dei criteri sulla base dei quali poter verificare se un meccanismo transfrontaliero possa considerarsi effettivamente diretto “ad ottenere un vantaggio fiscale”[8]. Risulta quindi evidente come, in mancanza di specifiche disposizioni attuative, risulti difficile – se non di fatto impossibile – individuare i casi in cui un meccanismo transfrontaliero debba essere oggetto di comunicazione.
L’ambito soggettivo dell’obbligo di comunicazione
Conformandosi alla DAC6, il D. Lgs. n. 100/2020 stabilisce che gli obblighi di comunicazione gravano sui “contribuenti” e sugli “intermediari”.
Tale seconda categoria comprende nel proprio ambito due figure:
- il promoter, ossia il soggetto responsabile della progettazione, commercializzazione, organizzazione e complessiva gestione di un meccanismo transfrontaliero o che lo mette a disposizione per l’attuazione da parte di un terzo; e
- il service provider, ossia colui che fornisce qualsiasi aiuto materiale, assistenza o consulenza in materia di sviluppo, organizzazione, gestione e attuazione del meccanismo stesso.
Tale bipartizione assume un notevole rilievo sul piano pratico, in quanto il service provider – a differenza del promoter – è onerato dagli obblighi di disclosure soltanto se “avuto riguardo alle informazioni disponibili e alle competenze necessarie per svolgere tale attività, sappia o abbia un motivo ragionevole per concludere che il medesimo meccanismo sia rilevante” ai fini dell’obbligo di comunicazione[9]. Tale previsione, che il D. Lgs. n. 100/2020 mutua dalla DAC6, rappresenta la trasposizione dello standard di conoscenza (il c.d. “reasonably be expected to know test”), elaborato in seno all’OCSE nell’ambito del MDR. Al fine di stabilire se sussista un obbligo di comunicazione in capo al service provider sarà quindi necessario svolgere una complessa analisi caso per caso, non regolamentata dal D. Lgs. n. 100/2020. I parametri rilevanti per la verifica, come precisato nella Relazione illustrativa, troveranno infatti apposita disciplina in sede di decreto ministeriale di attuazione[10].
L’obbligo di comunicazione dei meccanismi transfrontalieri grava, in via principale, sull’intermediario[11]. Nel caso di coinvolgimento di più intermediari, l’obbligo è posto in capo a ciascuno di essi, salvo prova che le medesime informazioni siano già state comunicate da un altro intermediario all’Amministrazione finanziaria di uno Stato UE o extra-UE con cui vige un accordo per lo scambio automatico di informazioni[12].
Il D. Lgs. n. 100/2020 prevede poi ulteriori fattispecie di esonero dagli obblighi di disclosure:
- a favore di intermediari e contribuenti, nel caso in cui l’assolvimento dell’obbligo di comunicazione possa far emergere una loro responsabilità penale, in ossequio al principio del divieto di auto-incriminazione[13]; e
- a favore dei soli intermediari, con riguardo alle informazioni ricevute dal cliente in occasione dell’esame della sua posizione giuridica o nell’espletamento di compiti di difesa e/o rappresentanza in un procedimento giudiziario o in relazione ad esso (compresa la consulenza sull’eventualità di intentarlo o evitarlo).
Il D. Lgs. n. 100/2020 non prevede invece alcuna esenzione dagli obblighi di comunicazione in capo agli intermediari nei casi in cui il relativo assolvimento possa comportare la violazione del segreto professionale, ma stabilisce che le comunicazioni effettuate – se poste in essere per le finalità previste e in buona fede – “non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e non comportano responsabilità di alcun tipo”[14].
Il regime sanzionatorio
L’art. 12 del D. Lgs. n. 100/2020 prevede che, nel caso di violazione degli obblighi di comunicazione, trovino applicazione le sanzioni di cui all’art. 10, co. 1 (Violazione degli obblighi degli operatori finanziari) del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, modulate a seconda della gravità della condotta. Più in particolare, nel caso di omessa comunicazione delle informazioni da notificare, la sanzione sarà aumentata del 50% (con una sanzione che varierà da Euro 3.000 a Euro 31.500). Nel caso, invece, di comunicazione inesatta o incompleta, la sanzione “base” prevista dalla norma è ridotta della metà (per un importo oscillante fra Euro 1.000 e Euro 10.500).
Il descritto regime sanzionatorio è inteso ad attuare il principio fissato dalla DAC6, secondo cui, in caso di violazione delle disposizioni nazionali di recepimento, gli Stati Membri avrebbero dovuto prevedere l’applicazione di “sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive”[15]. La libertà lasciata ai Paesi dell’UE di definire a livello nazionale l’afflittività delle sanzioni applicabili – che potrebbero quindi variare notevolmente tra i vari Stati – potrebbe avere, in prospettiva, un considerevole impatto sulle strategie di pianificazione fiscale adottate dai contribuenti.
Un profilo non chiarito dal D. Lgs. n. 100/2020 (e non precisato dalla relativa Relazione illustrativa) riguarda la possibilità di beneficiarie, in relazione alle sanzioni eventualmente irrogabili, degli istituti di definizione agevolata. Sebbene – a differenza di quanto disposto nello schema di decreto sottoposto a consultazione pubblica[16] – il D. Lgs. n. 100/2020 non escluda espressamente tale possibilità, sarebbe opportuno un chiarimento specifico in tal senso. In via interpretativa, si potrebbe comunque ritenere ammessa tale facoltà, anche in considerazione della collocazione della norma sanzionatoria applicabile nel D. Lgs n. 471/1997 (Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi)[17].
Tanto rilevato in merito al regime sanzionatorio applicabile, si evidenzia come in dottrina sia stata segnalata l’opportunità, per il Legislatore, di valutare la non applicazione delle sanzioni – o quanto meno una loro sostanziale riduzione – con riferimento al primo periodo di applicazione del D. Lgs. n. 100/2020[18]. Nonostante la proroga dei termini per l’effettuazione delle comunicazioni (prevista, come visto, dalla Direttiva UE 2020/876[19]), tale opportunità dovrebbe essere attentamente vagliata a livello legislativo, in considerazione delle pesanti ricadute che l’emergenza epidemiologica in corso sta provocando sui soggetti sui quali graverebbero gli obblighi di comunicazione imposti dal D. Lgs. n. 100/2020.
3. Conclusioni
L’analisi che precede consente di rilevare come l’implementazione del D. Lgs. n. 100/2020 non dia una risposta definitiva alle molteplici criticità legate all’attuazione degli obblighi di comunicazione imposti dalla DAC6. In primo luogo, a nostro parere il D. Lgs. n. 100/2020 avrebbe dovuto tutelare in modo adeguato, come è invece avvenuto in altri Stati membri, il segreto professionale degli intermediari, avvalendosi della facoltà concessa dalla stessa DAC6. Inoltre, nel rimettere la regolamentazione della disciplina di dettaglio ad un successivo decreto ministeriale, il D. Lgs. n. 100/2020 lascia di fatto irrisolti taluni aspetti centrali afferenti l’esatta individuazione del perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione degli obblighi di comunicazione previsti dalla DAC6. In attesa di tale specifica disciplina, ci si chiede quindi quale comportamento dovranno adottare gli operatori interessati dai nuovi obblighi al fine di conformarsi al D. Lgs. n. 100/2020.
[1] Recante modifica della Direttiva (UE) 2011/16 (c.d. DAC1) per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione.
[2] La DAC6 rappresenta solo l’ultimo step del processo di perfezionamento del meccanismo di scambio di informazioni fiscali in ambito europeo. Il primo provvedimento adottato in tal senso risale alla già citata DAC1 – modificata, per l’appunto, dalla DAC6 – relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale. Al fine di adeguarne il contenuto all’evoluzione degli strumenti di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, la DAC 1 è stata in un primo momento modificata dalla Direttiva (UE) 2014/107, che ha trasposto nell’ordinamento europeo lo standard comune di matrice OCSE per lo scambio di informazioni sui conti finanziari, il c.d. Common reporting standard; poi, per effetto della Direttiva (UE) 2015/2376 (in materia di scambio automatico di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri); e, ancora, per effetto della Direttiva (UE) 2016/881 (in materia di scambio automatico obbligatorio di informazioni in materia di rendicontazione country-by-country delle imprese multinazionali tra le autorità fiscali).
[3] I principali aspetti del rinvio degli oneri procedimentali legati agli obblighi di comunicazione concesso dal Consiglio sono i seguenti: (i) con riguardo ai meccanismi transfrontalieri la cui prima fase è stata attuata tra il 25 giugno 2018 e il 30 giugno 2020, gli intermediari e i contribuenti possono effettuare la comunicazione entro il 28 febbraio 2021 (invece che entro il 31 agosto 2020); (ii) con riferimento alle informazioni sui meccanismi transfrontalieri relativi al periodo dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2020, il termine ordinario di 30 giorni per la comunicazione può decorrere “entro e non oltre il 1° gennaio 2021“. Il Legislatore italiano si è avvalso appieno di tale facoltà di proroga (cfr. artt. 7, co. 4 e 8 del D. Lgs. n. 100/2020).
[4] Secondo quanto precisato dal Considerando n. 9 della DAC6, la scelta di ricorrere agli Hallmarks al fine di identificare i meccanismi transfrontalieri oggetto di comunicazione è da ricondurre alle complessità legate all’enucleazione del concetto di “pianificazione fiscale aggressiva”(“sarebbe più efficace cercare di individuare i meccanismi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva attraverso la compilazione di un elenco di peculiarità e degli elementi delle operazioni che presentano una forte indicazione di elusione e abuso fiscale, piuttosto che definire il concetto di pianificazione fiscale aggressiva”).
[5] La DAC6 e il D. Lgs. n. 100/2020 individuano cinque categorie di Hallmark: la prima contiene i c.d. Hallmarks “generici”, mentre le restanti quattro riportano i c.d. Hallmarks “specifici”.
[6] In tali casi, al fine di stabilire se il meccanismo transfrontaliero sia soggetto ad obbligo di comunicazione sarà quindi necessario: (i) individuare il possibile vantaggio fiscale; (ii) valutare la sussistenza di altri possibili benefici; (iii) identificare quali tra tutti i vantaggi perseguibili possono essere identificati come “principali”. Se fra essi è incluso anche il vantaggio fiscale il CVP dovrà considerarsi soddisfatto. Sul punto cfr. Assonime, Consultazione n. 9/2018, Risposta alla consultazione pubblica sullo schema di decreto legislativo attuativo della cd. DAC 6, p. 4.
[7] L’art. 2, co. 1, lett. i) del D. Lgs. n. 100/2020 qualifica come “vantaggio fiscale” – definizione peraltro non contenuta nella DAC6 – “uno tra i principali vantaggi avente natura fiscale, che ragionevolmente ci si attende dal meccanismo transfrontaliero, tenuto conto dei fatti e delle circostanze”
[8] Tale scelta, come si legge nella Relazione illustrativa al provvedimento, è dovuta “alla complessità tecnica dei suddetti concetti (gli Hallmarks) nonché al livello di dettaglio necessario per chiarire tali punti”.
[9] Cfr. art. 2, co. 1, lett. c) del D. Lgs. n. 100/2020.
[10] Per un’analisi delle criticità connesse alla regolamentazione dello standard di conoscenza imposto in relazione ai service provider, si veda A. Tomassini, A. Sandalo, “Dac6, riflessioni sulla strada del recepimento”, inNorme e Tributi Mese, 7 luglio 2020, p. 14 e ss.
[11] Invero, il contribuente è onerato dall’obbligo di notifica quando l’intermediario: (i) beneficia di una causa di esonero (che deve essere comunicata al contribuente); o (ii) in ogni caso, quando l’intermediario è assente o non abbia fornito al contribuente documentazione attestante che le medesime informazioni sono già state trasmesse all’Amministrazione finanziaria competente di uno Stato UE o extra-UE.
[12] Per le criticità potenzialmente derivanti da tale obbligo solidale si veda A. Galimberti, “Schemi elusivi, in arrivo la stretta sugli intermediari”, ne Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2020, p. 24.
[13] Per una più ampia analisi di tale fattispecie si rimanda a G. Barbagelata, “Mandatory disclosure rules: definizione di intermediario e relativi obblighi”, inDir. Trib. Internaz., maggio 2019, p. 246.
[14] Cfr. art. 3, co. 4 del D. Lgs. n. 100/2020. Il Legislatore non si è dunque avvalso della facoltà, prevista dall’art. 8 bis ter, co. 5,della DAC6, di introdurre, in sede di attuazione nazionale, misure ad hoc volte ad esonerare gli intermediari dall’obbligo di comunicazione quando il relativo assolvimento avrebbe potuto comportare la violazione del “segreto professionale sulla base del diritto nazionale dello Stato membro”.
[15] Cfr. art. 25-bis della DAC6.
[16] In merito si segnala infatti che in data 30 luglio 2018 il MEF aveva indetto una procedura pubblica di consultazione nazionale, finalizzata a raccogliere le osservazioni degli operatori del settore.
[17] Peraltro, l’Agenzia delle entrate aveva ammesso la possibilità di accedere agli istituti di definizione agevolata in settori analoghi a quello in commento, come, ad esempio, con riguardo alla normativa inerente il c.d. Country-by-Country reporting in occasione dell’evento Telefisco del 1° febbraio 2018.
[18] Cfr. Assonime, “Il Consiglio dell’UE dispone il rinvio degli adempimenti previsti dalla direttiva DAC 6”, News legislative, 1° luglio 2020. La possibilità di non applicare le sanzioni (o di una loro riduzione sostanziale) è peraltro ritenuta da Assonime conforme all’art. 25-bis della DAC6, che attribuisce a ciascuno Stato membro il potere di fissare, in modo autonomo, le disposizioni sanzionatorie applicabili in osservanza dei principi di effettività, proporzionalità e dissuasività.
[19] Cfr., per i dettagli, la nota 3.