In tema di redditi di impresa, i ricavi derivanti dai canoni di locazione devono considerarsi conseguiti, ai sensi dell’art. 109 TUIR, comma 2, lett. b), alla data di maturazione dei medesimi, in quanto, fino all’eventuale risoluzione del contratto, non possono essere qualificati come componenti positivi dei quali non sia certa l’esistenza o la determinazione dell’ammontare, a prescindere dalla concreta corresponsione.
La Corte di Cassazione si è espressa in tal senso nella sentenza in commento, sostenendo così l’imponibilità dei canoni di locazione indipendentemente dalla loro effettiva percezione, avendo quindi riguardo alla sola maturazione degli stessi.
La controversia verteva su un avviso d’accertamento mediante il quale l’Amministrazione Finanziaria recuperava a tassazione il maggior canone di locazione spettante alla società locatrice, a titolo di ricavi non dichiarati, in aderenza a quanto previsto dalla stessa nel contratto di locazione per le annualità successive al primo rinnovo, contratto che prevedeva un graduale aumento del corrispettivo dovuto.
Tuttavia, detto maggior canone, previsto contrattualmente, non era stato effettivamente pagato dal locatario dell’immobile, e quindi non percepito dal locatore; conseguentemente, la contribuente non aveva iscritto alcun ricavo relativo alla menzionata maggiorazione.
L’accertamento della maggiore imposta era invero avvenuto, con separati provvedimenti, anche per periodi di imposta antecedenti quello da ultimo contestato, con esiti costantemente favorevoli all’Ufficio, di cui uno consolidatosi a seguito del passaggio in giudicato della relativa sentenza.
Di fronte alle Corti di merito la società risultava vittoriosa in entrambi i gradi di giudizio, eccependo che non vi era alcuna prova del fatto che il presunto maggior canone fosse stato effettivamente percepito.
La Corte di Cassazione ha invece ribaltato la presa di posizione delle Corti inferiori, pronunciandosi a favore dell’Amministrazione Finanziaria.
Il Collegio ha infatti ritenuto fondato il motivo di ricorso con cui l’Agenzia delle Entrate si doleva della violazione e falsa applicazione dell’articolo 109 del TUIR, affermando che la semplice maturazione del corrispettivo permetta l’attribuzione del canone al contribuente per competenza, a titolo di ricavo, indipendentemente dall’effettivo incasso dello stesso.
Al fine di dimostrare la non imponibilità della maggiorazione del corrispettivo, la contribuente avrebbe dovuto fornire prova di una eventuale modifica del contratto, mediante la quale sarebbe venuta meno la clausola che prevedeva il maggior canone.
Tale pronuncia risulta essere coerente con quanto sostenuto da precedente giurisprudenza di Legittimità sul punto (Cass. 30372/2019).
Difatti, secondo tale filone interpretativo, i componenti positivi quali i canoni di locazione si intendono conseguiti, e pertanto imponibili, all’atto della maturazione, fino all’eventuale risoluzione del contratto, in aderenza al principio di competenza cui soggiace la determinazione del reddito d’impresa.