Con sentenza 4 giugno 2024, n. 15592, la Corte di cassazione si è pronunciata sull’applicazione dell’imposta di registro per enunciazione, disciplinata dall’art. 22, comma 1 del D.P.R. n. 131/1986, secondo il quale “se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate […]”, concludendo per l’assoggettamento ad imposizione dell’atto enunciato con l’aliquota del 3% disposta dall’art. 9, della Tariffa parte prima allegata allo stesso decreto.
Nel caso di specie, l’atto sottoposto a registrazione aveva ad oggetto una donazione di quote di S.a.s., con conseguente modifica dei patti sociali ex art. 2252 c.c., e la contestuale cessione ai donatari del credito maturato dal donante a fronte di un finanziamento precedentemente erogato alla medesima società.
Il notaio rogante deduceva, a fondamento del ricorso, l’assenza del presupposto soggettivo, ovvero dell’identità delle parti contraenti l’atto enunciato, necessario a configurare l’ipotesi di tassazione a norma dell’art. 22 cit., poiché il finanziamento soci aveva quale controparte negoziale la società, ossia un soggetto ritenuto estraneo agli atti di donazione e di modifica dei patti sociali.
Sulla scia dei precedenti di legittimità, la Suprema Corte rileva che, nella peculiare cornice impositiva dell’art. 22 TUR, deve attribuirsi al termine “parte” un significato “lato e sostanziale” e non già soltanto “contrattualistico”, derivandone che l’identità di parti ricorre anche in relazione ai soggetti (nella specie, la società ceduta) rispetto ai quali si realizzano gli effetti degli atti contenuti nell’atto di “emersione”.
Su queste premesse, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso confermando la liquidazione dell’imposta di registro nella misura del 3% sul finanziamento enunciato.