WEBINAR / 30 Gennaio
Rappresentante designato nelle società quotate alla luce della Legge Capitali


Impatti per le assemblee 2025

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 10/01


WEBINAR / 30 Gennaio
Rappresentante designato nelle società quotate alla luce della Legge Capitali
www.dirittobancario.it
Giurisprudenza

Imposta di registro: registrazione a debito di sentenze di condanna per fatti costituenti reato

24 Marzo 2022

Luca Rivano

Cassazione Civile, Sez. V, 11 maggio 2021, n. 12391 – Pres. De Masi, Rel. Mondini

Ai fini dell’articolo 59, comma primo, lettera d) del d.P.R. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro), quanto alla registrazione a debito di una sentenza di condanna al risarcimento del danno, il riferimento ai “fatti costituenti reato”, produttivi della posta risarcitoria, è integrato anche se tali fatti configurano solo astrattamente ipotesi di reato.

È quanto disposto dalla Suprema Corte, che con l’ordinanza in oggetto ha cassato e deciso nel merito la sentenza della CTR della Campania.

Richiamando sinteticamente i fatti in causa, il contribuente veniva raggiunto da un avviso di liquidazione dell’imposta di registro su sentenza emessa dal Tribunale di Napoli concernente l’accoglimento dell’azione di responsabilità promossa dal curatore ai sensi dell’art.146 della Legge Fallimentare.

Lo stesso curatore ricorreva così, prima in CTP e poi in CTR, lamentando la violazione dell’art. 59, lett. d), del d.P.R. 26 aprile 1986, n.131 (registrazione a debito delle sentenze e degli altri atti degli organi giurisdizionali che condannano al risarcimento del danno prodotto da fatti costituenti reato).

Il ricorso non veniva accolto dal momento che la CTR, pur riconoscendo i fatti addebitati al soggetto come astrattamente idonei a determinare violazioni di norme penali, non considerava integrata la fattispecie di cui all’art. 59, lett. d) sopra richiamato, in quanto il Tribunale si era limitato a riconoscere la responsabilità civile dell’amministratore, censurandone il comportamento in violazione delle norme di diligenza e prudenza, senza avere ipotizzato alcuna fattispecie di reato né avendo disposto la trasmissione degli atti processuali in sede penale.

Il curatore ricorreva allora in Cassazione, lamentando sempre la violazione della medesima norma.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata sulla base del fatto che, come affermato in più occasioni (Cfr. Cass. 5952/2007; Cass. 24096/2014; Cass. 1296/2020), la disposizione contenuta nell’art.59, lett. d), del d.P.R. 26 aprile 1986, n.131 deve essere intesa come riferita a tutti quei fatti che possono “astrattamente” configurare ipotesi di reato, non richiedendosi che le sentenze siano pronunziate a seguito di un giudizio penale o che si tratti di fattispecie che abbiano dato origine in concreto ad un procedimento penale.

Considerato che la CTR si era già espressa sulla configurabilità in astratto dei fatti come idonei a determinare violazioni di norme penali, gli ermellini hanno anche deciso la causa nel merito accogliendo il ricorso originario del curatore.


WEBINAR / 30 Gennaio
Rappresentante designato nelle società quotate alla luce della Legge Capitali


Impatti per le assemblee 2025

ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 10/01

Iscriviti alla nostra Newsletter
Iscriviti alla nostra Newsletter