Nella ordinanza in esame la Suprema Corte affronta il tema dell’imposta di registro da corrispondere a fronte dell’omologazione di un concordato fallimentare per mezzo della differenziazione tra due diverse fattispecie: il concordato con cessione di beni ed il concordato con l’intervento di un assuntore.
Nel concordato con cessione di beni l’imposta di registro dovrà essere corrisposta in misura fissa in ragione della mancata produzione di effetti traslativi al momento dell’omologa. In sostanza, siffatto concordato fallimentare, conformemente a quanto statuito da precedenti pronunce della Suprema Corte, si risolve “in un mandato a gestire e liquidare, secondo il modello tipico della cessio bonorum” ed è, pertanto, soggetto alla disciplina prevista dall’art. 8 tariffa parte I d.P.R. 131/1986 lett g) (c.d. “criterio nominalistico”).
Di diversa natura è il concordato con assuntore, laddove la produzione di effetti traslativi conseguirà sin dalla omologazione comportando, da una parte, il perfezionamento dell’acquisto dei beni fallimentari e non richiedendo, d’altra parte, ulteriori e successivi provvedimenti da parte del Tribunale in ragione della loro natura meramente esecutiva. A fronte di un concordato fallimentare disciplinante l’intervento di un terzo assuntore, dunque, il trasferimento di ricchezza “deve essere tassato come effetto immediato e attuale”, ai sensi dell’art. 8 tariffa parte I d.P.R. 131/1986 lett a).
In conclusione, la Suprema Corte cassa la sentenza che aveva “esentato siffatto effetto traslativo” e che aveva errato nel riconoscere la necessità di corrispondere una imposta di registro in misura fissa a fronte di un concordato con assuntore, non potendo trovare applicazione a siffatto concordato il già citato criterio nominalistico.