In data 13 dicembre 2011 l’Agenzia delle Entrate ha emanato la risoluzione n. 121/E per il tramite della quale ha confermato l’applicabilità dell’imposta sostitutiva ai finanziamenti di cui agli artt. 15-20 del DPR n. 601/73 ai contratti di finanziamento conclusi per estinguere debiti pregressi, a patto che tali finanziamenti prevedano effettivamente l’erogazione di nuove risorse finanziarie e non solo la mera rimodulazione di modi e tempi di restituzione di un credito precedentemente erogato.
La risoluzione di cui sopra è stata emessa a seguito di una richiesta di chiarimento avanzata da una società circa la possibilità di applicare l’imposta sostitutiva ad un finanziamento concesso da una holding per riqualificare precedenti indebitamenti propri e di società controllate.
I contratti di finanziamento – di durata superiore a diciotto mesi – esaminati e posti alla base della risoluzione dall’Agenzia delle Entrate si caratterizzano per prevedere l’erogazione di una somma di denaro in favore di una holding, che una volta acquisita l’effettiva disponibilità finanziaria delle somme erogate in proprio favore, provvede a trasferirle pro-quota alle società controllate sulla base di un rapporto di mandato, per consentire loro di far fronte alle proprie pregresse esposizioni debitorie.
Il chiarimento dell’Agenzia delle Entrate si è reso necessario a seguito della presa di posizione della Suprema Corte di Cassazione che nella Sentenza n. 5270 del 05 maggio 2009) ha affermato che la ratio legis della disciplina di cui al DPR 601/73 è da ricercare nel favore che il legislatore intende accordare agli investimenti produttivi capaci di creare nuova ricchezza. Tale principio ha generato numerosi dubbi interpretativi, che hanno condotto alcuni uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate a negare l’applicazione dell’imposta sostitutiva alle operazioni di finanziamento concluse per estinguere debiti pregressi, sulla base dell’argomentazione che possono beneficiare dell’imposta sostitutiva solo i contratti di finanziamento destinati a scopi produttivi.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, partendo dall’esame dell’art. 15 del DPR n. 601/73, ha sottolineato come la ratio sottesa al regime dell’imposta sostitutiva possa individuarsi nell’esigenza di favorire l’accesso al credito, aumentando la possibilità, per il soggetto richiedente, di attingere a nuove risorse finanziarie. In altri termini, per accedere al regime di favore devono ricorrere, secondo l’Agenzia, due condizioni ovvero la natura bancaria del soggetto finanziatore e la durata contrattuale superiore a diciotto mesi del finanziamento stesso1. Pertanto secondo l’Agenzia delle Entrate in presenza di tali condizioni il contratto di finanziamento rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva con conseguente applicabilità del regime agevolato anche a quei contratti che in precedenza erano stati oggetto di dubbio interpretativo da parte degli interpreti.
La soluzione sopra richiamata non risulterebbe peraltro in contrasto con i principi affermati in precedenza dalla Suprema Corte, secondo l’analisi contenuta nella risoluzione medesima, stante la diversità dei casi sottostanti2.
L’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate è inoltre, a detta della stessa, in linea sia con la Circolare Ministeriale n. 240/99, in base alla quale il regime agevolato previsto dall’art. 15 DPR 601/73 intende incentivare le operazioni creditizie a favore delle attività economiche e perciò non opera se non è disposta nessuna forma di finanziamento, ma si concorda semplicemente, con l’adozione di apposite garanzie, un piano di rientro diverso da un’esposizione già maturata in passato, sia con la propria precedente risoluzione n. 68/2008, con la quale è stato chiarito che l’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio e lungo termine può trovare applicazione in relazione a finanziamenti concessi da enti di previdenza ai propri iscritti per estinguere mutui precedentemente contratti per l’acquisto di un immobile abitativo.
1
Il requisito temporale può subire alcune deroghe in casi particolari. A tal riguardo si veda ad esempio quanto disposto dall’art. 16 del DPR 601/73.
2
A tal riguardo si segnala che il caso preso in esame dalla Suprema Corte nella sentenza 5270/2009 concerneva un finanziamento assistito da garanzia ipotecaria volontaria concesso da una banca ad una società successivamente riqualificato dall’Ufficio dell’Agenzia come “atto di dilazionamento di un debito a fronte di pregressa scopertura di conto corrente bancario”. La riqualificazione era stato motivata argomentando che nel caso di specie l’istituto finanziatore si era limitato a concedere al proprio cliente modalità e tempi diversi, rispetto a quelli originariamente pattuiti, per rientrare dal proprio indebitamento pregresso. In altri termini, la soluzione raggiunta dalla Suprema Corte si basa su una situazione che non presuppone una nuova erogazione di credito ma semplicemente uno riscadenziamento di un credito già erogato, di conseguenza non può essere applicata l’imposta sostitutiva proprio per la mancata ricezione, da parte del soggetto beneficiario, di una nuova, reale ed effettiva disponibilità finanziaria.