Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione ha nuovamente affermato il principio secondo il quale nell’ambito di una cessione di ramo d’azienda riqualificato, come nel caso di specie, in cessione immobiliare, per la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, l’attribuzione, prescritta dagli artt. 2 e 10, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, dello stesso valore assegnato ai fini dell’imposta di registro, deve essere intesa senza prescindere dalla diversità di oggetto propria di ogni singola imposta, con la conseguenza che, essendo dovute le imposte ipotecarie e catastali, a differenza dell’imposta di registro, in ordine a formalità che riguardano i singoli beni immobili, la base imponibile nel caso di conferimenti e/o cessioni immobiliari in società va determinata tenendo conto del valore degli immobili in sé considerati e al lordo delle componenti negative (cfr. tra le altre Corte di Cassazione 19 Marzo 2014 n.6406).
Con questa decisione, i Giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno riconosciuto la debenza delle imposte ipotecaria e catastale nei confronti di una società che formalmente aveva posto in essere una cessione di ramo d’azienda consistente nel trasferimento di un fabbricato ad uso alberghiero.
Con la suesposta decisione, la Corte di Cassazione non fa che affermare quanto già statuito negli anni sia dallo stesso organo sia dall’Agenzia delle Entrate con riferimento al calcolo della base imponibile ai fini delle predette imposte.
In particolare, quando gli immobili fanno parte di un complesso aziendale, per la determinazione della base imponibile non si tiene conto delle passività ai fini delle imposte di trascrizione (cfr. Decisione Commissione Tributaria Centrale 8 luglio – 19 novembre 1985 n. 9875). Il contenzioso che negli anni è nato con gli uffici fiscali è dipeso dall’errata interpretazione del primo comma dell’art. 2 citato, che ai fini della determinazione della base imponibile per le imposte ipotecaria e catastale, rinvia alle disposizioni contenute nell’art. 23 comma 4 del D.p.R. 131/1986 il quale, in materia di registro, prevede che per le cessioni d’azienda il valore deve essere computato al netto delle passività.
Ciò detto, nonostante il citato richiamo sia l’Agenzia delle Entrate che la Giurisprudenza di legittimità hanno più volte affermato l’autonomia impositiva delle imposte ipotecaria e catastale rispetto all’imposta di registro, in particolare è stato chiarito che con l’imposta di registro il legislatore ha inteso tassare la ricchezza trasferita, ovvero un “quantum” che costituisce un sicuro incremento di valore per il ricevente, conseguendone dunque che ai fini della determinazione della base imponibile della predetta imposta non possa che rilevare il valore netto dei beni trasferiti.
Il presupposto delle imposte ipotecaria e catastale è rappresentato invece dalle formalità di trascrizione e di voltura, miranti a dare certezza al passaggio di proprietà di un determinate bene immobiliare, in tale ambito dunque il valore netto del bene non rileva e la base imponibile di tali imposte non può che essere commisurata al valore lordo senza deduzione alcuna (cfr. Risoluzione Agenzia delle Entrate 5 ottobre 2005 n. 145 oltre a Cass. 5 giugno 2002 n. 15046, 9 luglio 2003 n. 10751).