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Giurisprudenza

Imposte sui trasferimenti, benefici “prima casa” e abuso del diritto

18 Settembre 2024

Chiara Lattanzi, Dottoranda di ricerca in diritto tributario presso l’Università di Milano Bicocca

Cassazione Civile, Sez. Tributaria, 25 luglio 2024, n. 20673 – Pres. Perrino, Rel. Dell’Orfano

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza 25 luglio 2024, n. 20673, la Suprema Corte si è pronunciata in tema di abuso del diritto relativo ai benefici fiscali “prima casa”, in riferimento alle ipotesi di mandato a vendere e contestuale possesso di un’altra abitazione.

In particolare, ha stabilito che “in tema di benefici fiscali c.d. “prima casa”, in virtù del carattere meramente strumentale, provvisorio e fiduciario del trasferimento del cespite dal mandante al mandatario, in funzione di mera esecuzione del mandato traslativo stesso ex art. 1719 cod. civ., integra abuso del diritto ai sensi dell’art. 10 bis legge n. 212/2000, il mandato a vendere un immobile ad uso abitativo ex art. 1719 cod. civ. ed il successivo acquisto, da parte del mandante, di un secondo alloggio abitativo con l’applicazione delle suddette agevolazioni fiscali, non sussistendo il requisito della non possidenza di altro fabbricato idoneo ad abitazione”. 

La vicenda trae origine da un’operazione in cui due contribuenti avevano stipulato contratto di mandato a vendere senza rappresentanza con trasferimento di un immobile ex art. 1719 c.c., affinché il mandatario provvedesse alla sua vendita. Gli effetti traslativi a favore del mandatario erano risolutivamente condizionati alla mancata vendita, da parte del mandatario, entro una determinata data. 

Successivamente, il mandante acquistava un ulteriore complesso immobiliare, chiedendo l’applicazione delle cosiddette agevolazioni prima casa, sul presupposto che il mandato avesse già prodotto effetti traslativi.

L’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di liquidazione contestando ex art. 10-bis, Legge 212/2000, l’abusività dell’intera operazione in quanto priva di valide ragioni economiche e disconoscendo, conseguentemente, il regime fiscale di favore (recuperando, dunque, le imposte di registro, ipotecaria e catastale afferenti alla quota dell’immobile acquistato dalla ricorrente con il contratto di compravendita).

La contribuente risultava soccombente in entrambi i gradi di giudizio di merito e proponeva ricorso in Cassazione sostenendo la legittimità del proprio operato. 

La Corte di Cassazione ha rigettato le tesi del contribuente, osservando che “il trasferimento a titolo gratuito dell’immobile, operato dal mandante in favore del mandatario senza rappresentanza, al fine dell’esecuzione del mandato alla vendita, … non determina un definitivo arricchimento della sfera patrimoniale del mandatario, poiché lo stesso è gravato dalle obbligazioni di trasferire al terzo acquirente il bene, del quale è intestatario meramente formale, e di corrispondere al mandante il relativo prezzo, ovvero, qualora il mandato non possa essere adempiuto, da quella di retrocedere il bene al mandante”, e ciò in ragione del carattere meramente strumentale, provvisorio e fiduciario del trasferimento del cespite dal mandante al mandatario, in funzione di mera esecuzione del mandato traslativo stesso ex art. 1719 c.c.”.  

Il mancato trasferimento degli immobili, dunque, non consentiva l’applicazione delle menzionate agevolazioni “prima casa” e l’intera operazione era da considerarsi abusiva, essendo integrati i requisiti di cui all’art. 10-bis, L. n. 212/2000.

Fermo restando l’inequivocabile vantaggio fiscale derivante dall’applicazione delle agevolazioni prima casa, la Corte ha peraltro escluso che possa costituire “valida ragione extrafiscale”, idonea a rendere opponibile l’operazione al fisco, il semplice “timore” che l’immobile oggetto del mandato ad alienare potesse essere aggredito, attraverso azioni cautelari e/o esecutive, dal coniuge della contribuente, posto che all’epoca dei fatti era in corso il procedimento di divorzio.

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