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Giurisprudenza

Improponibilità della revocatoria ordinaria di contratto preliminare

11 Ottobre 2019

Sara Addamo, Dottoranda in Studi Giuridici Comparati ed Europei presso l’Università di Trento

Cassazione Civile, Sez. III, 26 giugno 2019, n. 17067 – Pres. Amendola, Rel. Cricenti

Di cosa si parla in questo articolo
Il prossimo 15 novembre si terrà a Milano il Convegno di rassegna di giurisprudenza fallimentare organizzato da questa Rivista. Per maggiori informazioni si rinvia al link indicato tra i contenuti correlati.

Nel caso di specie vengono poste all’attenzione della Suprema Corte due questioni: se l’eccezione di improponibilità della revocatoria ordinaria, proposta per la prima volta in sede di comparsa conclusionale in appello, sia tardiva e se il contratto preliminare sia un atto traslativo del patrimonio revocabile ai sensi dell’art. 2901 c.c.

Rispetto al tema della tardività dell’eccezione, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la questione di quali siano gli atti che, ai sensi dell’articolo 2901 cod. civ., ponendosi come atti di disposizione del patrimonio, sono soggetti a revocatoria, è una questione di interpretazione dell’ambito di questa norma. Trattasi dunque di argomenti difensivi che mirano, in base ai fatti già allegati, a proporre un’alternativa interpretazione della norma, e che, se anche assumessero la veste di una eccezione (in quanto volti a paralizzare la pretesa altrui) di certo integrerebbero una eccezione in senso lato, che né la legge, né la natura stessa della eccezione, pongono come proponibile a pena di decadenza entro certi termini.

Pertanto, il tema dell’interpretazione dell’ambito applicativo dell’art. 2901 c.c., costituisce un’eccezione di un fatto che, già allegato al processo (ossia la revocazione del preliminare) rientra nel potere di rilevazione del giudice, posto che non è integrativo della fattispecie difensiva, né una norma impone l’onere alla parte di formulare l’eccezione entro un dato termine (Cass. sez. U. 1099 del 1998 seguita fino a Cass. 27405/ 2018).

Riguardo alla seconda questione, la Suprema Corte rileva che il contratto preliminare di vendita di un immobile non produce effetti traslativi e, conseguentemente, non è configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria, che può, invece, avere ad oggetto l’eventuale contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato. Dunque, la sussistenza del presupposto dell’ “eventus damni” per il creditore va accertata con riferimento alla stipula del contratto definitivo, mentre l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 c.c. in capo all’acquirente va valutato con riguardo al momento della conclusione del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti (Cass. 15215/ 2018).

 

 

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