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Giurisprudenza

Impugnazione bilancio e deduzione di nuovi vizi dopo l’approvazione di quello successivo

6 Giugno 2024

Isacco Girardi, Dottorando di ricerca in Diritto commerciale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore

Cassazione civile, Sez. I, 18 aprile 2024, n. 10521, Pres. Scotti, Rel. Terrusi

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10521 del 18 aprile 2024, si è pronunciata sulla possibilità di impugnare una delibera di approvazione del bilancio per vizi diversi rispetto a quelli dedotti con un’impugnazione precedente all’approvazione del bilancio successivo.

In particolare, la Corte ha espresso il seguente principio di diritto: “in tema di impugnativa di bilancio, e in esito a riassunzione dopo una declaratoria di incompetenza territoriale, la domanda radicata su un vizio di asserita nullità inizialmente non dedotto non è preclusa dall’art. 2434-bis cod. civ., perché la norma, nel prevedere che le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo, va intesa nel senso che la parte decade dalla possibilità di esercitare l’azione di impugnativa in sé considerata, ma non che debba risentirne l’azione di impugnativa già introdotta, quale che sia il vizio invalidante; difatti il senso della previsione di legge è che il bilancio di esercizio non può essere impugnato dopo l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo, ma non prima”.

I ricorrenti, soci di una s.r.l., avevano in primo luogo contestato la chiarezza e la veridicità del bilancio e poi, a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale, avevano riassunto la causa lamentando l’omessa annotazione di crediti all’interno del bilancio contestato.

I giudici di merito avevano ritenuto la seconda domanda non ricompresa nella prima e avevano negato la rilevabilità del nuovo vizio di nullità per l’avvenuta approvazione del bilancio successivo.

La Suprema Corte, invece, ha ritenuto che non si possa precludere un atto di riassunzione basato su una «fattispecie invalidante ulteriore e diversa da quella invocata con l’atto di citazione» alla luce della «natura del diritto autodeterminato sotteso alla domanda di nullità».

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