1) L’articolo 13 del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, deve essere interpretato nel senso che la forma e il termine nei quali colui che ha beneficiato di un atto pregiudizievole per la massa dei creditori ha l’onere di sollevare un’eccezione ai sensi di detto articolo, al fine di opporsi a un’azione diretta alla revoca di tale atto secondo le disposizioni della lex fori concursus, nonché la questione se il medesimo articolo sia applicabile anche d’ufficio da parte del giudice competente, eventualmente dopo che sia scaduto il termine impartito alla parte interessata, rientrano nel diritto processuale dello Stato membro nel cui territorio la controversia è pendente. Tale diritto non deve, tuttavia, essere meno favorevole rispetto a quello che disciplina situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) né rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività), circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare.
2) L’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che la parte sulla quale incombe l’onere della prova deve dimostrare che, qualora la lex causae consenta di impugnare un atto ritenuto pregiudizievole, non sussistono in concreto i presupposti – differenti da quelli previsti dalla lex fori concursus – richiesti perché l’impugnazione di tale atto possa essere accolta.
3) L’articolo 13 del regolamento n. 1346/2000 può essere validamente invocato qualora le parti di un contratto, che abbiano sede in uno stesso Stato membro, nel cui territorio sono ubicati anche tutti gli altri elementi pertinenti alla situazione di cui trattasi, abbiano designato come applicabile a tale contratto la legge di un altro Stato membro, a condizione che dette parti non abbiano scelto tale legge fraudolentemente o abusivamente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.