Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, il giudice di merito aveva ammesso al passivo il credito professionale del professionista che aveva curato la redazione dell’attestazione sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità del piano concordatario ex art. 161, terzo comma, l. fall., negando il riconoscimento della prededuzione richiesta in mancanza di utilità della prestazione sotto il profilo degli interessi della massa dei creditori, stante l’inammissibilità della domanda di concordato.
Il ricorrente con il proprio ricorso ha lamentato la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 l. fall., in quanto tale norma non prevede che l’ammissione del credito in prededuzione sia subordinato ad una verifica, caso per caso, della concreta utilità dell’attività professionale svolta per il ceto creditorio.
La Corte di Cassazione ritiene che l’inammissibilità della procedura concordataria non osti al riconoscimento della prededuzione richiesta, poiché, essendo la legge stessa ad imporre all’imprenditore di corredare la sua domanda concordataria anche con l’attestazione prevista dall’art. 161, terzo comma, l. fall., il riconoscimento della prededuzione costituisce un effetto automatico del fatto che il credito derivi da atti legalmente compiuti dall’imprenditore in pendenza del termine concesso per la predisposizione del piano concordatario, della proposta e dei relativi documenti.
Pertanto, la Corte, in linea con le sue precedenti pronunce (vedi Cass. 5471/2019), ribadisce che “il credito maturato dal professionista che, pendente il termine assegnato al Tribunale a mente dell’art. 161, comma 6, l. fall. in ipotesi di domanda di concordato con riserva, sia stato incaricato di redigere l’attestazione ha carattere prededucibile, qualora, una volta dichiarata inammissibile la domanda concordataria, sia stato pronunciato il fallimento del debitore”.