Con la sentenza 7 novembre 2024, C-782/22, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha dichiarato incompatibile con l’art. 63, par. 1, TFUE la normativa fiscale dei Paesi Bassi, che applicava un prelievo del 15% sull’importo lordo dei dividendi distribuiti da società residenti a società non residenti.
In particolare, il Giudice europeo ha ravvisato una violazione del principio unionale di parità di trattamento nella misura in cui la legge tributaria olandese prevedeva un regime differenziato per i dividendi percepiti da società residenti rispetto a quelli per società non residenti.
Per una società residente nei Paesi Bassi, infatti, il sistema di ritenuta alla fonte consentiva di imputare l’imposta sui dividendi all’imposta olandese sulle società, così che si verificava un totale assorbimento dell’onere fiscale o, nel caso in cui l’imposta sulle società fosse di ammontare inferiore a quella versata sui dividendi, un rimborso. Invece, per le società non residenti, il prelievo del 15% sui dividendi comportava un onere non recuperabile, destinato al fisco olandese.
La questione pregiudiziale era stata sollecitata da una impresa di assicurazione inglese attiva nella stipula di contratti di assicurazione “in unità di conto” con enti istituzionali di assicurazione pensionistica e datori di lavoro situati nel Regno Unito (“clienti”).
I premi assicurativi raccolti venivano investiti per generare profitti, poi attribuiti ai clienti su base proporzionale.
Durante il periodo 2003-2010, una parte di questi investimenti consisteva in azioni di società olandesi, i cui dividendi subivano una ritenuta alla fonte del 15% da parte dell’erario olandese, senza possibilità di essere compensate con le imposte sugli utili nel Regno Unito.
Su questo presupposto, richiamando suoi precedenti giurisprudenziali, la Corte ha affermato che le differenze di trattamento autorizzate dall’articolo 65, par. 1, lett. a), TFUE non devono costituire né un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata.
Disparità di trattamento sono ammesse soltanto se riguardanti “situazioni non oggettivamente comparabili” o, in caso contrario, se sono giustificate da un “motivo imperativo di interesse generale”.
Tra le giustificazioni addotte dai Paesi Bassi, una era la necessità di evitare una doppia deduzione degli oneri fiscali, sia nei Paesi Bassi che nel Regno Unito.
La Corte ha, tuttavia, obiettato come nel caso di specie l’eventuale doppia deduzione fosse solo supposta e non comprovata in concreto.
Inoltre, strumenti di cooperazione fiscale, come la direttiva 77/799/CEE, potrebbero prevenire rischi di doppia deduzione, se presenti.
Un ulteriore argomento sollevato dai Paesi Bassi riguardava la necessità di preservare la coerenza del sistema tributario nazionale.
Secondo questa tesi, l’imposta sui dividendi dei titoli olandesi non costituirebbe un costo collegato ai dividendi tassabili nei Paesi Bassi, bensì collegato ai compensi derivanti dalla gestione di investimenti per i clienti, come tali tassabili in Regno Unito, paese di residenza della società assicurativa.
La Corte ha rigettato anche questo argomento, poiché la società non residente si trova in una situazione comparabile a quella residente rispetto agli oneri fiscali collegati agli obblighi verso i propri clienti, dal momento che una siffatta società non residente persegue la stessa attività ed i dividendi percepiti da quest’ultima comportano la modifica del livello degli obblighi nei confronti dei suoi clienti.
In conclusione, la norma fiscale olandese è stata censurata perché ritenuta in contrasto con i principi di libertà di circolazione del capitale e di parità di trattamento, sul rilievo che un trattamento meno favorevole di quello riservato ai dividendi versati a società residenti può dissuadere le società stabilite in uno Stato diverso da tale Stato membro dal compiere investimenti nel medesimo Stato membro.