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Giurisprudenza

La (in)costituzionalità del decreto “Salva Banche”, nota a Tribunale di Cremona, 17 marzo 2012

11 Aprile 2012

Stefano Daprà, Studio Legale e Bancario Sartori Tarolli

Tribunale di Cremona, 17 marzo 2012

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Cremona ritiene manifestamente infondate le questioni di costituzionalità sollevate con riferimento all’art. 2, comma 61°, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 (c.d. “decreto Milleproroghe” o “Salva Banche”), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10 (comma aggiunto dalla legge di conversione), il quale prevede che “in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 c.c. si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa” sancendo altresì l’irripetibilità delle somme ormai pagate dal cliente alla banca alla data di conversione del decreto stesso. Ciò sulla base dell’assunto che il provvedimento legislativo “non presenta profili di patente irragionevolezza nella scelta di far decorrere retroattivamente le proprie disposizioni in ordine alla prescrizione”.

Tale assunto, pur ampiamente motivato dal Giudice di merito, è stato, peraltro, smentito dalla Corte Costituzionale che, con sentenza 5 aprile 2012, n. 78, ha ritenuto sussistente una violazione dell’art. 3 Cost., perché la norma censurata, facendo retroagire la disciplina in esso prevista, non rispetta i principi generali di eguaglianza e ragionevolezza.

Va rilevato però che le argomentazioni logico-giuridiche del Tribunale di Cremona, ancorché superate dal dictum del Giudice delle leggi, sono espressione di un iter riflessivo e motivazionale molto persuasivo che, oltretutto, dimostra di tenere in particolare considerazione l’impianto costituzionale. Infatti il Giudice di merito, per sorreggere la propria decisione, afferma chiaramente che l’irretroattività della legge costituisce vero e proprio principio di rango costituzionale che però, al di fuori della materia punitiva (art. 25 Cost.), può essere derogato dal legislatore quando vi sia la necessità di bilanciarlo con altri principi di pari rango. E dopo aver sottolineato le pesanti ricadute che una serie di revirements giurisprudenziali hanno avuto sul mondo bancario (generando “migliaia di azioni legali volte alla ripetizione di somme che (si sono scoperte) indebitamente percepite dalle banche, di poi traslando il dies a quo della prescrizione di tali azioni alla data di chiusura dei conti correnti”), il Tribunale di Cremona ritiene “pienamente rientrante nelle competenze del legislatore un intervento normativo volto a regolare gli effetti di tali sentenze, limitandone l’applicazione retroattiva, con un bilanciamento tra l’affidamento dei cittadini, che […] costituisce la ratio del principio di irretroattività della legge, e la salvaguardia della stabilità del sistema economico e del risparmio”. E se è vero che l’unico limite alla scelta legislativa è il generale canone di ragionevolezza, la norma censurata, optando per una decorrenza retroattiva delle disposizioni relative alla prescrizione, sembra soddisfarlo pienamente posto che, da un lato, “la soluzione è conforme ad uno degli orientamenti a suo tempo emersi in giurisprudenza” e, dall’altro, “la scelta è dettata dall’esigenza, in epoce di crisi economica mondiale e, per l’Italia, di mancata crescita, imputata anche alla mancata erogazione di credito da parte del sistema bancario, di non stressare ulteriormente le banche che, sottoposte ad una forte emorragia di liquidità, determinata dalle azioni legali intraprese a seguito dei revirement giurisprudenziali, non potrebbero che chiudere ulteriormente i rubinetti del credito”.

A questo punto, appare evidente che il Tribunale di Cremona, lungi dall’esprime un giudizio politico invasivo del merito delle scelte lasciate alla ragionevolezza del legislatore – come peraltro hanno fatto coloro che si sono affrettati a definire il “decreto Milleproroghe” come “Salva Banche” –, cerca di fondare le proprie conclusioni su una serie di argomentazioni tecnico-giuridiche sicuramente condivisibili.

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