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Indagine sulle nuove plusvalenze immobiliari da Superbonus 110%

8 Maggio 2024

Enrico Matano, Dottorando di ricerca in diritto tributario, Università Cattolica di Milano

Di cosa si parla in questo articolo

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato uno studio in materia di plusvalenze realizzate su immobili che siano oggetto di interventi agevolati dal “Superbonus 110%” di cui all’art. 119 D.L. 34/2020.

In particolare, con la recente introduzione della lettera b) bis nel catalogo dell’art. 67 TUIR (art. 1, commi 64-67, L. 30 dicembre 2023), il legislatore ha previsto che le cessioni a titolo oneroso di beni immobili, sui quali il cedente, o altri aventi diritto, abbiano realizzato interventi di costruzione agevolati dal Superbonus, conclusi da non più di dieci anni al momento della cessione, originano una plusvalenza imponibile come reddito diverso.

 Sono espressamente esclusi:

  1. gli immobili adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei dieci anni antecedenti alla cessione (almeno cinque anni e un giorno anche non consecutivi), o, se la cessione avviene prima dei dieci anni dalla data di costruzione o di acquisto, per la maggior parte di tale periodo;
  2. gli immobili acquistati per successione.

Lo studio intende risolvere i problemi applicativi della disciplina, muovendo dalla ratio della nuova fattispecie imponibile, rinvenuta nella volontà del legislatore di “bilanciare l’asimmetria generata dall’applicazione dei vantaggi del Superbonus”, colpendo i plusvalori che, si presume, derivano dagli interventi agevolati, con regole più stringenti di quelle previste, in via ordinaria, per le plusvalenze immobiliari. 

Sul piano soggettivo, preliminarmente, viene chiarito che non occorre, per realizzare la plusvalenza, che il cedente abbia svolto direttamente i lavori, come ad esempio nell’ipotesi in cui i lavori siano stati eseguiti da “altri aventi diritto”; si evidenzia, inoltre, che il cedente non deve aver beneficiato, in concreto, di alcuna detrazione, essendo sufficiente che i lavori si siano qualificati per l’agevolazione, anche se “si potrebbe ritenere che, tenuto conto della natura perequativa della nuova normativa, la plusvalenza (…) non sia applicabile alle cessioni operate da colui che non abbia goduto di alcuno dei vantaggi relativi al superbonus”

Per quanto riguarda gli interventi agevolabili, si osserva che l’art. 119 del d.l. 34/2020 fa esclusivo riferimento agli interventi specifici di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico: pertanto, la fattispecie della nuova lettera b) bis non dovrebbe integrarsi tutte le volte in cui vengano realizzati interventi agevolati da discipline precedenti, i quali, pur se richiamati dall’art. 119, se ne differenziano per caratteristiche quantitative e qualitative.

Inoltre, prudenzialmente, si ritiene che non dovrebbero considerarsi plusvalenti gli immobili interessati esclusivamente da interventi realizzati sulle “parti comuni” dello stabile di appartenenza: diversamente, il rischio è di considerare quali presupposti imponibili anche “eventi non riconducibili specificamente al cedente”, ma al condominio in generale.

In aggiunta, si dovrebbero ritenere rilevanti per le plusvalenze da Superbonus solo gli interventi agevolati di natura “edilizia” (art. 3, c. 1, lett. b), c), d), D.P.R. 380/2001), in favore di ciò deponendo il tenore letterale della nuova norma, che parla di “costruzione”, con l’ulteriore conseguenza che, per individuare il momento di ultimazione dell’intervento costruttivo (da cui far decorrere il periodo di osservazione decennale), “occorrerà fare più propriamente riferimento alla fine dei lavori comunicata al Comune”. 

Sotto il profilo dell’aliquota di detrazione, si evidenzia che dovrebbero far scattare la plusvalenza solo gli interventi agevolati con aliquota di detrazione al 110%, e non anche quelli con aliquote ridotte al 90%, 70%, 65% previste da diversi regimi; ciò in ragione:

  1. ella ratio “perequativa” della nuova fattispecie, di cui si è detto;
  2. ella norma relativa ai costi inerenti e deducibili per il calcolo della plusvalenza (art. 68, comma 1, TUIR), la quale prevede regole differenziate a seconda che il cedente abbia optato, o meno, per lo sconto in fattura o la cessione del credito, posto che dette opzioni erano disponibili per i contribuenti soltanto nella vigenza del Superbonus nella sua misura massima del 110%. 

Con riferimento alle cause di “esclusione” delle plusvalenze da Superbonus, per quanto attiene all’esclusione degli immobili ereditati, si osserva che, a fini di equità fiscale, tale esclusione andrebbe riferita soltanto agli eredi del de cuius che abbia eseguito gli interventi agevolati, e non anche degli eredi che, ricevuto l’immobile in eredità, eseguano loro stessi interventi agevolati, anche se tale orientamento “si scontrerebbe con l’interpretazione meramente letterale” della norma, che non sembra fare distinzioni.

Per quanto riguarda l’esclusione dell’immobile adibito ad abitazione principale, che può configurarsi anche nel caso in cui la cessione avvenga prima dei dieci anni dalla data di costruzione o di acquisto, tale periodo andrebbe computato dalla data di acquisto, posto che detto ultimo intervento – pur mantenendo carattere “edilizio” – non implica propriamente il concetto di “costruzione”, quanto quello di “trasformazione” di un immobile preesistente. 

Da ultimo, con riguardo ai costi inerenti, ai fini del calcolo della base imponibile, consistenti nel “prezzo di acquisto o il costo di costruzione” (art. 68, c. 1, TUIR), si chiarisce che rimane ferma l’integrale deducibilità nel caso in cui il cedente (o altro avente diritto) non abbia beneficiato dei regimi di sconto in fattura o di cessione del credito. 

In caso contrario, le spese inerenti non possono essere prese in considerazione se alla data della cessione gli interventi si sono conclusi da non più di cinque anni; dopo tale termine, dette spese, invece, saranno deducibili al 50%.

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