Il presente contributo analizza il tema della prescrizione del diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti, alla luce dell’ultimo orientamento della Cassazione espresso con pronuncia n. 17643 del 20 giugno 2023.
1. Il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17643 del 20 giugno 2023, ha affermato il principio secondo cui la prescrizione del diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, fatto salvo il caso in cui il datore di lavoro dimostri di avere operato con la massima diligenza in modo da consentire al lavoratore di godere delle ferie maturate; nella specie, il datore di lavoro deve offrire la prova di avere invitato il lavoratore a fruire delle ferie in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e lo svago cui sono finalizzate, avvisando il lavoratore del fatto che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato.
2. La vicenda giunta al vaglio della Corte di Cassazione
Con ricorso ex art. 414 c.p.c. la lavoratrice, in seguito alla cessazione del rapporto di lavoro per dimissioni, ha adito il Tribunale di Milano chiedendo, per quanto di interesse ai nostri fini, la condanna del datore di lavoro a corrisponderle euro 30.316,00 a titolo di indennità sostitutiva delle ferie non godute.
Il Tribunale ha parzialmente accolto il ricorso, dichiarando il diritto della ricorrente alla corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie, limitatamente a 124 giorni di ferie maturate e non godute, parametrata all’ultima retribuzione giornaliera in godimento.
Il datore di lavoro ha proposto appello avverso la decisione del Tribunale e la lavoratrice ha proposto, a sua volta, appello incidentale.
La Corte d’Appello di Milano ha accolto l’appello incidentale della lavoratrice, riconoscendole il diritto a percepire l’indennità sostitutiva delle ferie per 248 giorni, invece che 124.
Il datore di lavoro ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, affidato a due motivi.
Con un primo motivo, parte ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2109 e 2946 c.c. per il mancato rispetto dell’art. 111, comma 7, Cost., letti alla luce dell’art. 6 CEDU: in sostanza, secondo la prospettazione del datore di lavoro, diversamente da quanto affermato dalla corte d’Appello, il diritto all’indennità sostitutiva delle ferie si sarebbe prescritto in dieci anni anche in corso di rapporto di lavoro.
Con il secondo motivo di doglianza, il datore di lavoro ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c., anche con riferimento all’art. 18, nn. 9, 15 e 16 CCNL 1994-1997 enti pubblici non economici, e dell’art. 10 D. Lgs. n. 87 del 2003, in relazione all’art. 111, comma 7, Cost., letto alla luce dell’art. 6 CEDU: secondo la prospettazione datoriale l’art. 10 del D.Lgs. n. 66 del 2003 avrebbe rinviato, in tema di godimento delle ferie, alla contrattazione collettiva e questa avrebbe ricollegato il diritto all’indennità oggetto del contendere alla mancata fruizione di dette ferie “per esigenze di servizio”, che dovevano però essere provate dal lavoratore, essendo egli il soggetto che agiva in giudizio.
3. La sintesi della sentenza emessa dalla Corte di Cassazione
La motivazione della sentenza della Corte – che ha rigettato entrambi i motivi di ricorso formulati dal datore di lavoro – prende le mosse dalla normativa comunitaria, nello specifico dall’art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, che riconosce al lavoratore il diritto a un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali e i riposi settimanali non goduti.
Nella specie, secondo la normativa comunitaria richiamata, il diritto alla corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie sorge nel momento in cui sia cessato il rapporto di lavoro ed il lavoratore non abbia goduto di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui il rapporto è cessato: non sono richieste altre condizioni perché sorga il diritto alla fruizione di detta indennità.
In questo contesto, secondo la Giurisprudenza della Corte di Giustizia, più volte richiamata nella sentenza in commento, è necessario assicurarsi che l’applicazione delle norme nazionali non comporti l’estinzione dei diritti alle ferie annuali retribuite maturati dal lavoratore, laddove quest’ultimo non abbia effettivamente avuto la possibilità di esercitare tali diritti. Il lavoratore, infatti, deve essere considerato la parte debole nel rapporto di lavoro, sicché è necessario impedire al datore di lavoro di disporre della facoltà di imporgli una restrizione dei suoi diritti.
Da ciò discende che “la prescrizione del diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro, salvo che il datore di lavoro non dimostri che il diritto alle ferie ed ai riposi settimanali è stato perso dal medesimo lavoratore perché egli non ne ha goduto nonostante l’invito ad usufruirne; siffatto invito deve essere formulato in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie ed i riposi siano ancora idonei ad apportare all’interessato il riposo ed il relax cui sono finalizzati, e deve contenere l’avviso che, in ipotesi di mancato godimento, tali ferie e riposi andranno persi al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”.
Inoltre, secondo il ragionamento logico-giuridico della Corte, l‘onere della prova in proposito incombe sul datore di lavoro e, “ove quest’ultimo non sia in grado di dimostrare di avere esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, si deve ritenere che l’estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l’art. 7, paragrafo 1, e l’art. 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88”.
In conseguenza delle argomentazioni appena svolte, pienamente conformi con il diritto eurounitario, la Corte si è discostata esplicitamente da un precedente e risalente orientamento di legittimità secondo cui la prescrizione del diritto alla indennità sostitutiva delle ferie in capo al lavoratore opererebbe anche in costanza di rapporto, proprio in ragione della natura anche risarcitoria dell’indennità di cui si discute.
Anche con riferimento al secondo motivo di doglianza, la Corte ha riproposto il medesimo principio di diritto, affermando che, in ogni caso, la contrattazione collettiva non può essere interpretata in un senso tale da introdurre un trattamento deteriore per i lavoratori.
In definitiva, secondo il Supremo Collegio “deve trovare applicazione il principio per il quale è il datore di lavoro, convenuto dal dipendente per ottenere il pagamento dell’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro, il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concederle”.