La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza del 12 dicembre 2024 (Pres. K. Lenaerts, Rel. O. Spineanu-Matei), pronunciata in sede di rinvio pregiudiziale, ha precisato la portata dei requisiti dell’indipendenza operativa e dell’assenza di conflitti di interesse tra le diverse funzioni eventualmente esercitate dall’Autorità nazionale di risoluzione, sanciti dall’art. 3, par. 3, della Direttiva 2014/59/UE, la c.d. “Bank Recovery and Resolution Directive” o “BRRD”.
La Corte, dopo aver precisato l’ambito operativo della disposizione citata, statuendo che «è applicabile in una situazione in cui l’Autorità nazionale di risoluzione eserciti anche funzioni di amministratore temporaneo, ai sensi dell’art. 29 [BRRD], o funzioni di garanzia dei depositi, ai sensi della Direttiva 2014/49/UE […]», stabilisce che «essa impone di adottare disposizioni strutturali per garantire l’indipendenza operativa di tale autorità ed evitare conflitti di interesse in relazione a tali funzioni».
Inoltre, secondo la Corte, «qualora l’Autorità nazionale di risoluzione eserciti anche “funzioni di vigilanza” o “altre funzioni”, ai sensi di tale disposizione, e in assenza di regole interne scritte volte a garantire l’indipendenza operativa di tale Autorità nonché la prevenzione dei conflitti di interesse tra le sue funzioni di risoluzione e le altre sue funzioni, il rispetto di tali requisiti può tuttavia risultare dall’introduzione di misure, organizzative e di altro tipo, sufficienti a tal fine».
L’art. 3, par. 3, BRRD, prosegue la Corte, «non implica tuttavia né che le decisioni relative alle funzioni di risoluzione e quelle relative alle altre funzioni di detta autorità siano adottate da organi decisionali diversi, né che alle aree funzionali interne della medesima autorità sia impedito di fornire servizi di sostegno sia al personale assegnato alle funzioni di risoluzione sia a quello assegnato ad altre funzioni, fatte salve le norme in materia di segreto professionale».
Qualora esistano regole interne scritte sul punto, «la mancata pubblicazione delle stesse non comporta automaticamente l’invalidità delle decisioni adottate dall’Autorità di risoluzione ma implica, eventualmente, in caso di ricorso avverso una decisione di tale autorità, che spetti a quest’ultima dimostrare che tali regole sono state rispettate, di modo che detta decisione è stata adottata esclusivamente al fine di conseguire uno o più obiettivi della risoluzione».
Nel caso di specie, nel settembre 2022, una banca avente sede in Polonia veniva sottoposta a procedura di risoluzione dall’Autorità nazionale di risoluzione, la quale svolgeva anche le funzioni di Autorità di supervisione e di Fondo di garanzia dei depositanti.
Avverso tale decisione avevano ricorso il consiglio di vigilanza della banca e oltre settemila azionisti, obbligazionisti e creditori della medesima, contestando, tra le varie, che l’Autorità si sarebbe trovata in una situazione di conflitto di interessi per le diverse funzioni esercitate.
Peraltro, considerata la quantità di ricorsi presentati avverso la decisione di risoluzione, la Corte è stata altresì interrogata sull’opportunità di assicurare a ciascun soggetto asseritamente pregiudicato dalla decisione in questione di agire in giudizio avverso la medesima, così come sull’opportunità di riunire i ricorsi in un unico procedimento.
A riguardo, la Corte ha stabilito che l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea «osta all’applicazione di una disposizione procedurale nazionale che impone al giudice competente a conoscere dei ricorsi avverso una decisione dell’Autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, di riunire tutti i ricorsi proposti dinanzi ad esso avverso tale decisione, qualora l’applicazione di detta disposizione sia contraria al diritto a che la propria causa sia esaminata entro un termine ragionevole».
Inoltre, la Corte ha precisato la portata dell’art. 85, par. 3, BRRD, il quale sancisce il diritto di tutte le persone interessate da una decisione di risoluzione a presentare ricorso avverso tale decisione.
Secondo i giudici comunitari, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che, «qualora un giudice nazionale sia stato investito di più ricorsi avverso una decisione dell’Autorità nazionale di risoluzione di adottare una misura di gestione della crisi, uno dei quali sia stato proposto da un organo dell’ente soggetto a una procedura di risoluzione, il rigetto di quest’unico ricorso in quanto infondato non consente di ritenere che sia stato garantito il rispetto del diritto a un ricorso effettivo nei confronti di qualsiasi altra persona interessata da tale decisione, che abbia anch’essa impugnato la stessa decisione deducendo motivi che non siano stati presi in considerazione nella sentenza pronunciata e che, in ogni caso, non siano stati oggetto di un dibattito in contraddittorio che le consentisse di presentare la propria causa».