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Nella sentenza in esame la Cassazione si è pronunciata sulla questione se il dies a quo del termine annuale per la proposizione della domanda di risoluzione del concordato preventivo da parte dei creditori, coincidente – ai sensi dell’art. 186, terzo comma, l.f. – con la «scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato», possa essere anticipato al momento in cui risulti in modo evidente la sopravvenuta impossibilità di soddisfare i creditori nei termini di cui alla proposta di concordato omologata.
A tal riguardo, la Suprema Corte pone una distinzione tra il criterio diretto alla valutazione dei presupposti per la risoluzione del concordato e quello diretto alla individuazione del dies a quo del termine di un anno per la proposizione della relativa domanda di risoluzione.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il concordato preventivo deve essere risolto, a norma dell’art. 186 l.f., qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione per l’impossibilità di soddisfare i creditori nella misura promessa, sempre che non si tratti di un inadempimento di scarsa importanza. Tale condizione – osserva la Suprema Corte – ben potrebbe verificarsi anche prima della scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato; ciò, tuttavia, non implica che il «termine decadenziale di cui dispongono i creditori per far valere la risoluzione del concordato sia abbreviato (contra creditorem) rispetto al dato normativo chiaro e inequivocabile» di cui all’art. 186, terzo comma, l.f. e anticipato al momento in cui si verifichi la predetta condizione.