Il giudizio de quo ha avuto ad oggetto l’azione di regresso proposta dall’INAIL nei confronti di una società di capitali e del suo legale rappresentante in conseguenza dell’accertamento della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio subito da un dipendente. Nello specifico, in riforma della pronuncia resa dal Tribunale di Perugia, la Corte territoriale aveva accolto l’azione di regresso nei confronti della sola società, rigettando la domanda nei confronti del legale rappresentante sul rilievo per cui “nessuna responsabilità personale poteva ravvisarsi a carico del legale rappresentante in quanto il datore di lavoro era una società di capitali, centro autonomo di imputazione giuridica”.
In sede di ricorso per cassazione, l’INAIL ha lamentato l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello di Perugia laddove ha escluso la responsabilità del legale rappresentante della società “nonostante dal rapporto organico dello stesso con la persona giuridica (e in assenza di una valida delega in materia di prevenzione) conseguisse la posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori”.
La Suprema Corte ha ritenuto il motivo di ricorso manifestamente fondato, sulla base di un duplice ordine di argomenti.
In primo luogo, la Corte ha richiamato il proprio orientamento che, ai fini dell’azione di regresso da parte dell’INAIL, esclude la qualifica di «terzo» rispetto al rapporto assicurativo sociale del legale rappresentante della società di persone (Cass. 10097/1998) e di capitali (da ultimo: Cass. 12429/2020) datrice di lavoro, in quanto il legale rappresentante “è legato alla società da un rapporto organico, ed è quindi l’organo attraverso il quale la società ha violato l’obbligo di garantire la sicurezza sul lavoro”. Da ciò discende, ad avviso della Suprema Corte, che “il legale rappresentante della società è preposto alla gestione della società e come tale obbligato a garantire la sicurezza sul lavoro; il legale rappresentante della società risponde, dunque, solidalmente con la società stessa in sede di regresso nei confronti dell’istituto previdenziale ove si accerti la responsabilità nell’accadimento dell’infortunio”.
In secondo luogo, la Corte di Cassazione ha ricordato come anche in tempi recenti la giurisprudenza di legittimità (nella specie: Cass. 10373/2021) ha affermato che “la speciale azione di regresso spettante all’INAIL, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 ed 11, è esperibile non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche verso tutti i soggetti che, chiamati a collaborare a vario titolo nell’assolvimento dell’obbligo di sicurezza in ragione dell’attività svolta, siano gravati di specifici obblighi di prevenzione a beneficio dei lavoratori assoggettati a rischio; dunque, anche il legale rappresentante che (in assenza di specifiche deleghe sulla sicurezza) operava come responsabile dell’organizzazione produttiva all’interno dell’ambiente di lavoro, ingerendosi in concreto nella stessa, aveva assunto la relativa responsabilità nel contesto aziendale”.
In considerazione di tali principi, la Corte ha quindi concluso che, in assenza di deleghe ad uno specifico soggetto preposto delle funzioni relative alla sicurezza sul lavoro, “rispondono in via solidale – in via di regresso – la società e il legale rappresentante.