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Giurisprudenza

Insider trading: ammissibile il ricorso alla prova presuntiva

9 Gennaio 2014

Corte d’Appello di Milano, Sez. I, 10 dicembre 2013, n. 4522

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 4522 del 10 dicembre 2013 la Corte d’Appello di Milano ha affermato la legittimità del ricorso alla prova presuntiva nel caso di illecito di abuso di informazioni privilegiate ex art. 187-bis TUF (insider trading) commesso dal c.d. insider secondario, ossia da colui che, estraneo al processo di generazione dell’informazione, ne entra in possesso in ragione dei rapporti intrattenuti con persone che, invece, a tale processo hanno partecipato, essendo per sua natura pressoché insuscettibile di prova diretta.

In tal senso, ricorda la Corte, il possesso dell’informazione, attesa la sua natura “immateriale”, esprime una relazione anch’essa priva di materiale tangibilità, con la conseguenza che, pur non potendo escludersi che di essa possa darsi una prova diretta (reperimento di documenti inglobanti l’informazione, testimonianze su ammissioni a terzi, etc.) deve ammettersi un ampio ricorso alla prova di natura presuntiva.

Sulla base di tali principi la Corte ritenuto legittimo il “ragionamento presuntivo” della Consob che aveva desunto l’utilizzo delle informazioni privilegiate da circostanze oggettive ed incontrovertibili nella loro esistenza “naturalistica”, ed in particolare:

1) dalla tempistica con cui erano stati posti in essere gli ordini di acquisto di azioni e di successiva alienazione dopo la diffusione al pubblico delle notizie relative alla promozione delle offerte pubbliche;

2) dalla rilevante entità dell’investimento, desumibile dal numero complessivo delle azioni acquistate e dal controvalore dell’investimento (operatività questa non solo rilevante in senso assoluto, ma anche rispetto alla quantità degli scambi sul titolo effettuati sul mercato nel periodo immediatamente precedente l’avvio dell’operatività contestata);

3) dall’incongruenza degli acquisti rispetto alle precedenti modalità di investimento e rispetto alla composizione del portafoglio;

4) dalle modalità con cui era stato effettuato l’investimento (l’insider aveva contattato direttamente l’intermediario di propria iniziativa e, nel conferire gli ordini agli operatori, aveva raccomandato di acquistare un numero di azioni particolarmente elevato e con modalità tali da non attirare l’attenzione sulle proprie operazioni);

5) dall’esistenza di relazioni (personali e d’affari) con diversi soggetti a conoscenza delle informazioni privilegiate.

A fronte di tali fatti obiettivi la Corte d’appello di Milano ha ritenuto legittimante desumibile, in via presuntiva, l’illecito di abuso di informazioni privilegiate.

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